Cristian Totti e un talento tutto da dimostrare

Dura la vita dei figli d’arte, in particolare trattandosi di discipline artistiche e sportive, ma in fondo la regola si potrebbe applicare un po’ a tutti i campi esistenziali, laddove sia sempre in agguato il confronto o la responsabilità di portare avanti un’eredità, un passaggio di testimone, un’attività o quant’altro.

Ovvio, ci sono anche i dovuti vantaggi nel crescere in un ambiente dove la strada per certi versi sia già spianata ma poi, come facile è l’accesso a determinati approdi, allo stesso tempo diventa invece molto complesso mantenere tale status o determinati standard.

Siccome di sport parlerò in questo post, a maggior ragione vedremo quanto sia difficile in alcuni casi misurarsi con un cognome ingombrante, magari con chi ha fatto la storia in questo ambito, e mai come nel calcio ad esempio, se è vero che vi sia un canale preferenziale – per non dire diretto – nell’assaporare certe realtà difficilmente raggiungibili per il ragazzo che parta da zero dal campetto sotto casa, facendo leva sulle sole qualità tecniche, poi bisognerà sempre dimostrare sul campo di che pasta si è fatti.

E in un certo senso, mi vien da dire, sarà sempre più difficile, se non impossibile, riuscire a imporsi se non si dimostra con i fatti il proprio valore, a differenza del figlio di un imprenditore che, con ogni probabilità, un posticino nella ditta familiare se lo potrà tenere stretto più facilmente.

Uno a questo punto potrebbe sostenere che anche un figlio d’arte di un famoso calciatore avrà comunque accesso a una vita più che decorosa e non dovrà magari sgobbare per arrivare a fine mese; già, ma se le sue ambizioni (legittime) erano quelle di ripercorrere le tappe della carriera paterna (o materna, ma nel caso specifico tratteremo di un ex calciatore di cui oltretutto si sta parlando molto attualmente per questioni extra sportive), allora sono certo che il rammarico e la delusione per non essere riusciti nell’impresa saranno molto alti.

Il nome in questione, l’avrete capito dal titolo, è quello di Totti, il cui figlio Cristian sta cercando di ripercorrerne le gesta sul rettangolo verde.

Si fa riferimento quindi a uno dei più grandi campioni mai espressi di questo sport, non soltanto in ambito nazionale. Francesco ha vinto un Mondiale, è stato indissolubile simbolo della Roma (e di Roma), e il pensiero diffuso è che di calciatori come lui non ne nascano molti.

La gioia incontenibile di Cristian Totti dopo il gol rifilato alla Reggina nello scorso campionato Under 17: si è trattato del suo unico sigillo stagionale. Il fatto ha scatenato un grande entusiasmo tra i tifosi giallorossi e gli addetti ai lavori. (foto tratta dal sito Il Messaggero.it)

Cristian è l’unico maschietto di casa, il primogenito dell’allora coppia d’oro Totti/Blasi, ha due sorelle più piccole (Chanel e Isabel) e sin da bambino è dovuto crescere giocoforza con i fari puntati accesi, con la famiglia giustamente attenta a garantire privacy e la necessaria tranquillità per compiere tutte le tappe salienti della sua vita.

Il pallone non poteva che diventare un suo fedele compagno, la passione è nata spontanea: respirava calcio in casa Totti, e non poteva essere altrimenti.

Francesco, come tutti i padri amanti del calcio, certo sognava che il figlio diventasse un calciatore, ma è sempre stato anche prudente nel pronosticargli un futuro a certi livelli, consapevole lui per primo che essere “il figlio di” lo avrebbe di fatti penalizzato, esponendolo a continui e difficili paragoni.

Sono sempre stato attento e appassionato all’argomento, ne scrissi per la prima volta proprio su questo blog: era il 2013 e quel dossier a tutt’oggi è tra i miei articoli più letti e apprezzati.

C’è sempre una sorta di curiosità speciale nel vedere all’opera gli eredi di sportivi, musicisti, attori ecc, e anche solo immaginare di rivedere il nome di Totti stampato su una maglia giallorossa è fonte di emozione, non solo presumo per i tifosi giallorossi.

Cristian, classe 2005, da sempre si trova quindi a convivere con un peso notevole, ma la famiglia lo ha sempre protetto, perché per prima cosa giocare a calcio deve essere un divertimento, come per tutti i bimbi, poi i più meritevoli, i più bravi magari avranno accesso a un futuro glorioso, chi lo sa?

Come accennato nella premessa, ovvio che Cristian non debba aver sostenuto chissà quali provini per farsi visionare e scegliere dalla società giallorossa (per inciso, una delle più forti in assoluto da sempre in campo giovanile), ma cognome a parte, qualcosa dovrà pure aver mostrato, qualche segno del dna calcistico gli è stato trasmesso.

Ora però per il giovane Totti è venuto il momento di dimostrare il proprio talento, e io da appassionato conoscitore di calcio giovanile lo sto seguendo con attenzione almeno da tre anni, da quando il Nostro è stato confermato nella formazione Under 15 (ex Giovanissimi) per il primo campionato che ti fa conseguire un titolo nazionale.

In questo filmato, uno dei rari disponibili sul web, Cristian Totti, allora tredicenne, segna una doppietta pur partendo dalla panchina. In alcune movenze è facile riconoscere il padre Francesco: peccato che da lì in avanti di gol ne segnerà col contagocce, fino ad arrivare all’Under 18, con cui inizierà la nuova stagione a brevissimo. In questa partita sono presenti diversi compagni che ancora giocano con lui e che si stanno imponendo a suon di prestazioni positive (Marazzotti, Cichella, Graziani su tutti, mentre l’attaccante Cipolletti, che qui svettava letteralmente, un anno fa è stato ceduto al Sassuolo).

Mi limiterò ai fatti, facendo ovviamente qualche considerazione personale e proiezione: nessuna pretesa di verità, perché sappiamo che nel calcio è molto complicato fare previsioni sul futuro degli atleti a determinati livelli.

E la realtà odierna ci dice che Cristian quest’anno disputerà con i coetanei il campionato Under 18, con vista sul torneo Primavera, palcoscenico che fa da preludio al calcio dei grandi.

Sarà un osservato speciale, come d’altronde lo è dai suoi precoci inizi: me lo ricordo in alcuni filmati di quando era poco più che un bambino, già con la maglia della Roma a giocare e segnare in alcuni tornei.

Ma da quando si è accostato a un livello più alto il suo nome è finito nelle retrovie, a iniziare proprio dall’Under 15 dove Cristian accumulò invero poche presenze, e non solo per l’avvento traumatico del Covid, che ha bloccato sul più bello la crescita dei ragazzi e la loro bella partenza in campionato.

Poche presenze per lui in quella prima stagione (in pratica mai titolare), e la sensazione che in un calcio schierato a 11 non avesse ancora trovato una collocazione ideale: niente di cui preoccuparsi in fondo, quella è davvero una fase di crescita non solo calcistica, dove i ruoli sono ancora poco definiti, e dove sta all’allenatore cogliere le qualità dei suoi giocatori e le modalità per farle esprimere al meglio.

La zona di campo in cui si muove è quella prettamente offensiva, anche se pare da subito evidente che, al di là di alcuni buoni fondamentali, non possegga certo la genialità del padre.

Non vanno meglio le cose l’anno successivo, quando è confermato per il campionato Under 16. Complice anche un infortunio al piede, si aggrega più tardi in gruppo e fatica tremendamente a competere con compagni come Marazzotti, Bolzan, Rozzi, Polletta o Graziani (che agiscono nella sua zona di competenza), i quali appaiono non solo più pronti ma a conti fatti più talentuosi.

Rimanendo alla sua annata, c’è già chi come Simone Ienco, difensore centrale mancino adattabile anche come terzino sinistro (arrivato nell’Under 15 dalla società satellite Carso), viene aggregato con buona continuità in Under 17, tanto da giocare titolare nella finalissima del campionato che verrà poi vinta dai giallorossi.

A parte questo, diversi giallorossi del suo ciclo finiscono presto nel giro delle nazionali giovanili (di cui il padre Francesco non solo era habituè ma pure predestinata stella): vengono chiamati dai selezionatori azzurri il centrocampista De Angelis e i già citati Marazzotti, Bolzan e Graziani; insomma la sensazione è che sia ancora indietro nelle gerarchie, e che abbia convinto poco l’allenatore Tanrivermis, fermo sostenitore del 4-3-3.

Si arriva così alla stagione calcistica 2021/2022, quando il giovane Totti viene confermato anche nell’Under 17, categoria una volta denominata Allievi, dove storicamente viene fatta una scrematura all’interno della rosa, che viene rimpolpata di volta in volta anche con profili stranieri.

Non fa specie una pur forte Roma che aveva già aggiunto in roster il portiere Razumejevs, il difensore Karagiorgis, il poderoso centravanti italo americano Misitano e il fantasista brasiliano Cesco Costa, per altro subito inserito con il ciclo vincente dei 2004 (qualitativamente in generale considerati più forti dei 2005 e dei 2006).

Inoltre salgono più o meno stabilmente in Under 17, per farli misurare da subito in un torneo più competitivo, alcuni calciatori nati nel 2006 come il difensore centrale Plaia, il polivalente Mannini (entrambi acquistati l’anno prima dallo Spezia, quest’ultimo anch’egli nazionale giovanile) e il neo acquisto Surricchio, centrocampista che addirittura vanta già qualche presenza da professionista con il Teramo in serie C.

Tra coloro che invece salutano la compagnia ci sono il laterale destro Marcelli, il terzino Mulè e l’attaccante Cipolletti – che a tredici anni giganteggiava letteralmente in campo, essendo altissimo rispetto ai compagni – : tutti loro negli anni precedenti avevano contribuito bene ai risultati della squadra, giocando spesso e volentieri anche da titolari, eppure quest’ultimo finisce al Sassuolo, i primi due invece alla Ternana (Mulè dopo un solo anno cambia di nuovo casacca, visto che inizierà la nuova stagione con la Under 19 del Latina; stessa sorte è toccata a Cipolletti, passato in prestito al Cittadella con cui disputerà il Campionato Primavera2).

Cristian a un primo colpo d’occhio somiglia tantissimo a Francesco, biondo come lui, con qualche movenza simile, ma al momento i punti in comune sono solo questi: al termine di una stagione letteralmente sopra le righe per la Roma Under 17, che per lunghi tratti domina in campionato salvo cadere poi in semifinale, i minuti accumulati dal giovane Totti sono veramente pochissimi, e al netto di qualche problema di natura fisica, pare ancora più grande il divario tecnico fra lui e i suoi compagni.

Altro filmato trovato in rete risalente a qualche anno fa, quando la suggestione di rivedere un nuovo Totti in maglia giallorossa era fortissima: il piccolo Cristian prometteva bene ma negli anni a venire non è stato in grado di confermarsi al pari di altri compagni di squadra. Ovviamente il tempo è tutto dalla sua parte, il talento c’è ma è ancora da dimostrare appieno.

Guidati dal nuovo allenatore Ciaralli, i ragazzi non solo arrivano fin quasi a giocarsi il titolo nazionale (saranno sconfitti in una combattuta semifinale contro l’Inter, che poi a sua volta perderà la finalissima contro la rivelazione Bologna) ma in campo spesso e volentieri danno spettacolo.

Schierati per lo più con un 4-2-3-1, vengono esaltati in particolare Marazzotti e Graziani sulla trequarti (mentre perdono posizioni De Angelis e Rozzi), Cichella in mediana anche dopo l’arrivo del predestinato Ivkovic, e i due attaccanti Bolzan e Misitano che si completano divinamente in campo e fanno sfracelli in zona gol, diventando oltretutto perni della Nazionale che ha disputato l’Europeo di categoria.

In maniera naturale molti di questi ragazzi esordiscono da sotto età con l’Under 18, cavandosela bene anche lì.

In mezzo a tutto questo Cristian fa molta anticamera, come detto gli restano le briciole in campo, eppure gli basta solo un gol (tra l’altro pregevole) contro la Reggina, per salire clamorosamente agli onori della cronaca.

E’ di Totti jr infatti il sigillo finale di una gara vinta agevolmente dalla Roma per sei reti a zero; sembrava l’inizio, almeno leggendo i titoloni, di una storia finalmente ricca di soddisfazioni per il giovane attaccante, tanto che addirittura si scommetteva su quando sarebbe avvenuto il suo esordio in serie A!

Capisco l’attesa di rivedere un altro Totti diventare campione, la stessa che era stata riposta nei figli di Maradona, Pelè, Roberto Baggio, Zidane e altri ancora… basterebbe conoscere l’epilogo delle loro avventure per comprendere che tanto entusiasmo attorno a Cristian è davvero esagerato, e che occorre essere molto prudenti per non bruciare il ragazzo sotto il peso di troppe aspettative.

Da lì in avanti infatti – si era a fine marzo – Totti non saprà ricavarsi tanto altro spazio, concludendo l’intera stagione con sole otto presenze che, al netto di qualche infortunio patito, sono davvero pochissime per pensare tanto in grande.

Poi, per carità, questa come rimarcato in precedenza è una fase cruciale per i giovani calciatori: i tempi di maturazione di ognuno cambiano, e chi è più indietro adesso ha davvero tutto per recuperare, variabili impazzite a parte.

Vale ovviamente anche il contrario, quanti campioncini in pectore, piccoli fenomeni la cui avanzata nel calcio che conta sembrava inarrestabile, un approdo naturale, si sono arenati poi per tutta una serie di cause diverse (mentalità sbagliata, vita non da professionista, consigli errati di chi ti sta intorno, infortuni gravi, l’allenatore che non ti vede, banalmente sfortuna…)?

La lista è interminabile, perciò non mi sento certo di bocciare Totti prima ancora che inizi un percorso professionistico, in fondo senza andare tanto a ritroso nel tempo ricordiamo che anche Federico Chiesa, pure alle prese con il paragone ingombrante col padre Enrico (fortissimo attaccante degli anni 90, tra i migliori cannonieri di sempre in serie A), fino agli Allievi sembrava fermo in un limbo, invece poi ha svoltato grazie anche a un allenatore, (in quel caso Paulo Sousa) che ha intravisto qualcosa di speciale e non ha esitato a gettarlo nella mischia, puntando molte carte su di lui.

Certo, anch’io auspico che Cristian possa arrivare a giocare in A, ma da un punto di vista giornalistico vorrei essere prima di tutto realista: arrivati alla soglia della maggiore età (i 2005 compiranno 18 anni nel 2023) i ragazzi calcisticamente si stanno formando e sono pronti per l’ultimo step del calcio giovanile, il campionato Primavera (e difatti Bolzan, Costa, Graziani o Misitano sono stati aggregati in una rosa composta per la maggior parte da gente del 2004, più i fuoriquota del 2003).

Alcuni di loro probabilmente durante la stagione esordiranno in Prima Squadra in serie A, non parliamo poi dell’estero dove i più bravi e talentuosi si trovano facilmente a bruciare le tappe, diventando protagonisti anche a livello internazionale.

Per Totti invece si sono aperte al momento le porte della formazione Under 18, storicamente denominata Berretti, in cui dovrà necessariamente cambiare marcia.

Nel campionato nazionale che inizierà domani (18 settembre, con la Roma impegnata nella prima giornata contro il Genoa) ritroverà come molti altri compagni il giovanissimo tecnico turco Tanrivermis (classe 1989) che già allenò la nidiata dei 2005 in Under 15 e Under 16, prima di approdare allo Spezia per una breve parentesi come allenatore della Primavera.

