Il punto sulla Serie A: ecco perchè la Juventus parte ancora favorita

images

 

Manca davvero poco ormai all’inizio del campionato. Come sempre altrove i giochi seri sono già iniziati, visto che in Ligue 1, Premier League e altre, come ad esempio la Eredivisie, già si gioca per i tre punti, mentre sono prossimi allo start pure Bundesliga e Liga. Mentre qui da noi addirittura si sta discutendo se posticipare l’inizio delle scuole per consentire alle famiglie di godersi qualche tardivo giorno d’estate che mai come quest’anno si è fatta attendere, anche la serie A pare più indietro di tutti,e non solo per via del calendario. E’ stato davvero un calcio mercato povero, addirittura peggio di quello dello scorso anno, dove almeno giunsero in Italia alcuni “nomi” ancora di grido come Higuain e lo sfortunato Gomez che, andandosi a sommare ad alcune liete sorprese (Iturbe, i napoletani Callejon e Mertens) fecero andare in attivo il bilancio. Ok, non tutto è ancora definito ma sembra che siamo sempre più destinati a diventare un mercato export più che d’importazione, laddove sono ancora nomi caldi quelli di big come Vidal, Benatia e Cuadrado, dati per persi, ceduti al miglior offerente, ma pure il made in Italy, proprio quello da cui si dovrebbe ripartire con vigore e convinzione, ha intrapreso questa tendenza, con le cessioni del capocannoniere Immobile e quelle, probabili, di Cerci e Destro.

In mezzo a questo quadro desolante, le nostre squadre sempre meno dispongono di mezzi per competere a certi livelli ma,come visto,anche sul fronte interno latitano le grandi manovre, se è vero che la Juventus, tre volte campione d’Italia, ha attecchito con nomi buoni ma solo come seconde linee (Romulo, Pereyra), andando, come l’Inter o il Milan sull’usato (e svincolato) sicuro, acquistando a costo zero Evra, mentre le altre si sono rimpolpate l’organico con gente come Vidic, Alex o Menez. L’usato sicuro funziona anche per le medie piccole e in tal senso il colpo migliore sembra averlo fatto l’Hellas Verona che, con il pluridecorato e attempato Rafa Marquez (protagonista di un ottimo Mondiale), vuole replicare le fortune fatte l’anno scorso con Toni. Il vero ribaltone semmai è stato in panchina, dove al posto di un Antonio Conte, già visibilmente insofferente sul finire della scorsa stagione (l’ennesima in campo nazionale per i bianconeri), alla Juventus è finito quel Massimiliano Allegri, reietto rossonero e desideroso di rivincita.

Sull’ancora giovane tecnico livornese i giudizi sono spesso trancianti, e specie i milanisti, si dividono in chi lo ha supportato, riconoscendogli meriti, e chi (la maggioranza) lo ha mal sopportato, considerandolo al più un allenatore mediocre. Io, da esterno, non essendo tifoso rossonero, non giudico così negativamente il suo percorso alla guida del Milan, considerando che da tempo non era quella società stellare, pluri vincitrice in Europa ai tempi di Carletto Ancelotti. Il ridimensionamento era già pienamente in atto quando giunse il Conte Max da Cagliari. E in dote ha lasciato comunque uno scudetto strameritato, un altro sfuggito per pochissimo e una terza stagione conclusa, comunque la si veda, con la qualificazione in Champions League (e lì già si era orfani di assi quali Ibra e Thiago Silva). Sorvolo sull’ultima stagione lasciata a metà, ma mi pare che i tempi al Milan siano piuttosto confusi, come l’effimera gestione Seedorf ha confermato.

Allegri non avrà le stimmate del fuoriclasse, non sarà mai un Mourinho, un Del Bosque, un Capello, nemmeno un Conte, quello salentino, ma a mio avviso è un buon allenatore che, sempre che non gli smantellino all’ultimo giorno di mercato la squadra, può far calare il poker di scudetti alla Juventus, anche se sono consapevole che il contraccolpo psicologico del brusco cambio tecnico possa in qualche modo influire sugli esiti, rendendo forse meno scontati certi verdetti.

Comunque, mi sbaglierò, io vedo ancora favorita la Juve per il titolo, seguita dalla Roma e dall’Inter. Molti, credo di percepire come la maggior parte degli sportivi e addetti ai lavori, stanno indicando negli uomini di Garcia i veri favoriti per il titolo ma io penso che ci siano ancora dei margini per arrivare al grande traguardo. Acquisti come quello del terzino Cole vanno certamente a impreziosire il bagaglio tecnico e di esperienza dell’intera rosa, a cui va aggiunto tutto il giovane estro di Iturbe, oltre al ritorno di Strootman e la conferma di Gervinho, ma bisogna anche dire che sarà difficile ripetere una stagione da più di 80 punti. Non che i mezzi non ci siano, ma mi pare che l’anno scorso abbia funzionato proprio tutto in casa Roma, per nulla accreditata alla vigilia di finire poi per diventare l’antagonista principale della Juve, finite presto fuori dai giochi le due milanesi. Quest’anno, come da mio pronostico più sopra azzardato, credo la parte della Roma possa farla l’Inter. Mazzarri difficilmente sbaglia due stagioni consecutive, sempre che vogliamo considerare fallimentare quella precedente (a mio avviso non lo è stata, considerando le macerie da cui doveva ripartire) e la rosa pare sensibilmente migliorata, specie a centrocampo e in difesa. Meno bene vedo il Milan, anche se ho fiducia nelle capacità di Inzaghi come giovane mister (ma con una squadra non propriamente all’altezza il rischio di uno Stramaccioni bis, facendo un parallelo con l’entusiasmo che accompagnò l’esordiente tecnico romano alla guida dei nerazzurri due anni fa,  è molto concreto). Il Napoli invece mi pare, non indebolito, per carità, ma nemmeno così migliorato come in tanti vogliono far credere. E poi tutta questa fretta di svendere Behrami (addirittura all’Amburgo) e Dzemaili, per puntare solo su elementi stranieri tutti da vedere all’impatto con la serie A (sì, parlo pure dell’enigmatico Fellaini, autentico flop a Manchester, solo parzialmente risollevatosi con un discreto mondiale ma anche dell’acerbo Coulibaly) mi rende scettico sinceramente. Sarà comunque un campionato dai contenuti tecnici modesti, a meno che non arrivi sul filo di lana qualche grande colpo in super saldo (meglio dire, in regalo), vedi Falcao che, realisticamente, mi pare utopistico accostare alla Juventus, come da più giorni a questa parte si legge in giro (e… non solo su Tuttosport!). Se davvero però prendesse stanza a Torino, allora il mio pronostico tenetelo davvero buono!

Marquinhos, Osvaldo e ora pure Lamela! Che succede alla Roma? Che hanno per la testa gli americani?

A pochissimi giorni dal via del campionato, si può sapere che strategia hanno in mente gli americani che presiedano da ormai quasi tre anni la Roma? Ok l’ambientamento, ok i bilanci (ma soldi in questi anni a vanvera ne sono stati spesi eccome), ok che non si possono magari ottenere risultati eclatanti subito, ma qui mi pare che si giochi troppo con la pazienza dei tifosi che saranno sì focosi e talvolta difficili da gestire, ma che hanno anche a buon diritto le loro ragioni per essere quanto meno delusi.

