Sono solito a fine anno trarre delle conclusioni personali su quello che ci lasciamo alle spalle per proiettarci avanti, consapevoli che il tempo è un flusso inarrestabile e che di fatto il 2023 inizierà da dove il 2022 terminerà la sua corsa.
E’ un modo per fare il punto di quello che è successo, chiamarli “bilanci” potrebbe sembrare azzardato, e allora quelle che di seguito andrò a fare non sono altro per me che semplici considerazioni, per lo più a briglie sciolte.
Nell’articolo di un anno fa preannunciavo gioioso un evento che avrebbe rivoluzionato la mia vita, o meglio la “nostra” (mia e di mia moglie Mary): aspettavamo il tanto desiderato primo figlio e in pratica di questi tempi stavamo già iniziando trepidanti il conto alla rovescia!
Luigi Maria è nato il 20 febbraio e in effetti nulla da quel giorno è stato più lo stesso: potrei scrivere un libro sulle emozioni che mi hanno travolto durante l’attesa: il travaglio di mia moglie; mentre ero in sala parto con lei; quando l’ho visto per la prima volta e tenuto in braccio, quando abbiamo incrociato i nostri sguardi…
Pensavo che il culmine della felicità fosse stato raggiunto in quel preciso istante, e invece mi rendo conto che per tutti i successivi 10 mesi la gioia si è rinnovata quotidianamente: abbiamo festeggiato il nostro primo Natale in tre, fra due mesi compirà un anno e, insomma, mamma mia, il tempo è davvero volato! Sta diventato grande!
Certo, insieme sono arrivate anche le prime ansie “da neo genitori”, ma il tutto lo stiamo vivendo sorretti da un entusiasmo e da un amore tangibili, il nostro in primis e poi, preziosissimo, quello delle persone che più ci stanno vicino e ci vogliono bene: i nonni, fratelli e sorelle, i nipotini, gli amici…
La nascita e la crescita di Luigi rappresentano proprio una gioia condivisa, perché nessuno come queste persone sa quanto abbiamo voluto un figlio e le difficoltà per coronare questo sogno.
Mi fermo qui per non diventare sin troppo sdolcinato e stucchevole, ma fidatevi (immagino poi che molti lettori abbiano vissuto le mie stesse emozioni!) che vederlo imparare cose nuove ogni giorno, con quella curiosità innata, quel sorriso spontaneo, quegli occhi di un verde/grigio intenso e magnetico, quella spigliatezza e naturalezza che comprende e connota ogni suo gesto, è una sensazione così forte che davvero (non è un modo di dire) fa passare in secondo piano certe brutture del quotidiano, i malumori che di volta in volta incombono, le giornate storte e così via: non è che i problemi spariscano per magia, ma almeno li si riesce ad affrontare meglio, definendo senza mai più perderle di vista, le vere priorità della vita.
Io ringrazio il cielo perché ho ancora i miei affetti più grandi vicino, la salute bene o male ci ha sorretto tutti, c’è chi invecchia e chi cresce (penso ai miei nipoti) andando incontro al fiore dell’età e alle prime scelte importanti, e inoltre la famiglia si è ulteriormente allargata, visto che il 15 settembre mio fratello Jonathan e sua moglie Fatima sono diventati genitori di due splendidi gemellini, Aaron e Rayan, incrementando quindi il numero di bambini che gravitano per la casa!
E’ stato un anno di cambiamenti non soltanto per quanto riguarda la sfera più prettamente personale, ma anche perché in maniera assolutamente inaspettata – almeno nelle tempistiche – la primavera scorsa ho chiuso una (splendida) esperienza lavorativa per aprirne un’altra, ancora nella sfera sociale ma piuttosto differente per obiettivi e finalità. Che poi, io sono convinto – anche perché altrimenti non svolgerei questo lavoro da vent’anni – che chi faccia l’educatore sia dettato da una predisposizione dell’animo e che questa attitudine che ti ritrovi inconsapevolmente (magari quando ancora non si ha chiaro cosa fare della propria vita) giocoforza poi la saprai esprimere in ogni contesto in cui ti ritroverai a operare, che sia una scuola, una struttura sanitaria, una comunità alloggio, un centro diurno per ragazzi o per anziani, o appunto, venendo quindi alla più stretta attualità, seguendo dei progetti sulla povertà per i servizi sociali di vari comuni.
