Aspettando il 2024… auguri di cuore a tutti voi!

Con questo post mi ritrovo a congedarmi dall’anno in corso traendo il consueto bilancio personale e soprattutto colgo l’occasione per guardare avanti con gli auguri per il nuovo che verrà.
Devo ammettere di trovarmi un po’ condizionato dallo scrivere proprio oggi, dato che da una settimana a questa parte in pratica io, mia moglie Maria Teresa e nostro figlio Luigi Maria siamo alle prese con una brutta influenza. Dirò di più, la più brutta dai tempi nefasti che poi portarono il sottoscritto a combattere contro una brutta malattia.
Ma non voglio (e non ha senso) far brutti pensieri al riguardo o allarmare voi lettori più fedeli che probabilmente sapete bene a cosa mi riferisco, avendone scritto al tempo nel dettaglio proprio in questo blog.
Sì, l’allusione è a quanto superai ormai più di dieci anni fa: la terribile sindrome di Lyell; e no, confermo, niente di tutto questo grazie a Dio, solo un’influenza che si sta trascinando nonostante si stiano facendo le cure possibili e il fatto che da giorni siamo tutti e tre rintanati a casa.

Passerà, spero presto, e allora ecco che nel guardarmi indietro non posso fare altro invece che ringraziare, perché il 2023 è stato un anno positivo su più fronti: personale, famigliare (soprattutto) ma anche professionale.

Inizio da quest’ultimo punto, che reputo positivo perché ho consolidato il lavoro “nuovo”, sempre come educatore ma non più come nei quasi vent’anni precedenti nel mondo della disabilità, visto che ora opero all’interno dei servizi sociali, nel contrasto alla povertà.
Un lavoro non facile, anzi, e che ha visto un crescendo di situazioni limite da affrontare e gestire, con la consapevolezza, maturata magari tardi, che non tutto dipenda da me e dai miei sforzi.
Ovvio, mi impegnerò al massimo fin dove posso ma è importante sapere che ho dei referenti anche qui con cui gestire, programmare, intervenire e a cui riportare anche le situazioni più complesse, che poi saranno eventualmente di competenza altrui.

Riguardo la scrittura, sono soddisfatto di aver mantenuto bene in vita questo prezioso spazio personale che è “Pelle e Calamaio” che, avrete capito, non curo come fosse una testata giornalistica (d’altronde non è mai stata quella la mia mission) ma che da sempre mi da’ modo di esprimermi in piena libertà e di divagare, affrontando argomenti e materie che più mi interessano, ragion per cui mi fanno piacere i parecchi riscontri ottenuti dai più recenti articoli qui pubblicati, e detto ciò un ringraziamento gigante va in primis ai miei lettori!

Ho terminato poi la stesura di un nuovo libro, scritto anche questo su commissione (come nel caso del mio titolo più recente, “Simon sono io”, su idea della Fondazione Franchin Simon Onlus di Montagnana, che tante soddisfazioni ci ha regalato): stavolta a rivolgersi a me è stato un amico d’infanzia, desideroso di portare alla luce una storia molto intima e toccante.
Si è trattato per me di un lungo viaggio, anche doloroso per certi versi visto il tema dell’opera, ma spero davvero ne sia valsa la pena, e che questa storia così importante per i protagonisti in gioco, e così intensa e difficile dal punto di vista emotivo per il sottoscritto, possa emozionare i lettori.

Il manoscritto è stato consegnato a chi di dovere e, se il cerchio si stringe, dovremmo con i primi mesi del 2024 essere pronti per la pubblicazione. Poi chissà se avrò il tempo e le modalità giuste per inoltrarmi in un nuovo romanzo, stavolta di pura narrativa dopo le ultime esperienze (importanti) legate appunto a due biografie.

A livello di scrittura in questo 2023 sono stato molto impegnato sia con la rivista “Vinile” che con il sito di “Indie for Bunnies”. Ed è chiaro che il mio proposito sia quello di continuare queste bellissime collaborazioni, magari con l’opportunità di partecipare ancora ad alcune belle iniziative, come ad esempio il mastodontico Dizionario sui Cantautori e Cantautrici del nuovo millennio a cura di Michele Neri, il direttore di “Vinile” a cui sarò sempre molto grato, lo stesso che mi ha coinvolto pure in un libro collettivo su Lucio Battisti, pubblicato in occasione degli 80 anni del grande artista reatino.