Il fortissimo centrale difensivo MARQUINHOS, primo sacrificato eccellente della nuova Roma

Il fortissimo centrale difensivo MARQUINHOS, primo sacrificato eccellente della nuova Roma

Non è stato dato l’oggettivo tempo a LUIS ENRIQUE per impostare un tipo di gioco piacevole ma che poteva essere rivoluzionario per la serie A, è stato silurato Zeman e lì, nonostante lì’affetto della piazza e nonostante la mia totale stima all’uomo prima ancora che al tecnico, c’era poco da fare, i risultati erano sotto gli occhi di tutti, capisco non puntare su un tecnico inesperto ad alti livelli, ma che ci aveva preso gusto a mettersi in prima linea come Andreazzoli. Quest’anno GARCIA sarà un’ennesima scommessa nel buio o siamo davanti a un nuovo Petkovic, beffardamente seduto sulla panchina della LAZIO con la quale ha avuto un impatto di tutt’altro spessore?

un Osvaldo glamour, modello Johnny Depp.. testa calda sì, MA da NAZIONALE

un Osvaldo glamour, modello Johnny Depp.. testa calda sì, MA da NAZIONALE

A Lilla fece meraviglie, ha una personalità incredibile, doti da psicologo non indifferente, sa leggere nei giocatori cosa può aspettarsi da loro, ma partire con una squadra così monca, specie in attacco e incompleta nella maggior parte dei reparti non pare un azzardo? Io sosterrò il tecnico francese ma è chiaro che, se al tuo arrivo ti vendono tre pezzi da novanta come il giovane Marquinhos, la punta ormai diseredata Osvaldo (peccato per quel carattere fumantino e per la crisi coi supporters, si tratta pur sempre di un attaccante della NAZIONALE, serio candidato per una maglia da titolare nel prossimo mondiale, qualora facesse boom col modesto Southampton),  e, notizia dell’ultima ora persino il giovane fenomeno Lamela!!! Dopo un primo anno di ambientamento, in cui comunque fece intravedere ottime doti tecniche, l’anno scorso per lunghi tratti è stato uno dei migliori – non dico un trascinatore, perchè per fortuna resiste l’eterno Totti, nonostante i mugugni per il contratto firmato non soddisfacente alle sue volontà- ma spesso e volentieri un risolutore implacabile di sì, tra gol d’autore splendidi e tanta abnegazione e corsa, doti prima di allora molto celate, quando sembrava sin troppo lezioso.

il giovane talento offensivo ERIK LAMELA, esploso lo scorso anno a suon di prodezze, ceduto dopo soli due anni

il giovane talento offensivo ERIK LAMELA, esploso lo scorso anno a suon di prodezze, ceduto dopo soli due anni

Insomma, LAMELA al Tottenham, grazie probabilmente ai soldoni ricavati dalla cessione di BALE al REAL e di contro il posssibile, quasi certo arrivo di BUENO, di cui si dice un gran bene a livello tecnico ma che alla lunga distanza è tutto da verificare,  a meno che, esplodendo in anticipo sui tempi, non venga ceduto a peso d’oro nella prossima sessione di mercato. INSOMMA, da cronista vedo una Roma dal grosso potenziale economico ma mal sfruttato o gestito (mi pare che all’Estero sceicchi e ricconi vari anche se sembra ne capiscano poco, in realtà hanno portato risultati ovunque siano andati): a Pallotta e soci non basta affidarsi a grandi dirigenti, devono “entrare” di più nel sistema calcistico italiano; da semplice ammiratore o simpatizzante, invece penso che la squadra sia fortemente ridimensionata, a meno di un colpaccio ad effetto dell’ultima ora. Ma chi potrebbe arrivare? Probabilmente al massimo Gilardino, attaccante più che consolidato ma che pare in fase calante di carriera. Basterà il folkloristico dribblomane Gervinho, tanto caldeggiato dal neo tecnico GARCIA dai tempi dello scudetto del Lille, ma assai deludente nei due anni all’Arsenal? Mah, se almeno Cavani e Ibra litigassero si potrebbe tentare un colpo last minute per lo svedese, che dite? Fantascienza? Sì, SO GIA’ LA RISPOSTA!

Alberto Paloschi: un ritrovato giovane bomber!

7 gol in 10 partite è l’impressionante tabellino di marcia di uno dei giovani attaccanti italiani più promettenti ma meno reclamizzati dell’intero campionato, vale a dire: Alberto Paloschi.

L’attaccante bresciano, di appena 22 anni, è un nome noto della nostra serie A, la cui fama era salita agli onori delle cronache sin dal suo precoce esordio in maglia rossonera con relativo precocissimo gol, dopo una manciata di secondi appena.

Un talento straordinario, più volte accomunato in gioventù a un altro grande attaccante milanista, quel Filippo Inzaghi, sorta di idolo del Nostro.

Già stella degli Allievi Nazionali campioni d’ Italia (con lui in squadra, tra gli altri,  anche lo stopper ex Pescara Romagnoli e il centrocampista del Modena Osuji) per Paloschi sembrano non esserci paletti tra una categoria e l’altra e le successive prove da professionista ne daranno conferma, a iniziare dalla felice parentesi di Parma, purtroppo troncata dal primo di una serie di infortuni che ne inficeranno sin qui la carriera. Alcuni gol sono d’autore, se ne ricordano almeno un paio sopra la media, una giravolta al volo e un tiro a incrociare nel sette. Nel 2011 di rientro da un infortunio, si accasa in prestito al Genoa, dove in pochi minuti effettivi, riesce a siglare un paio di gol e a garantire un grande impegno in area. Poi, dopo il  fugace ritorno al Milan, che abbisogna di tastarne l’efficacia una volta ristabilitosi pienamente dall’infortunio, Paloschi passa al Chievo, per molti la società ideale per esprimersi.

palo

L’inizio è duro, stretto com’è nella concorrenza di tanti giocatori offensivi da alternare al leader Pellissier… eppure Alberto lascia il segno anche nella passata stagione, segnando nelle poche occasioni in cui è al top. Quest’anno quasi si erano dimenticati di lui, invece eccolo qui, a scalare posizioni su posizioni nella classifica dei cannonieri, dove fa bella vista di sè nel contesto di una graduatoria infarcita di gol giovani. Lui  che è stato titolare indiscusso delle varie Under ma che ha perso sinora i treni importanti, può ancora risultare importante in chiave azzurra futura, visto che non gli fanno difetto un innegabile talento e una dote incredibile per un attaccante, vale a dire il fiuto per il gol. Gol di rapina, di precisione, al volo, di testa (che comunque non è il suo forte) o al termine di azioni prolungate, Paloschi sa sempre trovarsi al posto giusto nel momento giusto. E poi, diciamolo, sembra proprio il classico ragazzo della porta accanto, lontano anni luce da certi stereotipi dilaganti, associati alle giovani stelle del nostro football. Un ragazzo serio, che spera solo di non infortunarsi nuovamente sul più bello!

Con l’implacabile Muriel l’Udinese è tornata a volare in classifica

Luis Muriel sta facendo volare l’Udinese. Sarà un caso ma da quando il talentuoso attaccante colombiano ha iniziato a giocare con continuità, la squadra friulana è tornata a far vedere sprazzi di quel calcio che negli ultimi due anni l’ha resa famosa. Ne ha beneficiato in pieno Totò Di Natale, a quasi 36 anni ancora e più che mai implacabile bomber e autentico valore aggiunto dell’11 di Guidolin, ma è innegabile che il movimento, la pericolosità e la velocità di Muriel l’hanno aiutato parecchio a tornare a esprimersi su livelli di eccellenza. Quanto è mancato infatti la seconda punta all’Udinese sin qui? Squadra cambiata per molti undicesimi per carità, ma c’è da dire che la tipologia di gioco era rimasta pressochè intatta, mancavano però gli interpreti giusti, specie nel reparto offensivo, dove il buon Totò si ritrovava spesso a predicare nel deserto, giacchè nè il pur interessante Fabbrini, nè Ranegie sin qui avevano dato le giuste garanzie. Su Muriel, inutile sottolinearlo, poggiavano molte delle speranze dei tifosi udinesi, visto l’exploit dell’anno scorso, quando davvero a tratti sembrava di rivedere il Fenomeno Ronaldo.

