SANREMO 2023 – commento sui verdetti finali per ogni singolo artista

A meno di 48 ore dalla fine di questa ultima edizione del Festival di Sanremo, quando i commenti “a caldo” dovrebbero essere terminati, vado a raccogliere queste mie ultime impressioni generali, attenendomi alle sole canzoni – che del contesto già molto si è parlato – e commentando, oltre che il valore in se delle stesse, il loro piazzamento in graduatoria.

(nella foto, tratta dal sito del Corriere della Sera, il trionfatore del Festival di Sanremo 2023 Marco Mengoni)

  1. MARCO MENGONI – essere vincitori annunciati non sempre porta al risultato che tutti si aspetterebbero, eppure il buon Marco, in testa dopo la prima esibizione, primo nella classifica generale, vincitore della serata cover, così come del premio per la miglior composizione assegnato dall’orchestra, alla fine non poteva proprio lasciarsi sfuggire la vittoria finale. Ha interpretato il suo brano in maniera impeccabile, nel solco dei classici sanremesi, modernizzando appena la proposta dal punto di vista musicale. Tanto è bastato, e dopo aver visto le percentuali finali dei cinque che si sono contesi il Festival, in effetti non c’era niente di cui rimanere sorpresi.
  2. LAZZA – l’asso pigliatutto della stagione precedente si conferma alla grande su questo prestigioso palco, portando un pezzo magari diverso da come ci aveva abituati, senza per questo finire per snaturarlo. I fans apprezzano e così pure la platea di ascoltatori che forse non lo aveva tanto familiare. Podio che avevo previsto, forte soprattutto – al di là che appunto il suo fosse un nome in auge – di una canzone in grado di arrivare dritta in faccia al pubblico.
  3. MR.RAIN – per me la vera sorpresa del Festival: il rapper che smette certi panni per riscoprirsi portatore di un bel messaggio di speranza, corroborato da un efficace coro di bambini. Onore anche alla poco ricordata Federica Abbate, una delle migliori autrici pop che da anni, pur essendo ancora molto giovane, lavora un po’ nell’ombra al servizio di vari colleghi ma che mi auguro trovi presto la sua dimensione anche come cantante. Nel frattempo di nuovo complimenti a Mr.Rain per aver coinvolto emotivamente tante persone, aggiudicandosi un onorevole terzo posto, poco accreditato alla vigilia.
  4. ULTIMO – il quarto posto in una qualsiasi competizione non sarebbe un cattivo risultato (fossimo in un campionato di calcio, staremmo parlando di qualificazione in Champions League), eppure è innegabile che ci si aspettava un Ultimo in grado di competere fino all’ultimo lo scettro del favorito Mengoni. Nonostante la levata di scudi del pubblico, che lo ha facilmente issato al secondo posto durante la terza serata, il brano ha finito per non convincere appieno i giurati e gli ascoltatori, me compreso che continuo a pensare che questa sua “Alba” non fosse al livello di altre sue canzoni che ben conosciamo.
  5. TANANAI – una bellissima sorpresa la sua, lontana dalla proposta scanzonata (per non dire sguaiata) di dodici mesi prima: stavolta Tananai conferma il lato romantico emerso con la super hit “Abissale” e ci presenta una storia d’amore dai tratti commoventi, riferita a ciò che sta vivendo il popolo ucraino. Promosso a pieni voti.
  6. GIORGIA – a un certo punto pensavo potesse rappresentare il più fragoroso flop della kermesse, alla fine invece la brava cantante romana fa il suo, lambendo la top five, ma è chiaro che da lei, super big della musica leggera italiana, di ritorno al Festival dopo vent’anni e oltre, ci si attendeva qualcosa di più. La canzone, per niente brutta occorre dirlo, suscita invero poche emozioni, nonostante abbia calcato maggiormente la performance col passare delle serate, imprimendo più pathos. Troppo poco però per provare a insediare i rivali nella corsa al titolo.
  7. MADAME – la giovane ex trapper si conferma alla grande al Festival continuando il suo percorso di crescita che la sta trasformando in un’artista tout court. “Il bene nel male” a mio avviso non eguaglia “Voce” ma ne conferma il talento di autrice e ne valorizza ancora di più quello di performer. Anche i primi detrattori mi pare che in parte si stiano ricredendo, perché ormai è lampante che di talento la ragazza ne abbia a grandi dosi.
