Tommaso Mancini, classe 2004, esordisce da professionista con il Vicenza…proprio come fece un certo Baggio alla stessa età

Il vicentino Tommaso Mancini è il primo calciatore nato nel 2004 ad aver esordito in serie B.
Lo ha fatto con la maglia della squadra della sua città, e la mente non può che tornare indietro a tantissimo tempo fa, quando fu un altro suo concittadino a esordire a soli 16 anni: il suo nome è Roberto Baggio!

(da biancorossi.net)

Facile quindi volare con la fantasia e lasciarsi andare ai sogni, non soltanto concessi agli appassionati tifosi biancorossi ma che riguardano tutti gli amanti di questo sport, visto che il precoce esordio della giovanissima punta (che già ad ottobre era stato lanciato titolare in Coppa Italia dal suo allenatore Di Carlo) non è parso certo casuale, anzi.

Chi segue il calcio giovanile (e le Nazionali azzurre) sa benissimo che il nome di Mancini era uno di quelli “caldi”, da tenere assolutamente d’occhio.
Attaccante molto alto e dalla grande, indiscutibile, tecnica di base, può agire da centravanti così come da seconda punta o fantasista: è insomma molto completo nell’interpretare il gioco offensivo, oltre che (numeri alla mano, che’ quelli non mentono mai) clamorosamente prolifico sia con la maglia del Vicenza che con quella dell’Italia.
Nell’anno solare 2020 infatti è stato in grado di buttare il pallone in rete 71 (!) volte, mentre tra under 15 e 16 ha una media di più di un gol ogni due partite (rispettivamente 4 reti in 7 presenze e 8 reti in 12).

E’ un cecchino quasi infallibile in pratica ma che, come detto, svaria molto su tutto il fronte d’attacco, per quanto il paragone che più volte viene speso nel suo caso sia quello con Ibrahimovic, quindi una punta con determinate (fantastiche) caratteristiche.
Lasciando perdere per un attimo questi accostamenti che sono tutti da verificare sulla lunga distanza, è innegabile però che Mancini abbia quel quid in più rispetto a tanti coetanei e, cosa non secondaria, abbia anche la “testa giusta” per affrontare (e sicuramente godersi, perché in fondo se lo merita) questo momento di grande attenzione, con tanti fari puntati inevitabilmente su di lui.


In bocca al lupo Tommaso per un percorso che si preannuncia davvero entusiasmante: ora si tratta di giocarsi bene le chances che ti verranno concesse, senza strafare, con la voglia però di sorprendere… perché il tifoso ha bisogno anche solo di sognare che un nuovo Baggio sia ancora possibile!

Nodo Serie C con lo stop definitivo dei campionati: con Monza, Vicenza e Reggina promosse di diritto, in serie B anche il Carpi come migliore seconda?

La serie C ha rotto gli indugi prendendo le prime decisioni, fra tutte quella di chiudere qui la stagione 2019/2020.

Molte erano le incognite, troppo alto il rischio di un collasso per l’intero sistema, ai limiti ormai del professionismo, nonostante abbia letto di una possibilità di reintrodurre un’ulteriore serie prima di sconfinare nel mondo dei dilettanti.

Insomma, l’idea di una nuova C/2 sembrerebbe poi non così balzana, non fosse per alcune incongruenze di fondo, che fanno sì che ci siano società di serie C gestite come nei dilettanti, e al contrario si trovino in D delle società solide – anche economicamente – che nulla abbiano da invidiare a tanti club professionistici.

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Detto ciò, una volta deciso per lo stop dei campionati, si sono stabiliti – in modo alquanto arbitrario ma dal mio umile punto di vista, l’unico plausibile – i nomi delle squadre promosse al piano superiore, nella serie cadetta.

Il format attuale prevede la promozione di quattro squadre: oltre alle prime classificate dei tre gironi, l’allargato playoff doveva andare poi a premiare un altro solo club.

Accedono quindi alla prossima serie B il Monza, il Vicenza e la Reggina, rispettivamente le capolista dei gironi A, B e C.

Il nodo cruciale risiede invece nell’assegnazione della quarta promozione posta in palio, dando per assodato che non potranno essere svolti regolarmente i playoff.

Io mi ero già esposto in un forum sulla serie C nell’affermare che fosse giusto promuovere di diritto le tre prime classificate, in particolare c’è poco o nulla da eccepire sul Monza, corazzata del Girone A, che viaggia con un margine enorme sulle dirette concorrenti. Anche sul primo posto della Reggina mi sentirei di mettere la mano sul fuoco che sarebbe rimasto tale all’eventuale ripresa dei tornei, nonostante la rincorsa (seppur incostante) del blasonato Bari, il grande favorito alla vigilia.

E, al netto di un vantaggio certamente più risicato, sento di dire che anche il Vicenza di Mimmo Di Carlo abbia legittimato la sua posizione nel girone B per il valore dell’organico e in special modo per quanto mostrato in campo.

Andando a pareggiare le gare disputate e facendo la media punti – insomma, calcoli alla mano – figura in vantaggio il Carpi nella corsa al quarto posto utile per salire in B. La squadra del patron Bonacini è infatti quella meglio posizionata fra le seconde, fermo restando che prima della sospensione dei campionati si trovava al terzo posto ma con una gara da recuperare.

Rimarrebbero a bocca asciutta pertanto le altre seconde classificate, una Carrarese il cui distacco dal Monza è abissale e appunto il Bari nel girone C, capitanato dalla Reggina. Tra i club furiosi per quanto deciso figura anche la Reggiana, seconda dietro al Vicenza, nel girone più equilibrato di tutti, ma come abbiamo visto con una gara in più disputata rispetto al Carpi.

Ovviamente nella riunione-fiume di ieri, se è stato trovato un accordo all’unanimità per la sospensione definitiva dei campionati (sia per tutelare la salute dei propri atleti che per evitare sconquassi economici), la stessa cosa non è valsa invece nell’assegnare agli emiliani la promozione senza passare dai playoff.

Si è tirato in ballo non solo la ragione più ovvia, vale a dire che matematicamente niente era ancora stato assegnato, men che meno nel girone B, ma anche il fatto dei reali valori: chi può dire in assenza di scontri diretti in stagione che il Bari o la Carrarese fossero meno forti, banalmente parlando, del Carpi? In fondo la stessa Reggiana, rivale in quel girone, stava dimostrando di equivalere sul campo gli uomini allenati da Giancarlo Riolfo.

Non ultimo, ci si è appellati – come sempre accade quando non c’è possibilità di stabilire regolarmente una graduatoria – al fattore legato al blasone, alla storia calcistica, finanche al bacino d’utenza. E qui entra in gioco prepotentemente il Bari di De Laurentiis che racchiude in sè tutti questi parametri per poter ambire alla promozione.

Comunque vada, questo è solo il primo step e con ogni probabilità il nodo-serie C non si scioglierà con quanto deciso nell’Assemblea dei club.

In vista c’è un imminente Consiglio Federale che già la settimana prossima potrebbe rivedere tutto. E all’orizzonte si sentono inoltre bussare dal gradino sotto quei club come Palermo e Foggia che non hanno intenzione di rimanere un altro anno in serie D, il chè allo stato attuale, col blocco delle retrocessioni dalla serie C, appare una possibilità più che concreta.

Ipotesi allargamento serie A: chi è giusto promuovere assieme al Benevento?

Torno a parlare di calcio con una categoria che da sempre mi appassiona: la serie B.

Il campionato dove da sempre l’equilibrio è definito quasi per antonomasia.

Premesso che si sta parlando di “fanta-calcio” (non l’omonimo gioco al quale partecipo e che proprio quest’anno mi vedeva fra i protagonisti: mannaggia ‘sto coronavirus!), in quanto tutto è ancora aleatorio e sospeso, voglio provare a immaginare uno dei possibili scenari futuri. Sospeso è il torneo ma non lo è invece il mio giudizio in merito alla questione se riprendere o meno da dove ci eravamo lasciati mesi fa.

Ho già scritto infatti che sarebbe opportuno ritenere chiusa qui la stagione come hanno fatto altrove e guardare avanti, provando a farlo nel nome dell’ottimismo e senza minare la salute degli atleti (che, mi pare evidente, non è cosa possibile con l’epidemia ancora in corso).

Qual è quindi una delle ipotesi più plausibili per dare un senso a questa stagione che in serie B, a differenza di quanto accaduto al gradino sopra e a quello sotto, si è disputata in maniera piuttosto regolare fino al definitivo stop (diciotto squadre su venti hanno disputato 28 gare, solo Ascoli e Cremonese ne devono recuperare una per essere in pari)?

Si parla in maniera piuttosto insistente di un allargamento della serie A, che verrebbe portata a 22 compagini al posto delle attuali 20, garantendo così un’altra stagione in massima serie anche a squadre gravemente in difficoltà in classifica.

La domanda che viene posta però è: chi assieme all’invincibile Benevento di quest’anno merita di salire di categoria?

La serie B come detto è nota per il suo grandissimo equilibrio, rivelatosi soprattutto nei decenni 80 e 90 ma a ben vedere, andando a memoria e restringendo il cerchio ai campionati del nuovo millennio, ricordo che anche con l’inserimento dei playoff le posizioni non erano sempre così delineate in testa alla classifica.

Sono davvero poche le eccezioni in cui non si sia combattuto strenuamente per accedere in A. Tra tutte è impossibile non segnalare la “mitica” stagione 2006/07, quella con ai nastri di partenza la triade Juventus-Napoli-Genoa, promossa senza ricorrere ai playoff, unico caso finora da quando la formula è stata istituita.

Ma si potrebbe a ben vedere escludere dai campionati “equilibrati” anche l’edizione 2012/13 che aveva visto primeggiare dall’inizio alla fine Sassuolo, Hellas Verona e Livorno con ampi margini sulle rimanenti in lizza per la promozione; in quel caso però proprio all’ultima giornata l’Empoli si rimise in corsa, acciuffando la matematica possibilità di far disputare almeno i playoff (poi salirono comunque le tre squadre che si erano dimostrate più forti e continue durante l’arco del campionato).

Sappiamo però che in generale i playoff hanno da sempre garantito sorprese, e in tal senso si sono rivelati assolutamente azzeccati per dare ulteriore interesse e slancio al torneo. A maggior ragione quest’anno sarebbero opportuni, perchè persino la seconda piazza disponibile per accedere in serie A direttamente non ha mai avuto di fatto un padrone fisso e in tanti si sono affacciati in alto dietro la corazzata Benevento.