Francesco e Cristian Totti insieme: i due hanno uno splendido rapporto e sono in tanti ad auspicare un ideale passaggio di consegne tra padre e figlio in maglia giallorossa, ma la strada per il giovane attaccante è ancora lunga. (Credit by Depositphotos.com)

Non sarà facile per Cristian, lo abbiamo capito: le attese sono enormi, ogni sua giocata è vivisezionata, si cerca di scovare col binocolo qualche barlume del talento immenso del padre Francesco, ma ricordiamoci che egli a 16 anni aveva già esordito in A e da lì a poco avrebbe spiccato il volo.

Diamo a Cristian il tempo di crescere (non ha ancora compiuto 17 anni, li farà a novembre) e di fare la sua strada, l’augurio è che possa giocare serenamente, con la giusta voglia e passione, divertendosi, senza quella fretta e ansia di dover per forza dimostrare qualcosa.

E’ ovvio che qualunque sua giocata verrà amplificata, in fondo è bastato davvero un semplice gol per scatenare tanto entusiasmo intorno a lui… a volte mi chiedo se avesse fatto i numeri di compagni come Marazzotti o Bolzan, cosa sarebbe successo, forse davvero avrebbe già assaporato la Prima Squadra.

In conclusione, tutto dipenderà da lui, da come affronterà anche mentalmente, dopo un’estate passata involontariamente sotto i tabloid per le note vicende dei suoi famosi genitori, la nuova stagione calcistica.

L’augurio sincero che gli faccio, e che allargo ovviamente a ogni giovane calciatore in erba, è che abbia le possibilità reali per esprimere al massimo il suo potenziale. Utopistico forse, ma già che uno riuscisse a raccogliere quanto di seminato in tanti anni di settore giovanile in base ai reali valori tecnici, sarebbe un grande traguardo.

Nel caso di Cristian Totti, invece, spero si inizi presto a parlare di lui per le gesta sportive e che il suo nome non sia tirato in ballo soltanto per notizie legate al gossip.

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Calcio giovanile – il Bologna Under 17, la Roma Under 16 e il Milan Under 15 vincono i rispettivi campionati: ecco i nomi da tenere d’occhio!

Si sono terminati da poco i campionati nazionali di calcio maschile categoria Under 17, Under 16 e Under 15, non senza sorprese sulle proiezioni della vigilia.

Sono state partite belle, entusiasmanti e giocate a grande ritmo e intensità, con molti giocatori – sia tra i vincitori che tra i vinti – che si sono messi in luce una volta di più.

Ricordando ai lettori che, ai piani più alti dei tornei giovanili, ad aggiudicarsi il campionato Primavera è stata l’Inter ai danni di una lanciatissima Roma (primissima per tutta la Regular Season), e nell’Under 18 ha trionfato la Spal, battendo il Bologna, vediamo ora nel dettaglio come sono andati, al di là degli esiti, gli scontri decisivi che hanno visto imporsi il Bologna nell’Under 17, la Roma nell’Under 16 e il Milan nell’Under 15.

In generale viene confermato quindi l’ottimo momento di club come Milan, Inter, Roma e Bologna, ragguardevole l’exploit della Spal (che in questi anni sta regalando giocatori molto validi alle selezioni azzurre: due nomi su tutti, Saiani e Parravicini, senza scordare l’attaccante Semenza, giunto dall’Inter ma fondamentale per costruire questa grande vittoria; poco spazio invece per l’ex bambino prodigio Pietro Tomaselli, scartato dalla Roma un anno fa), mentre hanno deluso a livello di risultati (pur mostrando ottime individualità) altre big del movimento giovanile italiano, come Atalanta, Empoli o Juventus.

UNDER 17

Iniziando dal campionato Under 17 (con protagonisti ragazzi nati nel 2005), se i pronostici sorridevano più all’Inter di mister Tiziano Polenghi – capace di battere in una super-semifinale la forte Roma dei vari Bolzan, Marazzotti, Ienco e Graziani – alla fine a prevalere è stato il Bologna, la cui crescita dal girone di ritorno è stata esponenziale.

Sul campo i ragazzi guidati dall’allenatore Denis Biavati hanno mostrato sin da subito di potersela giocare contro i più quotati (almeno sulla carta) nerazzurri, dando vita a una finale avvincente: basti pensare che l’Inter dopo soli 12 minuti si trovava già in doppio vantaggio (splendida la doppietta dell’ex Renate Thomas Berenbruch), per poi subire nello stesso lasso di tempo (però dal 32° st al 44° st) la grande rimonta del Bologna.

Al di là delle singole giocate tecniche, che pure ci sono state, la gara è stata vinta dai felsinei a centrocampo, trascinati da un Lorenzo Menegazzo in stato di grazia e qui autore di una fantastica doppietta, coadiuvato dai “soliti” Manuel Rosetti e capitan Ferrante.

E’ stato proprio nella zona nevralgica infatti che si è assistito a grandi duelli, considerando che pure gli interisti in quel settore abbondano di talento, potendo contare su un trio di assoluto livello formato dal nazionale Luca Di Maggio, il già citato Berenbruch e il figlio d’arte nonchè capitano Aleksandar Stankovic (ricorderete probabilmente anche il fratello Filip, di tre anni più grande e anch’egli già protagonista come portiere dell’Inter, reduce quest’anno da un buon prestito al Volendam).

Un po’ in tutti i reparti comunque l’Inter appariva attrezzata, nell’affidabile coppia difensiva centrale composta da Guercio e Stante (quest’ultimo praticamente aggregato all’Under 18), nel trequartista Tommaso Ricordi e negli Azzurrini che hanno preso parte allo sfortunato Europeo Under 17: Di Maggio, Quieto e Francesco Pio Esposito (fratello minore del talentuoso Sebastiano e di Salvatore, che di recente ha esordito nella Nazionale A agli ordini di Mancini).

Il Bologna lungo tutto il campionato ha messo in vetrina altri giocatori di sicuro avvenire, come il forte difensore Saer Diop, il trequartista Cesari e l’attaccante Ravaglioli, pure lui a segno nella finalissima e meritevole di citazione anche per essere della classe 2006, quindi in pratica ha giocato da sotto età.

Per il Bologna è stata un’annata davvero ottima, se pensiamo appunto che anche l’Under 18 è arrivata in finale – poi persa come detto contro la Spal -, avvalendosi di campioncini come l’attaccante Antonio Raimondo e il difensore Amey (entrambi già esordienti in serie A, con quest’ultimo capace di macinare record: più giovane esordiente assoluto in A, e più giovane a giocare una partita da titolare sempre nella massima serie).

L’affermazione dei ragazzi bolognesi assume particolare valore se pensiamo che l’ultima vittoria a livello di Under 17 risale a più di vent’anni fa, quando allenati da un certo Stefano Pioli, i vari Meghni, Loviso, Terzi, Claiton e Della Rocca sconfissero, nel lontano 2001, nella finale del campionato “Allievi” i rivali della Roma, in cui all’epoca giocavano tanti futuri professionisti come Aquilani, Ferronetti, Corvia, Galasso, il portiere Paoloni (noto soprattutto poi per vicende extracalcistiche) e il povero difensore Andrea Servi, che ci ha lasciato prematuramente nel 2013.

Concludo il momento amarcord, andando ancora più a ritroso nel tempo per trovare un Bologna vincente, stavolta nella categoria “Giovanissimi” (l’attuale Under 15); era il 1989, i ragazzi in campo erano nati nel 1974, e ad allenarli vi era un giovane mister (che, come Pioli, sarebbe poi arrivato su panchine prestigiose in serie A): Davide Ballardini.

Contro il napoli del baby bomber Baglieri (anche per lui in seguito una buona carriera da goleador di provincia), i rossoblu si imposero per due reti a zero, sospinti in campo da autentici gioielli come il terzino Traversa – che da lì a poco sarebbe stato acquistato dal Milan -, Pepè Anaclerio, che collezionò anche un buon numero di presenze in carriera con la prima squadra del Bologna, e Graziano Lorusso, gran centrocampista che due anni dopo giocò un Mondiale Under 17 insieme a gente come Del Piero, Eddy Baggio, Della Morte, Sartor, Moro, Birindelli, Giraldi, Sereni… ebbi modo di raccontare la vicenda di Lorusso su questo blog: lasciò presto il calcio per motivi personali, sentendo forte il richiamo della Fede e da diversi anni ormai è diventato sacerdote.

Di quella “colonia pugliese” trapiantata nel capoluogo emiliano – oltre ai citati Anaclerio, Lorusso e Traversa- faceva parte anche Giuseppe Campione, che pareva il più bravo di tutti, tanto da debuttare in serie A con il Bologna a soli 15 anni e 10 mesi: una carriera lanciatissima, stroncata da un terribile incidente, in cui perse la vita a soli 21 anni.

UNDER 16

Scendiamo di uno scalino, dal punto di vista anagrafico, e veniamo al campionato nazionale Under 16 (con protagonisti i ragazzi del 2006). Come scritto in apertura il titolo è andato ai giovani giallorossi della Roma guidato da Falsini, ex calciatore tra le altre di Verona e Parma.

La finale andata in scena contro il Milan di Ignazio Abate è stata una vera battaglia, con i capitolini in grado di imporsi solo ai tempi supplementari grazie a un colpo di testa dell’attaccante mancino Nardozi.

Non si può certo trattare di una sorpresa in toto, ma in ogni caso i pronostici sembravano rivolgersi soprattutto ai rossoneri (tra le cui fila vorrei sottolineare almeno i nomi di Scotti e Mancioppi, entrambi fanno parte della Nazionale italiana Under 16), e lo stesso Falsini ha ammesso che alla vigilia del campionato pochi avrebbero scommesso su una vittoria della sua Roma.

Eppure, a onor del vero, bisogna riconoscere la grande crescita dal punto di vista tecnico (ma anche fisico) di un gruppo di ragazzi che hanno saputo giocare “da squadra”, senza primedonne in campo; tanti di questi poi giocano assieme da quando avevano 12 anni: penso a Mirra, Ceccarelli, Guglielmelli, lo stesso Nardozi, senza dimenticare quel Mattia Almaviva a cui un certo Francesco Totti aveva simbolicamente passato la fascia di capitano, mettendogliela al braccio, nel giorno del suo addio al calcio.

Ecco, proprio Almaviva è l’esempio lampante di un giocatore cresciuto sotto ogni punta di vista, laddove la tecnica pura non gli è mai mancata; in questa stagione ha agito spesso da primo riferimento offensivo, lui che non ha certo le caratteristiche del centravanti, eppure in ogni caso – un po’ da falso nueve – alla fine è riuscito a imporsi e a dare un grande contributo.

Mi aspettavo una maggior partecipazione attiva in questo campionato del già citato Guglielmelli, perchè a mio avviso, fino a qualche anno fa, non dico sembrasse di un’altra categoria rispetto ai compagni ma di certo svettava grazie a uno strapotere fisico e atletico. Probabilmente deve ancora trovare una precisa collocazione tattica, ed essere meno individualista di quanto non fosse da bambino, quando in un certo senso poteva “permettersi” di andare in porta con la palla, grazie alle sue indubbie qualità tecniche.

Al gruppo storico, cui fa parte anche il forte portiere De Franceschi, occorre citare altri grandi protagonisti della cavalcata giallorossa: gente come Feola, Tumminelli e, soprattutto, Plaia e Mannini, sovente utilizzati (anche da titolari) con la Roma Under 17.

UNDER 15

Il Milan, pur sconfitto di misura a livello di Under 16, ha coronato una stagione straordinaria, aggiungendo allo Scudetto dei “grandi”, quello vinto dai ragazzi dell’Under 15, nati nel 2007.

I rossoneri, guidati dall’allenatore Roberto Bertuzzo (c’era lui in panchina anche quando il Milan vinse l’ultimo suo scudetto nella categoria “Giovanissimi”: era il 2009/10 e tra i piccoli campioncini figuravano i futuri professionisti Cristante, Pinato e Petagna), hanno vinto ben oltre l’1 a 0 finale ai danni della Fiorentina.

Senza togliere meriti ai piccoli viola, in cui spiccano il portiere Vannucchi e l’attaccante Maiorana (facenti parte entrambi della Nazionale Under 15), se c’è una squadra che per tutto l’arco della stagione ha meritato, per continuità e qualità del gioco espresso, quella è proprio il Milan, sorretto da pilastri come il capitano Emanuele Sala (che eguaglia così il fratello Alessandro, classe 2001, anch’egli vincente con le giovanili del Milan e ora alla Pro Sesto in serie C, quest’anno salvatosi dopo aver vinto i playout), il centrocampista Perin, il difensore Colombo e i due assi offensivi Mattia Liberali (fantasista/attaccante, stella anche della Nazionale Under 15) e Francesco Camarda, autore del gol-scudetto.

Proprio a quest’ultimo va la copertina dell’intera stagione: centravanti classe 2008, quindi più giovane di un anno rispetto ai compagni e agli avversari, gioca con una grinta, una personalità e una classe assolutamente rare a questi livelli, ed è considerato l’ uomo dei record del vivaio milanista, avendo segnato sinora nella sua esperienza in rossonero qualcosa come 400 gol!

Il futuro è tutto dalla sua parte, come si spera quello di tanti altri nomi incontrati in questo articolo: diamo la possibilità a questi ragazzi di coltivare il proprio sogno, solo così potremo avere tante nuove soddisfazioni anche in chiave azzurra!

Focus calcio giovanile – Diamo uno sguardo ai migliori prospetti italiani: Samuele Vignato guida la truppa dei 2004, Aaron Ciammaglichella è la stella dei 2005.

Torno dopo un po’ di tempo a occuparmi su queste pagine del vivaio azzurro, penalizzato come tutti i movimenti giovanili dalla pandemia, che ha visto disputarsi solo per metà il campionato Primavera 2019/20 (poi assegnato comunque alla lanciatissima Atalanta di mister Brambilla) e sospendere sul più bello i tornei dei più piccoli.

Alludo in particolare alle compagini impegnate nei campionati nazionali Under 15 e Under 16, mentre con sana ostinazione si è voluto far disputare l’ultima stagione (2020/21) almeno dagli under 17 in su, fino appunto all’ultimo gradino (con il campionato Primavera che ha visto imporsi la splendida rivelazione Empoli dei vari Baldanzi, Donati e Asslani sull’altrettanto talentuosa Sampdoria).

L’Empoli campione d’Italia Primavera (credits TWITTER LEGA SERIE A)

Di talenti se ne stanno coltivando dalle nostre parti, e la clamorosa (ma meritatissima) affermazione dell’Italia dei “grandi” a Euro 2020 ce l’abbiamo ancora negli occhi e nel cuore, sperando che sia solo la punta di un iceberg di qualcosa che parte da più lontano, dalla coltivazione dei vivai nostrani appunto.

Dopo tutto tra i più fulgidi protagonisti della meravigliosa squadra assemblata in maniera perfetta dal ct Mancini, figuravano fra gli altri gente come Pessina, Locatelli e Chiesa, per non dire di Donnarumma, che ormai suona quasi riduttivo chiamarlo il miglior portiere della sua generazione, visto che nonostante abbia solo 22 anni se la gioca alla pari con i migliori interpreti del ruolo del mondo.

Bene ha fatto quando chiamato in causa anche l’interista Bastoni, classe 1999, e in rosa a sorpresa era stato convocato per la spedizione anche il sassolese Raspadori, di un anno più giovane, di certo uno degli attaccanti emergenti di maggior talento.

