Da tempo sul mio blog non dedicavo articoli a una delle mie più grandi passioni, quella per il calcio. D’altronde la realtà ha preso il sopravvento e anzi, proprio lo sport più amato del mondo è stato uno degli ultimi baluardi a resistere, continuando imperterrito in condizioni proibitive a dir la verità, mentre tutto attorno stava dilagando un’epidemia e si iniziava a faticare a tenere il conteggio delle morti.
Riguardo al Covid-19 e all’impatto che sta avendo sulle nostre vite scriverò probabilmente più nello specifico in un altro post, limitatamente alla mia esperienza, giacché si tratta di un argomento davvero complesso, e di informazioni spesso frammentarie, se non divisive, ne arrivano da più parti, basta accendere la tv per esserne letteralmente bombardati. L’epidemia ha stravolto tutto, ha interrotto delle esistenze, rovinato sogni e distrutto famiglie, togliendo in alcuni casi la speranza; in diversa gente ha acceso invece la rabbia e incentivato la voglia di uscire, in primis da questa situazione in cui in molti ci sentiamo costretti. Ma, ripeto, se avrete voglia di leggermi, ne parlerò in un’altra occasione, qui mi limiterò a soffermarmi in maniera del tutto leggera su una questione legata al calcio, altro settore giocoforza stoppato. Nello specifico andrò a rendere omaggio alla stagione, ahimè parziale, che stava disputando la squadra per cui tifo, vale a dire l’Hellas Verona, ponendo attenzione sul percorso individuale delle singole componenti in gioco (quindi allenatore, calciatori e società).
Da amante di questo sport, che seguo da quando sono bimbo in modo assiduo e che negli anni mi ha visto anche occuparmene da più angolazioni, mi dispiace ovviamente che il tutto si sia fermato ma credo veramente che il futuro del campionato sia l’ultimo pensiero allo stato attuale. Ho mia moglie che lavora in ospedale, in un reparto covid, quindi tutti i giorni mi sento raccontare dell’evolversi di una situazione generale che, nonostante vada via via migliorandosi, è però in verità molto critica, con l’emergenza sanitaria che ancora non si può definire conclusa. Per questo dico che il pallone, come altre cose, non siano preminenti in questo momento, se non per l’aspetto economico, che però sappiamo bene riguardare tutti i settori, soprattutto i piccoli artigiani, quelli sì messi purtroppo alle strette dallo stop improvviso delle attività.
Fatto sta che, apprestandomi a fare delle semplici considerazioni da tifoso, mi rammarico moltissimo che proprio sul più bello il campionato del Verona si sia arenato, quando la squadra di Ivan Juric (che si stava dimostrando condottiero con i fiocchi e con i controcoglioni), da tutti data in agosto per sicura retrocessa al termine del torneo, si stava rivelando al contrario dei pronostici come l’autentica rivelazione della serie A.
Credo però che questo sia un sentimento comune a tutti i tifosi di quelle squadre che si stavano ben disimpegnando per raggiungere i propri obiettivi… pensiamo ad esempio alla Lazio, all’Atalanta, a Lecce e Genoa appaiate in lotta per non retrocedere, o allargando l’obiettivo guardiamo al Benevento e alla sua incredibile cavalcata verso la serie A, o scendendo ancora (ma solo di categoria) che dire degli straordinari campionati di compagini quali il Monza o la Reggina? Ma, a parte ciò, con praticamente un terzo dei campionati ancora da giocare, nessun verdetto era stato di fatto deciso, e tutti i giochi in fondo erano ancora aperti.

Uno scorcio dello stadio Bentegodi, con la curva gremita e festante che, al solito, non ha fatto mancare il suo sostegno alla squadra in questo campionato.
Voglio però tornare sul Verona e stilare le mie pagelle ai protagonisti della stagione in corso, ammettendo che, dal mio punto di vista (e sottolineo nuovamente lo dico con un briciolo di amarezza visto che stavamo assistendo al più bel campionato dei gialloblu da un sacco di anni a questa parte) sarebbe opportuno chiudere anzitempo il torneo, non so se assegnando o meno titoli e piazzamenti.
I playoff potrebbero essere una soluzione straordinaria, anche se non mi entusiasmano, mentre iniziare con forse 3-4 mesi di stacco equivarrebbe a farne un campionato diverso, senza tenere conto di tutte le implicazioni legate inevitabilmente al virus: in uno sport di contatto fisico la vedo sinceramente complicata una possibile ripartenza a breve, per non dire della tristezza di giocare a porte chiuse. Meglio guardare avanti alla prossima stagione quindi, sperando davvero che le cose possano migliorare e che presto quello che stiamo vivendo tutti sia solo un ricordo lontano.
Veniamo finalmente al senso di questo articolo, che è quello di porre in luce quei giocatori che stavano facendo un campionato eccezionale, e nel farlo mi avvalerò di questo “strumento” da molti odiato: le pagelle!