Già, il Benevento… facile adesso dire che fosse scontato una sua affermazione, rosa alla mano, ma in realtà quante volte autentici squadroni sono rimasti fermi al palo? Filippo Inzaghi stesso poi aveva bisogno di rilanciarsi dopo l’opaca stagione precedente quando fu esonerato dal Bologna, in seguito rivitalizzato da Mihajlovic. Tutti gli ingredienti invece si sono miscelati egregiamente e la forza della squadra campana si è fatta via via inarrestabile con un primo posto davvero mai in discussione.

Il fortissimo Benevento di Inzaghi, dominatore della serie B 2019/20, in una foto tratta dal sito ufficiale del club

Il resto del campionato al contrario è un autentico dilemma, un grosso punto interrogativo ma facendo conto che non saranno previste delle retrocessioni, concentriamoci nello specifico sulle squadre davanti, alcune delle quali con un potenziale notevole che magari è stato espresso solo in parte.

Classifica alla mano dietro il Benevento a 69 punti sarebbe il forte Crotone la squadra di diritto ammessa alla serie A, pur distanziata di venti punti tondi dalla capolista.

Dietro i pitagorici ecco il Frosinone di Nesta a quota 47; segue staccata di due lunghezze la rivelazione Pordenone, poi a 44 punti c’è lo Spezia di Vincenzo Italiano, quindi il “solito” Cittadella a 43 e la Salernitana a 42, con il Chievo ad acciuffare per i capelli l’ultima posizione utile per gli eventuali playoff a quota 41. Un punto sotto i veronesi troviamo la grande delusa di questa stagione, l’Empoli che tutti (mi ci metto anch’io) davano per favorito per riconquistare prontamente la serie A perduta un anno fa dopo aver strenuamente lottato ad armi pari con le rivali.

Tutte le squadre citate, distanziate come visto di pochissimo, con dieci gare ancora da disputare potrebbero legittimamente dire la propria e meritarsi a ben vedere la promozione.

Analizzando nel dettaglio, il Crotone di Giovanni Stroppa, attualmente secondo, viene da una convincente striscia di vittorie (4 consecutive nelle ultime 5 partite) e proprio in extremis aveva superato in graduatoria il Frosinone.

I calabresi vantano un pedigree importante, hanno assaggiato la serie A, rendendosi oltretutto protagonisti di una salvezza storica rimasta impressa nella memoria collettiva per come è maturata. Scesi l’anno successivo, sono incappati in una stagione storta che a un certo punto poteva avere anche dei risvolti pesantissimi (erano rimasti impelagati a lungo addirittura in zona playout). Quest’anno però la musica è cambiata, l’organico era già competitivo e Stroppa si è dimostrato allenatore in grado di condurre la squadra in serie A.

Il Frosinone secondo me avrebbe una rosa qualitativamente non inferiore al Benevento e ammetto di averlo pronosticato come favorito principale alla vigilia assieme all’Empoli. L’andamento dei ciociari è stato un po’ altalenante, era anche la prima volta dell’ex campione Nesta alla guida di una squadra così forte e alle prese con un obiettivo inequivocabile. Nonostante qualche intoppo, credo che i presupposti per lottare ad armi pari con il Crotone e le altre pretendenti la serie A ci siano tutti. La qualità è evidente in ogni reparto, alcuni giocatori sono parte della storia di questo club, del ciclo che aveva raggiunto la serie A e la società è solida… insomma, è veramente tutto ancora da scrivere.

E che dire del Pordenone di Attilio Tesser? Al primo anno assoluto in serie B, la squadra friulana ha giocato col piglio della formazione navigata a questi livelli. Qui c’è programmazione, un tecnico esperto che vanta risultati prestigiosi in carriera (e che forse si era ritrovato “dimenticato” in serie C) e quell’aria sana che si respira in provincia, la stessa che aveva contraddistinto gli anni del “miracolo Chievo”, prima ancora dell’Empoli, del Sassuolo (ok, qui forse siamo fuori strada, essendo quella emiliana una “franchigia” forte economicamente) e del Cittadella.

Passo un attimo lo Spezia e mi riallaccio al discorso, ricordando appunto come il Cittadella (che prima ho apostrofato come “solito”) in questi anni stia dimostrando grande solidità ed evidenti doti organizzative, soprattutto in fase di scouting, con la società abile ogni anno ad allestire una squadra competitiva pur rifacendosi spesso il trucco. Lo scorso anno la promozione in A svanì davvero d’un soffio, persa solo all’ultimo atto contro un redivivo Hellas Verona nella bolgia del Bentegodi: ripartire da quella delusione, o meglio da quella grande illusione evaporata sul più bello non deve essere stato certo facile. Invece gli uomini di Venturato (il Ferguson del Veneto) sono ancora lì, pronti a giocarsela se si dovesse decidere di disputare i playoff.

L’11 di Italiano l’ho seguito con interesse, memore dei bei trascorsi da giocatore del Verona del tecnico siciliano. Lo Spezia ha una proprietà che sta – banalmente parlando – spendendo, o meglio l’ha fatto in modo copioso negli anni scorsi. In questo campionato ai nastri di partenza la compagine ligure vantava un organico interessante, composto fra l’altro da diversi calciatori passati dalle giovanili della Roma che conosco bene. Ma, a parte questo, mi è capitato di vedere diverse partite dello Spezia e ammetto di non essermi mai annoiato, mi piace l’impronta che mister Italiano ha saputo dare alla squadra.

E a proposito di allenatori chiamati a dare quel qualcosa in più alla squadra, ecco il “vecchio” Giampiero Ventura giunto alla Salernitana con l’intenzione reale di rilanciarsi e di tirar fuori il meglio da una rosa fatta di grossi nomi e giocatori emergenti. Sinora il cammino della squadra campana è stato a dir poco indecifrabile (solo guardando alle ultime cinque gare disputate, ha alternato vittorie e sconfitte con una cadenza scientifica), ma l’obiettivo di fatto è lì, ancora a portata di mano. Serve però maggiore continuità.

E infine, limitandomi all’attuale griglia utile a stabilire i playoff, troviamo il Chievo, nelle ultime settimane affidate ad Alfredo Aglietti dopo uno score poco convincente di Michele Marcolini, ex bandiera clivense. Essendo io di Verona, pur facente parte della sponda Hellas, ho seguito da vicino in tutti questi anni la parabola Chievo, dai tempi della “favola” (per me iniziata in serie C con l’allora emergente Malesani in sella). Il Chievo però quest’anno non partiva con i favori dei pronostici come nella precedente lontana occasione in cui era retrocesso. Non era stato quello di un anno fa un incidente di percorso ma una caduta assai più rovinosa, la fine di un ciclo. Difficile davvero riprendersi ma Campedelli lo ha fatto, snellendo e ringiovanendo l’organico, che a onor del vero pare molto disomogeneo a livello di valori sul campo. Credo però che con Aglietti le cose si possano raddrizzare, d’altronde il tecnico toscano solo un anno fa era riuscito a rivitalizzare un ambiente come quello dell’Hellas che sembrava giunto a un punto di non ritorno dopo la sconcertante gestione di Fabio Grosso. Poi, oltre alle doti di Aglietti, è rimasto in dote il gioiellino Vignato, pur ceduto a gennaio al Bologna, e si erano toccate le corde giuste dei senatori: insomma, l’impatto era stato buono.

Non si sa ancora quale sarà il destino della serie B, così come degli altri tornei di questa stagione che rimarrà – mi auguro – unica nel suo genere. Immobilizzare tutto non penso sia la cosa più giusta, specie in serie B dove una delle protagoniste, il Benevento, sta veleggiando col vento in poppa verso una meritatissima promozione.

Fare una serie A a 21 squadre però non mi pare francamente corretto, sembrerebbe una decisione “ad personam”, allargando invece a un’altra promossa la prospettiva (come evidenziato in questo mio spunto) assumerebbe ben altri contorni.

Cos’è più giusto fare in definitiva? Seguire pedissequamente l’ultima classifica aggiornata o assegnare il posto mediante i playoff?

Io opterei per questa seconda soluzione, tornando a quanto detto all’inizio riguardo l’equilibrio che sempre regna da queste parti. E che si è palesato in questa stagione in tutta la sua evidenza, come accadeva solo nel secolo scorso.

POST SCRIPTUM Sull’altra ipotesi di una serie B a 40 squadre davvero non mi voglio pronunciare!

Serie B: ecco i verdetti! Il Lecce torna in serie A! Palermo ai playoff, in C retrocede in modo rocambolesco il Foggia.

Cala il sipario sulla stagione regolare in Serie B, da adesso in poi ci sarà spazio per i festeggiamenti, le recriminazioni e soprattutto per i Playoff e i Playout.

Avvincente la corsa all’ultimo posto disponibile per la promozione diretta, che vedeva partire in vantaggio il Lecce di Liverani sulla corazzata Palermo di inizio stagione. Sul filo di lana, ma direi con pieno merito accede in A in maniera diretta la squadra salentina, in grado quindi di compiere il doppio salto in due anni dalla C alla massima serie. Era una vita che i giallorossi non frequentavano i piani nobili del calcio italiano, dopo i fasti degli anni ’80 e la stupenda stagione zemaniana di metà anni 2000.

Promozione meritatissima del Lecce in serie A

Una lunga rincorsa, il pantano prolungato della terza serie ma poi in un paio d’anni tutti gli ingredienti si sono miscelati al punto giusto: un allenatore giovane e con idee chiare (e soprattutto l’impronta di un calcio pratico quanto spettacolare), una squadra costruita con logica e il giusto mix di talento, esperienza e gioventù.

Certo, vi mentirei se dicessi che a inizio stagione avevo accreditato il Lecce come promossa in serie A (lo stesso dicasi per il Brescia, che mi ha letteralmente colpito ed entusiasmato dalla venuta di Corini in poi, meritando ampiamente la promozione anticipata in serie A), ma a conti fatti ne sono proprio felice, per quanto mostrato lungo tutto il campionato.

Giunge (solo) terzo il Palermo, cui pendono anche accuse gravi di illeciti amministrativi che potrebbero minare ulteriormente la posizione, fino a rischiare la retrocessione d’ufficio in serie C.  Peccato, perchè continuo a pensare che i rosanero siano la squadra più attrezzata della categoria, anche se molti sono stati i tentativi andati a vuoto, diverse le cadute che hanno compromesso una promozione che sembrava alla portata.