Non dimentichiamo che si sono affacciati finalmente quei giocatori che fecero benissimo a livello under 17, appartenenti alle annate 2001-2002, che hanno portato in dote al calcio azzurro due secondi posti consecutivi all’Europeo di categoria, sempre perdendo in finale contro i pari età olandesi, preludio della successiva partecipazione al Mondiale under 17.

Ci si aspetta tanto da loro ovviamente, come da quelli che ora devono provare a emularne le gesta: ragazzi del 2004 e del 2005, i protagonisti del nostro dossier di oggi.

Di recente dopo la stop forzato dei tornei, sono stati convocati per degli stage e delle amichevoli diversi giovani atleti, rappresentanti il nucleo delle future nazionali under 18 e under 16/17, rispettivamente allenati da Daniele Franceschini e Bernardo Corradi, entrambi ex calciatori dalla lunga e prestigiosa carriera alle spalle.

I MIGLIORI TALENTI DELLA CLASSE 2004

I nati del 2004 sono quelli che si sono contesi la finalissima del campionato under 17, che ha visto imporsi la super Roma di mister Piccareta (che al termine della sua splendida avventura giallorossa si è accasato come allenatore alla Spal Primavera, percorso inverso ha fatto Scurto che torna così a Roma dopo esservi cresciuto calcisticamente, compagno di Aquilani, Ferronetti, Corvia) sul Genoa di Konko, ex fra gli altri di Juve, Lazio e dello stesso Genoa. (Curioso che anche nella categoria immediatamente superiore, cioè l’under 18, le finaliste siano state le stesse, con la squadra ligure stavolta meritata vincitrice).

Non è un caso che alcuni dei prospetti più interessanti di questa nidiata provengano da queste due squadre, e che di conseguenza non siano sfuggiti agli occhi dei selezionatori azzurri: per la Roma penso al trequartista Pagano (che ha un mentore speciale: tale Francesco Totti, che lo rappresenta con la sua società), ai centrocampisti Pisilli e Faticanti (già visto all’opera agli ordini di Alberto De Rossi con la Primavera), il portiere Mastrantonio e i due laterali difensivi Missori e Falasca. Che poi quest’ultimo in realtà è molto più che un difensore, visto che ha dimostrato in stagione di saper bene interpretare ogni zona della corsia mancina, da esterno di centrocampo come quinto, da terzino puro e da laterale in perenne proiezione offensiva (prova ne è il cospicuo numero di gol, anche pesanti siglati o da lui innescati).

Nel Genoa il fiore all’occhiello del gruppo sembra essere Accornero, habituè delle selezioni giovanili nazionali e in possesso di una spiccata personalità che gli permette di comandare in modo naturale in mezzo al campo o in appoggio alle punte; tra i suoi compagni più in vista vale la pena spendere due parole per il fortissimo difensore Cagia, che gioca come un veterano ma occhio pure al metronomo Palella.

Allargando il cerchio su altri nomi interessanti di questa classe, in porta il più completo mi sembra Bertini dell’Atalanta, partendo poi dalla difesa segnalo il giovane viola Biagetti, il bolognese Motolese e il milanista Anut, mentre a centrocampo e sugli esterni fioccano gli interpreti di valore, tra gli juventini Maressa e Ledonne, il laziale Giordano Rossi e l’estroso fantasista rossonero Alesi, che ricorda a tratti addirittura a Kakà, che da quelle parti ha lasciato indubbiamente ottimi ricordi.

Anche in attacco la concorrenza è alta, tra il gigante juventino Turco, il funambolico milanista Leonardo Rossi, che ha iniziato il suo percorso con i Giovanissimi della Roma e il cagliaritano Masala, dotato di una tecnica individuale notevole. Impossibile poi non citare l’attaccante Antonio Raimondo, che Mihajlovic ha fatto addirittura esordire nella massima serie, segno di una stima enorme nei suoi confronti e di una reale fiducia nelle sue potenzialità.

Ho lasciato per ultimi i due ragazzi che mi sembrano al momento i fiori all’occhiello del gruppo dei 2004, entrambi attaccanti e tutti e due veneti; se del vicentino Tommaso Mancini avevo già scritto, dedicandogli un articolo ai tempi del suo precoce esordio fra i protagonisti in serie B, era ora che omaggiassi nel mio blog anche un suo coetaneo che conosco e seguo da quando era poco più che un bimbo: mi riferisco a Samuele Vignato, astro nascente del Chievo, nonchè fratello minore di un altro grandissimo talento, Emanuel, che si sta ritagliando un grande spazio in serie A nel Bologna.

Samuele Vignato, il miglior talento del 2004: rimasto svincolato dal Chievo, si è accasato al Monza. (FOTO DALLA PAGINA TWITTER DEL MONZA CALCIO)

Sul più piccolo dei fratelli Vignato (veronesi con sangue brasiliano nelle vene per via delle origini della madre) si stava scatenando una vera asta, ancora prima che – ahimè – il club della Diga venisse dichiarato fallito e impossibilitato a iscriversi al prossimo campionato cadetto. Con tutti i giocatori finiti in regime di svincolo, anche il forte Samuele si è trovato senza squadra, col suo cartellino diventato allettante per club come il Milan, la Juventus, il Bayern Monaco o lo stesso Bologna che avrebbe voluto farlo ricongiungere a livello sportivo con Emanuel.

Alla fine, è notizia dell’altro ieri, se lo è accapparrato il Monza pigliatutto di Berlusconi e Galliani – facendogli sottoscrivere un triennale – che, così facendo, si è assicurato un campioncino in grado da sotto età (giocando con compagni del 2002 o fuoriquota del 2001) di mettere a referto nel campionato Primavera qualcosa come 14 reti e 11 assist in 18 presenze.

Numeri eccezionali che non potevano lasciare indifferente la squadra A, desiderosa più che mai anzi di mostrare al mondo un talento del genere, che avrebbe potuto costituire in caso di cessione una grande plusvalenza per le casse del patron Campedelli, evidentemente in difficoltà.

Aglietti non ha avuto grandi remore a farlo allenare con la prima squadra e a buttarlo in modo ragionato nella mischia, trattandolo non come il giovane a cui concedere scampoli di gara ininfluenti, ma tenendone conto anche in una fase cruciale della stagione, con i veneti alla ricerca di un posto al sole in chiave playoff.

Detto fatto, e sin dalla sua primissima partita in B, Vignato jr non ha demeritato, tutt’altro. Si è infatti disimpegnato benissimo, cercando la giocata ma senza strafare, giocando con naturalezza e senza tradire emozione, illuminando a ogni tocco di palla la scena con la sua grande qualità.

Pur somigliando fisicamente a Emanuel, e giocando in una posizione simile, o comunque in zona offensiva, tra i due sono evidenti anche delle differenze a un primo attento sguardo.

Laddove Emanuel sembra essere in possesso di una migliore tecnica pura, e di saper telecomandare il pallone scegliendo sempre l’opzione giusta, Samuele mostra di avere connaturata una maggiore dose di grinta, ama cercare più volte il dribbling e l’azione individuale ed è capace di concluderla con più efficacia.

Sono dettagli, si sta parlando in realtà di due prospetti dalle potenzialità enormi, che possono crescere ed evolversi.

D’altronde Emanuel si è adattato un po’ a tutti i ruoli della trequarti assegnatagli da Mihajlovic, il quale pare apprezzarne particolarmente proprio lo spirito di adattamento e sacrificio ma, allo stesso tempo, riconoscendone il grande tasso tecnico, ha capito quanto sia importante metterlo nelle condizioni di incidere di più, vista anche la sua notevole visione di gioco.

Samuele stesso in ogni caso nel suo percorso ha già un po’ arretrato il suo raggio d’azione, passando dall’essere l’attaccante di riferimento ad essere molto importante come rifinitore, in genere più libero di muoversi a piacimento fra le linee.

Il tempo è dalla loro parte, sicuri però che il calcio azzurro abbia la possibilità di continuare a crescere, rinnovandosi grazie ai giovani innesti.

Chiudo la rassegna delle presentazioni dei 2004 con due giocatori interessantissimi che già si sono accasati all’estero: è notizia recente l’acquisto da parte dei lusitani dello Sporting Lisbona (fresco detentore della Primera Liga) dell’ex difensore centrale della Roma, l’italo-ivoriano Etienne Catena, robusto prospetto con già qualche presenza nelle selezioni giovanili azzurre. Protagonista di un grande exploit proprio nelle fasi finali del torneo under 17 (culminato come detto con lo scudetto ai danni del Genoa), dopo che a un certo punto della sua esperienza giallorossa sembrava invece sul punto di perdersi. Catena ha sorpreso tutti però, crescendo enormemente e non solo dal punto di vista fisico, ma pure della concentrazione e dell’applicazione. E così è volato in Portogallo, lusingato – occorre dirlo – anche da un ricco contratto, impensabile per un diciassettenne impegnato nei tornei nostrani.

L’altro giovane in rampa di lancio in ambito europeo è l’ex atalantino Cher Ndour (inutile sottolineare come il club bergamasco sia una fucina di talenti), di evidente origini lontane (dal Senegal) ma nato a Brescia e da sempre impegnato a difendere i colori azzurri delle varie under, di cui è uno dei fiori all’occhiello.

Paragonato a Pogba, non solo per l’eccentrico look ma pure per certe intuizioni da campione in mezzo al campo, già un anno fa è approdato in Portogallo, sempre Lisbona ma sponda opposta a quella scelta dal difensore Catena, visto che lui indossa la prestigiosa maglia del Benfica, dove ha già esordito tra i grandi, seppure con la squadra B, battendo il record di precocità di un certo Joao Felix.

Insomma, pare un predestinato, e sarà bello continuare a seguire la sua ascesa in terra iberica.

I MIGLIORI TALENTI DELLA CLASSE 2005

Passiamo ora in rassegna i calciatori ancora più piccoli, quelli nati nel 2005, ragazzi che si apprestano a disputare un campionato assai importante, da molti addetti ai lavori considerato il più decisivo per la futura crescita di un calciatore, vale a dire la categoria under 17, quella che un tempo si chiamava torneo Allievi.

E’ in questa fase infatti che generalmente certi giovani atleti iniziano a sviluppare doti fisiche importanti, perdendo in alcuni casi le proprie caratteristiche per guadagnarne magari delle altre.

E’ veramente una stagione cruciale, dove molti rischiano di perdersi e di non superare un primo impegnativo step, ma altri invece si vedono già pronti per spiccare il volo, perchè questo torneo punta ancora molto sulle qualità tecniche e non ancora completamente sulla tattica dominante, nonostante ci siano delle felici espressioni dove si ottiene un equilibrio perfetto tra le parti.

C’è da dire, lo ammetto, che ho avuto modo di vedere all’opera maggiormente i ragazzi del 2005, nonostante le ultime due stagioni siano state mutilate in pratica dalla questione covid, che non ha permesso un regolare svolgimento dei tornei, fino a decretarne una precoce sospensione.

Quindi sarebbero davvero moltissimi i nomi che avrei piacere a elencare, proprio perchè in alcuni casi ho potuto seguire per intero alcune squadre, grazie a trasmissioni in streaming, pagine dedicate e altro.

Mi limiterò però anche in questo caso a segnalare quelli che più mi hanno colpito, andando anche a sensazione, nonostante mi rendo conto di quanto sia azzardato fare pronostici su eventuali carriere a questa età.

Il centrocampista del Torino Aaron Ciammaglichella con la maglia della Nazionale under 15 (Photo by Paolo Bruno/Getty Images)

Partirei dal nome omaggiato sin dal titolo di questo dossier, vale a dire Aaron Ciammaglichella, anch’egli giocatore che porta in dote una propria unicità data dalla sua storia personale.

Immagino vi starete accorgendo da soli scorrendo questi nomi di quanto la multietnicità anche nello sport sia assolutamente una ricchezza: in fondo le ultime trionfali Olimpiadi, mai così colme di successi tricolori, sono lì a testimoniarlo.

Nel caso del giovane centrocampista del Torino, nato in Italia, le origini sono etiopi, e la sua progressione a livello di carriera è stata imperiosa, avendo lui dimostrato da subito di avere una marcia in più rispetto ai coetanei.

Convocato dall’allora ct dell’under 15 Patrizia Panico, ha subito messo in mostra grandi qualità, brillando e svettando all’interno del gruppo, grazie a una duttilità e una capacità di interpretare più ruoli piuttosto rara a questa età.

In mezzo al campo infatti può davvero giostrare in tutti i ruoli, dalla mezz’ala, al mediano, al trequartista, persino da falso nueve, garantendo sempre corsa, senso tattico, fantasia e rendimento. Doti veramente importanti, che l’hanno fatto debuttare con largo anticipo in Primavera, con gente quindi di 3 anni più grandi, se non 4, tenendo conto dei vari fuoriquota.

Ciamma è un giocatore moderno, di cui non è possibile stabilire al momento un’evoluzione tattica definitiva, per ora è una sorta di jolly che non teme di assumersi le proprie responsabilità in campo, e non patisce assolutamente lo stacco anagrafico, segno pure di una precoce leadership.

A proposito di leader, rimanendo in casa granata, è impossibile non citare il difensore centrale Nicolò Serra, erede dei vecchi “liberi” di una volta, in grado di abbinare capacità difensive a quelle di impostazione, tanto da essere utilizzato nella scorsa stagione da sotto età con l’under 17 in posizione di mediano davanti alla difesa.

E’ insomma ancora da decifrare per bene il ruolo in cui poter esprimere tutto il suo grande potenziale e anche lui non è passato inosservato agli occhi dei selezionatori azzurri, visto che conta già delle presenze con la under 15.

Per chiudere l’argomento della gloriosa squadra granata, un altro interprete che dimostra di avere buoni numeri è l’attaccante Jarre, che ha mezzi per poter scalare già una categoria.

Ora uno sguardo più generale sugli altri prospetti del 2005 più in vista, iniziando dai portieri: sono proprio i 4 ultimi convocati dal tecnico Corradi i più interessanti, cioè l’atalantino Bianchi, il laziale Magro, l’interista Raimondi e il napoletano Turi, con un trascorso nelle giovanili del Bari. Se devo sbilanciarmi è proprio quest’ultimo il nome su cui punterei i miei 2 cent, mi pare veramente abilissimo tra i pali, sicuro e in grado di guidare benissimo il reparto difensivo.

Diamo un occhio alla difesa, dove spiccano il centrale juventino Domanico, il veloce terzino sinistro (una volta lo avremmo chiamato fluidificante) Piantedosi che, giocando nel Milan, non può che ispirarsi a Theo Hernandez, l’atalantino Meloni, il gigliato Mirko Elia, gli interisti Stabile, Anicet Grieco e Francesco Stante, il terzino spallino Saiani e Milani che milita nella Lazio.

In mezzo al campo si fanno notare l’atalantino Coati, l’interista Di Maggio, spesso con i gradi di capitano nelle gare con la nazionale giovanile, Lipani del Genoa, già in pratica aggregato da un anno con l’under 17 da sotto età (era titolare anche nella finale scudetto di cui già abbiamo scritto più sopra), il quasi omonimo Ripani, che invece gioca da playmaker nel Pescara ma già finito in orbita Juventus, l’ala sinistra dalle ampie falcate Primavera, anch’egli del Pescara, Parravicini della Spal, l’interista Ricordi e il bresciano Patrick Nuamah.

Il più forte tuttavia nel reparto di mezzo al momento mi sembra il trequartista della Lazio Antonio Troise, figlio e nipote d’arte, in possesso di una tecnica cristallina e che già è stato a contatto con la prima squadra, partecipando al ritiro di Auronzo di Cadore e incantando tutti, in primis un mister esigente come Maurizio Sarri.