  8. ROSA CHEMICAL – altra rivelazione di questa edizione è questo artista camaleontico che è riuscito a emergere e a colpire il grande pubblico, al di là di una canzone accattivante e allo stesso tempo “furbetta”, per la sua ironia e la sua spontaneità. Speriamo continui un percorso artistico che potrebbe rivelarsi interessante, scongiurando così il rischio di trasformarsi in una macchietta.
  9. ELODIE – molto apprezzata per doti extra musicali (ci mancherebbe!), queste stesse però rischiano di oscurarne in parte le qualità musicali e artistiche in generale, che si sono lasciate intravedere anche in questa edizione, in cui ha portato un brano godibile e ottimamente interpretato, ma senza quel quid in più per aspirare a qualcosa che andasse oltre la posizione alla fine assegnata.
  10. COLAPESCE E DIMARTINO – i due cantautori siciliani confermano il loro valore facendo incetta di premi speciali (quello della Critica intitolato a Mia Martini e quello della sala stampa intitolato a Lucio Dalla) e accarezzando per un attimo la vetta, la prima sera che si erano esibiti. Pur meno irresistibile di quella “Musica leggerissima” che li aveva imposti su questo palco due edizioni fa, tra atmosfere seventies (con echi velati di Battisti) e parole ficcanti anche con “Splash” hanno fatto centro.
  11. MODA’ – dopo una partenza shock, alla fine sono risaliti in classifica, sfiorando una top ten che però sarebbe stata forse troppo visto che, al di là di una tematica particolare e poco consueta a queste latitudini e interpretata col solito trasporto, Kekko e compagnia non hanno rischiato alcunché, non discostandosi da uno stile consolidato che però ormai pare alquanto superato.
  12. GIANLUCA GRIGNANI – attendevo con trepidazione il ritorno di Grignani in un contesto così importante, desideroso com’era di rilanciarsi a livello artistico dopo un periodo di appannamento e, al netto di qualche imprecisione vocale dettata dalla forte emozione con cui ha connotato la sua esibizione (e sono giuste le attenuanti, visto il tema autobiografico) direi che la prova si può dire superata. Al punto che a mio avviso meritava un riconoscimento ufficiale, almeno per il miglior testo.
  13. COMA_COSE – miglior testo che invece hanno finito per aggiudicarsi i Coma Cose, che per quanto abbiano emozionato anche me (d’altronde chiunque abbia un cuore non poteva rimanere indifferente a una canzone che parla di una crisi d’amore!) a livello narrativo non hanno certo presentato il loro campionario di citazioni, neologismi e giochi di parole che a inizio carriera li contraddistinguevano. D’altronde sarebbero stati poco funzionali al messaggio da lanciare in questa struggente “L’addio”. Mi auguro tuttavia che non smarriscano del tutto le proprie peculiarità in favore di un pop mainstream che ormai li ha accolti a braccia aperte.
  14. ARIETE – al netto di qualche tentennamento iniziale, poi superato in scioltezza col passare delle esibizioni, la giovane cantautrice nativa di Anzio ha portato sul palco dell’Ariston se stessa, con un brano intenso e dal buon ritornello, che ne ricalca altri per tematiche e stile presenti nel suo fortunato debutto discografico. Promossa.
  15. LDA – devo essere onesto, non mi convinceva nemmeno ad Amici e il mio giudizio su di lui non è cambiato dopo questa precoce esibizione sanremese. Certo, ha tutto il tempo dalla sua parte (essendo un 2003 era il più giovane artista in gara) per trovare un suo stile personale, nel frattempo questa canzone l’ho trovata invero deboluccia e poco ispirata, eppure sospinta fino al quindicesimo posto dal fedele pubblico a casa.
  16. ARTICOLO 31 – come molti delle mia generazione, anch’io mi sono fatto coinvolgere a livello emotivo dal rientro in pista degli Articolo 31: indubbiamente mi ha fatto molto piacere rivedere J.Ax e Dj. Jad di nuovo insieme su quel palco, sereni e felici nel mettere in scena la loro storia. Poi però mi vien da pensare che il loro tempo sia in effetti passato, visto lo scarso appeal fatto registrare dal verdetto delle giurie e dal pubblico a casa.