Come un anno fa, il Palermo dovrà disputare i playoff per tentare la risalita in serie A

Quarto posto per un’altra delle favorite della vigilia, il Benevento, composta da una rosa di primo livello (guidata da un’altro allenatore di quelli rampanti, come Bucchi) e che è stato un po’ incostante lungo il cammino ma che, col senno di poi, parte con i galloni di favorito in questo importante mini torneo dei playoff.  Sì, perchè i campani proprio in dirittura d’arrivo, hanno ritrovato entusiasmo, condizione e finalmente, meglio tardi che mai, un assetto definitivo.

Quinte e seste sono finite Pescara e Hellas Verona, due squadre dai destini opposti ma che spesso negli ultimi anni hanno incrociato le loro strade nel raggiungere i medesimi obiettivi (questo ha portato anche a una forte rivalità, acuita anche da motivi territoriali).

ll Pescara, reduce da una stagione interlocutoria, aveva stupito tutti nella prima parte di stagione, stazionando a lungo nelle primissime posizioni forte di un gioco anche spettacolare, per poi assestarsi in una più giusta dimensione; stessa cosa non si può certo dire per la squadra veronese, ai nastri di partenza accreditata, al pari del Palermo, come la squadra da battere, la più forte in ogni reparto.

Il campo ha detto però altro, con l’11 gialloblu mai credibile per raggiungere un posto al sole.

In realtà “un” vero undici non è mai stato individuato, complice una maxi rosa infarcita di doppioni e la “confusione” tattica del giovane mister Grosso (gratitudine eterna per il Mondiale vinto ma da allenatore deve masticare molta terra prima di arrivare a certi livelli, se mai lo farà) che hanno intristito dapprima una intera piazza, per poi allontanarla. I playoff giungono all’ultimo respiro, dopo aver dilapidato un intero campionato. Tutto si riapre, con Aglietti chiamato in extremis a cercare almeno di dare una parvenza di squadra.

Detto che, banalmente parlando, la probabile promossa uscirà da Palermo, Benevento o Verona, proveranno a dire la loro in chiave playoff anche le restanti qualificate, l’ostico Spezia di Marino e il pimpante Cittadella di Venturato. D’altronde, le sorprese sono sempre dietro l’angolo e nel loro caso si parla di realtà solide e che partono con meno pressioni rispetto alle rivali.

Rimangono fuori dalla griglia la squadra umbra e quella grigiorossa.  Il Perugia di Nesta, sempre in orbita settimo-ottavo posto ma che sul finale ha perso smalto e brillantezza, fino a rimanere fuori a mio avviso meritatamente. Stessa cosa vale per la Cremonese, che in modo clamoroso, sia per meriti propri ma anche per demeriti altrui, era tornata prepotentemente in gioco per i playoff, dopo essersela anche vista brutta a un certo punto della stagione, con lo spettro dei playout a incombere vicini. Poi Rastelli è stato bravo a riprendere in mano la squadra che, diciamolo, poteva contare su un buon organico, e alla fine rimane il rammarico per essere arrivati a un passo dalla zona “sogno”. La società è valida, ripartirà con più esperienza l’anno prossimo.

Cosenza, Crotone e Ascoli erano già salve in anticipo. I loro sono stati percorsi molto diversi: il Cosenza da neo promossa ha faticato nella prima parte di stagione, per trovare un proprio equilibrio e spiccare letteralmente il volo nella seconda parte, quella decisiva, mostrando un gioco redditizio dove non sono mancati i fulgidi talenti; il Crotone è invece stato deludente, potendo fare molto di più, a differenza dell’Ascoli che ha sempre navigato in acque tranquille, pur non vantando una rosa così ricca di individualità.

I pitagorici hanno vissuto una stagione da incubo, dopo i fasti della serie A. Avevano mantenuto l’ossatura, forte, delle passate stagioni, contavano su un allenatore esperto ma l’inizio è stato shock e non è che il prosieguo sia andato molto meglio, tra errori tecnici e societari. Un contrappasso negativo giunto dall’inaspettata retrocessione ma con la forza morale e tecnica per risalire la china gradualmente, calandosi di nuovo nei panni sporchi della cadetteria. Questo a conti fatti è un merito che va riconosciuto alla squadra. Se la Proprietà non mostrerà segni di stanchezza, penso che il Crotone potrà togliersi a breve nuove soddisfazioni.

Il Livorno ottiene l’ultimo posto valido per la salvezza, con una splendida rincorsa nel girone di ritorno. Ne ha messo di tempo però per riabituarsi alla serie B, la squadra non ingranava, con giocatori che parevano inadeguati a certi palcoscenici e risultati che proprio non venivano. Ma in fondo nemmeno le altre correvano e la consapevolezza nei propri mezzi e un pizzico di sicurezza in più ha fatto risalire la corrente, fino a ottenere risultati anche fuori portata. Salvezza meritata.

Ai playout vanno così inopinatamente Salernitana e Venezia. I primi infatti avevano ben altre mire, e se una rosa molto interessante giustificava entusiasmi, poi la mediocrità è pian piano venuta a galla e si sa che quando si entra in un vortice negativo, è difficile uscirne. Per questo appare favorito nello spareggio il Venezia che se non altro ha avuto modo nel tempo di calarsi in una realtà nuova, dopo la sbornia dell’anno scorso che l’aveva imposto come rivelazione con Inzaghi in rampa di lancio. Quest’anno però i lagunari non hanno mai convinto e a poco sono valsi i cambi in panchina.

Non è stato sufficiente l’esodo dei tifosi rossoneri del Foggia per la gara decisiva contro il Verona. I Satanelli chiudono la stagione con una clamorosa retrocessione in serie C

Stagione maledetta invece per il Foggia, con tanto di corollario da film thriller sul finale. In vantaggio a Verona, in quel momento i veneti erano fuori dai playoff e i pugliesi addirittura salvi senza passare dallo spareggio playout, visti i concomitanti risultati, su tutti quello del Venezia sul campo del già retrocesso Carpi. Invece poi ecco compiersi la frittata, con la rimonta gialloblu sul campo amico e quella dei neroverdi in terra emiliana.

Ok la penalizzazione, ok la sfortuna di un calendario ostico sul finale, ma pesano le responsabilità proprie su questo fallimento. La squadra di Grassadonia sulla carta non è certo da serie C ma proprio alcuni fra gli elementi “di nome” hanno oltremodo deluso. Non si vuole certo gettare la croce addosso a loro, ma a mio avviso potevano dare di più e non ritrovarsi a giocarsi il tutto per tutto nella partita conclusiva della stagione. Il futuro non è roseo, considerato alcuni problemi societari ma dal destino del Palermo potrebbe tuttavia aprirsi uno scenario inaspettato, con corollario playout per i Satanelli e quindi una nuova occasione in extremis per provare a mantenere la categoria. Ma la stagione dei rossoneri rimane negativa e deludente.

Erano già in C da una giornata Padova e Carpi, con i veneti che tornano mestamente in C dopo una sola stagione. Il grande e giustificato entusiasmo di un anno fa ha lasciato presto spazio alla consapevolezza che ci fosse da sudare parecchio in questo campionato, nonostante alcune buone prestazioni lasciassero presagire delle speranze. E’ mancata la mentalità in primis ma ricompattandosi c’è la possibilità concreta di ritrovarsi a festeggiare nuovamente fra un anno. Non ci sono attenuanti invece per il Carpi che, al pari del Chievo al piano di sopra, sembra aver posto la parola fine alla propria favola.

Sì, perchè in questo ultimo lustro gli emiliani, oltre allo straordinario exploit della promozione in A, avevano poi lottato con il coltello tra i denti per difendere la categoria e solo un anno più tardi erano lì a giocarsi una finale playoff per accedere nuovamente nel Paradiso calcistico. Era evidente sin dall’estate scorsa però un ridimensionamento degli obiettivi, con una rosa costruita senza grossi nomi, un allenatore esordiente assoluto a certi livelli e una girandola invernale di acquisti cessioni senza costrutto. Anche il rientrante Castori, eroe delle stagioni vincenti, è presto rimasto inghiottito nel grigiore generale della stagione. Il ritorno in C è molto mesto e bisognerà capire se forse negli anni scorsi non si sia fatto un salto troppo grande per le possibilità o se ci sarà spazio invece per alimentare nuovi sogni.

TOP

  1. Brescia e Lecce
  2. La coppia gol Donnarumma – Torregrossa
  3. Il giovane Tonali, miglior regista della B
  4. Mancosu, a 30 anni decisivo per la promozione del Lecce
  5. Gli allenatori Corini, Liverani e Bucchi

LE RIVELAZIONI

  1. Petriccione, il Modric del Salento
  2. Okereke, freccia nera dello Spezia
  3. Mancuso, mai così prolifico in serie B
  4. Palmiero, centrocampista completo e pronto per altri palcoscenici
  5. Moncini, giovane bomber assai prolifico

FLOP

  1. La quotata coppia gol del Foggia Iemmello-Galano
  2. Grosso, allenatore esonerato dal Verona
  3. La stagione del Crotone
  4. Zenga e Cosmi al Venezia
  5. La caduta rovinosa della Salernitana

 

Brescia promosso meritatamente in serie A

L’incontenibile gioia dei giocatori del Brescia al termine della vittoria contro l’Ascoli che ha significato la matematica promozione in serie A

 

 

Brescia promosso in serie A con pieno merito, e mentirei se dicessi che a inizio stagione l’avevo inserito tra le favorite per vincere il torneo. Invece, dopo l’arrivo del bresciano doc Corini le Rondinelle si sono messe a correre.

L’allenatore ha plasmato un 11 credibile, che col tempo, accrescendo in sicurezza e amalgama, si è rivelato un mix micidiale di talento, esperienza e gioventù.

Corini ha inciso profondamente nella squadra promossa in serie A. Una grandissima affermazione per lui, tornato nella sua città, sfatando l’antico adagio “nemo propheta in patria”

Bel gioco, molto offensivo e propositivo, sia che si giocasse in casa che in trasferta, risultati in serie che indubbiamente hanno infondato la giusta consapevolezza che, tutto sommato, il gran salto in A sarebbe stato possibile. 

E poi loro, i giocatori: una squadra titolare individuata quasi subito, con aggiunte calibrate in punti strategici, tipo l’esperto terzino sinistro Martella al posto di Mateju, ancora un po’ altalenante nella prima parte di stagione. Altri “vecchi” come Gastaldello e Dessena, autore proprio del gol promozione, hanno fatto più da chioccia ma sono venuti utilissimi alla bisogna.

In porta felice per Alfonso, giunto a 30 anni suonati alla sua prima affermazione importante dopo i trascorsi nelle giovanili del Chievo e delle varie under (fece anche un Mondiale under 17 da titolare).