Dicevo però che le cose più belle, emozionanti e intense di questo 2023 vanno ricercate nella sfera personale e familiare, il perché è presto detto: oltre al fatto di non aver subito perdite affettive (e non è scontato se penso invece a cosa scrivevo nei resoconti degli anni recenti), ciò che mi ha riempito il cuore è stato vedere la crescita felice attorno a me dei nipoti, constatare lo stato di salute di chi è più in là con gli anni (sappiamo bene che poter abbracciare e passare del tempo assieme ai propri genitori non è privilegio di tutti), e soprattutto vivere la mia quotidianità attorniato dall’amore della mia famiglia: Mary che, oltre alle qualità che mi hanno fatto innamorare di lei – e nel 2024 festeggeremo dieci anni di matrimonio! – come immaginavo si sta rivelando anche una madre splendida, e Luigi che cresce alla grande, riuscendo a stupirci e riempirci di meraviglia ogni giorno!

Certo, quanto io posso essere tranquillo nei miei confronti, forse anche troppo, tanto invece tendo ad essere apprensivo quando si tratta di lui, del mio piccolo, e non so se c’entri il fatto che è il primo figlio, credo sia piuttosto un fattore naturale quello che mi porta a preoccuparmi tanto per chi mi sta attorno, per gli affetti più vicini.

Ma detto questo, mi ritengo un uomo fortunato e ho buoni motivi per essere felice, perché Luigi sta bene, ha quasi due anni e sta imparando già un sacco di cose, soprattutto è un bimbo buono, sempre allegro, col suo bel sorriso; si è ambientato bene anche al Nido, peccato che come tanti altri bimbi spesso sia assente appunto per problemini di salute che nella maggior parte dei casi si trasmettono l’un l’altro.

Non so se è perché sto invecchiando… o meglio, dentro di me so di avere ancora quell’entusiasmo per la vita, per le cose che mi circondano, ma è indubbio che la carta d’identità non tradisce e nel 2024 saranno 47 le candeline da soffiare; fatto sta che, a maggior ragione, ritengo sia proprio questa dimensione familiare che mi da’ la motivazione più grande, lo sprono principale ad andare avanti, guardando comunque all’orizzonte con fiducia!

Credo veramente che stare bene con le persone che si amano sia la più grande ricchezza che la vita possa offrirci. Quindi io auguro a tutti voi per il 2024 proprio questo: di stare vicino alle persone che amate, godendo insieme anche delle piccole cose!

Dobbiamo essere fiduciosi, nonostante nel mondo tante cose non sembrano proprio andare per il verso giusto. So che corro il rischio di inondare questo post di tanta retorica (e magari per alcuni in effetti è così) e non sono così ingenuo da pensare che tutto migliorerà all’istante, però mi auguro che in un futuro non troppo lontano non staremo sempre a parlare di guerre, femminicidi, terrorismo e povertà, temi che hanno purtroppo inondato le cronache di tutti i giorni e continuano a farlo.

La strada è lunghissima per poter cambiare davvero volto alla società, ricordandoci di quanta umanità abbiamo bisogno, ma per quello che può dipendere da noi dobbiamo essere pronti a fare tutti la nostra parte.

Sì, anche noi, nel nostro piccolo, proviamo almeno a comportarci bene col prossimo, a darci dei piccoli obiettivi di felicità, a fare del bene: non è poco credetemi.

In tutta sincerità ci tengo a mandarvi un abbraccio grande e augurare di cuore un buon 2024 a tutti voi!

A presto!

Gianni

Work in progress – Una nuova storia da raccontare

Alcuni mesi fa fui contattato da un caro amico, uno di quelli che magari non senti tutti i giorni e che non frequenti più abitualmente, ma con cui hai trascorso una bella fetta di vita.

Mi si è accostato con la gentilezza e l’umiltà che da sempre lo contraddistinguono, per condividere un fatto personale di cui ero già a conoscenza, ma non nei dettagli.

E’ stato toccante ed emozionante sentire le sue parole, cogliere quel desiderio di mettere nero su bianco una parte così importante del suo percorso.

Ha davvero una storia da raccontare, e mi rende orgoglioso il fatto che si sia rivolto a me per farlo, pensando che potessi tradurre al meglio quelle forti sensazioni e quei ricordi diventati per lui indelebili.

Non posso e non voglio dire di più, se non che farò del mio meglio per esserne all’altezza.

Buon 1° compleanno Luigi Maria!

Carissimo Luigi Maria, amore, potrei ricordare minuto per minuto tutti quelli che un anno fa hanno preceduto il tuo arrivo.

Eri ormai imminente, ma in teoria, saresti dovuto nascere ai primi di marzo… eppure la mamma già due giorni prima aveva cominciato a sentirsi strana…

Quel 20 febbraio di un anno fa era domenica, appena sveglio di mattina presto mi ero accertato che lei stesse bene e poi, visto che fortunatamente era così, decisi di andare fuori con Perla, la cagnolina che avevamo adottato da una settimana soltanto.. piccola anche lei, aveva dieci mesi e giustamente richiedeva le sue attenzioni.

Mentre mi sistemavo avevo ascoltato Tropicalia di Caetano Veloso e ricordo di averla postata anche su Facebook.