A chi mi chiedeva notizie sul perché di una tale scelta, ho sempre risposto che un vero motivo non c’era, non avevo mai avuto problemi con nessuno, né tanto meno c’entravano i soldi: forse però (ma ci sono giunto dopo a certe conclusioni) ero consapevole che, pur con qualche inevitabile errore lungo il cammino, lì dentro avevo dato tutto ed era venuto il momento di trovare una dimensione diversa.
Pur avendo acquisito una certa competenza e potendo contare su tanta esperienza anche riconosciuta nel campo, ho dovuto comunque un po’ reinventarmi, perché ero sempre stato abituato a lavorare diversamente, a strettissimo contatto con le persone e in equipe numerose dove il confronto era alla base di tutto, pur nel rispetto dei ruoli (che ovviamente nelle grosse realtà sono indispensabili).
Oltretutto occupandomi di progetti educativi a favore di persone con disabilità ho scoperto ben presto quanto sia molto più in realtà quello che si riceve rispetto a ciò che si da’ e si fa: non è sicuramente un posto per tutti, ci sono tante variabili e tante difficoltà ma si ha a che fare con persone con esigenze tutte diverse e tutte importanti, che per tanti aspetti dipendono da te, o per lo meno confidano in te come interlocutore, professionista, amico…
Penso in tanti anni di attività di avere maturato un mio modo di operare, non sono l’educatore perfetto ma di certo non ho mai perso di vista l’obiettivo che muove dal profondo ogni mio intervento, vale a dire il benessere della persona che ho davanti a me, che non è né materiale né a volte fisico e psicologico (nessuno, ahimè, ha la bacchetta magica per certe cose), ma che spesso si può concretizzare anche nei piccoli e semplici gesti.
Ecco, tutto questo ho provato a riversarlo nel mio nuovo incarico, ora che ho a che fare principalmente con nuclei famigliari svantaggiati per i motivi più vari, e alla fine al di là di protocolli validi cui attenersi, la differenza sono convinto la faccia sempre la relazione di fiducia che si instaura con la persona.
Il mio “bilancio” lavorativo lo posso definire soddisfacente, mi sento di più dentro questo “vestito” rispetto ai primi mesi e sono molto sereno e in pace con me stesso, però come si sarà capito, il nostro non è un mestiere come un altro, e pertanto quando chiudo non è mai per sempre: proprio perché dall’altra parte ci sono persone con cui negli anni si sono instaurati legami forti, questi non vengono recisi, e sono felice e orgoglioso di sentirmi dire che “le porte sono sempre aperte”, è gratificante rivedere i sorrisi dei miei “ragazzi” e degli ex colleghi quando passo in visita.
In particolare poi, lo dico senza remore e senza nulla togliere ad altre esperienze lavorative passate, quello intrapreso nei sei anni in cui ho prestato servizio come referente educativo presso la Fondazione Franchin Simon di Montagnana (PD) è stato il percorso che più di tutti mi ha segnato, lasciandomi qualcosa dentro che mi porterò per sempre. Ed è bello – anche se quando lo scrissi non pensavo che da lì a un anno le strade dal punto di vista lavorativo si sarebbero separate – sapere che un libro come “Simon sono io” rimarrà per sempre a suggellare quello che è stato vissuto.
I signori Franchin, genitori di Simon, si erano affidati in toto a me per la stesura del testo, raccontandomi la loro vita e quella del loro figlio speciale, confluita poi nella realizzazione di una realtà importante per la vita di tante persone, la Fondazione che porta il suo nome appunto, e di questo sarò sempre orgoglioso e riconoscente, perché poi quella storia è stata pubblicata da un editore “vero” e letta e apprezzata da tanta gente!
Probabilmente da quando inaugurai questo blog (sono quasi tredici anni ormai che esiste Pelle e Calamaio) non avevo mai scritto così diffusamente del mio lavoro, perché qui vengono inseriti per lo più articoli inerenti alle mie passioni più grandi – passioni che grazie al cielo negli anni hanno trovato spazio per liberarsi anche altrove – , vale a dire la musica e il calcio, principalmente.
Scrivo così tanto che in effetti molti pensano (perché mi è stato detto e chiesto più volte) sia quello il mio “vero” lavoro, e a tutti rispondo che “no, non è con quello che ci pago il mutuo, ma con il mio lavoro di educatore e formatore”, anche se poi mi rendo conto ogni giorno che passa quanto la scrittura sia davvero imprescindibile per me.
In questi ultimi dodici mesi fortunatamente sono stato impegnato moltissimo su questo fronte, portando avanti le collaborazioni con la rivista “Vinile” diretta da Michele Neri, con il sito “Indie for Bunnies”, figurando ancora come giurato in rassegne di musica d’autore, curando delle rubriche per altri media, venendo interpellato per visionare o correggere testi, bozze e quant’altro, partecipando a varie trasmissioni, e a quanto pare ci saranno delle novità importanti al riguardo anche per il 2023.