Ottima la difesa con a destra il terzino ex Roma Sabelli, una freccia che ha imparato anche a difendere, a sinistra il già citato Martella e In mezzo l’inedita coppia formata da Romagnoli, di cui si parla pochissimo ma che non sbaglia un’annata da tempo immemore, e il prodotto locale Cistana, uno dei tanti lanciati dal mister e subito protagonista senza paura.

Sandro Tonali, talento sopraffino, un predestinato del nostro calcio. Ha guidato il Brescia da veterano, nonostante non abbia ancora 19 anni

A centrocampo un trio che si intendeva a meraviglia, con il figlio d’arte Bisoli cursore imprendibile e inesauribile, a sinistra il talentuoso Ndoj, dalla tecnica sopraffina che ormai si è ben adattato al ruolo di mezz’ala, più di qualità che di quantità, e in mezzo, a dirigere il traffico da autentico califfo, nonostante sia un 2000, il meraviglioso Tonali, di cui sentiremo parlare a lungo. Non ce ne sono al momento in Italia di centrocampisti con le sue caratteristiche. 

A fare da raccordo in maniera eccelsa tra la mediana e l’attacco, un altro dei gioielli valorizzati appieno da Corini, lo slovacco Spalek.

Infine i due frombolieri offensivi, micidiali e complementari: un Donnarumma in stato di grazia in grado di replicare la strepitosa annata in zona gol della scorsa stagione a Empoli (di nuovo promosso e di nuovo capocannoniere) e un Torregrossa finalmente esploso in tutta la sua forza dopo tanta gavetta. Estro, fantasia, corsa, tecnica e gol: un attaccante che tornerà utilissimo anche nella massima serie.

Alfredo Donnarumma si è confermato autentico fuoriclasse per la categoria. Ora si merita una chance vera in serie A, dopo averla guadagnata sul campo per ben 2 volte da protagonista

Insomma, molti nomi non erano altisonanti a inizio stagione, lo sono diventati strada facendo, confermandosi i più forti del campionato.
Ora si attende il Lecce, dopo l’inatteso ko di oggi che ha riacceso il lumicino delle speranze del Padova… i salentini si meritano la A tanto quanto il Brescia.
Nel frattempo che festeggino le Rondinelle, ai quali non posso che fare i miei più sinceri complimenti!

Super Pazzini trascina il Verona nella convincente vittoria contro il Carpi per 4 a 1

Giampaolo Pazzini non può fungere in questo Verona da “semplice” risorsa, né tanto meno essere percepito alla stregua di un problema, per un semplice motivo: un giocatore come lui, nel contesto della squadra ma anche nell’intero panorama della serie B, è FONDAMENTALE!

Non esagero quando affermo che si tratta del CR7 della categoria (curioso che si siano sbloccati entrambi ieri), perchè già il fatto che ci sia lui in campo crea scompiglio e apprensione nei difensori altrui, ne abbiamo avuto prova ieri soprattutto in occasione della splendida combinazione tra i due nuovi arrivi (di qualità) Henderson e Laribi, laddove le attenzioni degli avversari erano rivolte tutta a contenere il Pazzo, lasciando così lo spazio giusto per l’imbucata dei nostri.

Giampaolo Pazzini, autore di una tripletta (due gol su rigore, dove si conferma cecchino implacabile) nella bella vittoria contro del Verona con il Carpi

Avevo già sottolineato l’obiettiva forza tecnica della compagine gialloblu, soprattutto nell’aver allestito una rosa competitiva e profonda, in tutti i ruoli sostanzialmente, a iniziare dal centrocampo. E’ stato tutto più chiaro ieri contro il Carpi dopo i tentennamenti alla prima nel derby contro il Padova.

Il nostro quartetto a metà campo è parso davvero ottimamente assortito, con un Colombatto magistrale nel dettare i tempi con un gran piede sinistro, sempre lucido, ben posizionato, un riferimento vero per i compagni che infatti quando si sentivano pressati sapevano di contare su di lui.

Si è visto anche Henderson in ripresa dopo la falsa partenza – fu tra i peggiori nell’esordio casalingo – e non solo per lo zampino efficace in occasione del primo gol. L’idea è che possa diventare importante sia per gli inserimenti offensivi che per i ripieghi sugli avversari, essendo dotato di grande intelligenza tattica.

Zaccagni e Laribi li conoscevamo già: il primo però era quasi “dimenticato” dopo la sfortunata stagione scorsa ma le sue qualità le avevamo più che intraviste in serie B. Ieri ha garantito tanto dinamismo funzionale e molto pepe nelle azioni offensive. Laribi invece lo si conosce bene se si mastica un minimo la cadetteria, luogo dove lui rappresenta un lusso, oltre che sorta di amuleto viste le promozioni conseguite. Ha un’ottima tecnica individuale che negli anni è riuscito a incanalare al meglio e metterla al servizio dei compagni. In più sembra già un leader, per carisma, esperienza e ovviamente spessore tecnico. Si sa assumere le responsabilità, ieri lo abbiamo visto.

La difesa non è mai stata impensierita, scoccia aver preso il gol in un momento di rilassatezza; se nella prima partita si era distinto meglio, al di là del gol su magistrale punizione, il terzino destro Almici, ieri a emergere è stato il suo contraltare sulla fascia sinistra, Crescenzi, continuo per tutta la gara con i suoi su e giù per la fascia, a suon di sovrapposizioni… da tempo non si vedeva una catena di sinistra lavorare così bene.

Merito anche di Grosso che ha saputo correggere a livello tattico quelli che erano sembrati degli azzardi, consentendo appunto ai terzini di risultare efficaci negli scambi con le mezzeali, laddove all’esordio invece si trovavano davanti due ali pure con le quali per mancanza di amalgama probabilmente non si erano intesi.

Si è visto anche il forte polacco Dawidowicz, il cui enigma sul ruolo sarà meglio scovarlo in fretta, perchè in mediana pare attrezzato soprattutto per fare legna mentre in difesa, specie in una linea a 3, potrebbe risultare più decisivo e a suo agio.

Capitolo punte: ne abbiamo due da categoria superiore (oltre al Pazzo, in rosa anche il forte Di Carmine), si è capito che non giocheranno mai insieme dal primo minuto ma speriamo almeno diventino arma letale nel corso della gara, magari mettendo Laribi o il coreano Lee (attesissimo sin da ieri, io lo vedrei bene in luogo di un Matos comunque parso migliorato rispetto alla gara d’esordio) alle loro spalle.

In una partita come quella di ieri dove gli spazi siamo riusciti a sfruttarli con le azioni in velocità, avrebbe ben figurato anche Ragusa, molto deludente alla prima, ma assolutamente da recuperare, visto che il suo curriculum parla chiaro, trattandosi di un giocatore non solo di gamba come letto da qualche parte, ma anche di tecnica, che faceva bene il suo anche in serie A con il Sassuolo.

Per chiudere, chi mi legge lo sa che io sarei per schierare una formazione più vicina possibile a quella “tipo” come ce ne erano un tempo: il calcio è cambiato, le rose sono extralarge e se mi rendo conto che è meglio avere l’imbarazzo della scelta tra tanti bravi atleti; di contro però il “gruppo”, la “squadra”, si ottengono soprattutto con la costanza, con i minuti giocati insieme… l’intesa nasce con il tempo.

Ieri finalmente si è visto un possesso palla più razionale e funzionale rispetto a quello tante volte sterile del Pecchia del primo anno, una squadra padrone del gioco e del campo sin dal primo minuto, al di là della pochezza degli avversari. Alla prossima ci attende un avversario molto ostico, quel Crotone che ha tutte le carte in regola per ambire come noi al pronto rientro in serie A, e che a differenza nostra ha mantenuto appunto l’ossatura delle ultime due stagioni. Sarà un primo interessante esame di come andrà la vita del nostro Verona in questo nuovo campionato.

Quale campionato per l’Hellas Verona? Saprà di nuovo essere protagonista?

Siamo ai nastri di partenza di una nuova stagione di Serie B, e il campionato si preannuncia indubbiamente particolare e insolito.

Già, perchè mancano all’appello ben 3 compagini – e non trascurabili per importanza e blasone quali Avellino, Cesena e soprattutto Bari – e cosa più grave è che ancora non è dato sapere se il roster sarà integrato strada facendo da squadre che hanno partecipato alla “lotteria” del ripescaggio (le più accreditate comunque sono il Siena, il Novara e il Catania che in Coppa Italia ha già sonoramente sconfitto il Verona).

Fabio Grosso è atteso a una grande stagione da allenatore alla guida del favorito Verona

La squadra del nuovo allenatore Fabio Grosso è certamente accreditata dei favori dei pronostici: molte testate, anche le più prestigiose, non lesinano in iperboli come “corazzata” per descrivere la forza dei gialloblu. Eppure tutto questa sicurezza non traspare evidente presso i tifosi e parte della critica sportiva cittadina. Troppo forte lo scotto della cocente, pesantissima, umiliante retrocessione di pochi mesi fa, ancora peggiore di quella avvenuta due anni prima, che avrebbe potuto trattenere i connotati della casualità dopo alcuni convincenti campionati consecutivi. Peggiore perchè, dopo una promozione sofferta, acciuffata per un soffio e poco contestualizzata o analizzata, si è assistiti inermi a una sentenza già scritta. Ciò che non era invece scritto e forse nemmeno immaginabile nelle menti e nei cuori dei tantissimi sostenitori veronesi, è stata non solo la resa tecnica e psicologica della squadra, ma soprattutto il tristissimo teatrino messo in piedi da società e allenatore.

Di fatto, non volendo immischiarmi in dietrologie, tirando in ballo il secondo paracadute consecutivo “vinto” da Setti, questa nuova stagione sembra ripartire all’insegna della continuità – se non tecnica (anche se il profilo di Grosso somiglia spaventosamente a quello di Pecchia, concedendo tuttavia al Campione del Mondo se non altro l’assenza di spocchia connaturata all’ex allenatore di Formia) – almeno dal punto di vista dirigenziale. Rimasto in sella il direttore operativo Barresi, come direttore sportivo ci si è affidati al giovane Tony D’Amico, nome da gangster americano, per molti non a torto un figlioccio dell’ex ds Fusco. Questa cosa ha turbato non poco inizialmente l’ambiente gialloblu, atteso com’era a una sorta di repulisti generale dalle scorie della precedente gestione.

Abituato come sono a concedere a tutti la possibilità di dimostrare il proprio valore, non sono partito prevenuto nei confronti dell’attuale direttore sportivo, che con i suoi 38 anni è tra i più giovani a rivestire una carica così importante. Non me ne intendo di conti, spese et similia, non so esattamente quale fosse il suo budget (magari è pure meglio non saperlo, così non si corre il rischio di pensare male credendo che la maggior parte dei soldi siano finiti a foraggiare la casa madre Manila Grace!) e quindi mi attengo al suo operato “tecnico”.