Mai mi sarei immaginato che di ritorno a casa dopo qualche minuto avrei trovato la mamma.. a dirmi tutta agitata ed emozionata che… dovevamo andare in ospedale!

Arrivammo quindi nello stesso posto dove già lavorava prima del tuo arrivo, e proprio in ostetricia ginecologia, dove ora ci saremmo affidati in pratica alle sue colleghe che da subito iniziarono a seguirla nel migliore dei modi.

Ti sei preso un po’ il tuo tempo prima di venire al mondo ma la mamma è stata bravissima e così, proprio mentre stavo a fianco a lei a incitarla quasi non mi sono reso conto che eri finito tra le braccia della brava ostetrica.

Che emozione indescrivibile, infatti mi fermo qui perché non potrei mai nemmeno avvicinarmi a rendere l’idea di quello che abbiamo provato.

Ci hai regalato un anno di gioie continue, ci hai cambiato la vita, rendendola migliore e vederti crescere giorno per giorno e imparare sempre cose nuove, è una gioia immensa che ci ripaga per averti atteso così tanto.. e tu sai amore quanto ti abbiamo desiderato.

Sei un bimbo buono, simpatico, sveglio, intelligente.. sei bellissimo… anche piuttosto testardo ☺️😅 e hai un sorriso che mette tutti d’accordo! 💙

Già, sempre sorridente!

Buon primo compleanno Luigi Maria! Ti vogliamo un mondo di bene!!!! ❤️❤️❤️

“9/1/50” è un documentario sull’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena assolutamente da vedere, per non dimenticare

Apprezzo molto il percorso artistico di Carlo Albè, scrittore e autore di reading e performance teatrali che spesso e volentieri affrontano tematiche sociali, andando a perpetrare la memoria di fatti salienti della storia d’Italia. Così come seguo dagli inizi della loro entusiasmante carriera i Modena City Ramblers, da quando cioè esordirono nella prima metà degli anni novanta codificando un genere come il combat-folk, la cui matrice linguistica già connota nel migliore dei modi una componente sociale che ben si poteva sposare appunto con l’etica del già citato Albè, nativo della provincia di Varese ma da qualche tempo di stanza in Emilia.

Dal loro connubio non poteva che nascere qualcosa di interessante e l’occasione si è materializzata con la rievocazione di un tragico fatto di storia, di Modena nella fattispecie, ma che non può non toccare le corde di tutti noi.

(credit foto – Samuele Mosna)

Il 9 gennaio del 1950, quindi settantatre anni fa, è ricordato come un giorno nefasto, in cui ci fu l’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena, dove persero la vita sei persone e molte rimasero ferite.

Un evento che Legacoop Estense ha voluto testimoniare con un’iniziativa in cui sono stati coinvolti Carlo Albè, i Modena City Ramblers e il regista Samuele Mosna, al fine di realizzare un docu-film in cui attraverso parole, musiche e immagini, non andassero dimenticate in alcun modo le tante persone accorse quel giorno a uno sciopero indetto dalla CGIL per protestare contro il licenziamento di ben 500 operai metalmeccanici.

Ma quella che in origine doveva essere una legittima forma di protesta si è trasformata in un massacro, quando la polizia – già allertata – fece fuoco contro i manifestanti.

Albè narra i fatti con rigore storico, partendo da lontano, dalla nascita delle Fonderie, e in modo puntuale vi segue lo sviluppo, gli avvicendamenti e l’inizio della crisi e delle tensioni sociali; i Modena inframmezzano il tutto interpretando brani attinenti, a partire dall’iniziale “Figli dell’officina”, un tradizional sempre di grande attualità riadattato dai Nostri e già inciso ne l’album “Fuori campo”, senza tralasciare ovviamente “La strage delle fonderie”, che il gruppo aveva inserito in “Niente di nuovo sul fronte occidentale”.

Non mancano immagini di repertorio e testimonianze dirette di chi c’era al tempo, con la storia che poi si sofferma giustamente sulla nascita della Coop Fonditori a opera di nove dei lavoratori licenziati dalla Valvedit, i quali non si persero d’animo, decidendo di dare a se stessi e alla propria gente un’altra possibilità.

“9/1/50” è un documentario che andava fatto, e che merita assolutamente di essere visto, perché il tema del lavoro, delle morti associate ad esso e delle forti ingiustizie che ancora oggi si riscontrano dentro certi ambienti non può essere messo in secondo piano.

Certo, cambiano i periodi storici, la società è in continua trasformazione e si alternano i governi, ma ricordiamoci che, prima ancora che di lavoratori, si sta sempre parlando di uomini, con le loro storie, la propria dignità e delle vite che vanno rispettate.