Ovviamente nessuno si erge a portatore della verità assoluta, il mio è solo un tentativo di inquadrare sinteticamente la stagione del singolo giocatore, attenendomi ovviamente a sensazioni personali ma corroborate dalla mia onestà intellettuale che prescinde dal fatto che scriva per un giornale, un sito o semplicemente per il mio blog, senza in questo caso vincoli di spazio o di questioni legate al risultato o agli umori del momento. Voto che ovviamente andrò a esplicare poi nel dettaglio. Buona lettura!
L’ALLENATORE IVAN JURIC 9
L’allenatore croato è il vero artefice del campionato rivelazione dell’Hellas Verona, inutile girarci attorno. Giunto in estate tra lo scetticismo della piazza, unita nel voler appoggiare e seguire Aglietti, il tecnico che ci aveva regalato inaspettatamente la più rocambolesca delle promozioni dopo i playoff, ha saputo conquistare tutti giorno per giorno. Nel farlo è stato sicuramente aiutato dai risultati ma è innegabile che a garantire il binomio perfetto con l’ambiente e i tifosi sia stato il suo modo di rapportarsi, di lavorare soprattutto sul campo (oltre che sulla testa dei giocatori), di stare lontano dai riflettori nonostante col tempo ci sia finito comunque, perchè la sua fama è arrivata presto anche altrove, con editorialisti, giornalisti, scrittori che si sono ritrovati a scriverne le gesta, conquistati dalla sua aura da indomito condottiero. Un uomo fine e coriaceo al tempo stesso, sagace ma senza volerne fare una virtù o un vezzo, e in questo ricorda da vicino il mitico, inarrivabile Osvaldo Bagnoli, maestro di poesia applicata al calcio e pragmatismo.
Non sono un tecnico, ma il suo è stato indubbiamente anche un capolavoro sportivo, laddove ha saputo “indottrinare” (termine odioso, lo so, ma nel suo caso calzante a pennello, visto come i ragazzi lo seguono in campo) un gruppo che aveva bisogno non solo di fiducia, ma anche di disposizioni chiare, di qualcuno che li aiutasse a rendere al meglio. Ecco, la cosa che più mi ha colpito e piaciuto di questo allenatore sul quale mi verrebbe da puntare a occhi chiusi per il futuro, è proprio la sua capacità di tirar fuori il meglio dai proprio uomini, non solo le qualità tecniche ma anche l’orgoglio e le motivazioni più profonde, sapendo toccare le corde giuste. Ognuno in campo sembra davvero dare quel quid in più. Tatticamente Juric ha sempre impostato il Verona imperniandolo su una difesa a 3, unico baluardo insostituibile, con a sostegno due esterni fissi a centrocampo, assolutamente funzionali al suo gioco mentre si è sbizzarrito dalla mediana in su, facendo ruotare molto le posizioni dei trequartisti che si sono rivelati tutti col tempo dei potenziali falsi nueve, visto che di partita in partita il suo modulo si è delineato come un 3-4-2-1 privo di un vero centravanti di ruolo. Se il tutto non è stato un capolavoro, ci è andato molto vicino. Insomma, teniamocelo stretto se possibile, pur considerando onestamente che, se c’è un tecnico che può ambire a una carriera a grandi livelli, quello è proprio Ivan Juric.
MARCO SILVESTRI 7,5
Il portierone gialloblu alla sua prima vera stagione da titolare in serie A si sta dimostrando tale, cioè un “portierone”. Scusate la considerazione tautologica ma davvero Silvestri, già tra i protagonisti più positivi della tribolata stagione scorsa, culminata tuttavia in modo trionfale, ha sempre infondato sicurezza all’intero reparto, toppando raramente (capita comunque anche ai più grandi portieri) e mostrandosi sicuro, reattivo e in possesso della giusta personalità per guidare il reparto. Umile e non di facili proclami, anche fuori dal campo si è rivelato un bravo ragazzo e questo per me è un valore aggiunto. Ovviamente anche per lui si sono affacciate le sirene di mercato ma mi auguro possa rimanere a difendere i nostri pali ancora a lungo, o almeno mi accontenterei ci fosse nella prossima stagione.
AMIR RRAHMANI 8
Pronti, via e il difensore kosovaro si è presentato subito per le sue qualità: attento, coriaceo, affidabile, fisicamente prestante e a tratti insuperabile. Tutte qualità che lo hanno imposto come uno dei difensori più forti dell’intera serie A, e sul quale si è formata la fila dei pretendenti. L’ha spuntata il Napoli che già a gennaio ce lo aveva strappato, creando i presupposti per un’importante plusvalenza. Non è il mio campo e se è giusto ammettere che fosse inevitabile una sua cessione, mi spiace che questa sia avvenuta così in fretta. Ovvio, col senno di poi è stato lungimirante – oltre che fortunato pur nelle circostanze avverse della situazione contingente – il presidente Setti a venderlo per tempo. Rrahmani nel Verona ha sempre giocato centrale di destra nel terzetto predisposto da Juric ma nella sua Nazionale – dove è capitano – figura stabilmente in mezzo in una difesa a 4. In tutto il campionato lo avrò visto in difficoltà una volta sola, i suoi errori si contano davvero sulle dita di una mano.
