Gemelli emergenti del calcio italiano: da Edoardo e Niccolò Pierozzi a Cristian e Stiven Shpendi, a Lorenzo e Carlo Pirola (e tanti ancora)

Uno degli articoli più letti ancora oggi del mio blog, almeno rimanendo al tema sportivo, è quello che dedicai ormai diversi anni fa ai gemelli nel mondo del calcio e poiché negli ultimi tempi stanno emergendo altre coppie di gemelli nei nostri campionati avevo voglia di passarle in rassegna, dai più noti a quelli che stanno iniziando da poco il loro percorso.
Il riferimento va comunque a calciatori ancora ascrivibili all’area degli “emergenti” (che in Italia comprende una forbice piuttosto vasta rispetto ai parametri europei), ragion per cui non ho trattato ad esempio la storia dei gemelli Matteo e Federico Ricci (classe 1994), grandi talenti cresciuti nel vivaio della Roma e protagonisti in carriera di buoni se non ottimi picchi di rendimento ma la cui stella ha iniziato a declinare, visto che entrambi attualmente sono poco più che comprimari nei rispettivi club (Matteo nella Sampdoria in B, Federico addirittura finito in serie C al Perugia).

I gemelli Ricci ai tempi della bellissima esperienza condivisa nello Spezia – (foto dal sito ufficiale dello Spezia Calcio)

I GEMELLI PIEROZZI

Fatta questa doverosa premessa inizierei la panoramica con i gemelli Edoardo e Niccolò Pierozzi, classe 2001, nati a Firenze e cresciuti entrambi nella Fiorentina.
Nel vivaio viola si sono imposti facilmente garantendo sempre un buon rendimento, giostrando in una zona di campo simile, sulla fascia destra. Più difensivo forse Edoardo; capace di agire anche dalla metà campo in su invece Niccolò.

I gemelli Edoardo e Niccolò Pierozzi - (foto dalla pagina Instagram del Palermo Calcio)

Il primo è quello che ha lasciato la Primavera nei tempi corretti, iniziando il suo percorso da professionista a 19 anni nella stagione 2020/21 in Serie C alla Pistoiese. Edoardo non patì il salto, disputando il torneo da titolare, concluso con 31 presenze e 2 gol che gli sono valse la “promozione” l’anno successivo in serie B in una neopromossa gloriosa come l’Alessandria.
Al termine di un campionato concluso con la mesta retrocessione dei grigi piemontesi, Edoardo comunque non demerita mettendo insieme 21 presenze e 1 gol. Molto peggio va invece l’anno dopo, quando gli viene concessa la possibilità di cimentarsi ancora in cadetteria, ma stavolta le presenze tra Palermo e Como saranno soltanto 5 in tutto, motivo per cui alla vigilia della stagione in corso, matura la scelta di tornare in serie C in un’ ambiziosa compagine come il Cesena.
In Romagna Edoardo sta ritrovando lo smalto perduto e un ruolo di primo piano, stabilendosi principalmente nel ruolo di terzino destro in una difesa a 4 o all’occorrenza spostato di qualche metro più avanti, sulla linea dei centrocampisti.
Diversa la parabola del gemello Niccolò, rimasto un anno da fuoriquota in Primavera, ma avendo poi un impatto importante tra i professionisti in serie C nel campionato 2021/22 con la Pro Patria: furono infatti ben 36 le presenze condite da 8 gol e la sensazione che in quella categoria fosse solo di passaggio.
L’anno dopo il salto in B alla Reggina e un’altra stagione da incorniciare a livello personale ma non solo. Infatti fu titolare fisso da terzino destro (con doti offensive), mostrando grandi qualità tecniche alla corte di Filippo Inzaghi; inoltre ha esordito in Under 21 (in precedenza aveva già assaporato le maglie azzurre della Nazionale giovanile assieme a Edoardo) e avuto la possibilità concreta di rientrare alla base, con la Fiorentina consapevole di trovarsi in casa un giocatore pronto per certi palcoscenici.
Da lì però, e siamo alla vigilia del campionato in corso, l’improvviso stop dovuto in primis a problemi fisici e poi all’esplosione interna del più giovane prodotto locale Kayode, classe 2004 che con l’Italia Under 19 si è laureato Campione d’Europa scalzando di fatto dal ruolo originario di vice Dodò proprio Niccolò Pierozzi (che di fatto deve ancora debuttare in partite ufficiali con la prima squadra).
È molto probabile, quindi, che a questo punto con l’apertura del mercato invernale a gennaio possa cambiare maglia, andando via in prestito con mezza serie B pronta ad accoglierlo.

I GEMELLI SHPENDI

Sugli scudi vi è poi una coppia di gemelli composta da due attaccanti puri: si tratta degli albanesi (ma nati in Italia ad Ancona) Cristian e Stiven Shpendi, classe 2003, entrambi affermatisi a Cesena.

I gemelli Shpendi, affiatatissimi in campo e nella vita – (foto dal Corriere Romagna)


Sempre insieme, sempre a emergere sui compagni bruciando le tappe, hanno mosso i primi passi a Fano per poi approdare al San Marino fino alla chiamata del Cesena ai tempi dell’Under 17.
Un’intesa perfetta la loro, dentro e fuori dal campo e l’esplosione che arriva presto, al primo anno di Primavera 2 quando Cristian mette a referto 17 presenze e 15 reti (più 7 assist), mentre Stiven fa ancora meglio con addirittura 23 gol in 20 presenze (condite anch’egli da 7 assist).
Due portenti insomma, di cui si inizia a parlare insistentemente in ottica prima squadra.
È dalla stagione 2022/23 che i due, piuttosto difficili da distinguere di primo acchito in campo (nonostante Cristian sia più un centravanti puro da area di rigore, mentre Stiven è capace di muoversi su tutto il fronte dell’attacco), diventano pedine importanti del Cesena in un campionato che vede per i romagnoli sfumare per pochissimo il sogno della promozione in B mediante i (complicatissimi) playoff.
A livello personale Cristian denota qualche difficoltà iniziale in più, totalizzando nel 2021/22 le prime 5 presenze e trovando il primo gol (in 16 presenze) nel campionato passato. Meglio fece Stiven che dopo l’esordio da 2 presenze nel 2021/22 è esploso già nella stagione successiva, quella appena trascorsa, segnando 12 reti in 29 presenze, quasi tutte da titolare e fungendo da valore aggiunto.
Impossibile a quel punto restare indifferenti dinnanzi a un simile exploit, tanto che come previsto ci fu la corsa ad acquistarlo; alla fine la spuntò l’Empoli, con cui il giovane nazionale albanese sta giocando ora in serie A, e nonostante non sia titolare di fatto sta comunque mettendo insieme quelle presenze che fanno acquisire esperienza e la giusta conoscenza di una categoria così importante. D’altronde il doppio salto non è cosa da tutti i giorni, eppure Stiven ha già evidenziando una buona personalità e la capacità di giocare senza timori reverenziali al cospetto di forti e navigati difensori.
La realtà odierna dice che in compenso Cristian sta ripercorrendo eccome, a un anno di distanza, le orme del quotato gemello, dimostrando potenzialmente di fare pure meglio, visto che a dicembre si trova già in doppia cifra con lo splendido score di 10 reti in 14 presenze!
Insomma, arrivare in A per lui sembra solo una questione di tempo.