  17. PAOLA E CHIARA – effetto nostalgia riuscito parzialmente invece per le sorelle Iezzi, che pure attendevo di rivedere affiatate e pimpanti sul palco. Belle lo sono ancora, la loro “Furore” però non mi ha suscitato granchè emozione, le ho viste cristallizzate a scimmiottare se stesse, con tanto di balletto ammiccante alle spalle per quella che però, rispetto alle loro scintillanti hits dei tempi d’oro, è una canzone di serie B. Peccato.
  18. LEO GASSMAN – piazzamento finale un po’ ingiusto per il giovane virgulto di casa Gassman, che aveva colpito sin dalla prima serata con un brano finalmente consono (scritto da Riccardo Zanotti, deus ex machina dei Pinguini Tattici Nucleari) e che era riuscito a fare suo in modo brillante, levandosi quella patina di classicità. Non ha demeritato ma la strada per affermarsi appare ancora lunga, deve trovare una sua dimensione artistica, qualcosa che lo faccia risaltare, perché là fuori la concorrenza è altissima.
  19. MARA SATTEI – è passata un po’ sottotraccia la sua partecipazione nonostante una certa attesa, dovuta oltre al suo personaggio in forte ascesa nei gusti del pubblico anche al fatto che il brano era stato realizzato dal fratello ThaSup e da Damiano dei Maneskin. L’interpretazione però non è stata così spiccata, con lei parsa un po’ “piccina” sul palco dell’Ariston. Avrò modo probabilmente di rifarsi in altri contesti, intanto però questa mi sa di occasione mancata.
  20. COLLA ZIO –  li ho trovati insignificanti, lo ammetto. Ok il piglio e la freschezza, ma sia da un punto di vista del testo che della musica non ho trovato niente che mi abbia colpito, soprattutto se penso che alcuni li avevano accostati a Lo Stato Sociale e ai Pinguini Tattici Nucleari. Invece a conti fatti, persino i Kolors del buon Stash al loro cospetto sembrano dei giganti.
  21. CUGINI DI CAMPAGNA – abbasso i pregiudizi. I Cugini di Campagna, complice anche La Rappresentante di Lista che ha ben confezionato il pezzo, hanno fatto una gran bella figura presentando un brano arioso dall’ incisivo ritornello, senza tanti fronzoli se non per gli immancabili costumi che ne hanno mantenuto intatta l’immagine col passare dei decenni. Bravi
  22. GIANMARIA – dei sei giovani promossi direttamente fra i Big è quello che più mi ha convinto, nonostante qualche incertezza superata col passare delle esibizioni. Gianmaria secondo me ha talento, si vedeva anche a X Factor, deve variare ogni tanto il registro però, altrimenti le sue canzoni finiranno un po’ tutte per assomigliarsi.
  23. LEVANTE – la vera delusione del Festival, guardando il piazzamento, è proprio la cantautrice siciliana arrivata in gara con grandi propositi ma forse poco capita dalle giurie. Il brano in verità non mi aveva colpito molto, se non per il trasporto autentico con cui lo canta, ma insomma mi aspettavo di più.
  24. OLLY – spiace essere cinici, che non mi si addice, ma mi è sembrato un Dargen D’Amico in tono minore e “Polvere” un brano scanzonato ma senza la giusta personalità per emergere.
  25. ANNA OXA – la posizione è molto severa ma bisogna ammettere che la Oxa ha fatto poco per evitarla. La canzone ha un suo valore, sia narrativo che musicale, ma è interpretata in maniera davvero eccessiva, con la Nostra sopra le righe e concentrata molto su se stessa e poco nel comunicare con gli altri.
  26. WILL – caruccio e genuino ma anche lui fagocitato dalla macchina Sanremo… ha un suo seguito fuori dal Festival, ma non so effettivamente quanta fortuna potrà avere questo brano, che mi pare assai poco coinvolgente.
  27. SHARI – avevo avuto modo di apprezzare Shari a Sanremo Giovani e credo che già qualche anno fa avesse il brano giusto per accedere in gara, ci è arrivata direttamente da “Big” dimostrando però quanto la strada da fare sia ancora lunga. Mi è sembrata a conti fatti la più carente, per il brano portato (nonostante lo zampino di Salmo) e per come l’ha cantato.
  28. SETHU – vale quanto già detto per gli altri giovani portati prematuramente da Amadeus tra i Big. Magari hanno le loro qualità (Sethu se non altro lo potevi distinguere per stile e look) e faranno successo un domani ma qui sono sembrati mandati allo sbaraglio senza molto supporto. Non è questo il modo migliore per farli emergere, occorre quanto meno ripristinare la categoria delle Nuove Proposte, perché il rischio di bruciarsi è molto alto. Di Mahmood passato dai giovani direttamente a vincere Sanremo non ne nascono molti.