MARASH KUMBULLA 8
Tocca sostanzialmente ripetere in soldoni quanto scritto a proposito del suo compagno di reparto Rrahamni, con la differenza che Kumbulla, orgoglio gialloblu, essendo cresciuto nel vivaio e da qui lanciato direttamente con successo e senza esitazioni in prima squadra, ha sei anni in meno del compagno, essendo nato nel 2000. E proprio (anche) in virtù di ciò, Marash si è fatto notare, visto che col solo Tonali (altro autentico campioncino, fiorito a Brescia), è l’unico millennial che è riuscito a imporsi così in fretta in serie A, oltretutto in un ruolo assai delicato come quello di difensore centrale. D’altronde le sue qualità sono sotto gli occhi di tutti: concreto, attento, veloce, con un grande senso dell’anticipo, un ottimo stacco di testa (che c’ha portato in dote punti preziosissimi!) e una personalità spiccata a scapito dell’età verdissima che però nel suo caso non si traduce mai in “arroganza”, qualunque accezione si voglia dare al termine. Voluto da mezza Europa, questo stop ha un po’ frenato le trattative e c’è la concreta eventualità che il ragazzo rimanga con noi per dare continuità a questa “mezza” stagione, dico così nel suo caso perchè è stato anche alcune settimane fuori per infortuni. Quando era disponibile però è sempre stato titolare inamovibile nelle retrovie, giocando per lo più centrale ma adattandosi in modo un po’ inaspettato, lo ammetto, anche sul centro sinistra, sfoderando prestazioni straordinarie come quella contro la Juventus dove è stato baluardo insuperabile.
KORAY GUNTER 7
Il meno celebrato del terzetto arretrato, ha sempre goduto di poca considerazione, credo ancora per quegli errori a inizio stagione che hanno pesato qualcosa in termini di punti, pensando a un paio di rigori da lui causati. Detto ciò però sarebbe assurdo, oltre che tremendamente ingiusto, non evidenziare i suoi costanti miglioramenti, la sua applicazione, la sua capacità di tradurre sul campo i dettami di un allenatore che l’ha fortemente voluto, memore del suo passaggio al Genoa quando il turco-tedesco pareva in rampa di lancio. Gunter ha solo 26 anni e mai come quest’anno a Verona sta dimostrando le sue qualità, da difensore moderno, con buona visione di gioco, reattivo e che compensa con l’ intelligenza tattica e la tecnica (ottima per un difensore come lui) quelle che sono alcune carenze fisiche. Non è del tutto gialloblu, come gran parte della rosa attuale d’altronde, ma ci sono concrete possibilità che venga confermato anche per la prossima stagione.
DAVIDE FARAONI 7,5
Arrivato alla soglia dei 30 anni, Marco Davide Faraoni finalmente è sbocciato in tutto il suo strabordante talento, da giocatore a tutta fascia, ruolo in cui attualmente ha pochi rivali in Italia, considerando che il tecnico Mancini gli sta preferendo giocatori dal pedigree migliore a livello di carriera ma non sempre superiori sul piano squisitamente tecnico. Sì, perchè il laterale romano sta finalmente mostrando con continuità quelle che sono qualità da sempre riconosciutegli: la forza, il grande atletismo, la velocità, la capacità di inserirsi e di partecipare all’azione, tutte componenti che ai tempi delle giovanili della Lazio e dell’Inter parevano evidenti e connaturate, salvo poi faticare a farle emergere alla prova del campo da professionista. A Verona ha trovato l’ambiente ideale, essendo uno dei pochi fra l’altro uscito indenne dal tourbillon tattico cui aveva sottoposto tutti Fabio Grosso nella sua esperienza sulla panchina gialloblu un anno fa. Certo, il cambio di ruolo a un certo punto era capitato anche a lui, provato con alterne fortune da interno di centrocampo ma è bastato pochissimo a Juric per riportarlo dove gli è più congeniale, padrone assoluto della fascia destra, con il pallino di qualche gol ancora in canna. Anche su di lui sono puntati i fari di diversi club blasonati, Roma e Inter su tutte, e in entrambi i casi sarebbe un ritorno a casa, ma anche Verona ormai è diventata molto più che una città adottiva, è quella in cui si è affermato come un giocatore da serie A a tutti gli effetti.