I GEMELLI MORETTI

Del 2002 sono invece i gemelli Lorenzo e Andrea Moretti, entrambi cresciuti nelle giovanili dell’Inter (con un passaggio al Novara), giocando più o meno nello stesso ruolo, quello di difensore centrale, anche se Lorenzo sin dalle giovanili si è mostrato capace di ben figurare anche da terzino.

Lorenzo Moretti con la Primavera dell’Inter – (foto dal sito Tutto Avellino)


Proprio Lorenzo, a lungo colonna di tutte le nazionali giovanili azzurre, è quello che è sempre parso più forte, oltre che più completo. E sinceramente mi sarei aspettato di vederlo già protagonista a livelli più alti di una pur dignitosa serie C.
Quello di quest’anno nella competitiva Triestina è il suo terzo campionato di fila in C dopo le precedenti esperienze sempre da titolare prima nella Pistoiese e poi nell’Avellino, e tutto lascia in fondo presupporre che, indipendentemente da come andrà a finire il torneo dei giuliani (comunque tra i favoriti per la promozione in serie B), per lui si possano spalancare le porte di una categoria superiore.
Andrea Moretti invece è rimasto un anno da fuoriquota in Primavera per esordire tra i professionisti nel torneo scorso alla Pro Sesto (18 le presenze in serie C).

Andrea Moretti ai tempi delle giovanili interiste – (dal sito FC Inter 1908)

Sta andando decisamente meglio per lui l’esperienza odierna, alla Pro Patria dove è titolare fisso in mezzo alla difesa, mostrandosi molto affidabile, avendo già eguagliato il numero di presenze della scorsa stagione, oltretutto con 3 reti messe a referto.

I GEMELLI PIROLA

I gemelli Pirola, Lorenzo con la maglia della Salernitana e Carlo con quella della Giana Erminio – (foto dal sito Lecco News)

Un caso ancora diverso è quello dei gemelli Pirola, Lorenzo e Carlo, il primo già affermato difensore in serie A (attualmente alla Salernitana), il secondo un portiere che gioca quest’anno in C alla Giana Erminio, anche se non da titolare (e con anzi uno score sinora da dimenticare, avendo incassato 8 reti in 2 partite).
Lorenzo è sempre stato considerato un predestinato, colonna delle giovanili nerazzurre dell’Inter e di tutte le selezioni azzurre della Nazionale, avendo tra l’altro disputato da titolare e leader un Mondiale Under 17 (dove tra i convocati c’era anche il già citato Lorenzo Moretti, all’epoca suo compagno nell’Inter), mentre ora è il capitano dell’Italia Under 21, monitorato pure dal ct Spalletti.
Anche da professionista sta bruciando le tappe, essendo passato in prestito una prima volta nel forte Monza di Berlusconi e Galliani in B e poi diventando pedina importante della Salernitana nella massima serie, sin dall’anno scorso, in un torneo concluso con un’ esaltante salvezza alla quale lui ha ben contribuito.
In questo momento tuttavia la squadra è in difficoltà, trovandosi ultima ma lui non sta certo demeritando: si tratta insomma a conti fatti di un grande prospetto del nostro calcio.
Il gemello Carlo sin dalle giovanili ha avuto un percorso meno lineare, passando dall’Atalanta al Torino senza mai essere protagonista di rilievo. Già nel 2020/21 però la prima esperienza tra i grandi, alla Casatese in serie D, dove rimane due stagioni acquisendo sicurezza e mostrandosi affidabile, fino alla chiamata della Giana Erminio per la stagione 2022/23 che la vedeva seria candidata alla promozione in serie C.
Detto fatto, per la squadra di Gorgonzola si è trattata di una cavalcata trionfale, coronata col ritorno tra i professionisti dopo un solo anno di purgatorio nei Dilettanti.
Carlo invero ha contribuito alla grande a questo risultando disputando da titolare ben 36 partite ma quest’anno come detto l’approccio non è stato positivo, e ora si trova scavalcato nel ruolo dal più giovane (e bisogna ammetterlo più talentuoso) Gioele Zacchi, classe 2003 proveniente dal Sassuolo e da sempre nel giro delle nazionali Under dell’Italia. Ciononostante il tempo è tutto dalla sua parte per dimostrare che può costruirsi una carriera da professionista.

I GEMELLI D’ALESSIO

Sono nati nel 2004 invece i fratelli Leonardo e Francesco D’Alessio, cresciuti nel fortissimo vivaio della Roma.

I gemelli D’Alessio ai tempi della comune militanza nelle giovanili della Roma – (foto da Gazzetta Regionale)

Proprio il ciclo dei 2004 è uno dei più forti visti in anni recenti a Trigoria, con diversi protagonisti già saliti agli onori delle cronache, considerati da Mourinho per la prima squadra e in alcuni casi con già all’attivo delle presenze tra i grandi (tra serie A ed Europa League).
Anche Francesco, polivalente giocatore in grado di destreggiarsi da centrocampista come da difensore esterno, ha assaggiato l’aria della prima squadra esordendo in Europa League allo stadio Olimpico, coronando così il suo sogno di bambino, come era successo prima di lui ai compagni Missori, Faticanti, Pagano e Pisilli.
In carriera vanta anche uno scudetto con la formazione giallorossa in Under 17, mentre quest’anno è pedina fissa dello scacchiere di mister Guidi nella Primavera (dove sta giocando da fuori quota).
Fino a due anni fa il percorso del gemello Leonardo era stato pressoché identico al suo; diverso il ruolo, considerando che lui è un terzino destro puro ma stessa esperienza e stesso attaccamento ai colori giallorossi.
Eppure a un certo punto ha scelto di lasciare la casa madre per cimentarsi altrove, forse perché cominciava a pesargli la concorrenza in casa nel ruolo del forte Missori, ora al Sassuolo e capitano della spedizione Under 19 azzurra che si è aggiudicata uno splendido Europeo di categoria (dove figuravano anche Pisilli e gli ex giallorossi Mastrantonio e Faticanti). Fatto sta che Leonardo è passato al Milan per disputare l’anno scorso il campionato Primavera, se non che alla fine ha collezionato solo scampoli di partite (in tutto 8 presenze), condizionato da un problema all’occhio che lo ha tenuto lontano dai campi per ben sei mesi.
Ora sta meglio ma la società rossonera ha deciso di mandarlo in prestito alla Pro Sesto dove tuttavia sta faticando non poco a trovare spazio.