muriel

Appena ventenne, infatti, il colombiano seppe imporsi in una situazione oltremodo difficile, col Lecce impelagato nella lotta, poi persa, per non retrocedere. Scatti, dribbling in velocità, potenti rasoiate, tutto il repertorio della grande punta sciorinate in poche gare, soprattutto nel girone di ritorno, ma anche le inevitabili distrazioni dovute a un’età ancora acerba e il tempo necessario per abituarsi ai ritmi di un calcio diverso da quello sudamericano. Una grande promessa, sotto gli occhi di tutti. Chiaro quindi che ci fossero notevoli aspettative per il suo ritorno nella squadra che lo aveva scoperto un paio d’anni fa, al termine di uno splendido Mondiale giovanile. Eppure i primi tempi sono stati estremamente difficili con il suo arrivo in ritiro in condizioni deficitarie (grasso, disse di lui Guidolin, senza tanti giri di parole) e la diffidenza di molti, che ne vedevano un giocatore dallo scarso feeling con gli allenamenti duri. Poi ci fu la grana dell’infortunio, di cui preferì avvertire dapprima i suoi numerosi followers su Twitter, anzichè riferirlo alla sua società. Insomma, inizio stentato, fino alla rinascita di gennaio, esattamente come gli accade un anno fa, quando esplose fragorosamente nella seconda parte del campionato.

Muriel e Di Natale: splendida coppia gol della rinata Udinese di gennaio

Muriel e Di Natale: splendida coppia gol della rinata Udinese di gennaio

Muriel nelle ultime tre partite, che hanno coinciso con la prepotente risalita in classifica dell’Udinese, ha segnato 3 gol consecutivi, anche se nella partita di ieri c’ha messo molto del suo il giovane portiere viola Neto. Un tiro comunque di rara potenza il suo, sintesi perfetta di una ritrovata condizione fisica e di una piena consapevolezza dei propri notevoli mezzi fisici e tecnici. Siamo davanti a un potenziale campione, come ebbi modo di scriverne in tempi non sospetti. Un giocatore che sicuramente deve completare il suo percorso di crescita (non potrebbe essere altrimenti, essendo del ’91) ma che è già qualcosa di molto più di una promessa.

Che bella squadra il Bologna di Pioli

Giunti quasi al termine del girone d’andata del campionato di serie A, di molte squadre si è già detto di tutto e di più, nel bene e nel male: dalla Juventus nuovamente e meritatamente padrona del gioco, al Milan in ripresa sotto la guida del talento purissimo El Shaarawy, all’Inter di Strama che, come il Napoli, sul più bello stenta a fare il gran salto, fino alla consolidata Lazio e alla pimpante Fiorentina di un tecnico in grande ascesa come Montella. Poi, il vuoto, con squadre allineate tra una zona “tranquilla” e un’altra più melmosa, ma con grandi differenze.

Gilardino e Diamanti, i trascinatori del Bologna 2012/2013

Gilardino e Diamanti, i trascinatori del Bologna 2012/2013

Per questo oggi ho voglia di scrivere di una compagine poco reclamizzata ma in grado di mostrare sempre bel calcio, anche al cospetto di squadre che sulla carta le sono superiori: il Bologna.

Sì, la squadra felsinea che da diverse stagioni a questa parte, un po’ come Cagliari e Chievo non fa più notizia nella conquista di salvezze in serie piuttosto comode, quest’anno era partita con buoni propositi ma non di certo sospinta dal valore dei risultati… questo fino al recente exploit in quel di Napoli, dove gli 11 di Pioli hanno sfoderato un partitone, giustamente concluso con una notevole vittoria, coronata da spettacolo e bei gol.

Una squadra finalmente a trazione anteriore con le due punte – il rinato Gilardino, non certo vecchio ma che sembrava sul viale del tramonto dopo la precoce gloria e l’emergente Gabbiadini, invero assai poco prolifico fino alla passata stagione – più il genio e concretezza rappresentato da Diamanti e dispensato in dosi sempre maggiori, gara dopo gara.

Come Baggio, Signori e Di Vaio, infatti anche Alberto, ex grande bomber della nazionale, sta ritrovando gli antichi splendori, i gol e la personalità necessaria a caricarsi sulle spalle il peso offensivo della squadra. In difesa, il modulo varia a seconda, non tanto degli avversari, ma proprio dei vari momenti di gioco. Dai tre centrali (prima di Portanova, appena rientrato dopo squalifica, spesso e volentieri erano Antonsson, il giovane ex bianconero Sorensen e Cherubin) più due stantuffi laterali come Garics (o Motta) e Morleo alla linea classica a 4, che privilegia i due mediani in mezzo al campo e le incursioni di gente come Konè, decisivo al San Paolo con i suoi guizzi imperiosi.

In mezzo una batteria di giocatori interessanti, dal redivivo Guarente, tornato finalmente in Italia, al talentuoso Taider, appena ventenne ma che giostra da regista o da mezzapunta con la maestria di un veterano, dal roccioso ed esperto Perez al finalmente recuperato dai vari infortuni Krhin. L’ex interista, tutto polmoni e senso tattico, è uno dei miei “pallini”, sin da quando giocava (e vinceva) in un’Inter primavera, composta da gente come Super Mario Balotelli, Biabiany, Siligardi e Bolzoni.  Finalmente sembra avviato alla consacrazione.

Insomma, una gran bella realtà, capace di mettere in difficoltà chiunque con la qualità dei singoli interpreti, nel contesto di un gioco di squadra molto collaudato. Certo, il campionato è equilibrato e, se non si fanno risultati, è facile rimanere risucchiati nel fango della zona retrocessione, ma sotto le due Torri quest’anno ci sono davvero tutti i presupposti per far divertire il pubblico e conseguire ottimi risultati.

Il Pagellone della serie A – parte 2

LAZIO

Sempre in lotta con l’Udinese per il terzo posto, e poi risucchiata da Napoli e Inter, paga caro i tantissimi infortuni che l’hanno falcidiata nei momenti chiave del campionato. Dissidi tra Reja e Lotito a parte, il connubio se ripristinato può dare ancora grandi frutti.

Big KLOSE – Che impatto con la serie A per l’esperto fromboliere tedesco di origine polacche. A 34 anni non ha ancora smesso di segnare, mostrando una tenuta atletica invidiabile.

Sorpresa LULIC – presentato come l’erede di Kolarov, è forse ancora meglio nella sua capacità di giostrare in più ruoli lungo la corsia mancina. Efficace in fase di spinta, sostiene il fronte offensivo e trova gol con una certa frequenza. Non ha fatto rimpiangere Mauri, a lungo assente per infortunio. In forte ascesa il giovane Diakitè, una sicurezza Marchetti, finalmente riconsegnato al calcio giocato dopo le incomprensioni di Cagliari.

Delusione DIAS – il gigante brasiliano incappa in una stagione-no, vittima spesso di un esagerato e incontrollato nervosismo che gli causa espulsioni e svarioni. Deve ritrovare serenità.

LECCE

Partita ad handicap, troppo timorosa e inesperta, con l’arrivo di Cosmi la squadra salentina ha ripreso vigore, tornando clamorosamente in pista per un’insperata salvezza, trascinata dai giovani Muriel e Cuadrado e dai veterani Di Michele, Giacomazzi e Delvecchio. Arriva allo sprint finale in chiaro debito d’ossigeno e saluta la A.

Big MURIEL – a soli 21 anni è spesso lui da solo a tenere vive le speranze salvezza. Velocissimo,quasi imprendibile, ricorda a ragione Ronaldo, il Fenomeno, e non solo fisicamente. Più concreto nel girone di ritorno, se affina meglio la mira, può diventare il crack della prossima stagione, visto che lui in serie A ci rimarrà.