E allora mi viene facile sostenere che la rosa a disposizione di Grosso sia in effetti una delle più forti e assolutamente in linea col pronostico generale che vede l’Hellas a fine torneo festeggiare una nuova promozione nella massima serie.

Ma che campionato sarà? Di sofferenza e angoscia come quello di due anni fa, preludio come detto della peggior stagione della storia del Verona in serie A?

E qui cominciano i primi seri dubbi…

Grosso sulla falsariga di tanti tecnici, compreso ahimè Pecchia, è tra quegli allenatori che “amano” spiazzare i rivali non impostando la squadra secondo moduli precisi, cambiando in corsa e tenendo in teoria sulla corda tutta la rosa a disposizione, senza indicare precisamente quali siano i suoi 11 principali “cavalli” su cui puntare.

Questo francamente non mi ha mai entusiasmato, non dico che si dovrebbe fare come Sarri che utilizza al massimo 13/14 giocatori, ma dare una quadra più vicina possibile al proprio credo calcistico quello sì. Che non significa giocare esclusivamente con un modulo fisso (gli anni ’80 sono finiti da un pezzo in fondo), ma dare la propria impronta, quello sì che è un requisito importante. Perchè crea sicurezza, consapevolezza, fiducia, laddove negli ultimi tempi vedevamo soprattutto confusione, anarchia, finanche straniamento negli 11 in campo.

E la squadra gialloblu, pur ricca di “materiale umano” buono, se non ottimo per la cadetteria (a scanso di equivoci vedo al nostro livello solo il Benevento, con Palermo, Crotone, Foggia, Brescia e Salernitana più giù nella griglia di partenza), appare anche purtroppo disomogenea, squilibrata nei reparti, a forte rischio di “ambiguità”, di cui francamente non si ha necessità.

Sì, il riferimento sin troppo ovvio è alla compresenza di due punte di diamante come Pazzini e Di Carmine, che presumo raramente vedremo in campo assieme dal primo minuto, e la sensazione appare sin da ora sinistra, assurda, fermo restando che da che mondo è mondo sia giusto guadagnarsi sul campo un posto al sole.

Passano gli anni ma Pazzini per la B è ancora un signor attaccante. Dovrà però vedersela con la concorrenza del forte neo arrivato Di Carmine

In porta non ci dovrebbero essere dubbi sulla titolarità di Silvestri che a detta di molti meritava qualche riconoscimento in più anche in serie A, mentre in difesa appare sinceramente arduo indovinare gli uomini giusti. E per giusti intendo prima di tutto affidabili, visto come negli ultimi anni, quello sia stato il nostro tallone d’Achille: la fragilità e la pochezza difensiva.

Caracciolo in B è una garanzia e a mio parere non ha del tutto sfigurato nemmeno nella massima serie ma al suo fianco chi inserire tra i neo arrivati Dawidowicz e Marrone (tra l’altro un cavallo di ritorno, dopo la grigia esperienza di due anni fa con Delneri alla guida tecnica)? Molto dipenderà dal modulo, laddove entrambi in realtà possono fungere anche da centrocampisti, specie l’ex juventino, nato come mediano davanti alla difesa e poi perso tra infortuni e discontinuità varie ma alla resa dei conti non un fenomeno neanche in B come visto a Bari. Ma appunto, a Bari è stato allenato proprio da Grosso, che a quanto pare l’ha rivoluto a tutti i costi, confidando nella sua piena affidabilità a questi livelli.

I terzini sono tutti nuovi (sì, si è accasato altrove anche il tanto sbertucciato Souprayen…) e quelli che sembrano avere più chances di giocarsela sono Crescenzi (perchè onestamente più esperto, oltre che abile a giostrare su entrambe le fasce) e l’altro ex barese Balkovec, piuttosto accreditato ma sinora impalpabile e apparso indietro come condizione fisica. Almici, che vanta diverse presenze in B, non ha mai dato l’idea di “esplodere” e dall’altra parte Eguelfi, buon prospetto ai tempi delle giovanili interiste e passato anche dall’Atalanta, a 24 anni è ancora un oggetto misterioso. Empereur mi colpì molto quando guidava con autorità la retroguardia della Primavera della Fiorentina ed è reduce da una fruttuosa gavetta: Verona è la tappa cruciale della sua carriera. Bianchetti lo conosciamo, gli auguro di riprendersi dal punto di vista fisico ma le ottime premesse da leader di una forte Under 21 sono ormai state definitivamente disattese.

Come molti sostengono è evidente che a metà campo abbiamo maggiore qualità (e quantità), con tante opzioni al più valide. Credo che l’unico sicuro di un posto sia Henderson, in possesso di un innato talento, mentre accanto a lui difficile capire chi si renderà maggiormente protagonista tra Gustafson, Laribi, Colombatto, Calvano, il “mal sopportato” Fossati (misteri del calcio, fu tra i migliori due anni fa), i “nostri” Zaccagni e Danzi o i già citati multiuso Marrone e Dawidowicz.

Tanta abbondanza, molteplici soluzioni ma anche il concreto rischio di perdere la bussola. Personalmente ritengo sia il miglior centrocampo di tutta la serie B in cui prevedo ci sia più spazio per Laribi – dalla carriera sinora al di sotto delle aspettative, dopo essere arrivato a giocare con merito anche in serie A col Sassuolo – e il piccolo argentino Colombatto, oltre appunto allo scozzese Henderson che come detto prima credo diventerà presto imprescindibile. Tutti però hanno la possibilità di dare molto alla causa, e mi piacerebbe trovasse la sua consacrazione anche l’enfant du pays Danzi, gettato nella mischia nel momento peggiore del campionato scorso e capace di raccogliere comunque qualche timido consenso. Importante sarà prima di tutto non bruciarlo, come purtroppo fatto con l’altrettanto promettente Checchin, poi di Tommasi ne nascono ben pochi ma almeno sarebbe auspicabile che un prodotto del nostro vivaio riuscisse a imporsi a buoni livelli (meglio se insieme a tutta la squadra ovviamente!).

Dopo aver esordito in serie A mostrando a tratti una buona personalità, il veronese Andrea Danzi saprà trovare il giusto spazio in mezzo all’affollato centrocampo del Verona?

In attacco la soluzione a due punte centrali sembra non godere dei favori del mister: questo avallerebbe la sciagurata ipotesi che uno dei big offensivi rimanga per lo più a guardare l’altro. Il “Pazzo” dovrebbe partire davanti nelle gerarchie, ma dopo l’ultima scellerata sua gestione tecnica da parte di un nostro allenatore, non si può davvero dare nulla per scontato.

Di Carmine è arrivato al suo zenit calcistico a 30 anni: mai prima d’ora aveva segnato così tanto, e Perugia è una piazza importante, quindi lo ritengo potenzialmente prontissimo a guidare da titolare il nostro attacco, dovesse essere lui il nostro centravanti designato. Le staffette sinceramente non mi convincono, un attaccante poi gioca meglio sentendosi la fiducia e dando continuità alle sue prestazioni.

Giocando presumibilmente a tre davanti, ecco che la batteria degli esterni diventa fondamentale. Non siamo numerosi in tal senso ma presi singolarmente anche qui la qualità media è abbastanza sopra la media per la serie B. In particolare l’ultimo arrivato Ragusa rappresenta un lusso per la categoria, lui che si è ben disimpegnato nelle ultime stagioni in A con il Sassuolo. Non segna molto, ma abbina sapientemente tecnica e corsa, cuore e senso tattico. Sarà molto utile alla causa, così come il forte Cissè (sembra passata un’era calcistica da quando vestì per la prima volta la maglia gialloblu nell’inferno della Lega Pro), l’estroso coreano Lee e un motivato Matos.

Questi ultimi due, parsi per lo più inadeguati in serie A, mi auguro possano trovare la loro dimensione ideale in questo campionato. Mi aspetto di più dal piccolo Lee Seung – Woo, che anche con la maglia della sua Nazionale sta dimostrando il suo valore, piuttosto che da un Matos ancora troppo fumoso sin dalle prime uscite di questa stagione. Le qualità tecniche le possiede, ma deve farsi più risoluto e regalare giocate che non siano fini a sé stesse.

La carne al fuoco c’è, ed è comprensibile nutrire alte aspettative. Non soltanto perché ci si chiama Hellas Verona, ma perché appunto la squadra è di indubbio valore. Senza gli svincolati di Bari e Cesena non so di che staremmo parlando ma va bene così: ripeto, niente dietrologie in questo post, ci sono giornalisti molto più esperti e competenti di me in materia.

Mi limito in questa sede a fare il tifoso e, come tutti, ciò che chiedo è che la squadra dimostri amalgama, voglia e soprattutto metta tutto ciò che ha in campo. Dopo una stagione fallimentare come l’ultima appena vissuta, mi pare veramente il requisito minimo.

 

Verona promosso in serie A: riflessioni di un tifoso che ha sempre creduto nella forza di questa squadra

Il Verona torna in serie A dopo un solo anno di purgatorio. Lo ha fatto strappando con i denti quel punticino che gli mancava nella trasferta di Cesena, città che 27 anni prima aveva sancito una dolorosa retrocessione in serie B e soprattutto la fine del ciclo leggendario di Bagnoli alla guida della squadra. Una promozione sì sofferta ma assolutamente meritata per i valori e la forza dei singoli giocatori, che si sono fatti “gruppo” nel momento più delicato della stagione.

La gioia incontenibile dei protagonisti gialloblu al termine dell’incontro decisivo per la serie A disputato a Cesena

La festa si è propagata a lungo (giustamente) sugli spalti del Manuzzi, dove erano presenti tantissimi “butei” gialloblu, e fuori dallo stadio, in città dove si erano radunati in migliaia per seguire da maxischermo l’ultima fatica dei propri beniamini. Già, è stata una fatica! Quella che apparentemente sembrava poter essere una cavalcata trionfale verso la riconquista della serie A appena perduta inopinatamente, si è rivelata in corso d’opera una travagliata corsa a ostacoli, più spesso disseminati dagli stessi protagonisti in campo. Sembrava infatti che ci si dovesse complicare per forza di cose una situazione che fino a novembre almeno si era fatta assai propizia. Squadra primissima, fautrice di un gioco spettacolare come non si vedeva da tempo, vittorie in serie, gol a grappoli e gli elogi incondizionati dei media e degli appassionati sportivi. Poi, inaspettatamente qualcosa si è incrinato, e le cause non saranno mai del tutto definite. A un certo punto tutto e tutti sembravano poter essere messi in discussione, società in primis, nelle figure di Setti e Fusco, l’allenatore Pecchia, inviso a una parte del tifo sin da tempi non sospetti, i giocatori, anche quelli simbolo, rei di non giocare con la massima determinazione e di non essere attaccati alla maglia.