Copiosa è anche la schiera degli attaccanti su cui è possibile nutrire delle speranze: il nome più gettonato è senz’altro quello del parmense Marconi, classico centravanti d’area di rigore, cecchino infallibile, e con lui possono emergere i due rossoneri Benedetti e Mangiameli (l’uno più tecnico e di manovra, l’altro più opportunista sotto rete), gli interisti Martins (se lo state pensando, sì… è proprio il figlio del mitico Oba Oba) e Francesco Pio Esposito (un altro che respira il calcio in famiglia, visto che è il fratello minore dei lanciatissimi Salvatore – 2000 attualmente alla Spal – e Sebastiano, astro nascente del calcio italiano che sta strabiliando al Basilea, dove ha segnato 3 gol nelle prime 3 partite), il sampdoriano Leonardi e l’emigrante Mazzone, finito al Wolfsburg, dove gioca anche il poderoso difensore centrale mancino Chiarodia.

Avevo accennato che durante questi anni ho avuto modo di approfondire la conoscenza di alcuni settori giovanili in particolare, vuoi per una questione personale, vuoi per il fatto di avere in alcuni casi dei contatti.

Oltre a conoscere più da vicino (anche volendo semplicemente per motivi geografici, visto che abito vicino a Verona) le realtà del Chievo e dell’Hellas Verona, squadra per cui faccio il tifo, ho seguito attentamente ad esempio l’Atalanta, il Napoli e la Roma. Riguardo a quest’ultima società, con piacere mi è capitato negli anni di partecipare ad alcune trasmissioni o di intervenire in radio, proprio per parlare il più delle volte di calcio giovanile, vista la grande tradizione del club giallorosso in questo ambito: la passione che circonda la Roma, a tutti i livelli calcistici, è davvero straordinaria!

Permettetemi due parole sul “mio” Verona, che allenato ottimamente da Corrent, si è rivelato protagonista di una stagione monstre culminata con la fantastica promozione in Primavera 1.

In rampa di lancio, valutati in ritiro dal nuovo allenatore gialloblu Di Francesco, sembrano esserci diversi giovani, tra i quali l’ex Roma Cancellieri, parso spesso e volentieri fuori categoria, Bragantini, il terzino sinistro argentino Amione, (protagonista di un buon Mondiale under 17 con l’Albiceleste), senza dimenticare Coppola e Terracciano, entrambi, classe 2003, che di recente hanno esordito nell’under 19 azzurra del ct. Nunziata.

Il primo nome che viene in mente però, pensando a un giovane uscito dal vivaio delal’Hellas, è ovviamente quello di Destiny Udogie, venduto all’Udinese a mio avviso troppo in fretta e sul quale è facile scommettere su un futuro ad altissimi livelli, visto la naturalezza con cui sta bruciando le tappe, sia con il club veronese che con la casacca azzurra dell’Italia, dove è protagonista sin dalla under 15.

Tornando alle compagini che ho visto all’opera da vicino, un mio grande interesse è rivolto da tanti anni all’Atalanta.

La squadra bergamasca negli ultimi tre anni ha vinto due scudetti Primavera, ed è giunta in finale come detto pochi mesi fa contro l’Empoli di Buscè, perdendo tuttavia l’occasione di uno storico tris, e oltre ad aver espresso un grande calcio corale, ha messo in mostra tanti talenti, fra questi il tuttocampista Cortinovis, suona quasi pleonastico dirlo: il riccioluto joystick del centrocampo nerazzurro è pronto a esplodere da professionista e forse andrà a vestire proprio la maglia gialloblu dell’Hellas… probabilmente arriverebbe in sordina ma sono sicuro che molti tifosi poco avvezzi al calcio giovanile sapranno ricredersi su di lui alla prova del campo.

Nel Napoli dei 2005 ho visto tanto talento ma ancora un gioco di squadra a tratti latitante, in ogni caso è difficile rimanere impassibili davanti al talento del piccolo esterno d’attacco Vilardi, classica ala offensiva tutta guizzi e fantasia e del trequartista mancino Lorenzo Russo, cui spetta l’onore di indossare la 10, e sappiamo bene che a Napoli, in ogni categoria, non è mai una maglia assegnata casualmente. Molto promettenti anche l’attaccante Solmonte, il difensore D’Avino, il centrocampista Visconti e Milo, quest’ultimo un po’ incostante ma capace di fare la differenza quando si accende.

Venendo alla Roma infine, parto da più lontano per provare a inquadrare il grande lavoro svolto a livello di vivaio. Da anni infatti i piccoli giallorossi sono protagonisti in ogni categoria giovanile, e se non sempre conseguono dei risultati, di certo se la giocano fino in fondo…

Il ciclo dei 2004, di cui ho parlato in apertura, sta facendo sognare i suoi tifosi, tanto che in molti dalle parti di Trigoria sostengono si tratti di uno dei più forti in assoluto della storia recente della Roma.

La Roma Under 17 ha vinto lo scudetto di categoria battendo in finale il Genoa (FOTO – Forzaroma.info)

I protagonisti di quest’annata vengono infatti paragonati ad altre selezioni rimaste nel cuore dei tifosi, e ci sono le stesse attese riservate in passato ad esempio al gruppo del ’91 (che contava ad esempio futuri professionisti come Bertolacci, D’Alessandro, Florenzi, Petrucci, Stoian, Crescenzi e Malomo) o andando ancora più a ritroso, che dire degli ’87? La squadra di Cerci, Rosi, Freddi, Giacomini, Grillo, Marsili e di un giovanissimo Okaka, classe ’89 già aggregato con i più grandi, era fortissima!

A mio avviso però il miglior ciclo giovanile in assoluto degli ultimi 15 anni visto a Roma è quello dei ’93 che aveva un potenziale offensivo devastante, con Caprari, Politano, Piscitella, Ciciretti, lo stantuffo di destra Sabelli… un vero spettacolo quando erano in palla, la macchina guidata al solito dal guru della panchina Alberto De Rossi girava in modo perfetto!

Vedremo se i 2004 alla prova del professionismo saranno in grado di eguagliare i loro predecessori o magari, perchè no?, di fare ancora meglio? Intanto sono stati capaci di vincere sia lo scudetto Giovanissimi che quello degli Allievi, come si diceva una volta.

L’eredità di questa squadra vincente spetta ora agli altrettanto talentuosi ragazzi classe 2005, allenati per due anni consecutivi, quindi a livello under 15 e under 16, dal giovane mister turco Tanrivermis, ora passato alla Primavera dello Spezia.

Con lui sono cresciuti in questi due anni diversi giovani calciatori di cui sentiremo parlare. E’ un gruppo questo che sembra non avere molto bisogno di correttivi per il grande salto prossimo in under 17.

Oltretutto parecchi di questi ragazzi sembrano poter diventare calciatori completi, visto come erano soliti cambiare ruolo e posizione in campo, su volere del proprio allenatore, che prediligeva comunque un gioco propositivo e moderno, fatto di possesso palla, fraseggi stretti, sovrapposizioni…

Il segreto era quello di tenere il pallino del gioco e per questo soprattutto il roster dei centrocampisti era molto fornito, con interpreti quasi intercambiabili, e un verdetto del campo che cambiava poco qualora giocassero i titolari o le presunte riserve.

Dal metronomo De Angelis (giocatore di grande personalità, di spola e di pensiero), alle mezzali Marazzotti (uno dal gol facile, spesso convocato con la nazionale di categoria) e Graziani, al regista Rozzi, tutti hanno grande qualità nei piedi e molta intelligenza calcistica.

In difesa invece il più forte mi è sempre parso Simone Ienco, ancora più del quotato Touadi o del pur bravo Morgantini. Il centrale mancino Ienco (terzino all’occorrenza), nativo di Latina, gioca sempre con tranquillità mostrando grande padronanza anche nelle situazioni più complicate. Zitto zitto ha scalato col tempo alcune posizioni, rendendosi già protagonista da sotto età con l’Under 17 (e giocando tra l’altro da titolare la finalissima per lo scudetto).

Grande rendimento lo hanno offerto anche l’esterno Cavacchioli, uno di quelli che sta cambiando pian piano ruolo, spesso arrembante ma sempre affidabile e “sul pezzo”, e il più timido ma altrettanto valido Marcelli, che da esterno alto stava arretrando il raggio d’azione. Ci si aspetta molto anche dal veloce Bouah, fratello del terzino destro 2001 Devid Eugene, ex campioncino delle giovanili giallorosse, purtroppo frenato spesso da infortuni nella sua carriera, appena iniziata, da professionista. Il più piccolo Ethan, curiosamente, gioca nello stesso ruolo ma sulla fascia opposta alla sua; come detto è molto promettente ma ha denotato una flessione nel campionato appena trascorso, anche a causa di qualche problema fisico.

La batteria offensiva è invece composta dal laterale Bolzan, anch’egli nazionale, sempre pericoloso in zona gol e imprevedibile nelle giocate, dalla punta Tarantino e da Polletta, meno appariscente dei due compagni ma molto efficace. Tra le riserve figurano il gigante Cipolletti che, a dispetto delle lunghe leve è uno che garantisce sempre dinamismo e spirito di sacrificio, e il figlio d’arte per eccellenza da queste parti, vale a dire il centrocampista Cristian Totti che, in presenza di discrete qualità tecniche, sta invero faticando a tenere il passo dei compagni, complice anche un brutto infortunio che ne ha compromesso gran parte del campionato scorso.

Lo sto seguendo con simpatia ma mi rendo conto sia davvero improbabile che possa anche solo avvicinarsi a ripercorrere le gesta di cotanto padre: di Francesco Totti ne nasce uno ogni 50 anni… L’augurio che faccio di cuore a Cristian è che possa giocare il più possibile sgombro da paragoni, senza sentire il peso del cognome… come fosse facile!

Paragone scomodo che è toccato inconsapevolmente all’ancora più piccolo Mattia Almaviva (classe 2006) che ricorderete come quel bimbo a cui Francesco Totti passò idealmente la fascia di capitano, spendendo pure buone parole per lui, tanto da prenderlo sotto la sua Agenzia.

Il passaggio un anno fa all’under 15, quindi in pratica al primo campionato nazionale. non è stato facile per il giovanissimo regista, che sul piano fisico sembra scontare ancora qualcosa ai pari età; tecnicamente però Mattia sa il fatto suo, e c’è da parte della società la voglia di dargli tutto il tempo necessario per crescere e migliorare. Discorso ovviamente applicabile a tutti i giovani calciatori che si affacciano ai più importanti vivai con il forte desiderio di diventare un giorno calciatori di serie A e magari della Nazionale.

A questa età, come detto, tutto è ancora avvolto nel mistero, lo è anche quando ci si affaccia al professionismo, magari dopo aver fatto la differenza in Primavera, figuriamoci a 16 o 17 anni, quando il calcio è, o almeno dovrebbe essere, ancora solo un gioco e niente più.

Certo, fa impressione pensare a uno come Wisdom Amey, difensore del Bologna (il papà è del Togo, la mamma è nigeriana) nato a Bassano del Grappa nel 2005 e diventato il più giovane esordiente della storia in serie A, superando il record di Amadei (che risaliva al 1937, di recente eguagliato dal classe 2001 Pellegri, ora al Monaco).

Il difensore del Bologna Wisdom Amey, classe 2005, il più giovane esordiente di sempre in serie A, a 15 anni e 274 giorni! (Foto Michele Nucci/LaPresse)

Su di lui il tecnico dei felsinei Mihajlovic ha speso parole al miele, giudicandolo già maturo e pronto alla battaglia, in grado di giocare sia centrale che terzino. Solo il tempo ci dirà se il suo esordio sarà stato un fuoco di paglia o rivelatore di un potenziale campione.

Forse il suo caso è proprio quello giusto (gli faccio un enorme in bocca al lupo!) ma quanti giovani sono stati bruciati o non hanno saputo confermare le prime ottime impressioni?

Non sono ingenuo e so benissimo che le incognite sono molteplici per l’affermazione ad alti livelli di un giocatore, so pure che i procuratori iniziano a muoversi sempre più presto, quando fiutano il talento in giro.

Per un giovane può non essere semplice mantenere i piedi per terra, ci si vede già proiettati in avanti, magari con un futuro da top player. Ma a mio avviso, e gli esempi dei campioni più duraturi stanno lì in bella mostra, per costruirsi una carriera vincente l’unica cosa da fare è continuare a lavorare per migliorarsi, senza perdere mai la gioia di calciare un pallone.

Il calcio può regalare un grande sogno, ma come tutti i sogni, deve essere coltivato con l’impegno e la passione. Sempre. Anche se sei il più bravo di tutti!

Tommaso Mancini, classe 2004, esordisce da professionista con il Vicenza…proprio come fece un certo Baggio alla stessa età

Il vicentino Tommaso Mancini è il primo calciatore nato nel 2004 ad aver esordito in serie B.
Lo ha fatto con la maglia della squadra della sua città, e la mente non può che tornare indietro a tantissimo tempo fa, quando fu un altro suo concittadino a esordire a soli 16 anni: il suo nome è Roberto Baggio!

(da biancorossi.net)

Facile quindi volare con la fantasia e lasciarsi andare ai sogni, non soltanto concessi agli appassionati tifosi biancorossi ma che riguardano tutti gli amanti di questo sport, visto che il precoce esordio della giovanissima punta (che già ad ottobre era stato lanciato titolare in Coppa Italia dal suo allenatore Di Carlo) non è parso certo casuale, anzi.

Chi segue il calcio giovanile (e le Nazionali azzurre) sa benissimo che il nome di Mancini era uno di quelli “caldi”, da tenere assolutamente d’occhio.
Attaccante molto alto e dalla grande, indiscutibile, tecnica di base, può agire da centravanti così come da seconda punta o fantasista: è insomma molto completo nell’interpretare il gioco offensivo, oltre che (numeri alla mano, che’ quelli non mentono mai) clamorosamente prolifico sia con la maglia del Vicenza che con quella dell’Italia.
Nell’anno solare 2020 infatti è stato in grado di buttare il pallone in rete 71 (!) volte, mentre tra under 15 e 16 ha una media di più di un gol ogni due partite (rispettivamente 4 reti in 7 presenze e 8 reti in 12).

E’ un cecchino quasi infallibile in pratica ma che, come detto, svaria molto su tutto il fronte d’attacco, per quanto il paragone che più volte viene speso nel suo caso sia quello con Ibrahimovic, quindi una punta con determinate (fantastiche) caratteristiche.
Lasciando perdere per un attimo questi accostamenti che sono tutti da verificare sulla lunga distanza, è innegabile però che Mancini abbia quel quid in più rispetto a tanti coetanei e, cosa non secondaria, abbia anche la “testa giusta” per affrontare (e sicuramente godersi, perché in fondo se lo merita) questo momento di grande attenzione, con tanti fari puntati inevitabilmente su di lui.


In bocca al lupo Tommaso per un percorso che si preannuncia davvero entusiasmante: ora si tratta di giocarsi bene le chances che ti verranno concesse, senza strafare, con la voglia però di sorprendere… perché il tifoso ha bisogno anche solo di sognare che un nuovo Baggio sia ancora possibile!

Intervista a Giuseppe Nicolao, grande talento uscito dalla Primavera del Napoli che quest’anno si sta rilanciando – “E’ giunto il momento di recuperare il tempo perduto”

Giuseppe Nicolao, classe 1994, attualmente è uno dei punti di forza dell’Olympia Agnonese, società molisana rivelazione del girone F della serie D. Di recente ha ottenuto due importanti riconoscimenti individuali, essendo stato votato come migliore giocatore del girone F e risultato il vincitore della “Scarpa d’Argento Molise”. Come tutto il mondo del calcio (e non solo) si è dovuto fermare sul più bello per cause di forza maggiore, legate all’espandersi tremendo del coronavirus, proprio quando stava recuperando finalmente il terreno perduto, lui che era considerato giustamente dagli addetti ai lavori uno dei calciatori più promettenti dell’annata 1994.