Se, come avete visto, gran parte del mio tempo è assorbito dal lavoro di educatore, vi chiederete come faccio a portare avanti tutto questo? Beh, è una domanda che ho smesso di farmi, ma la risposta più semplice che mi do’ è che voglio portare avanti solo cose che mi piacciono e mi danno soddisfazione, gestendomi in autonomia i tempi (dove possibile), organizzandomi, senza tralasciare mai la famiglia, che come avrete capito è la cosa per me più importante.
La realtà è che “scrivere” non mi costa fatica, anzi, è una cosa che mi rilassa e mi fa star bene, che posso certamente ridimensionare (ad esempio quando mi trovo davanti a tante incombenze necessarie), ma di cui non potrei fare a meno: c’è solo un’altra cosa che forse mi piace di più rispetto alla scrittura ed è… “leggere”.
Lo so, possono sembrare consequenziali o complementari le due passioni ma fidatevi che non sempre è così, ne conosco di gente che quasi si “vanta” di scrivere senza però leggere, come se fosse una perdita di tempo o se non ne avesse bisogno, essendo già padroni della loro penna… mah, per me la lettura è davvero fondamentale, sia per svagarmi ma anche perché amo conoscere, sapere, approfondire…
E quindi, in soldoni, continuerò a farlo pure l’anno prossimo, e chi avrà voglia di leggermi o seguirmi avrà sempre la mia gratitudine: a quasi 46 anni ho trovato il mio equilibrio e la mia dimensione, non sono mai stato in cerca di particolari consensi, o meglio determinati risultati non li do’ assolutamente per scontati, vanno anzi guadagnati sul campo. So bene che non si potrà mai piacere a tutti (non capita nemmeno ai più grandi, i “criticoni” ci sono sempre da che mondo è mondo), ma anche solo riuscire a emozionare qualcuno con le proprie parole è un regalo che ogni volta mi tengo nel cuore.
Posso anticiparvi per il momento che i tempi sono maturi per la ripresa di una mia trasmissione sulla webradio www.yastaradio.com gestita dall’amico Dalse e che a gennaio uscirà un’importante pubblicazione del già citato Michele Neri, un volume enciclopedico dedicato ai cantautori e alle cantautrici emersi nel nuovo millennio, in cui sono stato coinvolto durante la realizzazione: ho contribuito occupandomi di un centinaio di schede, si tratta di un progetto editoriale rilevante dal punto di vista storico e musicale, partito da molto lontano e che finalmente vedrà la luce. Anche in questo caso, voglio cogliere l’occasione per ringraziare ancora una volta pubblicamente il mio direttore per la fiducia e la stima dimostratami.
In merito ad altri progetti invece parlerò diffusamente a tempo debito, anche perché grazie al cielo di roba buona che bolle in pentola ce n’è davvero parecchia!
Per questo nel mio piccolo voglio guardare con ottimismo al futuro, ma non perché io sia insensibile a quello che sta accadendo fuori dalla mia “bolla”, ma perché credo che se ognuno avesse la possibilità di seguire le proprie passioni poco alla volta riusciremo a lasciare in eredità un mondo, se non migliore, quantomeno diverso, forse più autentico.
Ho capito crescendo, e lo dico da fervente idealista, che purtroppo ci sono situazioni più grandi di noi che non potremo cambiare (guerre, pandemie, cambiamenti climatici… non ci stiamo facendo mancare proprio nulla!) e allora cerchiamo almeno di vivere in armonia con gli altri e prima di tutto con noi stessi, di migliorarci, trovare un appiglio, uno spunto, qualcosa con cui e per cui svoltare, o semplicemente per trovare la forza di andare avanti.
Ci sono dei vuoti che non verranno mai più riempiti, lo sappiamo bene ed è pure azione crudele constatarlo, come quando ci vengono a mancare dei riferimenti importanti, fondamentali, degli affetti così profondi per i quali non saremo mai veramente preparati a separarcene.
La vita ci presenta il suo conto, spesso senza preavviso, e questo 2022 che ho voluto celebrare e in modo sottointeso ringraziare per quanto mi ha regalato, ha anche generato momenti duri, tragedie delle quali non sai darti un perché, perdite importanti. Fra queste, per alcuni, figurano anche le (purtroppo tante) persone celebri che hanno salutato questo mondo, ultimo il leggendario Pelè.