N.B. Consiglio vivamente di iscrivervi al canale You Tube di Carlo Albè, dove lo storyteller pubblica materiale di varia natura, inerente all’arte e alle realtà sociali ma non solo.

https://youtube.com/@carloalbe9078

Salutando il 2022 che per me rimarrà sempre un anno fondamentale, auguro a tutti un buon 2023!

Sono solito a fine anno trarre delle conclusioni personali su quello che ci lasciamo alle spalle per proiettarci avanti, consapevoli che il tempo è un flusso inarrestabile e che di fatto il 2023 inizierà da dove il 2022 terminerà la sua corsa.

E’ un modo per fare il punto di quello che è successo, chiamarli “bilanci” potrebbe sembrare azzardato, e allora quelle che di seguito andrò a fare non sono altro per me che semplici considerazioni, per lo più a briglie sciolte.

Nell’articolo di un anno fa preannunciavo gioioso un evento che avrebbe rivoluzionato la mia vita, o meglio la “nostra” (mia e di mia moglie Mary): aspettavamo il tanto desiderato primo figlio e in pratica di questi tempi stavamo già iniziando trepidanti il conto alla rovescia!

Luigi Maria è nato il 20 febbraio e in effetti nulla da quel giorno è stato più lo stesso: potrei scrivere un libro sulle emozioni che mi hanno travolto durante l’attesa: il travaglio di mia moglie; mentre ero in sala parto con lei; quando l’ho visto per la prima volta e tenuto in braccio, quando abbiamo incrociato i nostri sguardi…

Pensavo che il culmine della felicità fosse stato raggiunto in quel preciso istante, e invece mi rendo conto che per tutti i successivi 10 mesi la gioia si è rinnovata quotidianamente: abbiamo festeggiato il nostro primo Natale in tre, fra due mesi compirà un anno e, insomma, mamma mia, il tempo è davvero volato! Sta diventato grande!

Certo, insieme sono arrivate anche le prime ansie “da neo genitori”, ma il tutto lo stiamo vivendo sorretti da un entusiasmo e da un amore tangibili, il nostro in primis e poi, preziosissimo, quello delle persone che più ci stanno vicino e ci vogliono bene: i nonni, fratelli e sorelle, i nipotini, gli amici…

La nascita e la crescita di Luigi rappresentano proprio una gioia condivisa, perché nessuno come queste persone sa quanto abbiamo voluto un figlio e le difficoltà per coronare questo sogno.

Mi fermo qui per non diventare sin troppo sdolcinato e stucchevole, ma fidatevi (immagino poi che molti lettori abbiano vissuto le mie stesse emozioni!) che vederlo imparare cose nuove ogni giorno, con quella curiosità innata, quel sorriso spontaneo, quegli occhi di un verde/grigio intenso e magnetico, quella spigliatezza e naturalezza che comprende e connota ogni suo gesto, è una sensazione così forte che davvero (non è un modo di dire) fa passare in secondo piano certe brutture del quotidiano, i malumori che di volta in volta incombono, le giornate storte e così via: non è che i problemi spariscano per magia, ma almeno li si riesce ad affrontare meglio, definendo senza mai più perderle di vista, le vere priorità della vita.

Io ringrazio il cielo perché ho ancora i miei affetti più grandi vicino, la salute bene o male ci ha sorretto tutti, c’è chi invecchia e chi cresce (penso ai miei nipoti) andando incontro al fiore dell’età e alle prime scelte importanti, e inoltre la famiglia si è ulteriormente allargata, visto che il 15 settembre mio fratello Jonathan e sua moglie Fatima sono diventati genitori di due splendidi gemellini, Aaron e Rayan, incrementando quindi il numero di bambini che gravitano per la casa!

E’ stato un anno di cambiamenti non soltanto per quanto riguarda la sfera più prettamente personale, ma anche perché in maniera assolutamente inaspettata – almeno nelle tempistiche – la primavera scorsa ho chiuso una (splendida) esperienza lavorativa per aprirne un’altra, ancora nella sfera sociale ma piuttosto differente per obiettivi e finalità. Che poi, io sono convinto – anche perché altrimenti non svolgerei questo lavoro da vent’anni – che chi faccia l’educatore sia dettato da una predisposizione dell’animo e che questa attitudine che ti ritrovi inconsapevolmente (magari quando ancora non si ha chiaro cosa fare della propria vita) giocoforza poi la saprai esprimere in ogni contesto in cui ti ritroverai a operare, che sia una scuola, una struttura sanitaria, una comunità alloggio, un centro diurno per ragazzi o per anziani, o appunto, venendo quindi alla più stretta attualità, seguendo dei progetti sulla povertà per i servizi sociali di vari comuni.

A chi mi chiedeva notizie sul perché di una tale scelta, ho sempre risposto che un vero motivo non c’era, non avevo mai avuto problemi con nessuno, né tanto meno c’entravano i soldi: forse però (ma ci sono giunto dopo a certe conclusioni) ero consapevole che, pur con qualche inevitabile errore lungo il cammino, lì dentro avevo dato tutto ed era venuto il momento di trovare una dimensione diversa.