Ciao Giuseppe, come stai? E’ un piacere chiacchierare con te, da appassionato di calcio giovanile ho un ricordo vivido di te e delle tue qualità e ti ho sempre seguito negli anni. Dove ti trovi in questo momento così delicato per tutti noi?

Ciao Gianni, il piacere è mio. Sono a Nocera perché dopo l’ultima partita giocata ero tornato qui, poi dovevo rientrare il martedì successivo ad Agnone per allenarmi, solo che proprio lunedì era uscito il decreto per cui non ci si poteva spostare fuori Regione. Per di più erano stati annullati gli allenamenti, quindi nella sfortuna diciamo che mi ritengo fortunato perché almeno qui ho i miei famigliari vicini, sono a casa mia e c’è anche la mia fidanzata (la sorella del suo ex compagno nelle giovanili del Napoli, l’ungherese Novothny)

Da quest’anno tu sei in Molise, nell’Olympia Agnonese. Come sta andando questa nuova esperienza? I risultati mi sembrano sorprendentemente positivi!

Abito in Molise con la mia fidanzata da quando sono venuto a giocare qui. L’esperienza è molto positiva, qui sto benissimo sia dal punto di vista sportivo che da quello umano. Quando mi ha chiamato mister Rullo, ho accettato subito, anche perché lui è stato un grande calciatore, oltretutto nel mio ruolo. Quindi, chi meglio di lui mi può aiutare a crescere ancora? Qui ho trovato una grande società a livello umano, il Presidente e il Direttore sono persone per bene, squisite, non ci fanno mancare nulla. Anche le persone allo stadio fanno la loro parte: qui siamo tutti una famiglia. Agnone è un piccolo paese, trovi soddisfazione perché ti conoscono tutti, ti incitano e alla fine ti affezioni alle persone che ti sono vicine.

Rullo è un allenatore molto giovane, del 1984, e ha giocato fino all’anno scorso. Come lo hai trovato in questo nuovo incarico? Cosa ti sta dando a livello calcistico in questa stagione?

Sì, lui è alla prima esperienza da allenatore ma sta facendo bene, è un grande allenatore e ha uno staff molto preparato, insieme curano ogni minimo particolare. Poi sa entrare nella testa dei suoi giocatori, ti aiuta tanto caratterialmente ma soprattutto è un grande uomo fuori dal campo. Da giocatore poi ha giocato a lungo in serie A, ha una grandissima esperienza che ci trasmette nel migliore dei modi.

Allenato da Zeman fra l’altro in una stagione storica per il Lecce, una squadra che diede spettacolo conseguendo il secondo miglior attacco del campionato, dietro solo ai Campioni d’Italia della Juventus. Quindi direi che dietro ha una buona scuola.

E’ stato allenato da Zeman, Mazzarri e altri allenatori importanti, ha avuto una grande carriera”

Come accennato nell’introduzione, l’Olympia sta disputando un’ottima stagione. Tralasciando squadre come Matelica e Campobasso, in lotta per la promozione, voi siete lì a ridosso dei playoff a giocarsela con la Vastese. Era preventivata la cosa? Quali obiettivi avevate a inizio stagione?

Noi siamo partiti per la salvezza, non immaginavamo certo un campionato a ridosso dell’alta classifica. Diciamo che le squadre che hai citato hanno speso 10 volte tanto rispetto a noi, possiedono un budget diverso, hanno giocatori che guadagnano tantissimo. Noi siamo una squadra di giocatori umili, con alcuni che dovevano ripartire dopo annate magari un po’ sfortunate, chi per infortuni, chi si è trovato in situazioni dove si è retrocessi e siamo ripartiti tutti insieme: infatti la nostra forza è il gruppo. Stiamo facendo un campionato incredibile!

Una posizione in classifica che non è frutto del caso, visto che c’è tanta continuità di prestazione e di risultati, quindi direi che vi trovate lì con pieno merito. Qual è il vostro segreto?

I risultati sono il frutto della prestazione, il nostro mister ama proporre un calcio bello propositivo, offensivo, si entra in campo senza temere mai l’avversario. Sai, solo all’inizio eravamo partiti un po’ al rallentatore, le persone ad Agnone si stavano preoccupando, però quando c’è un allenatore nuovo è normale che ci voglia del tempo, anche per amalgamare il gruppo, per far passare dei concetti diversi, delle nuove tattiche di gioco. Per assemblare il tutto ci voleva un po’ di pazienza e il tempo sta dando ragione al mister, siamo contentissimi di quello che stiamo facendo.

Tu sei sempre stato, sin dalle giovanili, un terzino sinistro di quelli che spingono tanto sulla fascia. Per uno delle tue caratteristiche, con un calcio offensivo ci vai a nozze, vero?

Sì, a me piace molto attaccare, in ogni azione cerco di portare avanti l’uomo, di facilitare il compito del mio compagno con le sovrapposizioni sulla fascia. Cerco di dargli delle soluzioni diverse, poi sta a lui decidere se passarmi di nuovo la palla o tirare ma io cerco sempre di farmi trovare pronto.

Giuseppe Nicolao con la maglia dell’Olympia Agnonese

Tu sei nato terzino o da piccolo eri il classico attaccante che segnavi caterve di gol e poi sei stato arretrato successivamente?

No, io ero un attaccante di fascia fino a quando sono andato a Napoli a fare il provino a 13 anni. Un giorno l’allenatore Nicola Liguori durante gli allenamenti mi ha cambiato di ruolo, arretrando la mia posizione e da quel momento in poi ho sempre fatto il terzino. E’ grazie a lui quindi se sono diventato un terzino sinistro, mi ha insegnato tante cose così come successivamente Sormani e Saurini, che sono tecnici molto preparati.

E questo mi sembra proprio il tuo ruolo ideale, magari da giovane chi ha più qualità spicca da attaccante ma poi una volta arrivati in un vivaio importante, un allenatore ha la capacità di inquadrare le caratteristiche di ogni singolo giocatore per farlo esprimere al meglio. E direi che è stata la tua fortuna perché come terzino sei arrivato in Nazionale giovanile, hai fatto spesso  la differenza fra i tuoi coetanei e adesso addirittura arrivano questi riconoscimenti come miglior giocatore del girone f e la “Scarpa d’Argento del Molise”. Ti aspettavi questi riscontri tu che poi sei anche un “forestiero”? (Permettimi la battuta)

È stata indubbiamente una bellissima soddisfazione, ringrazio tutti quelli che mi hanno apprezzato e votato. Ho una bella esperienza alle spalle con la Primavera del Napoli, lì mi sono messo in luce e ho fatto tutte le Nazionali giovanili, ho giocato con gente come Murru, Rugani, Romagnoli, sono state belle emozioni, le mie soddisfazioni me le avevo prese anche allora.

Ricordo quelle annate e direi che ci stavi alla grande in mezzo a futuri calciatori di serie A. Ripercorrendo la tua carriera mi viene da pensare che avresti potuto legittimamente ambire a giocare ad alti livelli. Ti va di aprire l’album di ricordi?

Certo! Durante l’esperienza con il Napoli, nella finale di Coppa Italia Primavera nel 2013 perdemmo solo ai supplementari contro la Juventus ma disputai una buona gara. L’allenatore dei bianconeri era Barone che mi notò e mi portò l’anno successivo a Lanciano in serie B. Nella mia carriera a un certo punto sono stato perseguitato dalla sfortuna, mi sono rotto crociato, collaterale e quindi sono dovuto ripartire dalla serie D.

Una classica azione di Nicolao sulla fascia sinistra ai tempi della Primavera del Napoli

Vederti in D, categoria dignitosissima e con società che spesso non hanno nulla da invidiare a quelle professionistiche, mi dispiace molto, conoscendo le tue qualità. So che di storie come la tua ce ne sono purtroppo tante, penso anche al difensore Allegra, ex Napoli che hai ritrovato quest’anno ad Agnone, però davvero tu meriteresti di più e sinceramente visto che hai solo 26 anni, credo avrai modo di salire di categoria. Voglio dire, questi riconoscimenti non sono certo casuali, ci credi ancora?

Lo spero, io continuo a credere nelle mie qualità e questi premi sono per me una bellissima soddisfazione, per tutto quello che ho fatto, ma non solo in campo, perché quello è sotto gli occhi di tutti. Quello che magari non è sotto gli occhi di tutti sono i sacrifici che ho fatto. Io ci metto l’anima in quello che faccio, vado a dormire col pensiero della partita, sono un professionista e sto attento a tutti i particolari. Queste riconoscimenti mi gratificano e mi danno ulteriore spinta per continuare a migliorarmi. Il calcio è la mia passiona, la mia vita!

Beh, direi che non solo gli sforzi ti stanno finalmente premiando ma che pure l’altro aspetto, quello umano, ti viene riconosciuto. Infatti, anche durante l’esperienza sfortunata dello scorso anno, culminata con la retrocessione del Rotonda, tu eri stato benvoluto e ne sei divenuto il capitano. Quando hai subìto il tuo primo infortunio serio? Fu a Melfi dopo le prime esperienze fra i grandi?

Proprio così. Come detto, la mia prima esperienza è stata in serie B, poi sono andato a gennaio a Viareggio in serie C per accumulare esperienza e lì le ho giocate tutte, sotto la guida di mister Lucarelli. L’anno successivo sempre in C sono andato in una grande squadra, l’Alessandria, era in pratica come una serie B. Purtroppo ho avuto problemi al tendine d’Achille e sono stato fermo un bel po’, fino ad arrivare all’anno dopo ancora, quando mi trasferii a Melfi. Feci le prime dieci partite molto bene poi in casa del Messina mi sono rotto il ginocchio ed è iniziato purtroppo il mio calvario. C’ho messo un bel po’ di tempo a recuperare, ho interrotto la mia corsa nel calcio dei professionisti, non sono stati momenti facili.

Mi interessa capire come hai vissuto quei momenti a livello psicologico soprattutto: eri lanciato, stavi facendo la tua gavetta (come capita a quasi tutti), eri giovane e ti capita questo lungo stop per un brutto infortunio. Sei dunque dovuto ripartire dalla serie D ma, a parte ciò, hai mai avuto paura di non poter tornare a esprimerti ai tuoi livelli?

Dopo l’infortunio ho sofferto tantissimo, specie all’inizio della riabilitazione avevo paura, andavo a dormire col pensiero che non sarei più tornato quello di prima. Non fu solo l’infortunio quindi a preoccuparmi, fu difficile a livello fisico ma anche mentale, ho avuto bisogno di tempo per assorbire il trauma. Ricorderò per sempre il giorno in cui mi sono liberato dalla paura di non farcela più… ero ritornato quello di prima, me ne accorgevo giorno dopo giorno, da come sterzavo la gamba, da come appoggiavo il piede senza più sentire dolore. Fu una sensazione bellissima! Quindi posso ben dire che questi infortuni si superano, io ci sono riuscito soprattutto grazie all’amore della mia famiglia e della mia fidanzata che mi sono sempre state vicino. A loro devo tutto e spero di avere altre grandi soddisfazioni, perché le voglio condividere tutte con loro.

Io te lo auguro e penso sinceramente che otterrai ancora dei risultati, tutti stanno notando la tua ottima annata e il tempo è dalla tua parte. D’altronde ho visto tanti calciatori promettentissimi, che hanno disputato Mondiali Under 17 e Under 20 che purtroppo per svariati motivi non hanno fatto carriera. Le ragioni sono molteplici: infortuni, divergenze con gli allenatori, la poca pazienza che magari porta uno a scendere di categoria per giocare e poi finisce ingabbiato lì, altri che si ritrovano in società che poi sono fallite. Ogni esperienza è diversa e tu in fondo ad Agnone stai andando bene, chissà che non sia questa la stagione della nuova svolta. Hai mai pensato di arrenderti in questi anni?

No, non mi sono mai arreso! Momenti di scoramento ne ho avuti, è umano ma sta a me non mollare mai, fare sempre quello che facevo prima, come quando stavo nella Primavera del Napoli e ci credevo, ora devo crederci ancora più di prima, nonostante nel calcio come dici giustamente tu, si vada incontro a tante incognite, come nella vita del resto. Secondo me prima viene sempre l’uomo, i calciatori passano e quello che resta quando smetti di giocare è la tua persona. Io in ogni posto in cui sono stato, ci sono persone che si ricordano di me con affetto, con cui ancora ci si sente. Ho amici ad Alessandria come a Melfi per dire, per amici intendo anche persone del paese, non soltanto calciatori, a me piace stringere amicizia anche con i vicini di casa.

Io sono del nord ma sono sposato con una pugliese, quindi conosco bene il calore che contraddistingue la gente meridionale. Tu hai giocato quasi esclusivamente al sud e volevo chiederti: come ti sei trovato ad esempio ad Alessandria?

Mi sono trovato molto bene, si tratta di una grande piazza, con tanti tifosi che ti fanno sentire importante, dove ci sono le pressioni giuste che ci devono essere in una società ambiziosa come l’Alessandria. Ricordo tutto con affetto: i tifosi, il calore dello stadio. Quell’anno fu combattuto, salì il Novara e poi dopo i play off il Como. Il Presidente è uno che investe tantissimo nel calcio e gli auguro di cuore che salgano in cadetteria, se lo meritano davvero.

In serie C ogni anno ci sono degli squadroni, quella volta fu il Novara, oggi c’è il Monza a imperversare…

Infatti ma anche il Presidente dell’Alessandria sta facendo tanti sacrifici, sono anni che ci provano e mi auguro come detto prima che saranno ripagati, anche lì ho lasciato degli amici.

Tornando alla tua esperienza sul campo, che differenze hai trovato saltando dalle giovanili al professionismo, il passare dall’essere uno dei giovani più promettenti a livello nazionale a giocarsi il posto in serie B a Lanciano. Ti sei scontrato con delle difficoltà?

Guarda Gianni, quando sei in Primavera pensi a tante cose, ti immagini il tuo futuro in una certa maniera e poi ti rendi conto che la realtà dei fatti non sempre è facile, soprattutto in B o in C. Se arrivi poi a giocare in Nazionale, fra i migliori giovani della tua generazione, credi di potertela giocare in serie A e sogni grandi traguardi, credo sia normale a quell’età. E’ logico che poi ti trovi in difficoltà perché mettiamo vai in concorrenza con un giocatore esperto di categoria di 29/30 anni e tu hai bisogno di tempo per integrarti. Ci sono allenatori che poi non guardano più se tu hai fatto l’Europeo Under 19 ecc, poi ci sono allenatori che credono nei giovani, altri invece proprio no. Secondo me ogni ragazzo si deve trovare nel posto giusto al momento giusto, quello che penso è che uno deve dimostrarsi forte, umile e lavorare. Ovviamente ci sono casi di quelli che esplodono subito in A ma si tratta di campioni o di circostanze particolari.

Tu prima hai citato Murru, un tuo pari ruolo: lui gioca in serie A con continuità e all’epoca non c’era tutta questa differenza tra te e lui a livello tecnico. Eravate entrambi appunto dei nazionali a livello giovanile. Hai qualche aneddoto al riguardo, qualche ricordo da condividere?