SOFYAN AMRABAT 8,5
In una squadra rivelazione, se devo indicare la rivelazione per eccellenza il mio pensiero va per primo a lui, il centrocampista marocchino, cresciuto calcisticamente in Olanda, che ci ha messo qualcosa come 10 secondi per entrare nel cuore dei tifosi gialloblu. Tale è stato il suo impatto sul terreno di gioco, con Amrabat a correre a perdifiato su ogni pallone, rincorrendo avversari a getto continuo, con uno strapotere fisico che sembrava subito evidente. Poteva essere la classica rondine che non sempre fa primavera, invece gara dopo gara ha legittimato il suo posto da titolare, con prestazioni spesso devastanti, come i suoi strappi in mezzo al campo, i suoi tagli improvvisi, le sue corse, i suoi recuperi, i suoi appoggi intelligenti ai compagni, la sua leadership indiscussa in coppia col più navigato compagno di reparto Veloso, col quale si completa meravigliosamente, componendo una delle coppie migliori della serie A. Gli manca solo il tiro (e un pizzico di tecnica, giusto dirlo) per essere all’altezza dei fuoriclasse nel ruolo. Già ceduto a gennaio, dopo interessamenti diffusi da parte di tanti club, si è accasato un po’ a sorpresa alla Fiorentina dove avrà modo di crescere ancora, con margini che al momento non sono tanto preventivabili. Credo che nel suo caso la condizione atletica sia fondamentale per rendere al meglio ma sarebbe sbagliato immaginarlo come giocatore solo di sostanza. A Verona è stato molto di più in questi mesi, una goduria per gli occhi.
MIGUEL VELOSO 7,5
Uno degli uomini simbolo del Verona, uno dei fidi scudieri di Juric che lo ha conosciuto ai tempi del Genoa e lo ha voluto subito nella sua avventura in riva all’Adige. Per molti Veloso era un giocatore, non dico finito, ma ormai “vecchio” o quanto meno sul viale del tramonto, dopo aver dato il meglio di sè proprio nell’avventura genoana, oltre che in Nazionale dove, a fianco di un certo Cristiano Ronaldo si è tolto delle enormi soddisfazioni, su tutte la vittoria dell’Europeo 2016 giocando da titolare in mezzo al campo. Niente di cui stupirsi, poichè al portoghese è stata sempre riconosciuta una tecnica individuale sopra la media, che però Miguel ha sempre preferito mettere al servizio delle squadre in cui ha giocato. A Verona, in un contesto tecnico sicuramente più povero, ha saputo invece da subito spiccare, svettando su tutti con il suo sinistro delizioso, in grado di disegnare traiettorie perfette, di innescare i compagni, finanche di finalizzare (ed è successo più volte, specie ad inizio stagione, quando mettere fieno in cascina si è rivelato assolutamente fondamentale, se non vitale calcisticamente parlando). Ha patito, come gli capita spesso, dei guai fisici e, complice anche l’età che veleggia verso i 34 anni (li farà l’11 maggio, giorno del mio compleanno, concedetemi la nota autobiografica), la sua presenza in campo è stata dosata egregiamente da Juric, il quale ha capito presto che su di lui poteva contare a occhi chiusi. Veloso è stato più volte il capitano della squadra, complici le numerose assenze per vari motivi del capitano designato Pazzini, e si è sempre mostrato totalmente all’altezza del ruolo, un giocatore davvero irrinunciabile per Juric e praticamente l’unico della rosa con determinate caratteristiche. Non è mai stato un fulmine di guerra a livello fisico (poco importa, corre Amrabat per lui) ma il suo sinistro è qualcosa di magico.
DARKO LAZOVIC 7,5
Il giocatore venuto a Verona, già nazionale serbo, è forse quello che ha reso di più se proporzionato al poco clamore con cui è stato salutato il suo ingaggio (a parametro zero, giusto sottolinearlo). Sembrava un altro di quei “colpi” alla Juric (assecondato dal ds D’Amico), fido calciatore dell’allenatore che lo aveva oltremodo apprezzato negli anni trascorsi assieme a Genova, sponda rossoblu. Un calciatore di valore che, se non sembrava prematuramente sul viale del tramonto (in fondo deve ancora compiere 30 anni), era visto come un incompiuto, lontani com’erano i tempi in cui seppe emergere da giovanissimo nella blasonata Stella Rossa. Insomma, sembrava che il periodo di maggior rendimento fosse già alle spalle. Invece Lazovic si è dimostrato assolutamente un grande colpo (togliamo pure le virgolette!), padrone assoluto della fascia sinistra (e qui apro una parentesi, visto che quasi tutti si aspettavano che si contendesse il posto con Faraoni sulla destra e che di conseguenza l’altra fascia fosse sguarnita, invece io mi ricordavo benissimo come lui fece la sua miglior stagione genoana con Juric proprio da esterno sinistro). Il serbo è un moto perpetuo su quella parte di campo, che copre per intero, non stancandosi proprio mai (e infatti gioca praticamente sempre!): sa abbinare egregiamente come pochi altri qualità e quantità, crea superiorità, spesso fa pendere le sorti della gara dalla sua fascia, e ne indirizza gli esiti con i suoi guizzi, gli assist al bacio, le serpentine… insomma, “tanta roba”, per usare un’espressione che non sopporto ma che ben si addice nel suo essere stringente ed efficace a spiegare il grande campionato del nostro laterale.