Ciò che conta è che nel momento più critico, o comunque in quello cruciale della stagione, il mister e i giocatori si siano ricompattati (e in questo è stata abile la società a non voler mai dichiaratamente destabilizzare l’ambiente) e di conseguenza anche i tifosi, da sempre arma in più per i risultati della squadra, si sono calorosamente riavvicinati per un grande obiettivo comune.

Fabio Pecchia alla sua prima importante esperienza da allenatore dopo gli anni ad assistere Benitez, ha centrato l’obiettivo, conducendo il Verona in serie A

Pecchia, pur coi suoi limiti dettati principalmente dall’inesperienza a questi livelli e forse anche in difficoltà a convivere in prima persona con la pressione di “dover” vincere il campionato, ha mostrato sulla lunga distanza nervi saldi e la  capacità in corsa di rivedere schemi collaudati (e a un certo punto anche di rinunciare a elementi sino a quel momento imprescindibili per il suo gioco, in funzione del raggiungimento del risultato). Alla fine, ha condotto il Verona in serie A che, per quanto scontato alla vigilia, sappiamo bene che con i soli nomi non si vincono i campionati. Certo, non dobbiamo nascondere la testa nella sabbia: a un certo punto siamo stati agevolati anche dall’inatteso crollo del Frosinone, nostro principale antagonista – escludendo la sorpresa Spal – e sia benedetto quell’incontro del girone d’andata, chiuso con la nostra vittoria, altrimenti staremmo raccontando un epilogo diverso. Proprio quel vantaggio nello scontro diretto ha fatto sì che, a parità di punteggio, fossimo noi a salire in serie A, evitando le mille insidie dei playoff.

Preferisco però qui sottolineare i meriti dei nostri ragazzi, che pur dilapidando il vantaggio e non essendo stati più in grado di replicare il gioco spumeggiante dei primi 3 mesi di campionato, hanno saputo raddrizzare la barca con l’orgoglio, gli attributi (più volte invocati a gran voce dai tifosi e dalla stampa locale), la grinta e, non ultima, la qualità dei singoli, sempre determinanti nei momenti salienti. Pensiamo ad esempio a Romulo, giocatore che più volte ha fatto arrabbiare i tifosi per la sua indolenza, la voglia di strafare, la sua anarchia tattica. Il periodo di massima flessione dell’Hellas guarda caso è coinciso con il suo scadimento di forma, la sua abulia. Ma quel gol all’ultimo respiro nel derby col Vicenza è stata la chiave di volta per ripartire. La sua volée alla sinistra del portiere vicentino ha riscritto i destini del Verona e dello sconfitto Vicenza che da quel momento non ha più saputo riprendersi psicologicamente fino alla retrocessione in Lega Pro, sancita ieri sera.

Pazzini, Romulo e Bessa sono stati i giocatori simbolo della promozione, forti di una qualità tecnica da categoria superiore

Il Verona invece d’un tratto ritrovava vigore, convinzione, entusiasmo e la forza dei suoi uomini migliori, come Bessa, gran cecchino negli ultimi mesi con le sue fucilate da fuori area. L’italo brasiliano, autentica rivelazione del torneo, ha spesso rappresentato quel quid in più di qualità in mezzo al campo ma col passare dei mesi, ha smesso i panni del validissimo palleggiatore per indossare quelli del leader, abile come sempre a giostrare la palla, ma pure a rinculare sugli avversari, correre su e giù per il campo, lottare fino all’ultimo e diventando più concreto sotto porta. In A potrebbe davvero esplodere in tutto il suo talento.

Che aggiungere poi su Pazzini che già non si sia scritto ovunque? Giampaolo a 33 anni ha vissuto una seconda giovinezza, stabilendo il record di marcature personali (23), diventando capocannoniere (titolo mai messo in discussione dopo una partenza a razzo nel tabellino dei marcatori), insidiando Cacia che con 24 ancora rappresenta il massimo di reti per un giocatore gialloblu nella storia ultracentenaria del club, ma soprattutto fungendo da guida per i compagni. Il “Pazzo” si è calato totalmente nell’ambiente, in piena sintonia con città e tifosi, fino a diventarne simbolo. Si è rimesso in gioco, ha tenuto a galla la squadra anche nei momenti più bui non smettendo mai di timbrare il cartellino del gol. Un grande giocatore che, pieno di motivazioni, potrà dire ampiamente la sua anche in serie A.

Inutile infine fare finta di nulla, non sottolineando anche alcuni aspetti che si sono evidenziati in negativo nel corso della stagione, senza cercare necessariamente colpevoli. In fondo si vince o si perde tutti insieme ma certe carenze strutturali sono emerse abbastanza presto. In primis la mancanza di personalità in ruoli chiave, vale a dire quello del portiere e dei difensori. Senza nulla togliere a Nicolas, che in diverse circostanze, ci ha pure salvato la pelle, il brasiliano è parso poco sicuro alla guida di un reparto, talvolta sprovveduto, per non dire avventato in certe scelte di gioco.

La difesa, imperniata a lungo su Bianchetti, ha vacillato troppo spesso. E se all’inizio questo fatto veniva compensato dal grande apporto prodotto in chiave offensiva, poi gli alibi sono caduti, specie dopo l’innesto di giocatori come i fratelli Zuculini (spiace aver visto così poco all’opera Franco e le sue doti di innegabile trascinatore) che facevano scudo protettivo davanti alla terza linea. Il già citato Bianchetti, atteso da anni alla consacrazione, dopo i fasti dell’Under 21 con Mangia e le promesse interiste, ha mancato ancora una volta il salto, patendo spesso gli uno contro uno avversari, e girando a vuoto quando le azioni delle altre squadre si facevano arrembanti. Spesso insignito del ruolo di capitano, in assenza di Pazzini, ha finito col giocare meno sul finale di stagione, lasciando spazio al più duttile (e convincente) Ferrari e al più solido Caracciolo, difensore di categoria con pochi fronzoli. Pisano ha giocato a mezzo servizio ma raramente ha mostrato le doti messe in mostra in serie A. Souprayen è il giocatore che forse ha giocato con più continuità ma al di là di un’affidabilità emersa soprattutto nel girone di ritorno non ha mai e poi mai fatto la differenza. Un altro giocatore a lungo discusso e, a conti fatti, discontinuo, è stato Siligardi, per molta critica uno degli uomini più dell’intera serie B. La verità è che a Verona, il buon Luca solo a sprazzi ha mostrato il suo talento, perdendosi più spesso in giornate grigie, senza spunti di rilievo. Decisamente più a suo agio è parso nel ruolo a lui più congeniale di trequartista alle spalle delle punte, modulo tuttavia poco contemplato dal mister.

E’ piaciuto il fatto che abbiano dato il loro contributo, seppur a fasi alterne, giovani di buone speranze come Valoti e soprattutto Zaccagni, sorta di jolly nello scacchiere gialloblu. Hanno disputato tutto sommato una stagione positiva elementi come il vivace Luppi sulle fasce e il combattente Fossati in mezzo al campo, anche se quest’ultimo ha dato il meglio di sè soprattutto nella prima parte di campionato, quando a un certo punto pareva quasi un lusso per la categoria. Poi è rientrato un po’ nei ranghi ma non ha mai fatto mancare il suo apporto, sia in fase di costruzione che di ostruzione. Giudizio sospeso per Ganz, penalizzato oltremodo dal modulo di Pecchia che prevedeva un’unica punta centrale. Eppure il giovane attaccante, pur non mettendo mai in discussione la titolarità di Pazzini, ha saputo sfruttare le poche chances avute, mostrando indubbie qualità da bomber.

Probabilmente molti di questi giocatori non saranno funzionali al prossimo campionato da disputare in serie A, proprio per alcuni limiti emersi con chiarezza nei momenti di difficoltà vissuti quest’anno. Ma mi pare azzardato, quanto meno pessimistico, pronosticare una stagione a venire sulla falsariga del Pescara. Pecchia come Oddo, esordiente in serie A e amante del bel calcio? Ebbene sì, ma che significa? In fondo si potrebbe ricalcare anche l’esempio molto più confortante del Cagliari, squadra alla quale più volte siamo stati accostati, visto il cammino dei sardi percorso 12 mesi fa.

Ma poi alla fine sappiamo benissimo che la nostra squadra è unica, non assomiglia a nessun’ altra e quindi godiamoci questo risultato e auspichiamoci che sin da ora la società stia pensando a come affrontare in serenità la ritrovata (con pieno merito) massima serie.

Premiati i migliori della serie B 2016/2017. Ecco la top 11 del campionato

Con la serie B ai titoli di coda – ma con verdetti importanti ancora da definire dopo le sicure promozioni in A della Spal e le retrocessioni in Lega Pro di Pisa e Latina – ecco che puntuali sono giunti i riconoscimenti dei 22 tecnici delle squadre impegnate nell’edizione 2016/2017.  A Rimini infatti nella 10° edizione del “Gran Galà Top 11”, sono stati indicati i migliori per ruolo ed è stata così allestita una forte Top 11, rappresentativa senz’altro dei valori emersi in campo.

Emergenti e califfi, gente “di categoria” o autentiche sorprese sono andati a comporre questa fantastica squadra.

Il miglior allenatore dell’anno è stato Semplici, vero artefice del “miracolo Spal”, votato dagli stessi colleghi quasi all’unanimità.

il fantasista dell’Ascoli Orsolini con le sue sgroppate sulla fascia a tratti ha ricordato l’olandese Robben

Il giocatore rivelazione dell’anno è stato invece l’estroso attaccante esterno dell’Ascoli Orsolini, sicuro protagonista con l’Italia Under 20 prossima a giocarsi il Mondiale di categoria in Corea del Sud dalla settimana prossima.

Gli altri giocatori, schierati con un ipotetico 4-3-1-2, sono stati:

Cragno – portiere paratutto del Benevento, ormai pronto al grande salto. Il giovane titolare dell’Under 21 ha sfoderato reattività, sicurezza e capacità di guidare il reparto.

Lazzari – primo rappresentante di questa lista della Spal, la “bandiera” ferrarese ha disputato una stagione monstre, tra involate sulla fascia destra, ripieghi, assist, diagonali difensive, e tanta grinta, supportata da una buona qualità.