I GEMELLI PLAIA

Rimanendo in casa Roma, uno dei prospetti più interessanti del 2006 è sicuramente il difensore centrale Matteo Giuseppe Plaia, marcantonio di 1 metro e 94 (nato a Bruxelles) e giunto nella Capitale a 16 anni dopo i trascorsi nelle giovanili dello Spezia.

Matteo Plaia in maglia giallorossa – (foto da Gazzetta Regionale)

Proprio nella società ligure gioca ancora il fratello gemello Francesco Saverio (portiere e punto fermo anche delle nazionali Under dell’Italia), attualmente impegnato con la Primavera.
Per entrambi si può auspicare una carriera da professionisti a buoni livelli, visto che Matteo giocando sempre da sotto età si sta ben disimpegnando ed è già affidabile pedina della Primavera di Federico Guidi, mentre Francesco è da tempo tenuto in considerazione dai vari selezionatori azzurri.

Francesco Plaia, portiere della Primavera dello Spezia – (foto dal sito Spezia 1906)

Matteo oltretutto è stato già convocato da Mourinho per la gara di Europa League contro lo Sheriff, dove ha esordito il coetaneo Mannini anch’egli prelevato a suo tempo dallo Spezia, ma a mio avviso sarà proprio il gemello Francesco a debuttare per primo tra i professionisti, magari già al termine di questo campionato.

I GEMELLI RENAULT

Nell’ Atalanta sono cresciuti i gemelli Christophe e Guillaume Renault, classe 2002, tutti e due con caratteristiche simili, da esterni difensivi capaci di giocare anche a tutta fascia, a destra come a sinistra. Discendenti da una famiglia nobile francese stabilitasi in Italia, hanno passaporto italiano e francese ed entrambi sono stati nel giro delle Nazionali Under italiane.

Guillaume e Christophe Renault ai tempi delle giovanili dell’Atalanta – (foto da Gazzetta.it)

Provenienti dal Pavia, hanno poi completato l’iter giovanile nel vivaio della Dea, dividendosi una prima volta ai tempi della Primavera, con Christophe passato all’Olbia già nella stagione 2021/22, in cui aveva messo a segno 1 gol in 10 partite, patendo però un grave infortunio al crociato che lo ha condizionato molto in questa sua prima esperienza nel professionismo.
L’anno seguente era di nuovo in Sardegna con altre dieci presenze, poi un passaggio alla Viterbese solo sulla carta prima dell’approdo all’Alessandria a gennaio 2023 dove è riuscito a totalizzare solo 5 presenze in un campionato assai travagliato per i grigi.
All’inizio di questa stagione Christophe è rimasto svincolato ma dato per vicino a diverse squadre, tra cui la Pro Patria dove gioca attualmente anche Guillaume, più dotato dal punto di vista tecnico ma come detto simile per caratteristiche: anche quest’ultimo infatti può giocare su entrambe le fasce, pur prediligendo quella destra, a differenza di Christophe che agisce prevalentemente sulla sinistra.
Guillaume sta disputando una buona stagione dopo che nella scorsa è stato impegnato con alterne fortune tra Pro Vercelli fino a gennaio e poi Alessandria dove ha ritrovato così il gemello.

I GEMELLI DORATIOTTO

Per ultimi vado a citare i gemelli Riccardo e Fabio Doratiotto, classe 1999, stabilitesi entrambi da qualche stagione nei Dilettanti dopo le buone esperienze nelle giovanili del Cagliari.

Riccardo Doratiotto, quando era una grande promessa del Cagliari – (foto da TuttoCalciatori.Net)

Più considerato dagli esperti il primo, che nella Primavera era raffinato trequartista o punta centrale, ha all’attivo vari campionati tra i professionisti all’Olbia (sorta di succursale rossoblu) e al Montevarchi, con inoltre la grande soddisfazione di aver esordito in serie A con la squadra della sua città, tra l’altro ben figurando.
L’ultima occasione di rilievo per Riccardo a Montevarchi (nel 2021/22) tuttavia non è stata felice e così a gennaio scese nei Dilettanti in una società storica come l’Arezzo. Da lì sono giunte altre tappe sempre in D, lo scorso campionato nel Città di Castello e ora nella Cynthialbalonga.
Il fratello Fabio gioca invece da mediano e, sebbene non abbia mai esordito tra i professionisti (pur terminando l’iter giovanile nella Primavera del Lecce), ha d’altro canto accumulato molta esperienze nelle categorie inferiori, giocando in D dal 2019/20 ad oggi con le maglie di Chions, Sanremese, Carbonia, Arzachena e da ultima il Pont Donnaz Hone Arnad, squadra aostana.

Fabio Doratiotto con la maglia del Cagliari, società nel cui vivaio è cresciuto – (foto da TuttoCalciatori.Net)

I due gemelli Doratiotto, dopo i trascorsi giovanili insieme con il Cagliari, di fatto non si sono più incrociati in una partita di calcio e, a quanto pare, uno dei loro sogni più grandi è proprio quello di potersi ritrovare un giorno nello stesso rettangolo di gioco, visto anche il fortissimo rapporto che li lega fuori dal campo.

Le belle collaborazioni pt.4: “Il Ciuccio sulla Maglia del Napoli”, l’interessante blog di Giulio Ceraldi

Come ho avuto modo di specificare nella mia presentazione inaugurando questo blog, le mie prime esperienze giornalistiche hanno riguardato principalmente il calcio, per cui da sempre nutro una passione che va al di là del singolo tifo (pur fortissimo) per l’Hellas Verona, gloriosa squadra della mia città.