Sorpresa CUADRADO e BRIVIO –  i due laterali designati a coprire tutta la fascia di competenza, calano appena nel finale, al cospetto di una stagione davvero sopra le righe. Il colombiano segna pure gol da cineteca, da timido terzino si ricicla formidabile cursore, quando non fantasista. Brivio, invece, da anni considerato una promessa, tira fuori gli artigli e, dopo la cessione di Mesbah al Milan, gioca col piglio dei veterani, prendendosi pure responsabilità (come nei calci di punizione, in cui appare spietato)

Delusione ODDO – Sembrava essersi rigenerato, abile sia da terzino che da difensore con la sua preziosa esperienza ad alti livelli, invece nel momento clou della stagione scompare per dissidi con l’allenatore e lascia i compagni di reparto in grave difficoltà. Male anche il portiere brasiliano Julio Sergio, che ha perso il posto in favore del più volenteroso Benassi.

MILAN

Allegri non è riuscito in uno storico bis ma a lungo ha duellato con la Juventus, con la quale ha recriminato per un gol fantasma di Muntari non assegnato nello scontro diretto contro i bianconeri. Troppi infortuni, rosa corta e composta da vecchi gladiatori al passo d’addio. Bene El Sharaawy, nome nuovo del calcio italiano, ritrovato Cassano dopo la grande paura per motivi di salute e scelte spesso vincenti della dirigenza. Ma per l’anno prossimo sarà dura avvicendare così tanti campioni che se ne vanno (Inzaghi, Gattuso, Seedorf, Nesta, Zambrotta, Van Bommel, Flamini).

Big IBRAHIMOVIC – Quasi da solo tiene accese fino all’ultimo le speranze di rimonta scudetto. Mai così implacabile sotto porta, nemmeno ai tempi dell’Inter, è un leader naturale, esempio per tutti. Deve ancora limare delle defaillance caratteriali, che lo portano spesso a “scontrarsi” con gli arbitri.

Sorpresa NOCERINO e MUNTARI – Il primo è la vera rivelazione, riuscito a imporsi in una “grande” con il piglio del “grande”. Solido, tecnico, efficace in zona gol come non mai, non ha fatto rimpiangere Gattuso, di cui sembra l’erede designato più credibile; il secondo è l’ennesimo regalo dei cugini nerazzurri, rigeneratosi dalla cura Allegri che lo conosce dai lontani tempi di Udine.

Delusione AQUILANI – Spiace ammetterlo ma l’ex centrocampista della Roma da ormai 3 anni non imbrocca una stagione all’altezza della sua fama. Anche quest’anno parte titolare, poi si ferma per il “solito” infortunio e difficilmente il Milan lo riscatterà.

NAPOLI

A lungo sospesa tra campionato e Champions, la squadra azzurra sembra concentrare maggiormente le energie sulla competizione europea, dove sfodera prestazioni all’altezza. La rosa sembra troppa corta e alcuni ricambi non all’altezza dei titolari. Ma la squadra c’è, e Mazzarri si conferma allenatore di caratura internazionale.

Big I TRE TENORI – Probabilmente il calcio mercato estivo priverà Napoli di uno dei suoi big, andando così a inficiare terribilmente sul rendimento generale della squadra, visto il sostanzioso apporto dato da Lavezzi, Cavani e Hamsik in questa stagione, specie in Europa. De Laurentiis e i dirigenti dovranno dimostrarsi loro dei big nel trovare il sostituto di chi partirà.

Sorpresa ZUNIGA – ormai pienamente a suo agio sia come vice Maggio ma più propriamente come uomo a tutto campo, spesso e volentieri preferito a Dossena sulla fascia sinistra. Affidabile e sempre sul pezzo.

Delusione INLER – Parte bene, assicura sostanza e geometria ma sulla lunga distanza dimostra di non essersi integrato perfettamente con l’ambiente, così diverso da quello udinese che l’ha visto protagonista per tanti anni. Si limita al compitino, raramente si sente la sua impronta sulla squadra.

NOVARA

Sorretta da un entusiasmo tangibile per il ritorno atteso decenni in serie A, fatica non poco a trovare il passo giusto. Con il passare dei turni di campionato, palesa difficoltà e limiti. La società sana consente ulteriori nuovi progetti di risalita.

Big RIGONI – arrivato in serie A in clamoroso ritardo, l’ex “nuovo Del Piero” confeziona una stagione incredibile, ricca di gol, sostanza, giocate al servizio di una squadra spesso in difficoltà. Non è mai troppo tardi per arrivare a una big e lui ne avrebbe tutti i meriti.

Sorpresa PESCE – Nulla di trascendentale, ma l’ex ascolano riesce a garantire sostanza, massimo impegno e cuore alle manovre piemontesi. Merita attenzione.

Delusione PRIMA LINEA – Purtroppo tutta la girandola di attaccanti provati da inizio stagione non ha giovato ai fini del risultato. Né Meggiorini e Granoche, fortissimi in B, né l’emergente Morimoto, né tanto meno l’airone Caracciolo hanno fatto la differenza, se escludiamo il bell’exploit di San Siro contro l’Inter.

PALERMO

Che brutto campionato! Si poteva continuare tranquillamente con il giovanissimo tecnico Mangia. Avrebbe forse fatto peggio di Mutti, con tutto il rispetto? Squadra senza identità, impoverita clamorosamente sul mercato, scialba e capace di sbalzi improvvisi, nel bene e nel male. Ahi ahi, Zamparini!

Big MICCOLI – il bomber salentino non tradisce mai, arrivando a vette di rendimento e di gol. Autentico trascinatore, giocassero tutti seguendo il suo esempio il Palermo rasenterebbe la zona Champions.

Sorpresa ACQUAH giovane a cui spesso si è chiesto un grande sacrificio in più ruoli, appena ventenne ha dimostrato grande carattere; bene anche il regista Donati, l’esperto Migliaccio e il valido Balzaretti ma i flop sopravanzano di molto i meritevoli di lodi.

Delusioni BACINOVIC e ILICIC molti dovrebbero finire dietro la lavagna ma a deludere maggiormente sono le rivelazioni slovene dell’anno precedente. Le loro qualità non possono essere scomparse d’improvviso ma chiaro, una caduta simile di rendimento pone quesiti importanti sulla loro efficienza.

PARMA

L’evoluzione dei ducali nel girone di ritorno ha dell’incredibile! 56 punti complessivi sono un traguardo insperato alla vigilia, con Donadoni in grado di dare un’identità precisa alla squadra. Bisogna ripartire da qui.

Big GIOVINCO – finalmente su livelli di eccellenza, come il suo fulgido talento reclamava da tempo. Goleador, assist-man, uomo squadra, spesso decisivo, dovrà guidare lui l’attacco azzurro agli Europei.

Sorpresa – BIABIANY dopo le incertezze dell’anno scorso, speso tra la casa madre Inter e la retrocessa Samp, si rigenera tornando a Parma, dove Donadoni lo imposta con successo come laterale destro “tout-court”. Una saetta sulla fascia, il più veloce atleta della serie A. Bene pure i registi Musacci e Valdes, due scommesse del tecnico, il primo in pratica esordiente in A dopo le buone prove empolesi, il secondo habituè del calcio italiano ma mai pienamente compiuto in un ruolo il più delle volte ibrido.

Delusione PELLE’ – A lungo aspettato, alla fine scende di categoria a Genova, sponda blucerchiata dove è certamente più a suo agio.

ROMA

Mi spiace ammetterlo ma Luis Enrique ha fatto flop. Un progetto propriamente detto abbisogna di tempo per svilupparsi ma il problema è che dalla prima all’ultima giornata non si sono visti miglioramenti. I pregi e i difetti del tecnico spagnolo si equivalgono e così pure l’altalena delle prestazioni, caratterizzate da buone capacità offensive e scarse attitudine difensive.