Pur avendo acquisito una certa competenza e potendo contare su tanta esperienza anche riconosciuta nel campo, ho dovuto comunque un po’ reinventarmi, perché ero sempre stato abituato a lavorare diversamente, a strettissimo contatto con le persone e in equipe numerose dove il confronto era alla base di tutto, pur nel rispetto dei ruoli (che ovviamente nelle grosse realtà sono indispensabili).

Oltretutto occupandomi di progetti educativi a favore di persone con disabilità ho scoperto ben presto quanto sia molto più in realtà quello che si riceve rispetto a ciò che si da’ e si fa: non è sicuramente un posto per tutti, ci sono tante variabili e tante difficoltà ma si ha a che fare con persone con esigenze tutte diverse e tutte importanti, che per tanti aspetti dipendono da te, o per lo meno confidano in te come interlocutore, professionista, amico…

Penso in tanti anni di attività di avere maturato un mio modo di operare, non sono l’educatore perfetto ma di certo non ho mai perso di vista l’obiettivo che muove dal profondo ogni mio intervento, vale a dire il benessere della persona che ho davanti a me, che non è né materiale né a volte fisico e psicologico (nessuno, ahimè, ha la bacchetta magica per certe cose), ma che spesso si può concretizzare anche nei piccoli e semplici gesti.

Ecco, tutto questo ho provato a riversarlo nel mio nuovo incarico, ora che ho a che fare principalmente con nuclei famigliari svantaggiati per i motivi più vari, e alla fine al di là di protocolli validi cui attenersi, la differenza sono convinto la faccia sempre la relazione di fiducia che si instaura con la persona.

Il mio “bilancio” lavorativo lo posso definire soddisfacente, mi sento di più dentro questo “vestito” rispetto ai primi mesi e sono molto sereno e in pace con me stesso, però come si sarà capito, il nostro non è un mestiere come un altro, e pertanto quando chiudo non è mai per sempre: proprio perché dall’altra parte ci sono persone con cui negli anni si sono instaurati legami forti, questi non vengono recisi, e sono felice e orgoglioso di sentirmi dire che “le porte sono sempre aperte”, è gratificante rivedere i sorrisi dei miei “ragazzi” e degli ex colleghi quando passo in visita.

In particolare poi, lo dico senza remore e senza nulla togliere ad altre esperienze lavorative passate, quello intrapreso nei sei anni in cui ho prestato servizio come referente educativo presso la Fondazione Franchin Simon di Montagnana (PD) è stato il percorso che più di tutti mi ha segnato, lasciandomi qualcosa dentro che mi porterò per sempre. Ed è bello – anche se quando lo scrissi non pensavo che da lì a un anno le strade dal punto di vista lavorativo si sarebbero separate – sapere che un libro come “Simon sono io” rimarrà per sempre a suggellare quello che è stato vissuto.

I signori Franchin, genitori di Simon, si erano affidati in toto a me per la stesura del testo, raccontandomi la loro vita e quella del loro figlio speciale, confluita poi nella realizzazione di una realtà importante per la vita di tante persone, la Fondazione che porta il suo nome appunto, e di questo sarò sempre orgoglioso e riconoscente, perché poi quella storia è stata pubblicata da un editore “vero” e letta e apprezzata da tanta gente!

Probabilmente da quando inaugurai questo blog (sono quasi tredici anni ormai che esiste Pelle e Calamaio) non avevo mai scritto così diffusamente del mio lavoro, perché qui vengono inseriti per lo più articoli inerenti alle mie passioni più grandi – passioni che grazie al cielo negli anni hanno trovato spazio per liberarsi anche altrove – , vale a dire la musica e il calcio, principalmente.  

Scrivo così tanto che in effetti molti pensano (perché mi è stato detto e chiesto più volte) sia quello il mio “vero” lavoro, e a tutti rispondo che “no, non è con quello che ci pago il mutuo, ma con il mio lavoro di educatore e formatore”, anche se poi mi rendo conto ogni giorno che passa quanto la scrittura sia davvero imprescindibile per me.

In questi ultimi dodici mesi fortunatamente sono stato impegnato moltissimo su questo fronte, portando avanti le collaborazioni con la rivista “Vinile” diretta da Michele Neri, con il sito “Indie for Bunnies”, figurando ancora come giurato in rassegne di musica d’autore, curando delle rubriche per altri media, venendo interpellato per visionare o correggere testi, bozze e quant’altro, partecipando a varie trasmissioni, e a quanto pare ci saranno delle novità importanti al riguardo anche per il 2023.