Sono sempre stato attratto soprattutto dalle storie degli uomini e delle epopee dei grandi club appartenenti a questo sport così popolare, in grado di unire ma anche di contrapporre spesso in modo pesante così tante persone.

Ero proprio un bambino quando ho iniziato a seguire il calcio in modo “patologico” conoscendo le varie formazioni, le classifiche dalla serie A in giù, le carriere dei calciatori grazie anche all’immancabile album delle figurine “Panini”e ai vari preziosissimi almanacchi.

Ho voluto approfondire la storia di questo sport, partendo dagli albori, appassionandomi così delle vicende salienti che hanno segnato i nostri campionati (e non solo), interessandomi in particolare al Grande Torino, la squadra degli Invincibili capitanati da Valentino Mazzola purtroppo spezzata via nella tragedia di Superga.

Anche qui fondamentali si rivelarono le letture (oltre a quelle assai numerose di libri di saggistica sportiva e le biografie di vari personaggi) delle varie riviste, su tutte il glorioso “Guerin Sportivo” ma poi ricordo, quando già ero più grandicello pure il grande impatto che ebbe su di me “Calcio 2000”, fondato da uno dei maestri della materia, il grande Marino Bartoletti.

Mai avrei pensato che un giorno nemmeno troppo lontano sarei finito per apporre la mia firma su tanti articoli per quella mitica testata, io in mezzo a tanti “giganti” del giornalismo nostrano (negli anni in cui vi collaborai, ero a fianco di gente come Gianni Mura, Roberto Beccantini, Adalberto Bortolotti, Nicola Calzaretta, Gianluca Grassi e altri giovani esperti di grande talento, tra cui Alec Cordolcini con cui avrei instaurato poi un rapporto di amicizia che dura tuttora, e che va al di là della sfera calcistica).

Ero un fedele guerinetto e poi mi ritrovai in redazione nel bolognese a parlare con l’allora direttore Matteo Marani per formalizzare l’inizio della mia collaborazione.

Nei miei anni di militanza al Guerino ho scritto diversi articoli, qualche dossier sul calcio giovanile, e sono stato coinvolto anche nella realizzazione di “speciali” in occasioni di eventi quali il Mondiale, gli Europei, la Champions League, la Copa America, la Coppa d’Africa, la Coppa d’Asia insieme a validissimi colleghi.

Mi viene ancora da sorridere se penso che nel 1996 a diciannove anni partecipai a “Ok il prezzo è giusto” condotto dalla Zanicchi e fui protagonista con lei di un siparietto dove mi chiese le formazioni di varie squadre di calcio (cosa assolutamente non preparata, anche se durante il “provino” era uscita voce che fossi un grande appassionato di calcio: fu mia cugina Deborah a rivelarlo facendomi passare per un “fenomeno” perchè conoscevo tutti i giocatori delle squadre di serie C! Esiste ancora il filmato di quella puntata, io ero piuttosto impacciato ed era marcato il mio accento veneto ma almeno potevo ancora vantare una folta capigliatura!)

Fu quello certo un momento indimenticabile, ancorché assai curioso, visto che più o meno nello stesso periodo parteciparono ad altri famosi quiz dei giovani Matteo Salvini e Matteo Renzi, non ancora dei politici affermati, anzi, erano poco più che ragazzi come me.

Ok, io fortunatamente, mi vien da dire, presi altre strade (per quanto sia stato impegnato anch’io in gioventù in politica a livello locale) ma resta il fatto che pure in quell’occasione emerse con forza la mia passione per il calcio.

Ovviamente ero un avido lettore anche dei quotidiani, su tutti la “Gazzetta dello Sport”, ma ripeto il fatto che a un certo punto me ne sarei potuto occupare come giornalista lo vedevo un’ipotesi molto lontana, pur avendo frequentato con profitto anche un interessante corso di formazione a Milano avendo come docenti illustri giornalisti sportivi delle più importanti reti televisive.

I primi approcci al riguardo ci furono quando iniziai a scrivere per “Calcio Dilettante”, diretto da Andrea Nocini. Una bella esperienza, molto emozionante per certi versi, nonostante l’inevitabile ingenuità dei miei vent’anni scarsi.

Una volta terminate pure l’esperienza con il “Guerin Sportivo”, coincisa col cambio di direzione, e con il “Nuovo Calcio”, pur continuando a seguire il calcio da ogni angolazione, davvero non trovai più riviste o webzine con cui portare avanti con continuità una collaborazione, nonostante diversi avvicinamenti e alcune proposte che in un primo momento parevano interessanti o quanto meno valutabili.

In qualche modo però il mio nome all’epoca era un po’ noto e così mi capitava di intervenire in varie trasmissioni radiofoniche (o più raramente televisive) o di essere interpellato in alcuni siti specializzati, per chiedermi dei pareri su determinati fatti ed eventi di attualità, sul tal giocatore e la tal squadra o su alcuni argomenti del passato.

Ricordo a tal proposito delle belle escursioni e partecipazioni in alcune testate di Bologna, Roma, Lecce, Firenze, Napoli… spesso poi mi sono ritrovato anche come semplice spettatore a intervenire in trasmissioni dedicate alle squadre che più sento vicine, come il Torino e il Verona appunto ma proprio in quei casi non ho mai avuto la soddisfazione di collaborare o di essere invitato e non nego che la cosa mi farebbe immensamente piacere. Mai dire mai!

In compenso in questo blog ho sempre dedicato grande spazio alla mia passione per lo sport, e il calcio in particolare, curando con buona frequenza degli approfondimenti sul calcio giovanile, mio argomento principe, e in generale continuando a seguire quei talenti emergenti (italiani o stranieri) che in futuro potrebbero diventare dei campioni, pur mettendo in conto che alcuni di essi rimarranno invece giocoforza inespressi.

Al tema dedicai una rubrica sul “Guerin Sportivo” intitolata “Stelle comete nel mondo del calcio” che poi, ampliata, è diventata oggetto di un mio saggio autopubblicato con il medesimo titolo grazie alla piattaforma Youcanprint.

Ho scritto inoltre in quegli anni anche la prefazione di un libro molto bello di Francesco Vannutelli, intitolato “9” edito da “La Gru”, sempre a sfondo sportivo.

Avendo quindi mantenuto sempre un forte interesse per il calcio in generale, mi capita sovente di guardare trasmissioni anche in streaming relativi alle squadre più svariate, e spesso negli anni mi sono ritrovato a seguire canali riservati ad esempio al Napoli, una delle squadre che più mi stanno in simpatia (da tempi non sospetti, non certo solo ora che stanno dominando il campionato…).