Big BORINI Fino all’infortunio che poi lo condiziona sino al termine della stagione, è il vero “uomo nuovo” del calcio italiano, tanto da indurre Prandelli a farlo esordire precocemente in Nazionale. Attaccante puro, vede la porta come pochi, gioca da veterano, un mix tra il migliore Inzaghi e Chiesa, per la rapidità di esecuzione e la freddezza sotto rete.

Sorpresa PJANIC – classe ’90, meno reclamizzato degli altri giovani gioielli Bojan e Lamela, comunque tutto sommato positivi, stupisce per la capacità di adattamento al calcio italiano e in particolare per la facilità con cui interpreta più ruoli a centrocampo.

Delusione KJAER – Lui, ma non solo: tutta la difesa viene facilmente traforata in più occasioni. Ma dal centrale danese, visto all’opera a Palermo e passato poi al Worlsburg a suon di milioni ci si aspettava il decisivo salto di qualità.

SIENA

Sannino all’esordio in A si dimostra razionale, ma pure coraggioso nell’affidare le chiavi della squadra ai suoi talenti più fulgidi, come ad esempio Calaiò, molto prolifico fino all’infortunio. In grado di cambiare modulo, lui considerato un estimatore del 4-4-2 non ha mai perso la bussola, arrivando a conquistare una comoda salvezza, condita da ottime prestazioni all’insegna del collettivo.

Big DESTRO – Bello e confortante, dopo Borini, poter premiare un altro talento in grande ascesa del calcio italiano. Giocatore vero, attaccante di qualità, potenza, molto vivace, creativo e ricco di personalità. E’ nata una stella!

Sorpresa BRIENZA – A 33 anni suonati, e con poca esperienza nella massima serie, mantiene un elevato rendimento per tutto l’arco della stagione, spesso decisivo con i suoi guizzi sulle fasce, i suoi gol mai banali e la sua qualità al servizio della squadra. Ottimo pure il difensore centrale Rossettini, una roccia,  il forte laterale Giorgi, positivo innesto di gennaio e il portiere Pegolo, finalmente protagonista in A, che si è fatto trovare pronto dopo l’infortunio del titolare Brkic.

Delusione REGINALDO – Nell’ambito di un campionato estremamente positivo, gioca poco l’esperto brasiliano, ottimo invece nella precedente stagione quando sulla fascia fu spesso risolutivo ai fini della promozione in serie A.

UDINESE

Dopo aver ceduto i pezzi da novanta durante l’estate (Sanchez, Inler, Zapata) ben pochi si aspettavano una ripetizione della straordinaria stagione scorsa. Invece Guidolin ha fatto il bis, lanciando nuovi giocatori (Basta, Danilo, Pereyra, Fabbrini) e ottenendo dai soliti noti (l’implacabile Di Natale, i guerrieri Pinzi e Domizzi e i super talenti Armero e Asamoah) prestazioni sempre convincenti.

Big DI NATALE che aggiungere su un giocatore in grado di segnare ben 80 reti in tre stagioni dopo aver superato abbondantemente la trentina? Straordinario! Segna gol fantastici, è un autentico leader, “deve” andare a giocarsi l’Europeo.

Sorpresa BASTA sempre continuo nel rendimento, poco spettacolare ma tremendamente efficace sulla fascia destra dove si ritrova a duettare a meraviglia prima con il fenomenale Isla, poi bloccato dal grave infortunio, e poi con l’emergente Pereyra. Ara la fascia per tutti i 90 minuti, un vero maratoneta, ricorda l’ex azzurro Mussi.

Delusione FLORO FLORES – dopo l’ottima prova genoana dell’anno scorso, era lecito credere che l’attaccante partenopeo potesse fare il botto in coppia con Di Natale. Guidolin ha optato spesso per un modulo a una punta e lui ha sofferto. Dopo alcune buone prove iniziali si è smarrito in panchina anche il giovane romeno Torje, troppo presto acclamato come l’erede del Nino Maravilla.

Il Pagellone della serie A – parte 1

E’ terminato il campionato di serie A e puntuale arriva il mio personale bilancio sui protagonisti di questa esaltante ma pure controversa stagione, in attesa dei verdetti relativi al calcio scommesse che potrebbero sovvertire graduatorie e punteggi.

ATALANTA

La vera rivelazione del campionato, soprattutto in merito alla pesante penalizzazione iniziale. Colantuono ha infondato sicurezza a un gruppo proveniente dalla serie cadetta ma di gran qualità. Gioco arioso, solido e razionale, sospinto da un pubblico affezionato e numeroso.

Big  DENIS – meno prolifico nel girone di ritorno ma è grazie soprattutto ai suoi gol di inizio stagione che la squadra ha colmato velocemente il gap di punti. La sua miglior stagione italiana.

Sorpresa CIGARINI – non certo una novità ma pur reduce da una negativa esperienza spagnola, Luca ha saputo rifarsi tornando a Bergamo. Giustamente premiato da Prandelli in vista degli Europei, per i quali nutre una fondata speranza di essere arruolato. Da evidenziare pure le conferme di Peluso e Consigli, e la buona stagione di Bonaventura, giovane del vivaio, Schelotto e del piccolo Maxi Moralez, all’esordio nel campionato italiano.

Delusione MASIELLO – Non può che essere Andrea Masiello, che rischia di rovinare anzitempo una carriera che sembrava ben più che promettente. Protagonista con Bonucci e Ranocchia un paio d’anni fa di una stagione monstre a Bari, è caduto nella tela del calcio scommesse e ne è ancora fortemente invischiato.

BOLOGNA

Gran merito a Pioli che ha saputo, proponendo un calcio di qualità, ottenere una comoda salvezza, andando oltre le aspettative. Squadra a tratti spettacolare, sorretta dalle individualità ma forte pure di un cambio tattico in corsa, con l’utilizzo della difesa a 3.

Big DIAMANTI – Stagione positivissima per l’estroso trequartista, che si è diviso con l’astro nascente Ramirez il compito di supportare Di Vaio in avanti. Colpi di gran classe, un giocatore ritrovato e buono pure per la Nazionale.

Sorpresa TAIDER – giovane di appena 20 anni, esordiente in serie A, mostra carattere, personalità e un abbinamento perfetto di tecnica e fisicità. Giocatore moderno già finito nel mirino della Juventus.

Delusione ACQUAFRESCA – non è ancora pienamente sbocciato in tutto il suo talento l’attaccante italo-polacco. Qualche gol ma ancora tanta personalità da acquisire, così come la giusta cattiveria sotto porta.

CAGLIARI

Stagione tribolata, pur coronata da una serena salvezza. Cambi in corsa, ripensamenti, cessioni di colonne storiche, alla fine Ficcadenti ritrova il bandolo della matassa ma per l’anno prossimo occorrerà partire da basi più solide, oltre che risolvere una volta per tutte il problema dello stadio.

Big ASTORI – non fa più notizia il difensore di scuola Milan, azzurrabile per gli Europei e sempre più sicuro in coppia con Canini. Pronto per una squadra d’alta classifica.

Sorpresa PINILLA – Attaccante pienamente affermato, sorprende tuttavia il modo in cui si inserisce alla perfezione all’interno dei meccanismi della squadra, risolvendo così un annoso problema relativo al centravanti. Se sta bene tutto l’anno è un bomber da 20 gol a stagione.

Delusione LE PUNTE – Spiace bocciare l’ intero blocco offensivo ma prima dell’arrivo del cileno Pinilla, né Larrivey (esclusa una superflua tripletta), né Thiago Ribeiro (incostante e meglio da fantasista), né un sottoutilizzato Nenè hanno saputo fare la differenza. Meglio Ibarbo, anche se appare ancora tatticamente da registrare.

CATANIA

A lunghi tratti la terza miglior squadra per gioco espresso, dopo Juventus e Udinese. Montella, pronto per grandi palcoscenici, è ambito da molti prestigiosi club. Forse si chiude un ciclo, considerando la partenza del direttore Lo Monaco, autentico talent scout della squadra.