MATTIA ZACCAGNI 7,5
Ex enfant prodige delle giovanili dell’Hellas, è davvero confortante che finalmente proprio a Verona Mattia stia esplodendo mettendo in mostra tutto il suo talento e dimostrando che in serie A può starci alla grande. Ivan Juric ne ha fatto un titolare, pur alternandolo talvolta nel doppio ruolo di trequartista/falso nove con i vari Verre (soprattutto), il polivalente Pessina e l’ultimo arrivato, l’assetato Borini. Zac però ha caratteristiche che lo rendono unico nello scacchiere gialloblu: nato centrocampista centrale (giocava in coppia con Donsah nella Primavera del Verona), da professionista per le sue qualità tecniche è stato presto avanzato, con Pecchia e Grosso che preferivano confinarlo maggiormente sulla fascia, o largo in un tridente offensivo. Lui ha sempre fatto la sua parte ma forse non ha mai sentito la piena fiducia, o meglio non si è mai sentito un vero titolare e così, complici anche alcuni infortuni, non si era ancora del tutto affermato. Juric ha puntato subito su di lui, ricavandone un centrocampista con licenza di attaccare gli spazi, di creare superiorità numerica con i suoi dribbling sullo stretto, e ogni tanto di concludere. Ecco, Zaccagni deve ancora migliorare nella concretezza, nella scelta di alcune soluzioni durante i momenti topici delle gare, ma raggiunto quello step, allora vorrebbe dire che saremmo di fronte a un campioncino bello che finito. A breve compirà 25 anni e ha tutto il tempo davanti per ambire a conseguire dei buoni risultati in carriera e, perchè no?, diventare magari una nuova bandiera del Verona. Intanto, tornando alla più stretta attualità, una vittoria molto più importante l’ha conseguita fuori dal campo, avendo sconfitto il coronavirus che lo aveva colpito a inizio pandemia. Forza Mattia, riprenditi il tempo perduto!
MATTEO PESSINA 8
Il giovane centrocampista, di proprietà dell’Atalanta che l’ha mandato a Verona in prestito, è in possesso di doti tecniche superiori, su questo non ci piove. E’ il classico giocatore destinato a una carriera importante, in squadre di vertice così come in Nazionale, dove credo sarebbe arrivato al termine di questa stagione, magari dopo gli Europei, se si fosse andati avanti regolarmente. Siccome tutto è stato stravolto, coltivo ancora la speranza che Matteo rimanga con noi un altro anno, anche se in realtà non lo penso: è poco credibile che l’Atalanta faccia l’errore di cederlo. Sembrava timido nelle sue prime apparizioni in gialloblu, anche se già nella trasferta di Lecce il suo impatto fu decisivo, così come il gol vittoria che fece nel secondo tempo. E’ diventato via via insostituibile, una presenza silenziosa, di quelli che magari non noti molto in campo ma che garantiscono sempre la prestazione; oltre a ciò, il talentuoso classe ’97 si è mostrato assolutamente duttile, un vero tuttocampista, capace di giocare da interno – ruolo ideale -, da mediano difensivo, da regista al posto di Veloso (l’unico che secondo Juric gli si avvicina per qualità tecnica), da trequartista, fino al finto centravanti (ruolo indefinito quest’ultimo ma diventato in realtà il marchio di fabbrica del tecnico). Sempre e dovunque Pessina ha dato un grande contributo, confermando finalmente quelle promesse che gli amanti del calcio giovanile attendevano da tempo, visto che il calciatore monzese ha attraversato con successo tutti i passaggi in maglia azzurra, giocando da protagonista ad esempio in un’edizione del Mondiale Under 20, con ltalia giunta terza e sconfitta solo in semifinale dai futuri campioni dell’Inghilterra.