Uno di questi in particolare fu in grado di catturare lo scorso anno la mia attenzione, soprattutto per il garbo, unito alla competenza e al tifo più genuino con il quale viene proposto: si chiamava “Il ciuccio sulla maglia del Napoli” e a condurlo era Giulio Ceraldi, il suo ideatore.

La visione di quei dibattiti, dai toni che certo potevano anche accendersi a seconda degli argomenti, ma sempre gestiti ottimamente e mantenendo uno stile riconoscibile, era sempre piacevole, così diventai poco alla volta un assiduo e appassionato sostenitore, interagendo di tanto in tanto con qualche commento.

Fu poi un’amica comune, la super tifosa Pina Libretto (molto competente sulle questioni relative al calcio Napoli e anch’essa sovente in collegamento con la trasmissione) a fare da tramite con Giulio, mettendomi di fatto in contatto con lui, fino al primo invito a intervenire nel suo programma.

Superata, non dico la diffidenza, ma comunque una sorta di normale curiosità iniziale, essendo io non solo veronese doc ma anche tifoso della squadra gialloblu (e sappiamo bene quanto siano rivali i due club per motivi che spesso, ahimè, esulano anche da contesti sportivi), si è creato subito un rapporto di stima e di fiducia reciproco, con la disponibilità mia di partecipare altre volte in trasmissione.

Giulio Ceraldi si è rivelato presto essere una persona squisita, con dei valori che condivido, e ciò ha di fatto accelerato la nascita di una vera amicizia, seppure a distanza (visto che abita in Inghilterra!) che ha permesso che, sulla base di questa, potesse avviarsi un’interessante collaborazione innanzitutto sul suo blog “Il ciuccio sulla maglia del Napoli”.

Ho curato quindi una rubrica (intitolata “New Game”) in dieci puntate scrivendo dei più interessanti prospetti del vivaio del Napoli, dalla categoria Under 15 fino alla Primavera, contando anche quei giovani professionisti da poco usciti dalle giovanili azzurre (gente come Zerbin e Gaetano, quest’anno tornati alla base dopo aver ottimamente figurato la scorsa stagione in prestito in serie B) e poi la cosa si è ripetuta allargando gli orizzonti sui migliori talenti giovanili a livello internazionale, inserendo però anche un italiano tra i più promettenti in assoluto, quel Simone Pafundi, esordiente record in serie A e in Nazionale che è cresciuto e milita nell’Udinese ma che ha origini napoletane.

La nuova edizione della rubrica è stata ribattezzata “New Game XL” e con la recente pubblicazione del nono protagonista sta anch’essa giungendo al termine, visto che mi ero prefissato di inserire nuovamente una decina di nomi.

Ormai mi sento “di casa” nelle trasmissioni di Giulio: dal 2022 sono parecchie infatti le volte in cui mi ha invitato a intervenire in diretta e, impegni permettendo, mi fa sempre molto piacere essere “della partita”, come si dice in gergo; dirò di più: è assolutamente entusiasmante condividere i bellissimi momenti che sta vivendo la squadra con i suoi ospiti abituali (che ormai ho imparato a conoscere) e con i tanti tifosi che ci seguono.

(una recente puntata della trasmissione di Giulio Ceraldi in cui sono intervenuto come opinionista)

https://ciucciomaglianapoli.com/

Cristian Totti e un talento tutto da dimostrare

Dura la vita dei figli d’arte, in particolare trattandosi di discipline artistiche e sportive, ma in fondo la regola si potrebbe applicare un po’ a tutti i campi esistenziali, laddove sia sempre in agguato il confronto o la responsabilità di portare avanti un’eredità, un passaggio di testimone, un’attività o quant’altro.

Ovvio, ci sono anche i dovuti vantaggi nel crescere in un ambiente dove la strada per certi versi sia già spianata ma poi, come facile è l’accesso a determinati approdi, allo stesso tempo diventa invece molto complesso mantenere tale status o determinati standard.

Siccome di sport parlerò in questo post, a maggior ragione vedremo quanto sia difficile in alcuni casi misurarsi con un cognome ingombrante, magari con chi ha fatto la storia in questo ambito, e mai come nel calcio ad esempio, se è vero che vi sia un canale preferenziale – per non dire diretto – nell’assaporare certe realtà difficilmente raggiungibili per il ragazzo che parta da zero dal campetto sotto casa, facendo leva sulle sole qualità tecniche, poi bisognerà sempre dimostrare sul campo di che pasta si è fatti.

E in un certo senso, mi vien da dire, sarà sempre più difficile, se non impossibile, riuscire a imporsi se non si dimostra con i fatti il proprio valore, a differenza del figlio di un imprenditore che, con ogni probabilità, un posticino nella ditta familiare se lo potrà tenere stretto più facilmente.

Uno a questo punto potrebbe sostenere che anche un figlio d’arte di un famoso calciatore avrà comunque accesso a una vita più che decorosa e non dovrà magari sgobbare per arrivare a fine mese; già, ma se le sue ambizioni (legittime) erano quelle di ripercorrere le tappe della carriera paterna (o materna, ma nel caso specifico tratteremo di un ex calciatore di cui oltretutto si sta parlando molto attualmente per questioni extra sportive), allora sono certo che il rammarico e la delusione per non essere riusciti nell’impresa saranno molto alti.

Il nome in questione, l’avrete capito dal titolo, è quello di Totti, il cui figlio Cristian sta cercando di ripercorrerne le gesta sul rettangolo verde.

Si fa riferimento quindi a uno dei più grandi campioni mai espressi di questo sport, non soltanto in ambito nazionale. Francesco ha vinto un Mondiale, è stato indissolubile simbolo della Roma (e di Roma), e il pensiero diffuso è che di calciatori come lui non ne nascano molti.

La gioia incontenibile di Cristian Totti dopo il gol rifilato alla Reggina nello scorso campionato Under 17: si è trattato del suo unico sigillo stagionale. Il fatto ha scatenato un grande entusiasmo tra i tifosi giallorossi e gli addetti ai lavori. (foto tratta dal sito Il Messaggero.it)

Cristian è l’unico maschietto di casa, il primogenito dell’allora coppia d’oro Totti/Blasi, ha due sorelle più piccole (Chanel e Isabel) e sin da bambino è dovuto crescere giocoforza con i fari puntati accesi, con la famiglia giustamente attenta a garantire privacy e la necessaria tranquillità per compiere tutte le tappe salienti della sua vita.