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Sanremo Story – “Vorrei incontrarti fra cent’anni” (1996)

Il decennio dei novanta, specie nella sua prima parte, va annoverato come quello del grande successo di pubblico per il Festival di Sanremo, che trovò in Pippo Baudo un grande condottiero.

L’ultima sua edizione consecutiva fu quella del 1996, prima di ritrovarlo in sella qualche anno più tardi nel nuovo millennio. Ad aggiudicarsi la quarantaseiesima edizione con la ballata Vorrei incontrarti fra cent’anni fu una valorosa coppia di artisti, formata da Ron e Tosca, quest’ultima in gara tra le Novità quattro anni prima.

Il loro duetto a un primo ascolto può suonare canonico, ma in realtà il tema è assai suggestivo, un amore che prevarica il tempo e lo spazio, divenendo così eterno. Il brano sa arrivare diritto al cuore dell’ascoltatore, con un testo che presenta degli interessanti tratti poetici (con alcuni richiami a Shakespeare), ed è permeato da un’atmosfera romantica e struggente, alla quale contribuisce indubbiamente l’interpretazione appassionata della cantante romana.

Le voci dei due protagonisti si amalgamano in maniera perfetta e il tasso emozionale si innalza notevolmente nella seconda parte: insomma, una vittoria meritata quella di Ron e Tosca, che rimarrà però a lungo offuscata da una pesante accusa di combine. Secondo molti infatti i veri vincitori dovevano essere Elio e le Storie Tese, gruppo rivelazione giunto secondo tra tante illazioni.

Tuttavia, agli annali va giustamente questa raffinata perla che è riuscita a superare la prova del tempo, mantenendo inalterata a distanza di più di 25 anni la sua eterea bellezza.

Sanremo Story – “Destinazione Paradiso” (1995)

Gianluca Grignani si era già fatto notare con la morbida ballata La mia storia tra le dita nelle selezioni novembrine che davano accesso alla gara fra le Nuove Proposte e sarà proprio quel battesimo di fuoco sul palco dell’Ariston nell’edizione del ’95 a consacrarlo al grande pubblico.

Il suo esordio sanremese con Destinazione Paradiso per molti rappresenta un’autentica folgorazione: bello e dannato, dal piglio ribelle e in possesso del giusto carisma per arrivare a bucare lo schermo, da subito opterà per una forte proposta musicale, lontano dai clichè di certa musica leggera italiana all’epoca imperante.

Accompagnato dal suo produttore Massimo Luca, la cui intro chitarristica rimarrà impressa nella memoria collettiva, Grignani interpreta in modo intenso e naturale un testo tardo-adolescenziale (l’autore, al periodo ventiduenne la scrisse prima di compiere 18 anni) dai tocchi poetici, nel quale velatamente ci si riferisce a un’idea di suicidio.