Se, come avete visto, gran parte del mio tempo è assorbito dal lavoro di educatore, vi chiederete come faccio a portare avanti tutto questo? Beh, è una domanda che ho smesso di farmi, ma la risposta più semplice che mi do’ è che voglio portare avanti solo cose che mi piacciono e mi danno soddisfazione, gestendomi in autonomia i tempi (dove possibile), organizzandomi, senza tralasciare mai la famiglia, che come avrete capito è la cosa per me più importante.

La realtà è che “scrivere” non mi costa fatica, anzi, è una cosa che mi rilassa e mi fa star bene, che posso certamente ridimensionare (ad esempio quando mi trovo davanti a tante incombenze necessarie), ma di cui non potrei fare a meno: c’è solo un’altra cosa che forse mi piace di più rispetto alla scrittura ed è… “leggere”.

Lo so, possono sembrare consequenziali o complementari le due passioni ma fidatevi che non sempre è così, ne conosco di gente che quasi si “vanta” di scrivere senza però leggere, come se fosse una perdita di tempo o se non ne avesse bisogno, essendo già padroni della loro penna… mah, per me la lettura è davvero fondamentale, sia per svagarmi ma anche perché amo conoscere, sapere, approfondire…

E quindi, in soldoni, continuerò a farlo pure l’anno prossimo, e chi avrà voglia di leggermi o seguirmi avrà sempre la mia gratitudine: a quasi 46 anni ho trovato il mio equilibrio e la mia dimensione, non sono mai stato in cerca di particolari consensi, o meglio determinati risultati non li do’ assolutamente per scontati, vanno anzi guadagnati sul campo. So bene che non si potrà mai piacere a tutti (non capita nemmeno ai più grandi, i “criticoni” ci sono sempre da che mondo è mondo), ma anche solo riuscire a emozionare qualcuno con le proprie parole è un regalo che ogni volta mi tengo nel cuore.

Posso anticiparvi per il momento che i tempi sono maturi per la ripresa di una mia trasmissione sulla webradio www.yastaradio.com gestita dall’amico Dalse e che a gennaio uscirà un’importante pubblicazione del già citato Michele Neri, un volume enciclopedico dedicato ai cantautori e alle cantautrici emersi nel nuovo millennio, in cui sono stato coinvolto durante la realizzazione: ho contribuito occupandomi di un centinaio di schede, si tratta di un progetto editoriale rilevante dal punto di vista storico e musicale, partito da molto lontano e che finalmente vedrà la luce. Anche in questo caso, voglio cogliere l’occasione per ringraziare ancora una volta pubblicamente il mio direttore per la fiducia e la stima dimostratami.

In merito ad altri progetti invece parlerò diffusamente a tempo debito, anche perché grazie al cielo di roba buona che bolle in pentola ce n’è davvero parecchia!

Per questo nel mio piccolo voglio guardare con ottimismo al futuro, ma non perché io sia insensibile a quello che sta accadendo fuori dalla mia “bolla”, ma perché credo che se ognuno avesse la possibilità di seguire le proprie passioni poco alla volta riusciremo a lasciare in eredità un mondo, se non migliore, quantomeno diverso, forse più autentico.

Ho capito crescendo, e lo dico da fervente idealista, che purtroppo ci sono situazioni più grandi di noi che non potremo cambiare (guerre, pandemie, cambiamenti climatici… non ci stiamo facendo mancare proprio nulla!) e allora cerchiamo almeno di vivere in armonia con gli altri e prima di tutto con noi stessi, di migliorarci, trovare un appiglio, uno spunto, qualcosa con cui e per cui svoltare, o semplicemente per trovare la forza di andare avanti.

Ci sono dei vuoti che non verranno mai più riempiti, lo sappiamo bene ed è pure azione crudele constatarlo, come quando ci vengono a mancare dei riferimenti importanti, fondamentali, degli affetti così profondi per i quali non saremo mai veramente preparati a separarcene.

La vita ci presenta il suo conto, spesso senza preavviso, e questo 2022 che ho voluto celebrare e in modo sottointeso ringraziare per quanto mi ha regalato, ha anche generato momenti duri, tragedie delle quali non sai darti un perché, perdite importanti. Fra queste, per alcuni, figurano anche le (purtroppo tante) persone celebri che hanno salutato questo mondo, ultimo il leggendario Pelè.

Ognuno di noi può vivere come un lutto profondo la morte di una celebrità: spesso chi si occupa di spettacolo, gli attori, i musicisti, gli uomini di sport, gli scrittori, ecc. diventano familiari, entrano a far parte della nostra vita e che con la propria arte ci stanno vicino, rendendola persino migliore. Per questo comprendo il dolore che a volte si fa collettivo e che ha bisogno di essere manifestato, esorcizzato: a me ad esempio ha colpito molto la morte di Taylor Hawkins, anche se ovviamente non lo conoscevo, perché mi ha sempre trasmesso molto con la sua musica e vedere (nei social specialmente) tanti ricordi e omaggi su di lui ha reso la cosa molto partecipata e toccante.