Il pallone non poteva che diventare un suo fedele compagno, la passione è nata spontanea: respirava calcio in casa Totti, e non poteva essere altrimenti.

Francesco, come tutti i padri amanti del calcio, certo sognava che il figlio diventasse un calciatore, ma è sempre stato anche prudente nel pronosticargli un futuro a certi livelli, consapevole lui per primo che essere “il figlio di” lo avrebbe di fatti penalizzato, esponendolo a continui e difficili paragoni.

Sono sempre stato attento e appassionato all’argomento, ne scrissi per la prima volta proprio su questo blog: era il 2013 e quel dossier a tutt’oggi è tra i miei articoli più letti e apprezzati.

C’è sempre una sorta di curiosità speciale nel vedere all’opera gli eredi di sportivi, musicisti, attori ecc, e anche solo immaginare di rivedere il nome di Totti stampato su una maglia giallorossa è fonte di emozione, non solo presumo per i tifosi giallorossi.

Cristian, classe 2005, da sempre si trova quindi a convivere con un peso notevole, ma la famiglia lo ha sempre protetto, perché per prima cosa giocare a calcio deve essere un divertimento, come per tutti i bimbi, poi i più meritevoli, i più bravi magari avranno accesso a un futuro glorioso, chi lo sa?

Come accennato nella premessa, ovvio che Cristian non debba aver sostenuto chissà quali provini per farsi visionare e scegliere dalla società giallorossa (per inciso, una delle più forti in assoluto da sempre in campo giovanile), ma cognome a parte, qualcosa dovrà pure aver mostrato, qualche segno del dna calcistico gli è stato trasmesso.

Ora però per il giovane Totti è venuto il momento di dimostrare il proprio talento, e io da appassionato conoscitore di calcio giovanile lo sto seguendo con attenzione almeno da tre anni, da quando il Nostro è stato confermato nella formazione Under 15 (ex Giovanissimi) per il primo campionato che ti fa conseguire un titolo nazionale.

In questo filmato, uno dei rari disponibili sul web, Cristian Totti, allora tredicenne, segna una doppietta pur partendo dalla panchina. In alcune movenze è facile riconoscere il padre Francesco: peccato che da lì in avanti di gol ne segnerà col contagocce, fino ad arrivare all’Under 18, con cui inizierà la nuova stagione a brevissimo. In questa partita sono presenti diversi compagni che ancora giocano con lui e che si stanno imponendo a suon di prestazioni positive (Marazzotti, Cichella, Graziani su tutti, mentre l’attaccante Cipolletti, che qui svettava letteralmente, un anno fa è stato ceduto al Sassuolo).

Mi limiterò ai fatti, facendo ovviamente qualche considerazione personale e proiezione: nessuna pretesa di verità, perché sappiamo che nel calcio è molto complicato fare previsioni sul futuro degli atleti a determinati livelli.

E la realtà odierna ci dice che Cristian quest’anno disputerà con i coetanei il campionato Under 18, con vista sul torneo Primavera, palcoscenico che fa da preludio al calcio dei grandi.

Sarà un osservato speciale, come d’altronde lo è dai suoi precoci inizi: me lo ricordo in alcuni filmati di quando era poco più che un bambino, già con la maglia della Roma a giocare e segnare in alcuni tornei.

Ma da quando si è accostato a un livello più alto il suo nome è finito nelle retrovie, a iniziare proprio dall’Under 15 dove Cristian accumulò invero poche presenze, e non solo per l’avvento traumatico del Covid, che ha bloccato sul più bello la crescita dei ragazzi e la loro bella partenza in campionato.

Poche presenze per lui in quella prima stagione (in pratica mai titolare), e la sensazione che in un calcio schierato a 11 non avesse ancora trovato una collocazione ideale: niente di cui preoccuparsi in fondo, quella è davvero una fase di crescita non solo calcistica, dove i ruoli sono ancora poco definiti, e dove sta all’allenatore cogliere le qualità dei suoi giocatori e le modalità per farle esprimere al meglio.

La zona di campo in cui si muove è quella prettamente offensiva, anche se pare da subito evidente che, al di là di alcuni buoni fondamentali, non possegga certo la genialità del padre.

Non vanno meglio le cose l’anno successivo, quando è confermato per il campionato Under 16. Complice anche un infortunio al piede, si aggrega più tardi in gruppo e fatica tremendamente a competere con compagni come Marazzotti, Bolzan, Rozzi, Polletta o Graziani (che agiscono nella sua zona di competenza), i quali appaiono non solo più pronti ma a conti fatti più talentuosi.

Rimanendo alla sua annata, c’è già chi come Simone Ienco, difensore centrale mancino adattabile anche come terzino sinistro (arrivato nell’Under 15 dalla società satellite Carso), viene aggregato con buona continuità in Under 17, tanto da giocare titolare nella finalissima del campionato che verrà poi vinta dai giallorossi.

A parte questo, diversi giallorossi del suo ciclo finiscono presto nel giro delle nazionali giovanili (di cui il padre Francesco non solo era habituè ma pure predestinata stella): vengono chiamati dai selezionatori azzurri il centrocampista De Angelis e i già citati Marazzotti, Bolzan e Graziani; insomma la sensazione è che sia ancora indietro nelle gerarchie, e che abbia convinto poco l’allenatore Tanrivermis, fermo sostenitore del 4-3-3.

Si arriva così alla stagione calcistica 2021/2022, quando il giovane Totti viene confermato anche nell’Under 17, categoria una volta denominata Allievi, dove storicamente viene fatta una scrematura all’interno della rosa, che viene rimpolpata di volta in volta anche con profili stranieri.

Non fa specie una pur forte Roma che aveva già aggiunto in roster il portiere Razumejevs, il difensore Karagiorgis, il poderoso centravanti italo americano Misitano e il fantasista brasiliano Cesco Costa, per altro subito inserito con il ciclo vincente dei 2004 (qualitativamente in generale considerati più forti dei 2005 e dei 2006).

Inoltre salgono più o meno stabilmente in Under 17, per farli misurare da subito in un torneo più competitivo, alcuni calciatori nati nel 2006 come il difensore centrale Plaia, il polivalente Mannini (entrambi acquistati l’anno prima dallo Spezia, quest’ultimo anch’egli nazionale giovanile) e il neo acquisto Surricchio, centrocampista che addirittura vanta già qualche presenza da professionista con il Teramo in serie C.