Il Paradiso del titolo diventa così destinazione agognata per raggiungere la pace e una certa stabilità interiore.

Il successo del brano, un fulgido pop che si mantiene aggraziato nonostante la tematica, non sarà limitato al solo Sanremo (arriverà sesto in un’edizione in cui a trionfare saranno i Neri per Caso) ma diverrà straordinario, traghettando l’album omonimo ben oltre i confini italici, attestandosi su due milioni e più di copie vendute.

Il primo accecante bagliore di un talento forse mai pienamente espresso.

Sanremo Story – “In amore” (1995)

Nella quarantacinquesima edizione del Festival di Sanremo, Anno Domini 1995, c’era un’inedita coppia che suscitava la giusta curiosità e che ben presto si sarebbe guadagnata i favori dei pronostici, quella composta dal veterano Gianni Morandi e dall’esordiente (a questi livelli perlomeno) Barbara Cola.

Se del primo si conosceva a menadito tutta la vicenda artistica, essendo da sempre tra i maggiori beniamini del pubblico festivaliero (nella sua ultima partecipazione, datata 1987, aveva letteralmente trionfato in trio con Ruggeri e Tozzi con Si può dare di più), della giovane interprete che l’avrebbe affiancato si sapeva ben poco, se non che fosse la sua corista.

La tanta distanza a livello di percorso, oltre che anagrafica (Morandi aveva già spento cinquanta candeline, lei da poco compiuto 25 anni) era stata infine del tutto cancellata una volta che le sublimi voci dei due si incontrarono sul palco.

L’affiatamento e l’intesa infatti tra i protagonisti parve sin dalle prime note evidente e tangibile, per quella che era a tutti gli effetti un’ode amorosa (sin dal titolo) con tutti i crismi.

Canzone sanremese fino al midollo (scritta da Duchesca e Bruno Zambrini), con accorati versi che si richiamavano e cercavano a mo’ di incalzante dialogo, In amore aveva tutte le carte in regola per ambire a una vittoria (sulla quale nessuno avrebbe gridato allo scandalo) ma, complice il clamoroso exploit della giovane Giorgia (che trionferà con Come saprei) si dovette accontentare del secondo gradino del podio.

Sanremo Story – “Portami a ballare” (1992)

Nel 1992 Luca Barbarossa è ormai alla stregua degli habituè della rassegna sanremese: dopo l’esordio nel 1981, è stato in gara altre tre volte e i tempi sono ormai in teoria maturi per una piena affermazione su questo prestigioso palco.

La marcia di avvicinamento al bersaglio grosso si era arenata quattro anni prima sul punto più basso del podio ma, a conti fatti, la sua L’amore rubato aveva il solo neo di figurare nella stessa competizione con canzoni divenute poi immortali quali Emozioni dell’eterno secondo Toto Cutugno e la vincente Perdere l’amore di Massimo Ranieri.

Eppure, ai nastri di partenza della quarantaduesima edizione del Festival di Sanremo, i favoriti d’obbligo parevano altri, su tutti la rediviva Mia Martini che però si dovette accontentare della seconda piazza.

Già, perché sarà proprio il buon Luca stavolta a sbaragliare la concorrenza grazie alla delicatezza e alla forza intrinseca di un brano genuino, intimo e dalla disarmante dolcezza come Portami a ballare, dedicato dal cantautore alla madre.

E’ a lei infatti che rivolge quell’affettuoso invito, e il ballo diventa un pretesto per stare vicini, guardarsi negli occhi e confidarsi sulla vita trascorsa insieme ma che poi inevitabilmente ti porta pure incomprensioni e lontananze.

Ma la canzone è soprattutto una fotografia dell’oggi, di un rapporto madre/figlio ormai maturo, dove può essere anche quest’ultimo a doversi occupare di lei nel momento del bisogno: “Ciao mamma, ciao/Domani vado via/Ma se ti senti troppo sola/Allora ti porto via”.