Allargando ancora il cerchio, quest’anno sono accaduti anche tanti gravi fatti di cronaca che non possono certo lasciare indifferenti, gente che ha perso tutto e che dovrà in qualche modo ricominciare.

E’ davvero difficile accettare l’irreversibilità delle cose, qualcosa che in maniera ineluttabile ti piomba addosso rivoluzionandoti l’esistenza; credo però che finchè c’è anche una sottile, flebile, speranza, le persone abbiano comunque una nuova chance importante da giocarsi, pur riconoscendo che ovviamente non tutto può sempre dipendere da te.

Pensiamo ai rapporti umani, soffermiamoci per un attimo sulle amicizie: quante volte per svariati motivi ci si perde per strada, e nomi e volti con cui hai condiviso una fetta importante della tua vita a un certo punto diventano marginali? Ecco, se c’è volontà da entrambe le parti, se ne vale la pena, diamoci il tempo di riallacciare rapporti, e se il caso accorciamolo quel tempo… questo anno che si sta chiudendo ha certamente consolidato diverse amicizie, mentre altre si sono affievolite ma ci sono legami destinati a non spezzarsi, e altri che dureranno per sempre.

Personalmente ci tengo a ricordare in questo spazio personale due persone in particolare, due amici, la cui perdita mi fa ancora male e a cui il mio pensiero torna spesso.

Il primo si chiama Giovanni, conosciuto proprio in Fondazione, con cui negli anni avevo instaurato un rapporto speciale, di complicità mi verrebbe da dire. Quando torno da quelle parti, ed è successo anche di recente poco prima di Natale, ancora devo abituarmi all’idea che non ci sia più. Era veramente una presenza importante, si faceva indubbiamente conoscere e voler bene, e io gliene ho voluto tanto, come lui a me.

Il secondo amico che ho perso si chiama Alex, e nel suo caso è stato tutto così improvviso che davvero si fa una gran fatica ad accettare. Non è sbagliato dire che ci conoscevamo da una vita, perché siamo cresciuti da vicini di casa praticamente, amici di famiglia, nella stessa via di un piccolo paese della sperduta provincia veronese (Menà) e poi a distanza di un anno ci siamo trasferiti entrambi nel vicino comune di Castagnaro, ancora nello stesso quartiere.

Lui coetaneo di mio fratello Jonathan, con cui ha condiviso un sacco di esperienze, io grande amico di suo fratello Mirco, che ho voluto anche come mio testimone di nozze. E’ vero, negli ultimi tempi non ci si vedeva più tanto spesso, entrambi alle prese come tutti con mille impegni e ormai anche lontani geograficamente, ma quando capitava era davvero come se ci fossimo salutati il giorno prima. Avevi, Alex, quella capacità di rallegrare tutti, di fare gruppo, di coinvolgere, di dare attenzione massima al tuo interlocutore, chiunque esso fosse. Ci hai fatto un brutto scherzo, l’ultimo dei tuoi, ma tutti preferiamo ricordarti per i tantissimi momenti felici che ci hai regalato negli anni.

Perdonate lettori questa mia lunga digressione, giuro che questo voleva essere un articolo snello, di saluto al 2022 e di benvenuto sotto buoni auspici al nuovo anno. Ma immagino anche che mi segue e legge da tanto tempo sa che, nonostante tutto, non sono tipo che si abbatte facilmente e che mi ero ripromesso, ormai dieci anni fa, quando scampai a una rara e gravissima malattia ristabilendomi col tempo del tutto, che sarei sempre stato grato per questo dono chiamato Vita. 

Non sarà mai tutto perfetto, ci saranno ancora problemi o motivi per stare male, incazzarsi, litigare, ma grazie al cielo so che troverò sempre anche dei buoni motivi per sorridere!

BUON 2023 A VOI TUTTI, CARISSIMI LETTORI!

A presto!

(Gianni Gardon)

Checco Zalone: il fenomeno è servito!

Con 18 milioni di euro incassati in meno di una settimana al botteghino, si può ben dire che sia nata una nuova stella: Checco Zalone! I milioni di euro sono poi saliti vertiginosamente, tanto che la sua “bella giornata” ha superato addirittura il film di Benigni, vincitore del Premio Oscar, “La vita è bella”.Sorprendente che il simpatico comico e cabarettista barese abbia soverchiato tutti i pronostici natalizi, scalzando dalla posizione di vertice il trito e ritrito “cinepanettone” targato Neri Parenti-De Sica- De Laurentiis, una sorta di efficace tridente cinematografico.