Conservo tanti ricordi. Io ho fatto l’Europeo con lui, a volte giocavo io, altre volte lui, ci alternavamo in campo proprio perché eravamo allo stesso livello. Ricordo benissimo tutto, quell’anno stavamo facendo le qualificazioni, i convocati all’Europeo nel mio ruolo erano Murru e Dell’Orco, io all’epoca giocavo ancora in Primavera. Finisce il campionato della Primavera, io ero a casa e guardavo in televisione la partita di serie A tra Fiorentina e Cagliari, da una parte Cuadrado dall’altra Murru. Voglio dire: lui giocava già in serie A mentre io non avevo ancora esordito da professionista.  A un certo punto Murru si fa male, la sera stessa arriva una chiamata a casa mia, risponde mio padre e gli dicono: “tenga pronto Giuseppe perché deve fare lo stage con la Nazionale”. La Nazionale infatti prima di partire per la Russia stava 15 giorni a Coverciano per un mini ritiro. Quando lo recuperano dall’infortunio, dovevano essere nelle previsioni lui e Dell’Orco (che attualmente milita anch’egli in A, nel Lecce) i convocati per l’Europeo. Io ero stato convocato solo per un’eventuale sostituzione, pensavo, ero andato lì per allenarmi bene, non avevo pressioni proprio perché sapevo che c’erano loro due nella lista prima di me. Poi invece è andata a finire che hanno convocato me e Murru. Nella prima giornata del girone di qualificazione del turno Elite, Murru era squalificato, giocammo contro l’Ucraina e fui schierato io titolare. Feci una buona partita, tanto che ricevetti i complimenti da Sacchi e da Evani, per me fu un’enorme soddisfazione. Da lì a pochi mesi Murru è stato lanciato titolare a Cagliari, io sono andato a Lanciano in B, ognuno insomma ha un proprio percorso.

Con la prestigiosa maglia dell’Italia Under 19

Sono considerazioni che mi faccio spesso quando vado a confrontare le varie carriere dei calciatori, non per farne una questione di merito, ma per provare a capire come mai ragazzi dello stesso livello tecnico si trovino poi a muoversi in traiettorie diverse. Dopo tanto tempo non mi so dare delle risposte sul perché c’è chi sfonda e chi deve invece farsi la gavetta. A te è capitato di porti questa domanda?

Mah Gianni, ho smesso di farmi questa domanda, penso a lavorare giorno per giorno per recuperare il tempo perduto. Come dicevo, ognuno fa la propria strada e deve dimostrare poi sul campo il suo valore. Si vede che doveva andare così, lo dico sinceramente: sono contentissimo per lui come per Dell’Orco, stanno dimostrando anno dopo anno di essere dei grandi calciatori, meritano di giocare in serie A.

Quest’anno all’Olympia hai ritrovato il tuo ex compagno delle giovanili del Napoli Emanuele Allegra, salernitano come te ma nativo di Scafati. Siete grandi amici, anche lui ha giocato in serie C, e adesso in D fate la differenza come ai vecchi tempi. Della vostra squadra nella Primavera azzurra mi ricordo bene anche Celiento che adesso gioca a Catanzaro, poi spiccavano Novothny e ovviamente Roberto Insigne, quest’anno protagonista nel super Benevento di Filippo Inzaghi. Eravate una bella squadra, chi dei tuoi compagni pensavi che avrebbe fatto una carriera importante da serie A, a parte le aspettative che avevi su te stesso?

Hai citato tutti giocatori molto forti ma ce n’erano anche altri, eravamo un gruppo di grande valore. Qualitativamente Roberto Insigne mi piaceva tanto, aveva grandi numeri…

Lui sentiva in qualche modo il peso di essere il fratello di un campione come Lorenzo, o magari lo faceva pesare all’interno del gruppo?

No, assolutamente no, era un tipo tranquillo, figurati. E non si sentiva nemmeno sulle spalle il peso del suo cognome, era già all’epoca un giocatore di forte personalità. Riguardo mio cognato Novothny, beh, lui sta facendo la sua onesta carriera, ha giocato in Corea, ora è tornato in Ungheria, fa qualcosa come 20 gol all’anno. Non lo dico perché per me è come per un fratello ma lui sì che aveva dei mezzi incredibili e avrebbe potuto giocare ad altissimi livelli. Aveva e ha tante qualità.

Tornando all’attualità, nella vostra squadra cosa ti senti di dire ai tuoi compagni più giovani, ragazzi magari del 2000? Come ti poni con loro, sei prodigo di consigli nei loro confronti?

Ci sono dei giovani che hanno qualità, soprattutto che hanno voglia di imparare e io mi metto a disposizione a livello umano, provo a dare loro dei consigli, li incito ma allo stesso tempo dico loro di tenere i piedi per terra. Ricordo loro delle regole semplici ma importanti da rispettare fuori dal campo, come mangiare bene, fare una vita sana, rispettarsi nel fisico insomma. Sul campo invece cerco di dare l’esempio col lavoro, allenandomi a mille, solo così posso aiutare i giovani. Se uno parla tanto e poi in campo non si impegna che esempio può dare? I giovani poi devono essere un po’ coccolati e un po’ bastonati, se si vuole crescere senza montarsi la testa.

Mi hai citato prima l’allenatore Baroni che ti volle con sé nella tua prima esperienza fra i professionisti. C’è qualche altro allenatore che vorresti ricordare, qualcuno che ti ha dato tanto in campo e fuori?

Tutti gli allenatori mi hanno lasciato qualcosa di positivo, ho avuto un rapporto più stretto con Cristiano Lucarelli, ora allenatore del Catania, quando giocavo a Viareggio e poi sento di nominare ancora una volta Erminio Rullo, se quest’anno mi sono rilanciato il merito è suo e quindi gliene sarò sempre grato.

Nella tua carriera hai fatto anche un paio di volte il ritiro con l’equipe di calciatori in attesa di contratto. Non ti sei fatto mancare proprio nulla insomma… mi pare che anche lì poi molti giocatori trovino squadra, la tua che esperienza è stata in tal senso?

Sono stato due volte in ritiro con l’Equipe Campania e devo dirti che è una realtà organizzatissima, dove c’è molta cura e attenzione per tutti, dove vieni messo nelle condizioni migliori di allenarti. Il responsabile organizzatore Antonio Trovato è una persona squisita che fa tutto nell’interesse di noi calciatori. E’ un po’ la nostra salvezza, una persona buona, mi è stato vicino nel momento per me più difficile, quando non trovavo squadra. E poi ovviamente mi ha aiutato dal punto di vista atletico e fisico: se io sono andato poi a giocare a ottobre in buone condizioni lo devo a lui e al suo ottimo staff. Tutti allenatori che sono stati in serie C, in pratica è come fosse un ritiro di una squadra di serie C, tutto come detto ben fatto, al punto che venivano organizzate amichevoli importanti, ne ricordo una bellissima contro l’Avellino, per noi quelle partite erano una manna dal cielo.

Un inarrestabile Nicolao supera in dribbling Rugani della Juventus

Tu al termine di quei ritiri con l’Equipe Campania hai trovato squadra prima ad Aversa e poi lo scorso anno a Rotonda in provincia di Potenza, quindi direi che sei ancora una volta l’esempio che non ci si deve dare mai per vinti. Giunti al termine di questa nostra lunga chiacchierata, mi dici Giuseppe quali sono le tue aspettative e i tuoi sogni?

Adesso mi godo le soddisfazioni per questi premi e per il campionato che sto facendo con la mia squadra. Le soddisfazioni sono anche per la stima che mi stanno dimostrando molte persone. Vivo giorno per giorno Gianni. Certo, il mio obiettivo è di ritornare fra i professionisti in serie C, un passo per volta, ma voglio impegnarmi per riprendere il tempo che ho perso anche per colpa di tanta sfortuna. Ce la sto mettendo tutta e i risultati arriveranno.

E’ bello sentirti così positivo e appassionato!

Lo sono perché il calcio è la mia vita, e anche quando temevo di non farcela nei giorni più bui dopo l’infortunio non ho mai pensato a una vita senza il calcio, anche quando ero abbattuto poi mi passava perché per fortuna avevo vicino la mia fidanzata e la mia famiglia. Ho sempre avuto voglia di ricominciare e di dimostrare di poter tornare a buoni livelli non tanto per le poche persone che non hanno creduto in me ma per dare delle soddisfazioni e delle gioie alle persone che mi vogliono bene e che ci sono sempre state.

Questa è una cosa che ti fa onore: il voler anteporre alla sete di rivincita, la voglia di dare il meglio per ringraziare le persone che ti sono state sempre vicine.

Sì, per me i rapporti umani sono la cosa più importante, come più volte ho detto in questa intervista. Prima hai citato Allegra. Io e lui abbiamo fatto tante battaglie assieme e quest’anno dopo tanto ci siamo ritrovati come compagni di squadra. Ha avuto anche lui un percorso un po’ accidentato, ha fatto la serie C e poi è dovuto ripartire come me dai dilettanti.

Voi due eravate dei fiori all’occhiello della Primavera del Napoli, delle autentiche frecce sulle fasce. Ricordo che vi aveva segnalato anche il giornalista Paolo Ghisoni, grande esperto conoscitore del calcio giovanile, nella sua imperdibile guida La Giovane Italia, avevate 16/17 anni, io vi ho sempre accomunati. Come è stato dividere nuovamente il rettangolo verde con lui che è un tuo vecchio amico?

Anche lui come me è stato vittima di infortuni, è stato sfortunato in questo senso, ma adesso si è ripreso e sta andando molto bene. Gli auguro che possa togliersi tante soddisfazioni perché è un ragazzo d’oro. E’ stato molto bello e particolare ritrovarci compagni di squadra dopo tanti anni qui ad Agnone. Chiaro, magari sai pensavamo che l’avremmo fatto in altre circostanze, ma siamo in una società bellissima, in una piazza che da’ ai giovani la possibilità di emergere e ad altri di rilanciarsi come è successo a noi quest’anno.

Intanto state facendo gioire un’intera tifoseria, che sogna con voi i playoff. Vi auguro di proseguire così. Ti manca il calcio? Quando pensi che si potrà tornare a giocare spensierati?

Non lo so Gianni onestamente, è tutto così sospeso. Ovvio mi manca il calcio, la mia quotidianità al campo di gioco, i miei compagni, ma mai come in questo momento la salute viene prima di tutto. Non appena ci saranno le migliori condizioni ritorneremo a giocare e vogliamo riprendere il nostro bel cammino. Ma la cosa più importante è assolutamente la salute di tutti noi”

Parole sante Giuseppe! In bocca al lupo allora per i tuoi obiettivi, sperando con tutto il cuore che ci possiamo lasciare questo periodo difficile alle spalle e tornare a sorridere.

Grazie delle tue parole e del tuo sostegno. E’ stato un piacere Gianni, alle prossime!

(Le foto sono state gentilmente concesse dallo stesso Giuseppe Nicolao)

Amarcord Italia Under 17 ai Mondiali di calcio: quando a giocare erano i giovani Del Piero, Totti e Buffon

Alla vigilia del Mondiale di calcio Under 17 che avrà il via stasera con le partite del Gruppo A, dove è inserito il Brasile padrone di casa, e che vedrà impegnata a distanza di 6 anni dall’ultima partecipazione anche i nostri giovani azzurri, mi sembrava doveroso ripercorrere con voi lettori un po’ di storia della nostra Nazionale in questa prestigiosa manifestazione.

Un’ Italia che a livello di Under 17, ai Mondiali, non ha mai particolarmente brillato in passato, anzi… rispetto alle corrispettive compagini azzurre impegnate nel Mondiale Under 20, capaci di giungere in semifinali nelle ultime due edizioni, il bottino è davvero gramo.

Eppure hanno calcato questi iridati prati verdi giocatori poi divenuti autentici campioni: il primo pensiero va ai futuri Campioni del Mondo Del Piero, Buffon e Totti.

Il primo era la stellina azzurra nell’edizione giocata in casa nel 1991, finita in modo assai deludente, con una precoce eliminazione nella fase a gironi. Proprio oggi ho visto dal sito di Sky Sport uno spot in cui si può vedere l’unico sigillo di Alex in quella competizione.

Nel filmato si può riconoscere in area vicino a lui il numero 9, un certo Eddy Baggio, fratellino del Divino Roby, che meno fortuna (e molto meno talento, giusto dirlo) certamente ebbe sia rispetto a lui, che allo stesso ex compagno di nazionale giovanile Del Piero.

In quella rosa militavano altri giocatori che comunque si tolsero delle soddisfazioni tra i professionisti, con molte presenze in serie A, come i difensori Sartor (all’epoca tra i più precoci e costosi talenti del calcio nostrano) e Mirko Conte, o il portiere Sereni e i difensori Birindelli e Moro, anche se questi ultimi tre, a onor del vero, non giocarono titolari in quel Mondiale, lasciando il posto rispettivamente a Mainardis, a Rinaldi e a Tortorelli, che ebbero meno successo in carriera.

In mezzo al campo promettevano moltissimo il romanista Caputi, il torinista Della Morte (che indossava la 10, laddove il non ancora Pinturicchio aveva la 7, poi riproposta al Mondiale vinto in Germania, e presa proprio in ricordo di quella primissima importante competizione della sua lunghissima carriera), il viola Chiummiello e il bolognese Lorusso.

Mentre Caputi e Della Morte non esplosero in serie A ma fecero una soddisfacente carriera tra seconda e terza serie, Chiummiello “misteriosamente” non calcò praticamente mai i campi professionistici, nonostante indubbie doti tecniche. Del pugliese Graziano Lorusso, talentuosissimo regista del Bologna, ebbi invece modo di scrivere anni fa in un articolo sul Guerin Sportivo dedicato a quei giocatori che avevano abbandonato anzitempo il rettangolo verde per dedicarsi a tutt’altro nella propria vita. E nel caso di Lorusso, la scelta fu tanto radicale quanto autentica, essendo diventato sacerdote dopo un lungo e sospirato percorso.

A centrocampo giostrava l’atalantino Poloni, un talento cristallino, che debutterà a 18 anni in serie A per abbandonarla però subito, mentre il capitano di quella compagine era il fiorentino Giraldi. Quest’ultimo era vero elemento di spicco della selezione azzurra in quel Mondiale e già l’anno successivo (nel 1992) fu protagonista nella Fiorentina che vinse un fantastico Torneo di Viareggio, giocando davvero a tutto campo, svariando da una fascia all’altra, sempre in proiezione offensiva. Il nome di Giraldi finirà per campeggiare soprattutto nelle serie minori, e pur non essendo riuscito a sfondare in serie A, alla fine l’ex viola riuscirà a mettere insieme molte presenze da professionista. Completano il quadro di quella spedizione azzurra altri giocatori di cui si persero presto le tracce al momento di approcciarsi al calcio che conta, penso all’eclettico Sala (solo omonimo del coetaneo difensore che vinse uno scudetto col Milan di Zaccheroni) e al forte attaccante Cerminara. Il primo, se non altro, dopo un fugace esordio in A con la Sampdoria, si è ritagliato un ruolo di assoluto protagonista nelle serie minori professionistiche, giocando a lungo e divenendo un autentico veterano della serie C.

Anche il Mondiale di Buffon e Totti non andò benissimo, gli azzurrini pur in possesso di qualità tecniche, fecero poca strada. Accanto a loro figuravano futuri giocatori professionisti che in qualche modo brillarono, magari per poche stagioni, e promesse mancate: penso ad esempio al laterale Vigiani, i difensori Giubilato – che lo stesso Totti ricorda più volte nella sua autobiografia – e Francesco Coco, i due attaccanti milanisti Augliera e De Francesco e l’esterno mancino Dossi, stella del Brescia (che in Nazionale spesso e volentieri indossava la 10).