Sanremo Story – “La forza della vita” (1992)

Il cantautore fiorentino Paolo Vallesi che nel 1992 si appresta a debuttare tra i Campioni è in piena ascesa. Solo l’anno prima si era imposto nella kermesse sanremese in gara fra le Nuove Proposte con la profonda Le persone inutili, dai connotati sociali, e in seguito le vendite del suo primo album si erano fatte copiose.

Non appariva fuorviante quindi inserire anche il suo nome tra i papabili vincitori alla vigilia della quarantaduesima edizione del Festival.

Ci andrà molto vicino, giungendo infine terzo (ricalcando così pari pari il percorso del collega concittadino Marco Masini) ma la sua La forza della vita si fisserà istantaneamente nell’immaginario dei tanti ascoltatori, colpiti dal significato evocativo del brano (scritto da Vallesi con il noto paroliere Beppe Dati).

E’ una canzone di speranza, un’esortazione alla persona amata a non mollare, a non lasciarsi sopraffare dalle difficoltà e dalla disperazione, perché è proprio in quei momenti che la vita si dimostra più potente di ogni cosa.

Non dobbiamo quindi pensare a un pezzo triste, tutt’altro, e difatti musicalmente siamo in territori pop, che raggiunge le sue vette nell’arioso ritornello.

Al di là del risultato, era in fondo facile prevederne un successo su larga scala, tanto che, spinto dal brano sanremese in questione, l’album omonimo che lo contiene seppe raggiungere il primo posto in classifica, risultando tra i più venduti dell’anno, con felicissime escursioni in America Latina, dove tuttora è un classico.

Sanremo Story – “Via Margutta” (1986)

Il romano Luca Barbarossa esordisce appena ventenne al Festival di Sanremo nel 1981, dopo aver vinto l’anno precedente a Castrocaro, all’epoca viatico sicuro per approdare poi in riviera.

La prima testimonianza sanremese del cantautore, amante del folk americano, è assolutamente degna di nota, con l’ispirata dedica alla sua città Roma spogliata (con cui si classificherà quarto). Dopo cinque anni, in cui la sua crescita artistica è stata graduale ma promettente, lo ritroviamo in gara con un’altra canzone intimista dai forti connotati territoriali, indice di un legame forte, inscalfibile con la Capitale.

Via Margutta nel titolo omaggia l’omonima strada cittadina, scenario ideale che induce il protagonista a una serie di riflessioni di natura personale (e non solo), fino all’indimenticabile ritornello in cui si lascia andare al ricordo, invocando l’amata con toni nostalgici e affidandosi a struggenti versi quali: “Amore vedessi/Com’e’ bello il cielo/A via Margutta insieme a te/A guardarlo adesso/Non sembra vero che sia lo stesso cielo/Che ci ha visto soffrire/Che ci ha visto partire”.

Nonostante le tante buone frecce al proprio arco (un’efficace melodia, un testo non banale e l’orecchiabile ritornello) il brano si classificò nelle retrovie (solo diciottesimo su ventidue partecipanti) ma il tempo saprà essere galantuomo, riscattando il deludente risultato in gara, tanto che a distanza di 35 anni Via Margutta, diventato dopo il Festival un successo, è tuttora uno degli episodi più amati del suo repertorio.

Sanremo Story – “Noi, ragazzi di oggi” (1985)

All’inizio della trentacinquesima edizione del Festival di Sanremo, nel 1985, tra i Big in gara desta molta curiosità il nome di Luis Miguel, teenager messicano che in America Latina sta mietendo successi dall’età di undici anni.

Figlio d’arte, sembra a tutti gli effetti un predestinato quando lo vediamo muovere i suoi primi passi sul palco dell’Ariston. La naturalezza e la disinvoltura con cui si fa portavoce, a non ancora quindici anni compiuti, del mondo adolescenziale, stupisce tutti, con una canzone pensata e realizzata apposta per essere generazionale.

Scritta da Toto Cutugno e Cristiano Minellono (stessa coppia vincente di autori dell’evergreen L’italiano), presenta i crismi dell’inno, sia per la musica (a tratti epica e ridondante) che per un testo che mette in evidenza rivendicazioni e speranze di tanti ragazzi che a metà degli anni ottanta vogliono guardare con fiducia e ottimismo al futuro, alla ricerca di un proprio spazio in cui affermarsi.