VALERIO VERRE 7
Grande promessa ai tempi delle giovanili della Roma, Valerio Verre, classe 1994, non era mai riuscito a trovare la giusta continuità in serie A, mostrando solo a sprazzi quel talento che gli viene riconosciuto da più parti, specie dai tanti tecnici che sinora lo hanno allenato. Che fosse bravo era sotto gli occhi di tutti, eppure in pochi – verrebbe da dire nessuno, se escludiamo Alessandro Nesta che lo allenò l’anno scorso a Perugia, ricavandone in cambio un rendimento più che brillante – gli hanno concesso fiducia. Juric però sin dal ritiro estivo aveva speso parole d’elogio per lui, considerandolo a ragione di caratura superiore a livello squisitamente tecnico. Poi sarebbe toccato a lui dimostrare sul campo di confermare le parole al miele dell’allenatore croato. Sin qui il cammino di Verre è stato un po’ altalenante ma di certo positivo, con il romano abile a giostrare in più posizioni, compresa quella fatidica di centravanti atipico, elemento chiave dell’11 gialloblu. Le sue caratteristiche tecniche sono ben diverse da quelle dei corrispettivi pari ruolo, visto che Verre è un trequartista “di posizione”, votato più a costruire il gioco, visti i trascorsi da regista. La sua visione di gioco, il senso tattico spiccato, il passaggio filtrante sempre in canna, sono solo alcune delle caratteristiche maggiormente emerse in tutta la sua pienezza nella sua esperienza in gialloblu. Ci sono dei difetti ancora da limare, in primis la continuità di rendimento non sempre garantita, una certa componente caratteriale che si manifesta solo a tratti. Gli viene imputato di non essere troppo “cattivo” in certi frangenti, di preferire il fioretto alla spada ma tutto sommato il suo contributo alla causa lo sta dando, anche in termini di gol. Nemmeno lui come tanti, troppi, della rosa attuale, è di proprietà del Verona, essendo in prestito dalla Sampdoria, ma sarebbe molto utile provare a trattenerlo.
GLI ALTRI PROTAGONISTI
Ecco, a conti fatti, Juric si è affidato a un 11 base, scegliendo suppergiù questi giocatori per delineare una squadra in grado di dire la sua in un campionato mai come quest’anno così equilibrato. La sua intuizione, maturata in estate, è stata quella di “scegliere” una formazione titolare sulla quale far ruotare di volta in volta gli elementi della rosa. Il vero nocciolo della questione è stato, come sottolineato più volte, la mancanza di attaccanti adatti al suo gioco, constatazione che lo ha indotto a tagliare la testa al toro, rinunciandovi di fatto e optando appunto per il falso nueve. Eccezioni ce ne sono state, con l’utilizzo dall’inizio di un vero terminale offensivo, a partire dal titolare designato, il centravanti Stepinski, fino al giovanissimo talento Salcedo e al redivivo capitan Pazzini, senza dimenticare l’eroe dei playoff Samuel Di Carmine; proprio quest’ultimo con alterne fortune è quello che maggiormente ha vestito i panni del primo riferimento offensivo. Forse con l’arrivo di Borini si stava iniziando a delineare una nuova gerarchia, visto l’ottimo impatto dell’ex rossonero ma di fatto anche lui pare rendere al meglio nell’intasata posizione di trequartista. Juric ha comunque saputo dare spazio a (quasi) tutti gli elementi della rosa, alcuni dei quali hanno mostrato di non far rimpiangere i titolari quando chiamati in causa. Anche questo è uno dei segreti dell’ottima stagione del Verona, sospesa ricordiamolo quando i gialloblu si trovavano nella parte sinistra della classifica, di più: a giocarsi a pieno diritto un posto per l’Europa League.
Ecco quindi di seguito il mio giusto tributo anche agli altri protagonisti che hanno contribuito, seppur in misura molto minore, al bellissimo esito (parziale) di questo campionato 2019/2020 (esclusi quei giocatori ceduti a gennaio, i quali, a parte forse il solo Tutino, sembravano fuori dal progetto).
Mi spiace molto in questo articolo parlare al passato, come se il torneo fosse già concluso ma a mio parere non ci sono proprio i presupposti perchè questo possa riprendere.
SAMUEL DI CARMINE 6,5
Non ha mai lesinato l’impegno sul campo l’attaccante di Firenze, lo abbiamo visto lottare all’interno dell’area di rigore contro difensori fortissimi e svariare sul fronte offensivo come vuole il mister; lui che, al pari di Pazzini, sarebbe il classico attaccante di rapina, abile a sfruttare il primo errore degli avversari. Gli è successo anche quest’anno in serie A qualche volta e i gol sono una gioia che ha regalato ai suoi tifosi e anche un po’ a se’ stesso, visto quanto ha atteso di potersi confrontare sui palcoscenici della serie A dopo i fasti ottenuti in cadetteria. Nonostante ciò, il Verona sembra ormai aver trovato la sua quadratura con un’impostazione tattica diversa ma la cosa importate è aver capito che su Di Carmine ci si può contare. Il suo obiettivo era di arrivare in doppia cifra, sarebbe stato comunque difficile ma in una stagione così bella niente sembrava in effetti precluso a priori.