Per fortuna su You Tube si trovano diversi filmati, seppur brevi, delle prime apparizioni di Totti in quel Mondiale, e relativi bellissimi gol. Quando il talento è così debordante, viene fuori quasi con prepotenza. Eppure, scorrendo i nomi delle varie edizioni, compreso quelli già elencati delle edizioni del 1991 e del 1993, si può ben constatare come invece ben pochi riescano a esplodere ad alti livelli, esprimendo appieno le loro grandi potenzialità.

Non sempre i migliori diciassettenni di un periodo, di una determinata epoca, quelli chiamati a rappresentare le nazioni partecipanti alla competizione mondiale, diventeranno poi dei campioni. Chi a causa di infortuni, chi per scelte sbagliate, chi semplicemente perchè non in grado di mantenere le promesse, insomma, per i più svariati motivi, sono di gran lunga di più i giocatori che non arrivano a vestire da protagonisti la maglia Azzurra dei grandi (e la cosa ovviamente vale anche per le altre nazionali).

In fondo già che i citati Del Piero, Totti e Buffon siano giunti ad alzare al cielo la Coppa del Mondo del 2006 è motivo d’orgoglio: nelle rose dell’Italia partecipanti ad altre edizioni più recenti del Mondiale Under 17, ad esempio, non figura nessun futuro campione.

Tra gli ’88 che presero parte all’edizione del 2005 in pratica il solo De Silvestri, attualmente a Torino ha speso l’intera carriera in serie A dagli esordi con la Lazio, ma altre stelle conclamate di quella Nazionale non hanno mantenuto le attese. Se è vero che Scozzarella e Alfonso sono tutt’ora nella massima serie (rispettivamente al Parma e al Brescia), dopo una lunga carriera nelle serie minori, gente come Russotto e Foti avevano i mezzi per fare molto di più, per essere protagonisti ad altissimi livelli. Il primo ormai da anni milita in serie C, dove è valido “giocatore di categoria”, in possesso ancora di ottimi colpi; il secondo invece da anni ha appeso le scarpe al chiodo, dopo una serie interminabile di infortuni.

Sembravano avviati a una buona carriera, visti i mezzi tecnici a disposizione, anche l’ex romanista Palermo, regista di centrocampo attualmente alla Viterbese e che non ha praticamente mai visto la serie A e il terzino sinistro Brivio, per il quale ancora minorenne si spesero paragoni importanti, quanto inappropriati, ai tempi in cui passò dal vivaio dell’Atalanta a quello della Fiorentina. In rosa figurava da comprimario anche Mancosu, all’epoca talento del Cagliari, e che dopo un lungo peregrinare in serie C, ha trovato a Lecce l’ambiente ideale per mettere in mostra le sue qualità, arrivando a 30 anni suonati a disputare finalmente il campionato di serie A da autentico uomo simbolo dei salentini. Una serie A in cui sta dimostrando di poterci stare benissimo, oltretutto in un ruolo cruciale come quello di trequartista.

Fece decisamente meglio la Nazionale partecipante all’edizione del 2009, quella dei ’92 per intenderci, che dopo aver agevolmente passato la fase a gironi, passò gli ottavi, per perdere infine il confronto diretto ai quarti di finale contro i futuri campioni del Mondo della Svizzera.

Nella nostra squadra i talenti più fulgidi, sui quali veniva da scommettere ad occhi chiusi erano El Shaarawy e Federico Carraro. Del primo si sa tutto, è un gran talento indubbiamente, ma in parte inespresso, mentre il secondo (ex Fiorentina) si è perso purtroppo tra prestiti infruttuosi nelle serie minori (fino a scendere episodicamente fra i dilettanti), prima di riprendere la risalita, almeno da arrivare a giocare in serie C da protagonista come sta facendo negli ultimi due anni tra Imolese e Feralpi Salò.

In porta Perin fu uno dei migliori portieri di quel Mondiale e sta disputando, infortuni a parte, una bella carriera in serie A;  gli altri nomi su cui era lecito aspettarsi di più erano gli attaccanti Iemmello, gran fromboliere al momento solo in B e in C, i centrocampisti Crisetig (che, essendo un ’93 era il piccolino del gruppo) e Fossati (attualmente regista del Monza di Berlusconi) e i difensori Sini e Camilleri, quest’ultimo “scippato” giovanissimo dal Chelsea, prima di rientrare mestamente in Italia e iniziare un vorticoso giro di esperienze nella nostra serie C.

Titolari giocavano anche i figli d’arte Benedetti e De Vitis che, curiosamente, si sono ritrovati compagni di squadra molti anni dopo al Pisa, dove tutt’ora militano in serie B. Come terzino destro, ma utilizzabile talvolta anche davanti alla difesa, c’era Felice Natalino, su cui l’Inter puntava fortissimo dopo averlo prelevato un anno prima dal Crotone. La sua storia ormai è nota, con il giovane costretto a ritirarsi dal calcio giocato ad appena 21 anni per un problema cardiaco, lo stesso costato alla vita al povero Piermario Morosini.

E veniamo così all’ultima nostra partecipazione a questa prestigiosa competizione, datata 2013 e con protagonisti i giocatori del ciclo ’96/’97, e che quindi oggi, superati i 20 anni si trovano nella piena fase di crescita calcistica. In grado di passare più o meno agevolmente il loro girone, i Nostri vennero poi sconfitti senza appello agli ottavi per 2 a 0 contro i futuri finalisti del Messico (a loro volta poi sconfitti dalla Nigeria).

Dicevamo, si tratta di giocatori che adesso viaggiano tra i 22 e i 23 anni, quindi qualcuno dovrebbe già aver consolidato la sua posizione ad alti livelli, avendo finito anche il ciclo dell’Under 21. Invece, non si trattò di un biennio alquanto prolifico, con la maggior parte dei protagonisti ancora inespressi, alla ricerca della stagione di consacrazione o di salire di categoria. A ben vedere i soli Audero, portiere ex Juve in forza alla Sampdoria, e il terzino Calabria, da sempre al Milan, giocano titolari fissi in serie A con ambizioni legittime di far parte del giro Azzurro che conta, altri invece stanno pian piano emergendo o sono in massima serie in cerca di spazio. Tra questi l’arrembante interista Dimarco, l’attaccante del Cagliari Cerri, il fantasista granata Parigini, il gialloblu ex Napoli Tutino e il doriano ex Inter Bonazzoli ma, come detto, la maggior parte di loro sta annaspando (su tutti quello che è stato veramente un enfant prodige del nostro calcio: il portiere Scuffet, che alterna buone cose a disattenzioni incredibili anche allo Spezia in B, dove gioca tutt’ora. Chissà però se altri di quella rosa, come Vido, scuola Milan ora al Perugia, il regista Palmiero, vivaio Napoli ora al Pescara o l’ex romanista Capradossi, centrale difensivo che a Trigoria qualcuno paragonava addirittura ad Aldair, riusciranno a calcare i campi di serie A…

Insomma, a conti fatti, i precedenti dell’Italia al Mondiale Under 17 non sono certo incoraggianti ma nel calcio giovanile non esistono delle gerarchie stabilite e possono nascere dei cicli di giocatori validi a qualsiasi latitudini.

Noi, in ogni caso, abbiamo una storia, una scuola, solide basi e, da qualche anno a questa parte anche dei valori riconosciuti, come testimoniano le recenti finali conseguite agli Europei Under 17 e Under 19. La strada pare tracciata, ma occorre iniziare a fare risultati, sempre tenendo presente che l’obiettivo di ogni squadra giovanile è in primis quella di formare dei bravi professionisti.

Al via il Mondiale Under 17 in Brasile: l’Italia, priva del suo maggior talento Esposito, proverà a stupire!

Cresce l’attesa per il Mondiale di calcio Under 17, che quest’anno si svolgerà in Brasile. Tra le concorrenti in lizza per il titolo iridato, c’è anche l’Italia, che dopo anni bui a livello giovanile, sta risalendo la china.

A onor del vero, le soddisfazioni negli ultimi anni sono giunti qualche gradino – ehm… anno – più su, soprattutto a livello Under 20, se pensiamo ai Mondiali, laddove nelle ultime due edizioni consecutive, gli Azzurrini si sono issati fino alle semifinali, non senza qualche rimpianto, specie quest’anno col gol annullato a Scamacca contro l’Ecuador che molti destini avrebbe potuto cambiare.

Se allarghiamo però il discorso a contesti europei, allora benissimo, non bene, hanno fatto i nostri giovani calciatori, sia a livello Under 19 che Under 17, proprio la categoria che si appresta a misurarsi fra pochi giorni al Mondiale.

Nelle ultime due edizioni degli Europei Under 17, infatti, i Nostri per ben due volte sono giunti in Finale, perdendo in entrambi i casi contro i pari età olandesi (non a caso gli oranje sono tra i favoriti d’obbligo alla vigilia di questo Mondiale).

Il c.t. azzurro Carmine Nunziata

 

Se i classe 2001, per ovvie ragioni anagrafiche, non potranno rappresentarci in Brasile, la schiera dei “terribili” 2002 invece sarà presente, al solito compatta, ai nastri di partenza ancora una volta agli ordini del valido condottiero Carmine Nunziata. La nostra gara inaugurale, lunedì 28 alle ore 21 contro le Isole Salomone, è da vincere senza se e senza ma (completano il nostro gruppo F le ben più attrezzate Messico e Paraguay) ci

E’ di pochi mesi fa la (bruciante) sconfitta agli Europei Under 17 dopo una bellissima cavalcata: ora quegli stessi giocatori ci riprovano ma il contesto sarà più impegnativo ovviamente, per la presenza anche dei padroni di casa brasiliani, dell’Argentina, ma anche degli U.S.A. (sempre più validi a questi livelli) e del Giappone. Da non sottovalutare tra l’altro proprio quel Messico che ci ritroviamo a fronteggiare appunto sin dalla prima fase a gironi.

Quali scenari realisticamente potremmo sognare per l’Italia? Dicevo prima che i ragazzi sono gli stessi ma sarebbe stato meglio aggiungere un “suppergiù”, perchè di fatto mancherà la nostra conclamata stella, quel Sebastiano Esposito che ormai l’allenatore Antonio Conte ha lanciato in orbita tra i professionisti con l’Inter, ottenendo fra l’altro da subito dei risultati lusinghieri. Non possiamo che esserne felici, in quanto si tratta di un predestinato e per una volta è bello, e in questo caso giusto (più che azzardato) fargli bruciare le tappe.

Certo, la Nazionale ne risentirà, perchè l’interista era di fatto l’uomo simbolo del gruppo, il più atteso, il leader per doti naturali ma sono moderatamente fiducioso che la “botta” per la rinuncia al suo più fulgido talento, verrà assorbita dalla forza di un gruppo coeso, che si conosce a memoria e che è cresciuto gradualmente ma inesorabilmente sotto la guida di un tecnico, poco reclamizzato, ma che con i giovani ci sa fare eccome.

Nunziata, infatti, come Pavanel, da anni sta lavorando nell’ombra, contribuendo eccome al rilancio del calcio azzurro, ponendo quelle giuste basi, forgiando al meglio il materiale umano, i migliori prospetti di cui poi Mancini speriamo saprà goderne i frutti.

Veniamo ai nomi da tenere d’occhio, anche se sarebbero da nominare tutti, proprio perchè sono giocatori di buone qualità – genericamente parlando – e che in egual modo hanno contribuito a portare dei buoni risultati.

In porta sembra partire in vantaggio l’udinese Gasparini ma occhio anche al bolognese Molla, che bene ha fatto in questo ciclo. Meno chances di giocare sembra averle il parmense Rinaldi.

Il forte centrale difensivo Lorenzo Pirola, pilastro azzurro

In difesa paiono più scontate le scelte, vista la presenza di alcuni fedelissimi del mister, quali i terzini Lamanna (Cremonese) e Moretti (Inter) e i centrali Dalle Mura (Fiorentina) e Pirola. Sono tutti molto interessanti ma specie su quest’ultimo, roccioso centrale mancino dell’Inter, sono puntati i riflettori, vista anche la grande attenzione che gli sta riservando sin da quest’estate il tecnico Conte. Il reparto è ben completato da altri elementi che potrebbero realmente mettere in difficoltà Nunziata in fase di scelte, visto che in grande ascesa c’è ad esempio l’elegante centrale difensivo Riccio della Juventus, mentre Ruggeri è uno dei pilastri dell’Atalanta. A sinistra un posto lo potrebbe prenotare l’esterno Udogie dell’Hellas Verona, gran protagonista dell’Europeo Under 17 e dell’inizio monstre della sua squadra in Primavera 2 (5 vittorie su 5, con lui titolare fisso sia da terzino che a centrocampo sulla fascia mancina). Sta trovando spazio in Serie C al Novara il terzino Barbieri: un’esperienza che potrebbe fare la differenza in un contesto giovanile importante come questo.

L’atalantino Simone Panada è il capitano e uno dei leader della nostra Nazionale

In mezzo al campo occhio al capitano Simone Panada, fiore all’occhiello del vivaio atalantino e prototipo del mediano moderno, in grado di costruire che di distruggere, molto abile tecnicamente. Con lui a Bergamo agisce in mediana Giovane (più… giovane di un anno, essendo un 2003), ma in lizza per una maglia ci sono anche l’interista Boscolo Chio e il milanista Capone, fratello minore di Christian, già protagonista con l’Under 19 e 20 di Nicolato e attualmente in prestito al Perugia, lui cresciuto nel florido vivaio atalantino. La mezzala sampdoriana Brentan, abile nelle due fasi e molto bravo tatticamente, offre delle varianti allo scacchiere azzurro, così come Tongya e Oristanio. Da loro due, juventino il primo, interista il secondo, Nunziata si aspetta il tasso di qualità necessario in mezzo al campo. Tongya è un centrocampista davvero completo, tecnicamente forte e bravo con entrambi i piedi, forse a volte tiene troppo la palla e si fida dei suoi impressionanti mezzi fisici e tecnici ma se al servizio della squadra, può fare la differenza. Oristanio ha un sinistro micidiale, con il quale disegna arabeschi e offre assist formidabili: esterno o trequartista, è indubbiamente uno dei più attesi, visto il forfait del già citato compagno di club Esposito.

Il fortissimo centrocampista Franco Tongya, uno dei punti di forza della nostra Under 17

Gli attaccanti di ruolo convocati sono solo tre: Colombo del Milan, forte fisicamente e uno di quelli che non molla mai in campo, il giramondo Cudrig (friulano e cresciuto nell’Udinese per poi accumulare esperienza all’estero, prima in Belgio e da un anno al Monaco) e il giovanissimo (e velocissimo) Gnonto, un 2003 chiamato proprio a sostituire in extremis Esposito, come spesso accade nell’Inter. Dicevamo di Cudrig, lui è il nostro centravanti designato, un altro che ha bruciato le tappe e che, come detto, attualmente gioca nel Principato, dove nelle giovanili fa coppia con Arlotti. Quest’ultimo, inizialmente non convocato, pur facendo parte da tempo di questo gruppo, è stato chiamato in extremis al posto di Colombo, costretto a rinunciare per una frattura da stress proprio alla vigilia della partenza per il Brasile. Peccato davvero per il rossonero, uno che anche partendo dalla panchina era in grado di svoltare le gare più difficili. Ma Arlotti, cresciuto in Francia, non solo calcisticamente, ha sempre optato per i colori azzurri, nonostante le avances francesi ed è un talento autentico.