Come sia riuscito un umile ragazzo, popolarissimo a Zelig, specie per le sue azzeccate e spiritose parodie di cantanti famosi, ma autentico outsider alla prova del grande schermo, a reggere l’urto di blockbuster americani come “The Tourist” dell’inedita coppia Depp/Jolie e affermati artisti nostrani come Aldo, Giovanni e Giacomo e Silvio Muccino, è un argomento ancora in divenire.

Voglio provare un po’ ad analizzare il nuovo fenomeno cinematografico italiano.

 
 
 Primo Punto: è sostanzialmente un cabarettista, forte di un seguito di fedelissimi fans raccattati in questi anni grazie alla celebre trasmissione televisiva condotta da Claudio Bisio (tra l’altro finito di recente anche lui a mietere un successo dietro l’altro al cinema).L’assunto è veritiero ma prima di lui vi erano stati altri numerosi casi di comici zelighiani acclamatissimi che non seppero replicare le proprie fortune al di fuori della scatola televisiva. Pensiamo ai bravissimi Ficarra e Picone, che con disinvoltura passano dalla conduzione di Striscia la Notizia a film di incassi come “La matassa”. Anche loro se la sono cavata benone alla prova cinematografica ma riscontrando nemmeno di striscio un successo pari a quello di Checco.

E prima di loro avevano fallito la prova altri due assi del cabaret, per il quale sembrava scontata una piena affermazione lontana da Zelig: parlo di Ale e Franz.

Cosa distingue allora l’affermazione su vasta scala di Zalone? Una prima risposta potrebbe essere il fatto che lui si sia di molto staccato dagli stilemi televisivi che lo hanno fatto emergere. Nel grande schermo lui inscena un personaggio altro rispetto all’irriverente comico che irride mostri sacri della musica nostrana come Jovanotti o Sangiorgi dei Negramaro.

In questo senso si può affermare senza timore di essere smentiti che lui ha provato a smerciarsi dal proprio personaggio e dai suoi clichè.

Secondo punto: cosa cercano gli italiani in un film come “Che bella giornata!”?

Lungi dal voler fare un’analisi scientifica di un fatto che invece tocca la sfera dei gusti personali, il primo pensiero che mi viene in mente è che si cerchi soprattutto il disimpegno e lo svago. Non potrebbe essere altrimenti in una commedia leggera all’italiana… Tuttavia è un po’ vago affermare che sia poi così lontano dalle commedie vanziniane e dalle recenti escursioni esotiche di De Sica & Co.

In fondo già nel precedente film di Zalone (“Cado dalle nubi”), uscito poco meno di un anno fa, facevano da sfondo e non solo (in alcuni casi sostenevano tutta la storia) tutta una serie di gag, di freddure, che non sembravano discostarsi tanto dai territori più conosciuti dei cinepanettoni.

Certamente non si rasentavano le volgarità gratuite ma in fondo tutto il proscenio era rappresentato da Checco e dalle sue battute fulminanti, legate a doppio filo a tutta una serie di luoghi comuni e piccanti doppi sensi. Il tutto miscelato dall’originale personalità del comico che faceva della sua finta ignoranza un vessillo di credibilità e una chiara dichiarazione di intenti.

Anche in “Che bella giornata” sono presenti i numerosi doppi giochi, i non sense e i luoghi comuni la fanno da padrone, questa volta incentrati maggiormente sulla paura e il sospetto del “diverso”, ragion per cui il film, prima ancora di uscire, portava già con sé un’eco di velata accusa di razzismo gratuito.

Qui però mi sento di dissentire in pieno e di assolvere completamente l’attore.. In Italia a quanto pare in pochi sembrano conoscere l’arma dell’ironia che a volte riesce nel migliore dei modi a tratteggiare la realtà in cui stiamo vivendo.

La macchia Checco Zelone, lontana dal divenire una screditante “macchietta”, funziona alla perfezione per il pubblico che intravede in lui finalmente un interprete magistralmente genuino e spontaneo che per una volta sembra mettere d’accordo tutti, da nord a sud. Certamente sono privilegiati i meridionali che possono godere appieno dell’inflessione dialettale e dell’efficacia delle battute. Io non sempre riuscivo a capire tutte le sfumature linguistiche del film ma sono riuscito a compensare questa mia lacuna (appurata la mia provenienza nordica) grazie alla mia fidanzata che, pur parlando il dialetto veneto meglio di me, è pugliese doc, essendo originaria della provincia di Foggia.

Vedremo se nel prossimo film Checco Zalone riuscirà a soddisfare le (a questo punto) notevoli aspettative di tutti gli appassionati del genere e non, visto che spesso è dal successo di questi film altamente commerciali che si decidono il destino di altre produzioni italiane, votate ad una proposta di qualità e per questo quasi sempre di nicchia… perché tornando al quesito sollevato all’inizio, l’italiano vuole essenzialmente lo svago e il divertimento.