GIAMPAOLO PAZZINI 7
Il voto può apparire esagerato, viste le poche presenze effettive, ma anche giocando poco il Pazzo ha dato un buon contributo, sia sotto rete (il mestiere lo sa fare ancora benissimo!) sia adattandosi a più di 35 anni a seguire dettami tattici per lui nuovi. La leadership poi è connaturata in lui, divenuto ormai un vero beniamino del Bentegodi, assurto a vero simbolo della squadra. D’altronde campioni come lui non ne sono passati poi tantissimi nella nostra storia e Giampaolo piace a tutti anche per non aver mai fatto polemica, per aver saputo compattare il gruppo in questi anni nei periodi più difficili, per l’estrema disponibilità, il carattere, l’attaccamento alla maglia e l’amore dimostrato a sua volta per la città e il popolo gialloblu.
PAWEL DAWIDOWICZ 6,5
Forse qui sono stato un po’ strettino, lo ammetto subito a scanso di equivoci, perchè la stagione del difensore polacco – più volte da me criticato nello scorso campionato – è stata oltremodo sufficiente, più vicina al 7 che non al 6. Pawel con tanta umiltà si è rimboccato le maniche dopo aver capito che il posto da titolare non sarebbe stato suo. Ha però compreso allo stesso tempo che dei tre dietro era il primo sostituto, quello che fra i panchinari dava più garanzie a Juric. In effetti, salvo qualche sbavatura – la prima capitata proprio a inizio campionato, con lui espulso nel primo quarto d’ora di gioco dopo aver causato un rigore: come dire, esordio shock – ha risposto sempre presente, denotando dei sensibili miglioramenti a livello difensivo.
MARIUSZ STEPINSKI 6
Il sei per il buon Mariusz è di stima, decidendo di premiare se non altro l’impegno mai fatto mancare. Volendo invece semplificare, la sufficienza l’ha raggiunta per “quel” sigillo durante la partita contro il Torino. Che poi, cavoli, il suo gol ha rappresentato una rimonta pazzesca e una delle gioie più intense della stagione per come si era messa la partita, ma per valutare positivamente il campionato dell’attaccante polacco (unico esborso di rilievo della società in fase di mercato estivo, giunto oltretutto al fotofinish) è davvero troppo poco. Non è servito nemmeno l’altra rete segnata nella gara contro la Spal, la seconda consecutiva rimasta poi l’ultima, per dargli i galloni da titolare. E’ evidente come Stepinski non abbia le stimmate del campione ma ciò non toglie che da lui era lecito attendersi di più.
FABIO BORINI 6,5
Era appena arrivato ma il suo impatto come già accennato è stato ottimo, sia per gol – importanti ai fini del risultato, il primo al suo debutto ha pareggiato i conti con il Bologna in trasferta – che per le prestazioni. Non gli affibbio un 7 pieno proprio perchè abbiamo poche “prove” sul campo, ma più che sufficienti in fondo per confermare che a questa squadra può davvero dare molto, sia in termini di qualità che di personalità. Per questo occorre fare uno sforzo e cercare di acquisirne il cartellino, lui che è in prestito dal Milan. In un mercato prossimo che forse ci depotenzierà, ripartire dalle certezze odierne può essere una chiave di volta importante per riprendere da dove ci siamo fermati. E su Fabio si può a quanto pare mettere la mano sul fuoco.
EDDIE SALCEDO 6,5
Anche nel caso del giovane talento Eddie Salcedo, protagonista delle varie selezioni azzurre, il voto appare un po’ fuorviante, perchè per quanto fatto vedere e soprattutto per le sue potenzialità, il 7 sarebbe stato più appropriato. Però anche l’ex Inter (e Genoa, insomma lo zampino di Juric che l’aveva lanciato in prima squadra in serie A quando non aveva ancora 16 anni, c’è anche stavolta) ha giocato poco, causa infortuni e un fisiologico periodo di ambientamento. Ha messo in mostra però doti da attaccante vero, nelle movenze, nel tiro, nel sapersi smarcare, nelle giocate, soprattutto nella “testa”: per essere un 2001 è già due passi avanti a tanti suoi coetanei.