Tra coloro che invece salutano la compagnia ci sono il laterale destro Marcelli, il terzino Mulè e l’attaccante Cipolletti – che a tredici anni giganteggiava letteralmente in campo, essendo altissimo rispetto ai compagni – : tutti loro negli anni precedenti avevano contribuito bene ai risultati della squadra, giocando spesso e volentieri anche da titolari, eppure quest’ultimo finisce al Sassuolo, i primi due invece alla Ternana (Mulè dopo un solo anno cambia di nuovo casacca, visto che inizierà la nuova stagione con la Under 19 del Latina; stessa sorte è toccata a Cipolletti, passato in prestito al Cittadella con cui disputerà il Campionato Primavera2).

Cristian a un primo colpo d’occhio somiglia tantissimo a Francesco, biondo come lui, con qualche movenza simile, ma al momento i punti in comune sono solo questi: al termine di una stagione letteralmente sopra le righe per la Roma Under 17, che per lunghi tratti domina in campionato salvo cadere poi in semifinale, i minuti accumulati dal giovane Totti sono veramente pochissimi, e al netto di qualche problema di natura fisica, pare ancora più grande il divario tecnico fra lui e i suoi compagni.

Altro filmato trovato in rete risalente a qualche anno fa, quando la suggestione di rivedere un nuovo Totti in maglia giallorossa era fortissima: il piccolo Cristian prometteva bene ma negli anni a venire non è stato in grado di confermarsi al pari di altri compagni di squadra. Ovviamente il tempo è tutto dalla sua parte, il talento c’è ma è ancora da dimostrare appieno.

Guidati dal nuovo allenatore Ciaralli, i ragazzi non solo arrivano fin quasi a giocarsi il titolo nazionale (saranno sconfitti in una combattuta semifinale contro l’Inter, che poi a sua volta perderà la finalissima contro la rivelazione Bologna) ma in campo spesso e volentieri danno spettacolo.

Schierati per lo più con un 4-2-3-1, vengono esaltati in particolare Marazzotti e Graziani sulla trequarti (mentre perdono posizioni De Angelis e Rozzi), Cichella in mediana anche dopo l’arrivo del predestinato Ivkovic, e i due attaccanti Bolzan e Misitano che si completano divinamente in campo e fanno sfracelli in zona gol, diventando oltretutto perni della Nazionale che ha disputato l’Europeo di categoria.

In maniera naturale molti di questi ragazzi esordiscono da sotto età con l’Under 18, cavandosela bene anche lì.

In mezzo a tutto questo Cristian fa molta anticamera, come detto gli restano le briciole in campo, eppure gli basta solo un gol (tra l’altro pregevole) contro la Reggina, per salire clamorosamente agli onori della cronaca.

E’ di Totti jr infatti il sigillo finale di una gara vinta agevolmente dalla Roma per sei reti a zero; sembrava l’inizio, almeno leggendo i titoloni, di una storia finalmente ricca di soddisfazioni per il giovane attaccante, tanto che addirittura si scommetteva su quando sarebbe avvenuto il suo esordio in serie A!

Capisco l’attesa di rivedere un altro Totti diventare campione, la stessa che era stata riposta nei figli di Maradona, Pelè, Roberto Baggio, Zidane e altri ancora… basterebbe conoscere l’epilogo delle loro avventure per comprendere che tanto entusiasmo attorno a Cristian è davvero esagerato, e che occorre essere molto prudenti per non bruciare il ragazzo sotto il peso di troppe aspettative.

Da lì in avanti infatti – si era a fine marzo – Totti non saprà ricavarsi tanto altro spazio, concludendo l’intera stagione con sole otto presenze che, al netto di qualche infortunio patito, sono davvero pochissime per pensare tanto in grande.

Poi, per carità, questa come rimarcato in precedenza è una fase cruciale per i giovani calciatori: i tempi di maturazione di ognuno cambiano, e chi è più indietro adesso ha davvero tutto per recuperare, variabili impazzite a parte.

Vale ovviamente anche il contrario, quanti campioncini in pectore, piccoli fenomeni la cui avanzata nel calcio che conta sembrava inarrestabile, un approdo naturale, si sono arenati poi per tutta una serie di cause diverse (mentalità sbagliata, vita non da professionista, consigli errati di chi ti sta intorno, infortuni gravi, l’allenatore che non ti vede, banalmente sfortuna…)?

La lista è interminabile, perciò non mi sento certo di bocciare Totti prima ancora che inizi un percorso professionistico, in fondo senza andare tanto a ritroso nel tempo ricordiamo che anche Federico Chiesa, pure alle prese con il paragone ingombrante col padre Enrico (fortissimo attaccante degli anni 90, tra i migliori cannonieri di sempre in serie A), fino agli Allievi sembrava fermo in un limbo, invece poi ha svoltato grazie anche a un allenatore, (in quel caso Paulo Sousa) che ha intravisto qualcosa di speciale e non ha esitato a gettarlo nella mischia, puntando molte carte su di lui.

Certo, anch’io auspico che Cristian possa arrivare a giocare in A, ma da un punto di vista giornalistico vorrei essere prima di tutto realista: arrivati alla soglia della maggiore età (i 2005 compiranno 18 anni nel 2023) i ragazzi calcisticamente si stanno formando e sono pronti per l’ultimo step del calcio giovanile, il campionato Primavera (e difatti Bolzan, Costa, Graziani o Misitano sono stati aggregati in una rosa composta per la maggior parte da gente del 2004, più i fuoriquota del 2003).

Alcuni di loro probabilmente durante la stagione esordiranno in Prima Squadra in serie A, non parliamo poi dell’estero dove i più bravi e talentuosi si trovano facilmente a bruciare le tappe, diventando protagonisti anche a livello internazionale.

Per Totti invece si sono aperte al momento le porte della formazione Under 18, storicamente denominata Berretti, in cui dovrà necessariamente cambiare marcia.

Nel campionato nazionale che inizierà domani (18 settembre, con la Roma impegnata nella prima giornata contro il Genoa) ritroverà come molti altri compagni il giovanissimo tecnico turco Tanrivermis (classe 1989) che già allenò la nidiata dei 2005 in Under 15 e Under 16, prima di approdare allo Spezia per una breve parentesi come allenatore della Primavera.