Ognuno di noi può vivere come un lutto profondo la morte di una celebrità: spesso chi si occupa di spettacolo, gli attori, i musicisti, gli uomini di sport, gli scrittori, ecc. diventano familiari, entrano a far parte della nostra vita e che con la propria arte ci stanno vicino, rendendola persino migliore. Per questo comprendo il dolore che a volte si fa collettivo e che ha bisogno di essere manifestato, esorcizzato: a me ad esempio ha colpito molto la morte di Taylor Hawkins, anche se ovviamente non lo conoscevo, perché mi ha sempre trasmesso molto con la sua musica e vedere (nei social specialmente) tanti ricordi e omaggi su di lui ha reso la cosa molto partecipata e toccante.
Allargando ancora il cerchio, quest’anno sono accaduti anche tanti gravi fatti di cronaca che non possono certo lasciare indifferenti, gente che ha perso tutto e che dovrà in qualche modo ricominciare.
E’ davvero difficile accettare l’irreversibilità delle cose, qualcosa che in maniera ineluttabile ti piomba addosso rivoluzionandoti l’esistenza; credo però che finchè c’è anche una sottile, flebile, speranza, le persone abbiano comunque una nuova chance importante da giocarsi, pur riconoscendo che ovviamente non tutto può sempre dipendere da te.
Pensiamo ai rapporti umani, soffermiamoci per un attimo sulle amicizie: quante volte per svariati motivi ci si perde per strada, e nomi e volti con cui hai condiviso una fetta importante della tua vita a un certo punto diventano marginali? Ecco, se c’è volontà da entrambe le parti, se ne vale la pena, diamoci il tempo di riallacciare rapporti, e se il caso accorciamolo quel tempo… questo anno che si sta chiudendo ha certamente consolidato diverse amicizie, mentre altre si sono affievolite ma ci sono legami destinati a non spezzarsi, e altri che dureranno per sempre.
Personalmente ci tengo a ricordare in questo spazio personale due persone in particolare, due amici, la cui perdita mi fa ancora male e a cui il mio pensiero torna spesso.
Il primo si chiama Giovanni, conosciuto proprio in Fondazione, con cui negli anni avevo instaurato un rapporto speciale, di complicità mi verrebbe da dire. Quando torno da quelle parti, ed è successo anche di recente poco prima di Natale, ancora devo abituarmi all’idea che non ci sia più. Era veramente una presenza importante, si faceva indubbiamente conoscere e voler bene, e io gliene ho voluto tanto, come lui a me.
Il secondo amico che ho perso si chiama Alex, e nel suo caso è stato tutto così improvviso che davvero si fa una gran fatica ad accettare. Non è sbagliato dire che ci conoscevamo da una vita, perché siamo cresciuti da vicini di casa praticamente, amici di famiglia, nella stessa via di un piccolo paese della sperduta provincia veronese (Menà) e poi a distanza di un anno ci siamo trasferiti entrambi nel vicino comune di Castagnaro, ancora nello stesso quartiere.
Lui coetaneo di mio fratello Jonathan, con cui ha condiviso un sacco di esperienze, io grande amico di suo fratello Mirco, che ho voluto anche come mio testimone di nozze. E’ vero, negli ultimi tempi non ci si vedeva più tanto spesso, entrambi alle prese come tutti con mille impegni e ormai anche lontani geograficamente, ma quando capitava era davvero come se ci fossimo salutati il giorno prima. Avevi, Alex, quella capacità di rallegrare tutti, di fare gruppo, di coinvolgere, di dare attenzione massima al tuo interlocutore, chiunque esso fosse. Ci hai fatto un brutto scherzo, l’ultimo dei tuoi, ma tutti preferiamo ricordarti per i tantissimi momenti felici che ci hai regalato negli anni.
Perdonate lettori questa mia lunga digressione, giuro che questo voleva essere un articolo snello, di saluto al 2022 e di benvenuto sotto buoni auspici al nuovo anno. Ma immagino anche che mi segue e legge da tanto tempo sa che, nonostante tutto, non sono tipo che si abbatte facilmente e che mi ero ripromesso, ormai dieci anni fa, quando scampai a una rara e gravissima malattia ristabilendomi col tempo del tutto, che sarei sempre stato grato per questo dono chiamato Vita.
Non sarà mai tutto perfetto, ci saranno ancora problemi o motivi per stare male, incazzarsi, litigare, ma grazie al cielo so che troverò sempre anche dei buoni motivi per sorridere!
BUON 2023 A VOI TUTTI, CARISSIMI LETTORI!
A presto!
(Gianni Gardon)