Non mi sento invece di dare dei giudizi ai rimanenti giocatori che completano la rosa ma che hanno obiettivamente avuto scarso minutaggio, chi per un motivo o per l’altro. Si tratta del difensore brasiliano ALAN EMPEREUR, spesso titolare lo scorso anno in B, dei giovani laterali CLAUDE ADJAPONG e FEDERICO DIMARCO (entrambi nel giro della Nazionali giovanili, il secondo con Pessina nel già citato Mondiale Under 20 disputato nel 2017), dell’esperto SALVATORE BOCCHETTI (titolare designato ma spesso frenato dagli infortuni, uno dei leader carismatici dello spogliatoio, voluto da Juric con cui aveva giocato al Genoa), dello sfortunatissimo nazionale ghanese EMMANUEL BADU, fermato a inizio stagione da un grave problema di salute e tornato in seguito a vedere il campo a piccole dosi, del neo arrivato a gennaio VALENTIN EYSSERIC e del talento di casa ANDREA DANZI, uno che deve necessariamente accumulare esperienza ma su cui la società punta molto. Completano la rosa i portieri BORIS RADUNOVIC e ALESSANDRO BERARDI, e il promettente MATTEO LOVATO giunto a gennaio dopo aver ben figurato nella sua prima stagione tra i “grandi” a Padova in serie C. Senza dimenticare i tanti elementi della formazione PRIMAVERA che stanno disputando un’ottima stagione in campionato (con la speranza concreta di tornare in Primavera 1, dopo essere stati a lungo primi a inizio stagione), oltre ad aver raggiunto clamorosamente (ma con pieno merito) una storica finale di Coppa Italia da disputarsi contro la forte Fiorentina, purtroppo in data da destinarsi sempre ovviamente per cause di forza maggiore legate alla diffusione del coronavirus. Alcuni di loro si stanno già affacciando alla prima squadra e sono sicuro che Juric li terrà bene in osservazione. In tanti sarebbero da citare, mi limito qui a segnalare quello che mi sembra più pronto (e più bravo) di tutti: il difensore mancino Destiny Udogie, classe 2002, già splendido protagonista con l’Italia al recente Mondiale Under 17 che l’ha visto imporsi negli insoliti panni del centrocampista interno di sinistra, lui che tra i piccoli gialloblu viene impiegato principalmente da terzino sinistro. Chissà quanto potrà migliorare, e con lui il capitano della Primavera Lucas Felippe, il bomber Adama Sanè (media di un gol a partita in campionato!), il trequartista Jocic ex Stella Rossa, la freccia offensiva Amayah o il centrocampista Mattia Turra, sotto la guida sapiente dell’allenatore croato.
LA SOCIETA’ 8
In tutto ciò, merita un plauso anche la società il cui voto è un 8 pieno per quanto fatto nel corso della stagione, con il capolavoro (vero) di affidare la panchina a un tecnico come Juric sul quale c’erano molti più dubbi che sensazioni positive a inizio campionato. E’ stato un bel rischio, c’è da dire, specie alla luce di quanto bene aveva fatto il suo predecessore Aglietti, capace di raccogliere i cocci di una squadra in bilico tra la catastrofe e il filo tenue dei playoff presi per i capelli. Hanno visto bene però il presidente MAURIZIO SETTI e il direttore sportivo TONY D’AMICO, risoluti nel voltare pagina contro il parere di tutti, e concedendo al neo allenatore il giusto spazio anche in fase di mercato, laddove investendo poco o niente si è riusciti insieme ad allestire una squadra che stava veleggiando ben oltre l’obiettivo dichiarato della salvezza, il massimo veramente su cui in estate era lecito e realistico puntare, facendo tra l’altro un volo pindarico. In tanti, bisogna ammetterlo, non solo gli addetti ai lavori e i media, davano l’Hellas Verona per spacciato: anche fra i tifosi serpeggiava ben poco ottimismo, per usare un eufemismo.
GRAZIE DAVVERO RAGAZZI per averci regalato una stagione simile e per averci fatto tornare la voglia di seguirvi con passione… che poi, l’apporto dei tanti tifosi allo stadio non è mai mancato ma è indubbio che il clima negli ultimi tempi non fosse dei migliori a causa dei recenti campionati in cui di gioie se ne sono provate pochine.
Ora guardando il Verona finalmente ci si diverte, ci si emoziona, si può legittimamente tornare a sognare, sai che i tuoi giocatori daranno il massimo in ogni partita per ottenere il risultato e che se la giocheranno a testa alta con tutti, pur presentando delle lacune sul piano tecnico (compensate però da tanto altro!)
Dovrebbe essere sempre così ma sappiamo bene che anche nel calcio ci sono gli alti e i bassi, e quindi teniamoci stretti il ricordo di questo campionato, con la consapevolezza che forse non rimarrà un fuoco di paglia e che si saranno finalmente poggiate delle basi più solide per il futuro.
Comunque vada, mi sembrava doveroso lasciare una testimonianza da tifoso (e da giornalista) e nel mio piccolo sigillare con un articolo riepilogativo il bellissimo cammino fatto sin qui dal VERONA in questa singolare stagione 2019/2020, i cui destini sono ancora appesi a un filo.
Magari il torneo italiano più importante rimarrà a metà, magari sarà deciso a tavolino (orrore!), forse verrà completato a porte chiuse a tanti mesi di distanza dal doveroso stop, forse (e qui sono amaramente ironico!) vedremo i calciatori giocare con le mascherine ed evitare i contatti ma niente sarà più come prima.
Sono assolutamente convinto che la salute venga prima di tutto, e quindi mi pare giusto, sacrosanto, fermare il mondo del pallone finchè il peggio non sarà veramente alle spalle e limitarsi ad immaginare come sarebbero andate le cose, se il tutto si fosse potuto svolgere regolarmente.