Mancini – difensore centrale emerso a Perugia dopo le promesse nelle giovanili della Fiorentina. Ha convinto tutti con la sua eleganza, la sua padronanza e il suo tempismo. Già acquistato dall’Atalanta che sui giovani sa vederci lungo.

il difensore Bonifazi, autentico protagonista della capolista Spal

Bonifazi – altra fragorosa sorpresa del campionato, l’aitante centrale spallino, ha finalmente deciso di spiccare il volo, dopo i tentennamenti alle prove col professionismo delle precedenti stagioni. Abile sia in fase di spinta che di contenimento, ha spesso e volentieri giganteggiato sugli avversari, tanto da meritarsi le attenzioni del Ct. Ventura in chiave Nazionale A.

Di Chiara – il terzino sinistro del Perugia ha saputo riscattare la delusione di un anno prima, quando perse la finalissima Play off col suo Foggia. Già allora ci si rendeva conto di avere davanti uno che meritava un’altra categoria e alla prova del nove Gianluca ha convinto tutti, fluidificando (come si diceva un tempo) senza sosta sulla corsa mancina e inanellando molti cross vincenti per gli avanti umbri.

Schiattarella – giunto l’estate scorsa alla corte di Semplici per garantire quel tasso di esperienza cadetta di cui difettavano molti compagni nella Spal, il buon Pasquale non ha tradito le attese, divenendo in breve leader in campo e sorta di braccio destro del mister che sapeva di poter sempre contare sul suo apporto.

stagione sugli scudi per il centrocampista del Perugia Jacopo Dezi, uomo in più per il tecnico Bucchi

Dezi – altro protagonista della positiva stagione del Perugia, Jacopo non è una novità tra i migliori del campionato ma quest’anno il tecnico Bucchi ha saputo tirar fuori il meglio da lui, soprattutto in fase realizzativa. Ha giocato nel cuore del campo, spesso da centrale ma poi lo vedevi in realtà dappertutto. Instancabile motorino in appoggio ai compagni ma anche dispensatore di tanta qualità.

Bessa – Finalmente è esploso secondo le sue potenzialità l’italo brasiliano che letteralmente incantò nelle giovanili dell’Inter. A Verona ha avuto subito la fiducia incondizionata di Pecchia e lui, dapprima funambolo da “tiki taka”, è divenuto guida per i compagni, sempre nel vivo delle azioni gialloblu. Quasi un lusso per la categoria.

Amato Ciciretti ha spesso e volentieri fatto la differenza nella stagione del Benevento

Ciciretti – coetaneo di Bessa, come quest’ultimo c’ha messo un bel po’ per rivelarsi nel calcio che conta, dopo le meraviglie con le giovanili della Roma. A Benevento Baroni ne ha esaltato le caratteristiche. Certe sue giocate hanno fatto strabuzzare gli occhi non solo ai suoi tifosi ma a tutti gli amanti del calcio.

il sempre verde Pazzini ha stabilito il suo record di marcature in un campionato, staccando presto i rivali per il titolo di capocannoniere

Pazzini – ha smentito i molti scettici che dopo la deludente stagione scorsa lo davano sul viale del tramonto. Invece il “Pazzo” ha letteralmente trascinato il Verona, segnando tanti gol decisivi e facendo valere la sua immensa classe. Capocannoniere del torneo.

Dionisi – grande campionato anche per l’attaccante del Frosinone. Più del compagno di reparto Ciofani ha mostrato puntualità sotto rete e continuità di rendimento.

Verona campione d’inverno in serie B: diamo i voti ai protagonisti del girone d’andata

Il VERONA ha mantenuto alle promesse estive, terminando il girone d’andata al primo posto solitario in classifica davanti alla rivale più accreditata alla vigilia, il Frosinone, tenuto a distanza di 3 punti.

Un cammino non propriamente lineare, ma in pratica condotto quasi sempre da capolista, dal momento in cui si era riusciti a superare la lepre Cittadella di inizio stagione.

Proprio il derby perso in maniera agghiacciante ha fatto da spartiacque alla prima parte di stagione gialloblu, più ancora che la sorprendente sconfitta interna della settimana precedente con il Novara, quando da imbattuti fra le mura amiche, i veronesi ne presero ben 4.

Da allora è stato un mix di partite giocate tra paura, imbarazzo, trepidazione e solo lampi del gioco fantastico, avvincente e assai redditizio (una media di quasi 3 gol a partita al Bentegodi), visti nelle prime 13 partite.

Un calcio qualitativamente senza eguali in B, con possesso palla e giocate di fino, sprazzi di talento puro in molti interpreti ed entusiasmo alle stelle.

La realtà ormai conclamata, e lo dico a ragione dopo la convincente ultima vittoria che ha chiuso il girone in casa contro il Cesena, è che “quel” Verona di inizio stagione ha nelle proprie corde prestazioni del genere, ma che purtroppo palesa pure delle lacune (che ci si augura possano in qualche modo essere corrette intervenendo a gennaio sul mercato).

Mister Pecchia ha saputo vincere la diffidenza iniziale, puntando su un calcio fatto di fraseggi, possesso palla e tanta qualità.

Mister Pecchia ha saputo vincere la diffidenza iniziale, puntando su un calcio fatto di fraseggi, possesso palla e tanta qualità.

PECCHIA, nonostante qualche detrattore proprio non lo digerisca e non gli perdoni nulla, ha mostrato invece nel momento più critico di essere anche realista, provando a vincere le gare in modo differente da come le aveva sempre impostate dall’inizio. Anche soffrendo, non solo giocando sul velluto. E questa potrebbe essere una prospettiva più consona al restante cammino che ci resta da qui alla promozione in serie A.

Per il resto personalmente applaudo al tentativo, spessissimo riuscito, di provare a fare sempre la partita, giocando nel vero senso della parola, in modo offensivo, armonioso, veloce, facendo divertire il pubblico. Questo è il calcio che mi piace e che ho sempre sperato di poter vedere anche a Verona.

Il fatto che abbiamo dilapidato un grosso vantaggio è stato in qualche modo assorbito dalla poca costanza dei nostri rivali, anche se ormai certe gerarchie paiono piuttosto chiare, così come i valori in campo. Il fatto è che in B le sorprese sono dietro l’angolo e basta davvero pochissimo per soverchiare pronostici e ribaltare statistiche.

Di seguito ecco i miei giudizi sui singoli giocatori della rosa gialloblu:

NICOLAS 6,5 – Un voto “mediano”, pregiudicato dalla prestazione sconcertante di Cittadella in primis e da alcune uscite a vuoto di troppo, in stile kamikaze. Credo che pur essendo il portiere brasiliano ancora molto giovane (specie per il ruolo stesso), non possa migliorare molto su alcuni fondamentali. Che sia spericolato, si senta sicuro in determinate situazioni e agisca con un “consapevole istinto” credo faccia parte del suo dna. Allora apprezziamolo almeno per i tanti salvataggi miracolosi, per gli interventi reattivi e per averci portato in grembo anche dei punti preziosi. Per il resto speriamo di non trovarci in finale playoff fra 6 mesi, come accaduto l’anno scorso al Trapani quando purtroppo per lui una sua “sbavatura” contribuì a regalare la promozione in A al Pescara, dopo che personalmente aveva disputato una grande stagione.

PISANO 6 – Uno come lui in B dovrebbe fare la differenza, e invece il miglior Pisano ancora non si è visto. Forse non era tra i più convinti a rimanere, questa almeno è la mia sensazione, più volte smentita fra l’altro dal giocatore. A tratti ha sì trascinato la squadra con belle sgroppate sulla destra, ma il più delle volte è parso nervoso, distratto, poco partecipe.

BIANCHETTI 6,5 – Quale sarà la dimensione vera di questo difensore da sempre coccolato dalla critica nazionale e protagonista, dati alla mano, di un importante percorso giovanile con tutte le maglie della nazionale azzurra? A 23 anni forse è presto per tirare somme ma a occhio e croce non diventerà mai un Bonucci, molto più probabile che diventi come… Ranocchia, che dello juventino era il “gemello” più talentuoso ai tempi in cui entrambi militavano nel Bari. La storia è andata diversamente e le affinità tra il nostro centrale difensivo e quello attualmente ai margini dell’Inter sono molte, secondo me, dal punto di vista tecnico.

Difettano entambi in personalità nei momenti topici, vanno in apnea anziché dare sicurezza al reparto quando la squadra è messa alle strette dagli avversari. Insomma, mica bruscoline per un difensore che ambisca a giocare ad alti livelli. Di contro occorre ammettere che spesso e volentieri in questo contesto Bianchetti abbia dimostrato di essere preciso, sul pezzo e maturato rispetto a un anno fa. L’impressione mia è che giochi meglio quando tutto il Verona viaggia in scioltezza ma che il vero perno difensivo sia il suo compagno di reparto.

CARACCIOLO 7 – Eccolo, appunto, il difensore imprescindibile della rosa. Giunto in punta di piedi ma con in realtà un robusto curriculum da giocatore “di categoria”, il buon Antonio è uno che sembra badare al sodo e soprattutto raramente si è fatto sorprendere dagli avversari. Il passato remoto da centrocampista gli ha lasciato in eredità una discreta capacità di leggere le situazioni di gioco avversario con anticipo e questo lo rende un centrale completo.

SOUPRAYEN 6 – Una sufficienza risicata e poco più per il lungagnone mancino da due anni in forza ai gialloblu. Nonostante le prestazioni siano salite di tono nell’ultimo mese, purtroppo il terzino sinistro francese raramente ha dato segni di continuità al suo gioco. Il fatto che le migliori prestazioni che gli ricordiamo siano le primissime del suo esordio in serie A non gioca molto a suo favore. Ammetto di essere fra i suoi detrattori ma dovendo scriverne in modo critico, di lui salvo l’applicazione delle ultime partite e una fisicità che spesso incute se non altro il rispetto da parte degli avversari. Per il resto non gli perdono le troppe amnesie, il giocare quasi sempre facendo il compitino e il fatto di non essere mai riuscito a sorprendermi! Dovessi proprio migliorare un reparto andrei sui terzini, poco ma sicuro.

ROMULO 7 – Un voto che rende giustizia solo in parte al grande valore individuale del giocatore. Ma appunto perché il gioco del calcio non è individuale, ecco che l’italo brasiliano ancora non è a livelli di eccellenza, nemmeno in B, categoria che gli sta senz’altro stretta. A volte eccede davvero in fughe solitarie, in azioni insistite che necessiterebbero di “viste” diverse. Ha una voglia matta di spaccare il mondo, di riprendersi le vette che aveva meritatamente raggiunto (passando proprio dall’esplosione dell’anno a Verona): la Juventus e la convocazione con l’Italia per i Mondiali in Brasile. Gli infortuni lo hanno ricacciato nell’oblio, insinuando il dubbio che fosse un calciatore finito. Sta dimostrando con i fatti che non è così, sciorinando partite da autentico campione. In altre però è abulico, sotto tono, dimesso…. E non è questo che il Verona si attende da lui per tornare in serie A.