Big LODI – arrivato tardi al calcio che conta, considerando le grandi qualità che possiede, mostra finalmente tutto il suo repertorio fatto di gol a effetto (specie su punizione, dove ormai non è secondo a nessuno), rifiniture, ottima regia. Un giocatore da grandi palcoscenici, visto che ha raggiunto la piena maturità e una certa consapevolezza dei propri mezzi.

Sorpresa MARCHESE – Ripescato dopo un paio di anni di oblio, approfitta dell’infortunio del titolare Capuano e non esce più dall’undici titolare. Ottimo in fase di propulsione, efficace in difesa e pure goleador quando occorre. Ritrovato. Conferme da parte di Bergessio e Gomez, stupiscono i colpi di Barrientos (finalmente al top della forma) e la condizione di Legrottaglie, autentico leader difensivo.

Delusione SUAZO – Sembra quasi un ex giocatore, lui che per un decennio e oltre ha deliziato i tifosi italiani con le sue corse a perdifiato e i numerosi gol.

CESENA

Clamorosa retrocessione, specie se la rapportiamo alle tante attese suscitate da un calcio mercato coi botti, che facevano indicare proprio nella squadra romagnola la rivelazione di agosto, pronta per il salto di qualità. Invece è stata tutta una corsa in salita, nonostante i progressi visti con Beretta, da cui sarebbe saggio ripartire.

Big PAROLO – Stagione difficile la sua, dopo le ottime premesse dell’anno scorso. Eppure conferma le buone impressioni passate, inserito in un contesto non certo facile. Ha perso il treno per gli Europei ma merita una nuova chance.

Sorpresa I TANTI GIOVANI – Seppur mandati allo sbaraglio, non hanno perso la bussola e rappresentano anzi il miglior investimento per il futuro: alludo in particolare a Tommaso Arrigoni (centrocampista classe ’94!), nipote dell’ex mister Daniele e all’agile punta italo-svizzera Rennella.

Delusione I TANTI “NOMI” ACCLAMATI ALLA VIGILIA – Purtroppo, chi per un motivo, chi per un altro, i vari Mutu, pur autore di alcuni pregevoli gol, Iaquinta, Santana e, soprattutto Martinez, involuto paurosamente dopo il flop juventino dell’anno scorso, hanno toppato in pieno la missione di far gol.

CHIEVO

Torna Di Carlo, si succedono i tecnici e si confermano come sempre i risultati. Salvezza mai così sicura e “semplice”, gioco meno arioso forse dell’anno scorso ma spesso efficace. Non fa più notizia ma i numeri dicono che qualche studio in più su questo “fenomeno” andrebbe svolto.

Big ACERBI – Sbocciato solo nel girone di ritorno, ha fornito prove sontuose fino a far “litigare” in chiave di calciomercato Milan (favorito) e Juventus. Tecnica, tenacia, concretezza, forza fisica e visione di gioco: è nato un grande difensore, dopo l’ottima stagione scorsa alla Reggina.

Sorpresa BRADLEY – Un americano tutto d’un pezzo, incontrista dai piedi buoni, solido e veloce di piedi, ha giocato da veterano.

Delusione PALOSCHI – Forse ci si aspettava qualcosa in più dall’ex enfant prodige del Milan, che non fa mai mancare il suo impegno, al servizio del “vecchio” Pellissier ma del quale si contano pochi gol a conti fatti.

FIORENTINA

Stagione nata male, all’insegna del “precariato” e di un mercato votato al basso profilo, si rischia addirittura la retrocessione ma le basi per ripartire sembrano esserci eccome. Da dimenticare l’episodio shock tra Delio Rossi e il giovane serbo Lijajc.

Big JOVETIC – In una stagione pessima, brilla lucente la stella del montenegrino, tuttavia ancora troppo spesso colpito da infortuni che potrebbero precluderne l’ascesa ai massimi livelli. Per il resto ha già fatto vedere di cosa è capace, tra gol (14), serpentine, dribbling e capacità di leadership. Sembra il primo Baggio, ma diciamolo ancora sottovoce.

Sorpresa – NASTASIC – appena diciottenne sfodera buone prestazione. Non sarà ai livelli di Vidic, al quale viene da sempre accostato ma mostra grinta, carattere e maturità.

Delusione  CERCI – con le qualità che si ritrova, e che gli sono riconosciute sin da ragazzo delle giovanili romaniste, dovrebbe stare fisso in Nazionale. Invece, pur avendo iniziato bene, sull’onda del finale del campionato scorso, si perde tra litigi, incomprensioni, scarso feeling con il mister Rossi e voci di “bella vita”. Alessio, dipende tutto da te! Non buttare via il tuo talento.

GENOA

Tribolatissima stagione rossoblu, salvata in extremis grazie all’appannamento improvviso del Lecce. Preziosi, appassionato presidente, dovrà riflettere per bene e magari costruire una squadra con maggior equilibrio.

Big PALACIO – l’ Inter si sarà maledetta per non averlo acquistato ad inizio stagione su suggerimento di Gasperini. Mai così prolifico, l’argentino dal caratteristico codino è una vera freccia sulla fascia e spietato in zona gol. In grado di segnare in tutti i modi possibili. In una stagione soffertissima merita un plauso anche il capitano Rossi, mai domo e sempre in grado di metterci la faccia.

Sorpresa BELLUSCHI – uno dei pochi volti nuovi a salvarsi, si inserisce bene, con umiltà. Spazia da interno a ala, lui spesso in patria paragonato a Camoranesi. Vale la pena rivederlo per una stagione intera.

Delusione I TROPPI STRANIERI SBAGLIATI – un elenco purtroppo lungo quello dei giocatori esteri portati come incognite e rivelatisi alla fine ben poco adatti al calcio italiano, dalla punta Pratto al laterale Birsa, dall’acerbo Jorquera (che pure possiede ottimi colpi in regia) al desaparecido Ze Eduardo. Allargando il cerchio, appare in forte declino la stella di Gilardino e svalutati Constant e Kucka, sui quali è tuttavia doveroso provare a ridare fiducia.

 

INTER

La vera delusione del campionato, le cui difficoltà paiono evidenti sin dalla brevissima gestione Gasperini, parso quasi subito inviso all’ambiente. Ranieri sistema qua e là fino al clamoroso tracollo; il giovane Stramaccioni punta sull’orgoglio e per un soffio non riacciuffa un posto in Champions che a quel punto francamente sarebbe stato eccessivo. Meglio ripartire con umiltà, mettendo in soffitta la gloria degli anni recenti.

Big MILITO – Dopo un inizio difficile, che sembrava confermare i passi indietro dell’anno scorso, rinasce nel girone di ritorno, segnando a ripetizione, come ai tempi del Triplete. Un esempio di forte attaccamento ai colori nerazzurri.

Sorpresa POLI e OBI – I due giovani nel momento del bisogno dimostrano di essere “da Inter”: danno una bella rinfrescata a una mediana in forte crisi e crescono in personalità. Da tenere, anche se si teme che possano divenire oggetto di scambio per arrivare a un top player, come va di moda dire oggi.

Delusione LA VECCHIA GUARDIA a pancia piena – Salviamo assolutamente capitan Zanetti, inesauribile cursore e abile in ogni zona del campo, viene meno invece l’apporto di gente come Cambiasso, Lucio, Snejider e Stankovic. Male Pazzini, intristito e poco presente in zona gol e mezzo flop Zarate, salvato in extremis dal coraggioso Stramaccioni.

JUVENTUS

Stagione incredibile, coronata da un inaspettato quanto meritatissimo scudetto. Pochi immaginavano una Juve così competitiva per tutta la stagione. Egregio Conte nell’assemblare, modificare, plasmare una squadra giovane ma pure esperta, perfettamente amalgamata tra Big e ottimi giocatori in cerca del sigillo vincente (Vucinic, Liechtsteiner, Pepe). Un grande gruppo, da puntellare in vista della Champions. Tornato su livelli di eccellenza Buffon e addio magico da parte del Capitano Alex Del Piero.