Sky trasmetterà tutte le gare del Mondiale Under 17, come successo con quelle del Mondiale Under 20 e sarà una goduria per tutti gli appassionati del calcio giovanile, anche perchè di prospetti davvero interessanti ce ne sono a iosa, specie fra i transalpini (e non è certo una novità!) e tra i padroni di casa verdeoro. Ma per una volta lasciatemi sognare a occhi aperti, perchè personalmente credo molto nelle qualità di questo gruppo.

 

Fenomeno Puscas nelle giovanili dell’Inter! 13 reti in 5 gare per l’attaccante rumeno che si ispira a Ibrahimovic

Da quando seguo il calcio, che lo guardi con occhi da tifoso o con un’ottica più da “addetto ai lavori”, mi sono sempre interessato al calcio giovanile, non solo in ambito italiano.

Quando ero più giovane mi capitava sovente di seguire come cronista le squadre di club della mia provincia (il Chievo in particolare ha giocato per anni le sue partite in casa a Cerea, il mio paese, ma anche Hellas, Padova, Spal, Brescia), poi sono sempre stato vigile e attento sulle manifestazioni di categoria più importanti, grazie all’ausilio della tv che mi permetteva di stare aggiornato senza dovermi spostare di persona. Ma un appassionato di calcio giovanile non si dovrebbe limitare alla mera cronaca. Sovente ci si imbatte in “finti” esperti, in persone che auspicano chissà quali traguardi per il giovane fenomeno di turno, osannato spesso anche da firme autorevoli. Io stesso più volte mi sono avventurato in paragoni e raffronti: è un giochino che ci piace e in un certo senso ci stimola anche. Poi, visto che riesco a seguire le carriere di molti di quei giovani, grazie a tv, giornali, media e contatti con referenti d’eccezione, esperti anche delle categorie inferiori, posso limitarmi a formulare giudizi, constatando nella realtà che, nonostante grandi premesse, sono veramente pochissimi quei giovani atleti che riescono a imporsi a grandi livelli. E allora cosa ci spinge a seguire ancora con interesse questo fenomeno, pur consapevoli che, specie in Italia, i vivai ormai raramente fungono da veri serbatoi per le prime squadre?Succede perché, almeno fino ai 15/16 anni, a contare sono soprattutto fattori legati alla genuinità, alla spensieratezza, alla pura tecnica. Certo, non tutto è rose e fiori, girano da anni anche già dagli Allievi, talvolta addirittura dai Giovanissimi, agenti, procuratori, genitori talvolta più ambiziosi dei figli, che inficiano sul reale valore da dare a queste categorie formate da talenti in sboccio.

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Io seguo ancora con attenzione perché tutto sommato ci credo ancora, perché apprezzo quel gesto tecnico che ancora riesce a farti sussultare, a dire “io l’ho visto per primo!”, fino a farti ipotizzare il pronostico sul suo futuro. Poco importa se poi quel calciatore diventerà un big, purtroppo poi subentrano tanti fattori determinanti e di storie negli anni ne ho raccolte davvero tantissime ormai, a più livelli. Lasciatemi però dire che un campioncino come il rumeno della Primavera dell’Inter, Puscas, quasi omonimo della leggenda ungherese,  non può passare inosservato! Ho posticipato di qualche settimana questo articolo, per avere ulteriori conferme sulla forza e il valore di questo moderno attaccante, che già l’anno scorso, seppur in scampoli di gare, aveva messo in mostra ottime doti atletiche e tecniche. Attaccante centrale o seconda punta, pure fantasista e suggeritore, soprattutto gran finalizzatore, se è vero che in sole 5 partite di campionato ha messo a segno ben 13 reti, le ultime 3 delle quali nel vittorioso derby dell’ultimo weekend contro i malcapitati cugini milanisti. Assieme all’italianissimo Bonazzoli, stellina della Nazionale Under 19, compone una coppia d’eccezione che il patron Thohir già sogna di vedere fra non molto in prima squadra. Come detto, lo scenario in tal senso è alquanto utopistico, ma provate a guardare, almeno su you tube se riuscite a recuperarli, i gol  e le azioni di Puscas per comprendere che, forse, Mazzarri, oltre alle presenze in panchina, potrebbe finalmente concedergli la gioia dell’esordio precoce tra i “grandi”. Solo così magari un giorno non proprio lontano, potrebbe diventarlo sul serio anche lui!

 

 

A cosa servono realmente i vivai italiani, se in campo giocano sempre più stranieri?

Ieri avevo scritto una breve nota su facebook ma che aveva suscitato reazioni e creato una sana discussione. Notavo che tra Roma e Fiorentina, secondo anticipo del campionato di serie A, in campo su 22 giocatori solo 4 erano italiani (e tutti nella squadra capitolina). Ne nasceva una riflessione a caldo, un interrogativo subito da me posto, cioè se sia normale e credibile, al di là dei discorsi di facciata, scrivere, parlare, auspicare ancora un rinnovamento del calcio italiano che parta dalla valorizzazione dei vivai, cosa in teoria scontata e naturale in qualsiasi campionato professionistico, fosse anche il più quotato e il più ricco. Perché quello è il senso di coltivare un settore giovanile: vedere poi raccolti i frutti, che significa nella fattispecie che in prima squadra vadano a finire di volta in volta i più meritevoli. Ma da noi, rare eccezioni a parte (almeno l’anno scorso sono emersi a buon livello sin da subito il polivalente difensore della Roma Romagnoli, classe ’95, già esordiente un anno prima, e il portiere dell’Udinese, migliore nel suo ruolo al Mondiale Under 17, Scuffett). Poco, davvero troppo poco, quasi nulla, questo è il quadro desolante, preludio a un’angosciante spedizione azzurra ai Mondiali. Qualcosa bolle in pentola? Direi proprio di no, a parte gli inutili proclami che da più parti negli ultimi anni, ci siamo quasi stancati di ascoltare. Parole al vento, eppure giustissime, quelle di tanti addetti ai lavori (memorabile l’invettiva di Fabio Caressa contro l’inutilizzo dei giovani e lo scarso coraggio dei nostri tecnici nel lanciarli). Da appassionato di calcio giovanile, e da giornalista che ne segue i campionati a vari livelli, oltre che le competizioni internazionali, mi rifiuto di credere si tratti di una questione di mera qualità tecnica media che scarseggia nei nostri calciatori. Eppure qualcosa deve esserci, qualche intoppo nella crescita, mancanza di personalità, timore nelle giocate, perché magari al primo errore l’allenatore ti castiga rispedendoti in Primavera. Faccio esempi concreti, non riferendomi a qualcuno in particolare….

Lorenzo Tassi, talento precoce dell'Inter che rischia di perdersi a Prato in Lega Pro

Lorenzo Tassi, talento precoce dell’Inter che rischia di perdersi a Prato in Lega Pro

Però quante volte negli anni, spesso proprio dalle pagine virtuali di questo blog, mi è piaciuto segnalare questo o quel giocatore. E non erano nomi buttati a caso, ma gente che spesso e volentieri facevano la differenza nei loro rispettivi campionati. Va beh, un nome lo butto: Lorenzo Tassi, classe ’95, quindi appena maggiorenne, eppure esordiente nel Brescia a poco più di 15 anni prima di passare, con soldi tonanti, all’Inter. Paragoni ingombranti a parte, paura di bruciarlo, eccessiva tutela, inserimento graduale come giusto che sia.. fatto sta che in prima squadra nei restanti 3 anni e mezzo successivi non si è mai visto, fino all’approdo quest’anno nella società satellite del Prato, lega Pro unica. Chiaro, deve dimostrare sul campo il suo valore, i crediti accumulati nelle giovanili sono terminati ma… una gavetta così lunga implica che difficilmente arriverà in tempi brevi in serie A, se ci arriverà, perché le mie statistiche al riguardo sono impietose. Diventi più facilmente un giocatore “di categoria”,  a meno che non sia palese che tu in campo faccia la differenza a quei livelli. Ma qui spesso ci si scontra pure con le logiche di classifica, di punteggi in campionato, e quindi l’allenatore di una squadra che voglia puntare alla promozione spesso si affida su nomi rodati per la categoria. Troppa carne al fuoco, mi direte, non se ne esce più fuori. Ma allora, e qui sono volutamente provocatorio… a questo punto a che servono i vivai? Se nemmeno in condizioni disagiatissime le nostre squadre decidono di affidarsi ai loro migliori prodotti, pescando piuttosto un nome sconosciuto all’estero, come farà il livello del nostro calcio, della nostra Nazionale, a tornare competitivo? I vivai diventano solo una spesa di fatto, servono a creare “posti di lavoro”, nel senso che un 1% di questi forse vivranno da professionisti del pallone.

Buon esordio del fantasista Coman ieri nella Juve: ma allora i giovani stranieri sono più pronti dei nostri?

Buon esordio del fantasista Coman ieri nella Juve: ma allora i giovani stranieri sono più pronti dei nostri?

Ieri abbiamo visto in campo dal primo minuto, lanciato da Allegri nella Juventus, la punta Coman, classe ’96, prelevato dal Paris St Germain, indubbiamente bravo. Perché ai nostri non vengono date queste opportunità? Quando vengono aggregati alle prime squadre, i nostri giovani vengono realmente considerati al pari degli altri o servono solo a far numero nelle partitelle? Si pongono male agli occhi dei loro allenatori? Si comportano ancora “da bambini”? Non credo sinceramente. Eppure manca sempre qualcosa, e nel frattempo da anni ci si dibatte su come far rifiorire il calcio italiano, fermo nelle sabbie mobili ma col serio, concreto rischio di sprofondare completamente

Calcio italiano: cosa significa realmente partire dai giovani? Dar loro la possibilità concreta di giocarsela e pure di sbagliare

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Si sono consumati fiumi di inchiostro sul trionfo tedesco ai Mondiali: giustissimo omaggiare i campioni e la loro organizzazione ma si è fatta anche tanta demagogia sulla vittoria della Germania e su come il suo modello calcistico sia quello a cui guardare per provare a riemergere dalle sabbie mobili in cui invece il nostro calcio, quello italiano, è ormai sprofondato. Io da sempre sostengo come ci sia bisogno di un reale cambiamento in seno ai nostri campionati, e l’esempio della Germania doveva in realtà illuminarci da ben prima di questa loro fulgida e meritatissima affermazione mondiale. Le radici infatti affondano ben più in là negli anni, da quando anche loro avevano subito un clamoroso tonfo – certo, non paragonabile alla nostra debacle brasiliana -, così forte da indurre la loro federazione (a differenza della nostra, realmente convinta del cambiamento, e poco restìa a condizionamenti di vario tipo) a una svolta radicale. Senza cercare di scovare ricette magiche, occorrerebbe dapprima una piena, credibile valorizzazione dei giovani. Ciò non significa gettare nella mischia chiunque, col rischio serissimo di bruciarli ma dare una chance ai più pronti, senza negare la possibilità di carriera a tanti altri. La gavetta può avere un senso ma non deve essere eterna e, soprattutto, non è consono che un “nuovo Totti”o “nuovo Del Piero” partano dalla Lega Pro, per dire, col rischio di impantanarsi se non si emerge subito. La vecchia C ci può stare, in fondo hanno calcato certi polverosi palcoscenici anche campioni autentici come Baggio e Zola, ma in genere il salto in alto avviene in modo repentino, spesso scalando categorie di anno in anno. Ma se non si fa il botto subito, o se semplicemente un giovane non trova l’allenatore che crede in lui, questo rischia davvero di perdere gli anni migliori, senza tra l’altro giocare troppo. Un circolo vizioso, perché, non accumulando minutaggio, di conseguenza viene meno anche l’esperienza acquisita sul campo e, di pari passo, anche la giovane promessa, da tutti ritenuta fin dai vivai possibile campione da professionista, si ritrova a peregrinare, fino a scelte talvolta dolorose: la discesa nei dilettanti, pur di giocare e di trovare un ingaggio a volte migliori di molte società di Lega Pro, oppure addirittura il precoce ritiro agonistico per dedicarsi ad altro.

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E allora qualche riforma per favorire l’inserimento dei migliori giovani la si deve approntare. Ben vengano le proposte ma personalmente mi sembrano poco realistiche o pratiche le cosiddette “seconde squadre” sull’esempio della Liga o la squadra riserve come accade da decenni in Inghilterra. E col mercato libero e i prezzi spesso spropositati per i giovani azzurri di prospettiva, ecco che molte squadre già dai vivai si affidano a ragazzi stranieri. L’involuzione della Juventus in tal senso è notevole: da squadra plurivittoriosa nel decennio del 2000 è divenuta un’incompiuta in questi primi anni del ’10, con tantissimi volti esotici in rosa che, alla resa dei conti, stanno rendendo molto meno di altri talenti autoctoni. Ma era il mio ovviamente solo un esempio, credo sarebbe importante, quello sì, che in ogni squadra di serie A e B ci fossero degli elementi provenienti dal vivaio ma… non per proforma, come accade con le comiche liste della Champions, ingolfate da nomi del vivaio che mai verranno realmente presi in considerazione. Io parlo di cose concrete: si infortunano due difensori di una grossa squadra, che succede all’estero? Semplice, fanno giocare uno del vivaio: caso recente successo al Chelsea, non a una squadretta, e in un match cruciale per l’assegnazione di una Premier il cui esito all’epoca era ancora incerto. Da noi invece parte la caccia al difensore straniero (spesso svincolato, sia mai, soldi da spendere ce ne sono sempre meno!). Perché la Juve, il Milan, la Roma o l’Inter non possono (nell’emergenza) dare una chance a prospetti di sicuro avvenire quali Romagna, Calabria, Capradossi o Dimarco. Perché non c’è coraggio, questa è l’amara constatazione. E ho citato tutti giocatori che gli esperti di calcio giovanile conoscono bene, trattandosi di nazionali Under 17 e 18, alcuni dei quali compagni di Scuffet ai recenti Mondiali Under 17. E altri in quella competizione iridata avevano messo in luce buone doti, penso anche all’attaccante milanista Vido, al dinamico mediano atalantino Pugliese, al trequartista dai piedi buoni Perugini, di proprietà del Toro e visto, assai poco, nella sfortunata stagione alla Juve Stabia (davvero non c’era modo di farlo giocare di più in quel contesto?) e al regista napoletano Antonio Romano. Guardando poi alle finali del campionato Primavera, impossibile non notare la tecnica, la bravura, il talento di gente come i clivensi Magri, Brunelli, Messetti, Steffè e soprattutto Costa o i granata Aramu, Barreca o Comentale. Gente così meriterebbe una chance in cadetteria, per non dire di provare a giocarsela nella rosa della prima squadra. Senza contare che in vista, per gli appassionati di calcio giovanile, tra i quali da sempre mi annovero anch’io, c’è una fortissima generazione della classe ’98. Insomma, scrivendo con cognizione di causa, sono certo, e i numeri fino a pochi anni fa lo stavano a testimoniare, vista l’incetta di premi a livello di Under 21, che i nostri giovani, almeno fino ai 18 anni, non abbiano davvero nulla da invidiare agli spagnoli o ai tedeschi, tanto per dire di due scuole attualmente all’avanguardia del panorama calcistico mondiale. Il problema per i nostri avviene dopo, se è vero che Darmian, forse unico azzurro salvabile della disastrosa avventura mondiale 2014, pur considerato e percepito alla stregua di un ragazzino, è in realtà un venticinquenne e viene da una lunghissima gavetta, dopo un’ottima esperienza giovanile nel vivaio del Milan, dei quali era la stella, mentre la maggior parte dei giocatori della rosa campione della Germania è composta da giocatori suoi coetanei, se non più giovani (vedi i decisivi Schurrle o Gotze).