E di sicuro ad affermarsi di lì a poco fu proprio l’enfant prodige Luis Miguel, giunto secondo in classifica (dietro ai veterani Ricchi e Poveri con un brano tra l’altro che porta la firma dello stesso Minellono) ma che insieme al talento nostrano Eros Ramazzotti saprà entrare nel cuore di milioni di telespettatori.

Per un po’, sull’onda dell’exploit sanremese, il nome di Miguel divenne molto familiare in Italia, ma poi la sua carriera si dipanerà soprattutto in America Latina dove a tutt’oggi è considerato l’artista di maggior successo di tutti i tempi.

Sanremo Story – “Una storia importante” (1985)

Nel 1985 Eros Ramazzotti si appresta a salire per la seconda volta consecutiva sul palco dell’Ariston, stavolta in gara tra i cosiddetti Big, dopo aver sorpreso e conquistato tutti l’anno precedente tra le Nuove Proposte con l’intensa Terra promessa.

La sua esibizione di Una storia importante è pertanto tra le più attese. Ha un viso e un look giovane, d’altronde non ha ancora compiuto ventidue anni, ma il piglio è più sicuro e lui pare maggiormente a suo agio, in tal senso il canto in playback (consuetudine di quegli anni di rinascita del Festival) aiuta a non far trasparire emozione.

Il brano ci mette pochissimo ad arrivare al pubblico, forte com’è di una scrittura incisiva che cattura perfettamente lo spirito del suo interprete. Coadiuvato da due autori di rilievo come Adelio Cogliati (a lungo suo stretto collaboratore per i testi) e Piero Cassano, Eros tratteggia i dubbi esistenziali comuni a tanti suoi coetanei alle prese con la paura di crescere, quella che ti fa evitare una storia importante, parafrasando il titolo.

Viene davvero facile identificarsi in versi così asciutti e sinceri (dove il protagonista non rifugge le proprie responsabilità), la musica poi è molto incalzante, fino al ritornello in cui ci si lascia andare al desiderio e al rimpianto.

Una storia importante arriva sesta in gara, ma prepara il terreno al boom dell’anno successivo, e si attesta sul milione di copie vendute, mietendo successo anche all’estero. E’ nata una nuova stella nel firmamento della musica leggera italiana.

Sanremo Story – “Non voglio mica la luna” (1984)

La trentaquattresima edizione del Festival, nel 1984, segna il ritorno dopo ben sedici anni dalla sua prima volta in veste di conduttore, di Pippo Baudo.

Sono anni in cui la rassegna sanremese sta rialzando decisamente la testa dopo un periodo di riflusso e anche il cast allestito per l’occasione appare di prim’ordine, tra Big e Nuove Proposte (dove a trionfare tra i giovani sarà Eros Ramazzotti).

Si aggiudica la vittoria, annunciata alla vigilia, l’affiatata coppia formata da Al Bano e Romina Power, giunti secondi due anni prima, ma ad emergere fragorosamente sarà la giovane interprete emiliana Fiordaliso, alla sua terza partecipazione consecutiva.

Non voglio mica la luna sembra sin dalle sue prime battute una canzone perfettamente cucitale addosso dagli autori Luigi Albertelli, Enzo Melepasso e Zucchero Fornaciari.

Fiordaliso la fa sua con naturalezza e la giusta sfrontatezza, si lascia trascinare dalla dirompente melodia pop rock e ci trasmette appieno le sue istanze di donna in cerca solo di un rifugio sereno per poter stare con la persona amata. La bellezza e l’importanza delle “piccole” cose a dar forza ai rapporti, i gesti semplici da condividere, sono aspetti messi in luce, e così l’affermazione nel titolo diventa di linguaggio comune.

Piazzatasi quinta in gara, Fiordaliso ottiene uno straordinario successo (anche all’estero), viatico di una carriera che la vedrà protagonista per il resto del decennio in questione.

Non voglio mica la luna è a tutti gli effetti uno degli evergreen della musica leggera italiana.