Big PIRLO– Difficile scegliere nel contesto di una stagione fantastica dei bianconeri. Premio Pirlo, il cui modo di interpretare il ruolo datogli da Conte ha letteralmente inventato il gioco della Juventus. Ancora uno dei migliori registi del mondo.

Sorpresa BONUCCI – In mezzo a conferme come quelle di Barzagli e Chiellini e alla crescita esponenziale di Marchisio e Vidal, è giusto sottolineare come, soprattutto dopo il passaggio alla difesa a 3, abbia spesso giganteggiato il difensore ex Bari che ha saputo giocare in sicurezza, forte di doti tecniche superiori alla media, ben protetto dai compagni di reparto.

Delusione ELIA e KRASIC – In un contesto in cui tutti hanno reso al meglio delle loro possibilità, i mugugni vengono dalle fasce, con il biondo Krasic lontano parente della promettente freccia vista all’opera l’anno scorso e l’olandese autentico flop, non solo della Juventus, ma di tutto il campionato. Impacciato, dribblomane improbabile, superficiale negli approcci alle partite. Da rispedire al mittente.

Scudetto meritatissimo della Juve! Ma quanti sono: 30 o 28?

In rete si sono scatenati in tanti: chi irride, chi fa un motto di orgoglio, chi gioisce in modo sfrenato, chi continua a fare la conta dei torti, altri che fanno la conta… degli scudetti: 28 o 30, come sosterrebbe la società? O addirittura meno, come sostengono i maligni tifosi rivali?

Sgomberiamo il campo dagli equivoci: se c’è uno scudetto meritato negli ultimi anni, è proprio quello juventino! Per la squadra egregiamente guidata dal semi esordiente in serie A (se escludiamo la breve e infelice parentesi bergamasca) Antonio Conte hanno contato fattori determinanti come il bel gioco, la continuità di rendimento, una rosa disponibile e molto flessibile, le qualità individuali al servizio del collettivo, e non è quest’ultima una frase fatta, se si considera che la Juventus ha vinto senza un centravanti capace di andare agevolmente in doppia cifra, anzi, facendolo ruotare a seconda degli impegni e dello stato di forma.

Di contro il Milan, l’unico vero ostacolo alla conquista di un insperato scudetto alla vigilia, ha pagato nel corso della stagione i numerosi e pesanti infortuni (su tutti Cassano, Boateng e Thiago Silva), la sopravvalutazione di alcuni pezzi pregiati (mi riferisco a Pato e Aquilani) e non sono bastate l’abnegazione della rivelazione Nocerino, i gol del sempre più implacabile (in campionato) Ibrahimovic, nettamente il migliore atleta di una serie A sempre più povera e la compattezza di un gruppo che forse ha davvero dato tutto. Polemiche infinite a parte, gol non gol visti e non visti, la Juventus ha meritato ampiamente, poco per volta si è insinuata davanti, in una posizione di vertice alla quale francamente non era più abituata nè avvezza.

Il protagonista a mio avviso è stato l’allenatore, probabilmente sin troppo borioso, nonostante abbia reclamizzato sacrificio e l’inferiorità nei confronti del Milan, professando umiltà ad ogni intervista; il tecnico salentino da tempo sognava di guidare la Sua Juventus, dopo esserne stato per anni un trascinatore, un combattente. Allievo di Lippi, ancora giovane ma con le idee sufficientemente chiare, e bravo a mutare pelle, lui che all’inizio tutti indicavano come strenuo fautore di un futuristico quanto improbabile 4-2-4. Una Juve camaleontica, capace di difendersi a 3. a 4, di giocare a una punta, col tridente e forte di una mediana incisiva ma anche spettacolare. La difesa ha retto alla grande, di Buffon, tornato a ottimi livelli dopo le insidie casalinghe di Storari, si ricorda solo l’erroraccio col Lecce che ha levato un po’ di sonno ai tanti sostenitori bianconeri; il trio Barzagli- Bonucci- Chiellini è parso compatto e assolutamente efficace, tanto che a una gara dal termine sono solo 19 i gol subiti. Velocità di Barzagli, tecnica di Bonucci, ripresosi alla grande dopo un girone d’andata difficile, e concretezza di Chiellini ed ecco pronta per la Nazionale una difesa di ferro. Sulle fasce ottimo Liechtsteiner, pur “pressato” dal jolly Caceres e sbocciato lo sfortunato De Ceglie, in lizza con il nuovo Estigarribia sulla corsia mancina. Che dire del sontuoso Pirlo? I termini si sprecano, il miglior regista del mondo basta come definizione? Esploso in tutto il suo talento il prodigio di casa Marchisio, nuovo Capitano, e rivelatosi il cileno Vidal non solo come abile incontrista ma pure come polmone dai piedi buoni. In attacco spazio per tutti, dal tecnico Vucinic, cresciuto a dismisura nel ritorno, anche se poco concreto spesso sotto rete, ai ritrovati Quagliarella e Borriello, al concreto Matri, fino al multiuso Simone Pepe, bravo sia da esterno che da centrocampista puro, un po’ come il rincalzo Giaccherini. Commiato d’addio con vittoria per una Bandiera assoluta come Del Piero, mai una polemica, un esempio straordinario di attaccamento al campo e ai colori. Non pervenuti gli stranieri che avrebbero dovuto far volare la squadra sulle fasce secondo pronostici estivi: Elia, vero oggetto misterioso del campionato e Krasic, opaco, intristito dal poco utilizzo e non consono agli schemi del mister.

Proviamo a inserire De Rossi, Maggio e Balotelli al posto degli stranieri, come ha detto ieri Costacurta in un programma di Sky Sport, e notiamo con piacere che potrebbe nascerne una Nazionale Azzurra efficace e in linea con le squadre più forti per contendersi gli Europei.

Ora però qualcuno ci dica quanti sono questi benedetti scudetti bianconeri? 30 o 28???

Genoa, devi essere più forte di tutto

Ieri mi ero concesso una domenica tranquilla (si fa per dire, visto il casino di gente che c’era 🙂 ) in un centro commerciale a Brescia, di conseguenza ho abbassato le orecchie su tutto quello che accadeva in campo in serie A, tanto che anche sugli anticipi ero rimasto ai soli risultati, non avendo visto nemmeno lo straccio di un gol.

Poi però sono iniziati i messaggi di amici appassionati di calcio e tutti, più che anticiparmi il mezzo passo falso casalingo del Milan, si soffermavano sugli episodi capitati a Marassi. Capisco e non capisco, mi viene in soccorso Internet e apprendo che la gara è stata sospesa per una quarantina di minuti per incidenti. La cosa sembrava un po’ vaga e difatti solo alla sera, rincasato, ho potuto tirare le somme e mettere insieme i pezzi di una vicenda quanto meno surreale ma soprattutto gravissima.

E’ veramente inaudito che in Italia succedano queste cose, che la squadra sia in balia dei propri tifosi in questo modo. La contestazione civile ci può stare, anzi, è sacrosanta in alcune circostanze (come può essere la pericolosa serie negativa della squadra della Lanterna negli ultimi due mesi) ma a tutto c’è un limite, il rispetto prima di tutto.

Dei tifosi genoani, spesso considerati autentico numero 12 in campo, non so che dire.. credo qualsiasi considerazione esulerebbe da questioni calcistiche, spero solo che chi di dovere intervenga per evitare che certi fatti succedano ancora. Spiace perchè io ho sempre ammirato sia la stupenda squadra rossoblu, con la sua gloriosa storia, sia appunto la curva, con la sua carica, la sua passione, il suo trasporto.. ora non avrei pensato che gli stessi potessero chiedere un simile atto dimostrativo ai propri giocatori, nonostante – ripeto- sia fuor di dubbio che la stagione stia volgendo verso un finale tristissimo quanto inaspettato per la squadra genoana.