FOSSATI 7,5 – Non una scoperta in senso assoluto, perché il ventiquattrenne gode di un assoluto credito sin da quando passò dalle giovanili dell’Inter a quelle del Milan, figurando tra i tanti “nuovi Pirlo” del calcio italiano, regista dai piedi finissimi davanti alla difesa. Da professionista aveva già cambiato diverse casacche in B, sempre dando validi contributi alla causa, specie al Cagliari, ma mai diventando protagonista. Lo sta facendo a Verona, dove è apprezzatissimo da tutti per l’immancabile impegno, la perizia, la grinta (in una squadra che nell’insieme difetta in questo aspetto) ma anche per le doti tecniche, la sagacia tattica e per alcuni colpi che ha saputo mettere in mostra. Portatore sano di cartellini gialli, in un Hellas che abbonda di piedi buoni dalla mediana in su, gli tocca fare la parte del duro che gioca sporco, ma poi è in grado di tirare fuori delle perle ancora rivelatrici della sua tecnica (vedi il suo secondo gol contro lo Spezia all’incrocio).

il fantasioso italo-brasiliano Daniel Bessa ha messo in mostra doti non comuni di centrocampista. Quasi u n lusso per la B, ha ancora tempo per puntare a consolidarsi nella massima serie

il fantasioso italo-brasiliano Daniel Bessa ha messo in mostra doti non comuni di centrocampista. Quasi u n lusso per la B, ha ancora tempo per puntare a consolidarsi nella massima serie

BESSA 8 – Che avesse tanto talento lo si sapeva da tempo, da quando ad esempio vinse con l’Inter la Youth League (allora Next Generation Series); che avesse qualità tecniche superiore alla media lo si era visto sin dai primi vagiti in casacca gialloblu, nel modo naturale di trattare la palla, di gestirla, di fare sempre la giocata giusta; che sia di passaggio in cadetteria lo si è capito altrettanto presto. Un centrocampista così figurerebbe benissimo anche nell’attuale serie A, categoria che aveva già raggiunto un paio di anni fa col Bologna prima di infortunarsi gravemente e di ripartire da Como, protagonista comunque di un’ottima stagione a livello personale, nonostante l’inopinata retrocessione dei lariani.

Daniel è un giocatore da tichi taca, da futsal, che però non eccede mai in giocate fini a sé stesse, sa anzi mettersi al servizio della squadra, gioca a testa alta, non tira indietro la gamba, è a disposizione del mister, così schizofrenico a livello tattico specie con i centrocampisti, a cui richiede sovente di cambiare posizione in campo. E così lo si è visto giocare da mezz’ala (prevalentemente), ma anche da laterale sinistro e da regista centrale, sempre in grado di dare un ottimo contributo. Il calo fisico che ha avuto nella seconda parte di stagione è coinciso guarda caso con il periodo più nero della squadra ma essere riusciti ad acquistarlo, grazie ai gettoni di presenza già timbrati, è stato certamente un grandissimo affare.

SILIGARDI 6,5 – Inutile girarci attorno, da lui ci si attende sempre qualcosa di più. I tifosi si sentono in qualche modo “traditi”, perché del giocatore tanto osannato, e che almeno in B dovrebbe fare valere una tecnica superiore, si sono viste poche tracce. Troppe volte è assente ingiustificato, quando si intristisce se non gli riesce un dribbling, se una giocata gli viene stoppata… In questo mi ricorda un vecchio gialloblu: Salvetti, anch’egli facile ai condizionamenti ma anche decisivo e importante quando invece la partita gli girava per il verso giusto. Speriamo che con un allenatore come Pecchia sempre pronto a rinnovargli la fiducia, siano più le giornate positive che quelle negative.

il Pazzo si sta prendendo la sua rivincita, leader in campo e autentico big per l'intera categoria. Già 16 gol segnati in appena 17 presenze

il Pazzo si sta prendendo la sua rivincita, leader in campo e autentico big per l’intera categoria. Già 16 gol segnati in appena 17 presenze

PAZZINI 9 – Un tocco un gol, verrebbe da dire. Statistiche alla mano non è così, e poi i numeri non mi sono mai piaciuti. Però è indubbio che Pazzini sta facendo il Pazzo! Capocannoniere in solitaria, 16 reti in 17 gare, un pericolo costante in area avversaria, un attaccante che, si sa, ha un pedigree molto diverso da un contesto simile. E allora dovrebbe essere scontato un suo exploit, tale da non fargli meritare un 9 in pagella, direte voi… Invece il bel voto tiene conto della sua determinazione, della sua leadership, della sua voglia di rivalsa confermata dai fatti e non solo in veste di parole, di aver sposato la causa ai fini del raggiungimento dell’obiettivo.

LUPPI 6,5– Tanta abnegazione, una zanzara cui piace punzecchiare sulla fascia ma soprattutto l’orgoglio di vestire la nostra maglia, l’idea che giocare per il Verona sia il coronamento di una carriera sinora vissuta ai margini del calcio che conta e giunta come premio di una carriera via via sempre in progredire. Non credo che Luppi possa ambire a di più, già nel Verona si alterna con altri interpreti e non rappresenta un top sulla fascia, però sta dando il suo valido contributo, mixando quantità e qualità.

VALOTI e ZACCAGNI 7 – Quasi senza accorgersene ci siamo ritrovati con due giocatori in squadra pronti a recitare un ruolo da protagonisti in campo. Li conoscevamo già, entrambi avevano già esordito bene in serie A, specie il primo, figlio d’arte ma così diverso dal padre Aladino, anch’egli ex gialloblu. Mattia aveva pure segnato nella massima serie ma poi l’anno scorso sembrava aver buttato via una stagione, perso tra due prestiti in B poco edificanti.

Zaccagni, invece, di due anni più giovane (è un 95) era finito addirittura in Lega Pro, dove ha contribuito alla promozione del Cittadella ma sembrava ai margini del progetto, pronto a un nuovo prestito. Sono riusciti entrambi non solo a farsi trovare pronti, quando servivano alternative al gioco, ma anche in più occasioni a essere decisivi per il risultato. Gol, buone giocate, personalità, capacità di adattarsi a più ruoli (Valoti può fare la mezz’ala, il trequartista, l’interno; Zaccagni l’interno, il regista, l’esterno, addirittura Pecchia l’ha schierato da terzino destro). Insomma, due pedine che saranno sicuramente molto utili alla causa.

Gli altri giocatori hanno avuto meno chance di mettersi in mostra e quindi mi risulta difficile dare un giudizio su questa prima parte di stagione. E’ indubbio che ci attendevamo più gol (ma forse anche più minutaggio, e probabilmente la scarsa vena realizzativa dipende in primis da questo) da GANZ. L’attaccante, figlio di Maurizio “el segna semper lu”, sembra avere il guizzo giusto e le attitudini da bomber di razza e reclama spazio (o almeno lo sta facendo il suo procuratore su pressione indiretta della Juve che ne controlla il cartellino) ma io lo terrei comunque fino a giugno. Davanti ha Pazzini e mi sa che deve solo sperare che Pecchia in alcune gare si affidi a un gioco a due punte, altrimenti dovrà farsi valere in zona gol nelle briciole che gli verranno riservate.

GOMEZ e CHERUBIN sono giocatori esperti, di sicuro affidamento. Il primo ha fatto la storia recente dell’Hellas, probabilmente farebbe comodo a molte squadre avversarie, ma ha lo spirito giusto ed è rimasto consapevole di non dover ricoprire un ruolo di primo piano nelle scelte del mister. Non sono pervenuti MARESCA e TROIANIELLO: per carità, i comprimari ci sono sempre stati, ma almeno da Enzo ci si aspetta che guidi la squadra con maggiore autorevolezza una volta chiamato all’appello. Ha sorpreso il difensore BOLDOR nella gara di chiusura vinta ieri al Bentegodi. Ha addirittura segnato di testa con un bello stacco in area ma è parso soprattutto sicuro, pratico, concreto sull’attaccante avversario, e nella fattispecie si trattava del cesenate Djuric, uno dei più pericolosi dell’intera categoria. Esame superato per lui e così in casa ci troviamo una pedina preziosa per il futuro, in un reparto anche quest’anno messo sotto accusa per i gol subiti (per fortuna in misura minore rispetto all’ultimo biennio, e ben compensati da un’esplosiva forza offensiva), alcuni in maniera piuttosto imbarazzante.

ZUCULINI da acquisto di peso si è rivelato suo malgrado il flop di stagione, collezionando pochissimi minuti e dando credito purtroppo a quello che era risaputo da due anni: un giocatore con troppi problemi fisici dovuti a infortuni e continue ricadute. Spiace perché il dna sarebbe quello del lottatore, del calciatore tipo che piace ai tifosi per spirito da guerriero, per determinazione e “cattiveria”, abbinate nel suo caso anche a buone doti tecniche, come certificato dallo splendido anno a Bologna. Speriamo da qui a fine stagione possa mettere anche la sua firma sulla tanto sognata promozione in A.

Stesso dicasi per FARES, soltanto un paio d’anni fa portato a emblema dell’ottimo lavoro del settore giovanile, con lui attaccante esterno in grado di fare sfracelli in area, con doti fisiche straripanti, un’ottima corsa e tanta personalità. In A aveva messo insieme un numero discreto di presenze e buone prospettive, pur dando l’impressione di non essere tagliato per agire da terzino sinistro. Pecchia lo aveva restituito al cuore del gioco, sin dal suo insediamento sulla panchina gialloblu, mettendolo largo a sinistra in un tridente d’attacco. Per ora Fares è quello che più ha deluso, negativo sia davanti che soprattutto indietro, dove ha peccato clamorosamente in due occasioni, fin quasi a scomparire dai radar. Il futuro è dalla sua parte (ha appena 20 anni) ma deve limare il suo comportamento, che troppe volte lo ha visto eccedere in nervosismi.

La rosa, sbandate a parte, ha dimostrato la sua forza ma il mercato di gennaio, specie considerando l’ingente bottino ottenuto dal “paracadute” dello scorso anno, potrebbe puntellare alcuni reparti di giocatori “di categoria”, magari andando a pescare proprio dalle dirette avversarie.