Ma i giocatori? Davvero sono arrivati a togliersi la maglia e consegnarla sugli spalti? L’attaccamento alla maglia allora dov’è finito? La propria dignità che fine ha fatto? Posso cercare di capire il gesto di capitan Rossi, uno dei giocatori  che maggiormente ammiro in tutta la serie A proprio per la sua dedizione alla causa, la sua lunga militanza, nei periodi buoni e meno buoni, il suo amore sempre dimostrato per il Grifone ma assolutamente non lo condivido. Molto meglio l’atteggiamento di Frey e Sculli che si sono tenuti la propria maglia, un simbolo forte di attaccamento ai colori e l’espressione tangibile che non ci si vuole dare per vinti, si deve provare quantomeno a lottare per la permanenza in serie A. Poi leggo dell’esonero di Malesani e capisco che sarà veramente dura, l’annata è stata davvero travagliata per quanto riguarda guide tecniche e scelte societarie. Speriamo che la situazione si ristabilisca per il bene del Genoa e per la salute, l’immagine, la credibilità di tutto il calcio italiano

Domenico Morfeo: stella cometa del calcio italiano. Col suo talento cristallino poteva diventare un numero 1!

Ho sempre avuto un debole, calcisticamente parlando, per un calciatore talentuoso ma assai discusso: Domenico Morfeo.

Una grande promessa del calcio italiano, sin da quando a 15/16 anni deliziava certe platee a livello giovanile. Protagonista assoluto delle rappresentative azzurre, poco o nulla aveva da invidiare a Totti, Di Vaio o Tacchinardi che condividono con lui quelle esperienze. Anzi, da autentico fantasista col colpo sempre in canna, era il fiore all’occhiello della nazionale Under 17, assieme a un altro asso che poi si è perso presto per strada: Alessio Pirri, prodotto delle giovanili della Cremonese.

Morfeo per alcuni compensava le palesi difficoltà fisiche (non era certo un gigante per un calcio sempre più “robusto” visto che non arrivava al metro e 70) con una fortissima personalità che in seguito ne avrebbe minato la carriera ad altissimi livelli.

Si rivela da giovanissimo in prima squadra all’Atalanta, autentica fucina di talenti (con lui in quegli anni, oltre al già citato Tacchinardi, anche altri futuri professionisti, come i difensori Zanchi, Pavan e Viali, la mezzapunta Locatelli e gli attaccanti Chianese e Pisani, tragicamente scomparso a 21 anni per un terribile incidente stradale). Morfeo è quello che prima di tutti mostra doti non comuni, segna e fa segnare, fa meraviglie col suo sinistro, è soprannominato “Maradonino”, in fondo nei campetti di periferia dei tornei giovanili  mostra numeri “circensi”, col pallone incollato ai piedi fa quello che vuole.

Normale che arrivino ben presto le proposte da squadre importanti: se lo aggiudica la Fiorentina, all’epoca fortissima negli interpreti offensivi (Bati-gol, Rui Costa, Oliveira) e Morfeo riesce comunque a ritagliarsi un discreto spazio, accumulando un buon bottino di presenze (26 con 5 gol e numerosi assist). Arriva la prima chiamata da una big: il Milan brucia tutti nel tempo, si assicura le prestazioni del nuovo fenomeno del calcio italiano ma in un modulo troppo spesso ancorato a un solido quanto efficace 4-4-2, in una squadra in via di transizione, non c’è spazio in campo per lui, che viene così ceduto al Cagliari. L’inizio è deludente, tanto  che a gennaio è meglio cambiare di nuovo aria e traslocare da chi ha sempre creduto in te, l’attuale allenatore della Nazionale, Cesare Prandelli che lo ha allevato nel vivaio dell’Atalanta.

Approda così al Verona, in una squadra all’epoca in difficoltà in classifica, da neo promossa in serie A e in ritardo visibile rispetto alle dirette concorrenti. Ma proprio l’inserimento di Genio Morfeo cambia i valori in campo, l’Hellas disputa un girone di ritorno strepitoso, grazie ai colpi del neo-arrivato che, letteralmente, prende per mano i suoi compagni, conducendoli a un’agevole salvezza e segnando ben 5 reti in 10 presenze, più tantissimi passaggi vincenti. L’anno successivo è reduce da un infortunio che lo penalizza a inizio stagione, poi a gennaio il copione si ripete, passa all’Atalanta in un ambiente amico e ripete l’exploit veronese, stavolta segnando 5 gol in 17 partite. Cominciano tuttavia a intravedersi i suoi limiti.. fisici sicuramente, giacchè Morfeo raramente termina un campionato senza infortunarsi, e caratteriali perchè non riesce in qualche modo a gestire la sua forte personalità e, diciamola tutta, pare poco incline al “sano” sacrificio, quello richiesto a tutti i calciatori di serie A se si vuole emergere ad alti livelli.

Dopo due buone stagioni in squadre provinciali, torna nell’anonimato in una stagione sfortunatissima a Firenze, terminata con la retrocessione. Lui però ha un’altra clamorosa buona occasione, viene preso dall’Inter di Cuper, che però gli richiede uno sforzo tattico non indifferente, mettere il suo talento sulla fascia sinistra, ruolo che davvero poco gli si addice, in quanto gli mancano doti di velocità. Sconfinato e defilato, raramente può usare il suo dribbling fulminante e il passaggio illuminante per le punte. Morfeo chiude con un misero bottino: 17 presenze e 1 solo gol, uno score simile a quello di qualche anno prima col Milan. Appaiono chiari altri due punti: Morfeo per esprimersi al meglio deve essere libero di inventare, giostrando appena dietro le due punte, non segna molto ma può trovare il gol in ogni momento; l’altro aspetto è che per fare la differenza deve sentirsi leader, guidare la squadra, deve avere l’ambiente dalla sua parte. Questo difficile che accada al primo colpo in una “grande”, più facile fare la differenza in provincia. E difatti dopo il flop interista, finalmente Mimmo trova la giusta continuità di rendimento al Parma, squadra sulla via del ridimensionamento. Il connubio con compagni e tifosi è solido, così come con l’allenatore (guarda caso, Prandelli). Alla fine sono 16 gol in 101 presenze in serie A. Morfeo gioca a meraviglia nel ruolo di classico trequartista, raccordo tra i reparti ma soprattutto al servizio delle due punte ai quali regala fior di assist.

Da lì qualcosa si spegne in lui, forse l’entusiasmo. Di certo a 32 anni i rimpianti possono essere tanti e le occasioni per rifarsi ormai pochi. Avrebbe potuto segnare un’epoca forse con le sue qualità tecniche ma alla fine non c’è riuscito, cadendo spesso vittima di squalifiche per indisciplina in campo. Il suo passaggio a Brescia è una stella cometa, nemmeno una presenza e liti assortite con il presidente, fino all’ultimo periodo alla Cremonese, condito da 4 presenze e una lunga squalifica. A poco è servito che a guidare la squadra grigiorossa ci fosse un altro dei suoi mentori, Emiliano Mondonico.

Lascia in modo triste il mondo del calcio ma negli occhi dei tifosi rimangono molte delizie tecniche, tanti tocchi magici e fantastici gol. Ora vive a Parma dove da tempo ha degli interessi extracalcistici, nel campo della ristorazione.

Peccato, perchè uno con le sue doti tecniche avrebbe potuto fare una carriera pazzesca, quando si dice che la testa deve viaggiare di pari passo con i piedi (del calciatore).

Io comunque l’ho visto all’opera nel suo campionato all’Hellas e mi piace ringraziarlo per aver contribuito enormemente alla salvezza della squadra, che senza di lui stava faticando e non poco a risalire la china in classifica.