Francesco e Cristian Totti insieme: i due hanno uno splendido rapporto e sono in tanti ad auspicare un ideale passaggio di consegne tra padre e figlio in maglia giallorossa, ma la strada per il giovane attaccante è ancora lunga. (Credit by Depositphotos.com)

Non sarà facile per Cristian, lo abbiamo capito: le attese sono enormi, ogni sua giocata è vivisezionata, si cerca di scovare col binocolo qualche barlume del talento immenso del padre Francesco, ma ricordiamoci che egli a 16 anni aveva già esordito in A e da lì a poco avrebbe spiccato il volo.

Diamo a Cristian il tempo di crescere (non ha ancora compiuto 17 anni, li farà a novembre) e di fare la sua strada, l’augurio è che possa giocare serenamente, con la giusta voglia e passione, divertendosi, senza quella fretta e ansia di dover per forza dimostrare qualcosa.

E’ ovvio che qualunque sua giocata verrà amplificata, in fondo è bastato davvero un semplice gol per scatenare tanto entusiasmo intorno a lui… a volte mi chiedo se avesse fatto i numeri di compagni come Marazzotti o Bolzan, cosa sarebbe successo, forse davvero avrebbe già assaporato la Prima Squadra.

In conclusione, tutto dipenderà da lui, da come affronterà anche mentalmente, dopo un’estate passata involontariamente sotto i tabloid per le note vicende dei suoi famosi genitori, la nuova stagione calcistica.

L’augurio sincero che gli faccio, e che allargo ovviamente a ogni giovane calciatore in erba, è che abbia le possibilità reali per esprimere al massimo il suo potenziale. Utopistico forse, ma già che uno riuscisse a raccogliere quanto di seminato in tanti anni di settore giovanile in base ai reali valori tecnici, sarebbe un grande traguardo.

Nel caso di Cristian Totti, invece, spero si inizi presto a parlare di lui per le gesta sportive e che il suo nome non sia tirato in ballo soltanto per notizie legate al gossip.

Alessio Riccardi, Nicolò Fagioli e Daniel Maldini: tre fantasisti del 2001 dai quali ci si aspetta molto l’anno prossimo.

Chi mi legge abitualmente sul blog sa quanto io abbia a cuore i campionati giovanili, oltremodo penalizzati dalla pandemia tuttora in corso; non so se realisticamente si sarebbe potuto fare diversamente a livello di prevenzione e monitoraggio ma ovviamente la salute viene prima di tutto e si è preferito non rischiare sulla pelle dei più giovani atleti, impegnati nei vari tornei fino alla Primavera.

O forse semplicemente non si è voluto investire in controlli, tamponi, test come accaduto in modo accurato e continuativo per i “grandi”.

Fatto sta che per molti calciatori c’è il rischio di perdere stagioni importanti di crescita e di formazione, anche se ciò che mi auguro è che ognuno abbia poi il tempo di recuperare e ripartire dopo questo lungo stop.

La florida annata dei classe 2001 è senza ombra di dubbio una delle più promettenti in assoluto, come certificato, tanto per fare un esempio, dal secondo posto ottenuto all’Europeo Under 17, con gli azzurrini sconfitti in finale dai pari età olandesi, stessa sorte replicata nell’edizione successiva dai nostri alfieri del 2002, approdati poi in massa agli ultimi Mondiali di categoria nel 2019.

Eppure, proprio loro, i nostri nativi del 2001, non hanno potuto completare al meglio l’iter giovanile, con il campionato troncato a metà stagione e il passaggio in alcuni casi “forzato” nel mondo professionistico (per i più bravi e fortunati), laddove purtroppo la maggior parte dei giocatori ha dovuto fare o subire scelte diverse, rimanendo in organico in Primavera come fuori quota, oppure trovandosi in seria difficoltà a iniziare un percorso fuori dall’ovile.

I tre calciatori su cui andrò ad accendere la lampadina rappresentano sicuramente il futuro del calcio italiano, almeno queste sono (sarebbero, il condizionale quando si parla di giovani promesse è d’obbligo) le previsioni degli addetti ai lavori e dei loro sostenitori.

Alessio Riccardi, Nicolò Fagioli e Daniel Maldini agiscono in un ruolo che da sempre richiama alla mente “i più forti”, anche rimanendo in territori azzurri: sono i classici numeri 10, fantasisti per definizione, coloro che sin qui, in ogni tappa di crescita nei rispettivi settori giovanili di Roma, Juventus e Milan, hanno saputo accendere la fantasia dei propri tifosi e stuzzicare i pensieri dei giornalisti, sempre abili ad azzardare paragoni che spesso si rivelano ingombranti (ma in fondo è bello sognare che seminando bene possano nascere i nuovi Totti, Pirlo o Del Piero).

Da loro infatti ci si aspetta tanto e già da questa annata i vari destini si possono iniziare a delineare, partendo da strade che si sono subito diramate in modo diverso al termine (anticipato appunto causa covid) della loro esperienza giovanile.

Riccardi è stato mandato in prestito dalla Roma al Pescara, Fagioli inserito nella rosa della Juventus under 23 militante in serie C, mentre Maldini ad oggi è l’unico rimasto in organico in prima squadra nel super Milan di questo inizio di stagione, con i rossoneri che hanno chiuso il 2020 da primi in classifica davanti ai cugini dell’Inter.

Credo che il 2021 sarà un anno molto importante per i tre giocatori che, alla soglia dei vent’anni devono necessariamente iniziare a dimostrare sul campo i prodigi mostrati nelle competizioni giovanili, dove spesso e volentieri hanno fatto la differenza, fungendo da valore aggiunto per le loro squadre (e nel caso soprattutto di Riccardi e in parte Fagioli anche delle varie Nazionali).

In Italia, nonostante grazie all’intuizione e al lavoro del ct Roberto Mancini qualcosa stia cambiando riguardo il lancio dei giovani, bisogna ammettere che la mentalità è comunque un’altra rispetto ad altri movimenti calcistici, dove è proprio capillare l’inserimento in pianta stabile dei migliori prospetti del vivaio nelle rose delle prime squadre.

Occorrono ancora spesso e volentieri i classici anni di gavetta, il che non sarebbe di per se’ un male, anzi, l’esperienza sul campo, il “farsi le ossa”, uscendo da una propria zona di confort, è davvero necessaria, ma c’è il rischio che il tutto si scontri poi con le esigenze diverse delle società e degli allenatori. Il risultato è che tanti giocatori di talento, che magari sul piano caratteriale o della personalità sono ancora carenti, rischiano di non riuscire a emergere, perdendosi in prestiti spesso infruttuosi, cambiando casacche senza un reale progetto, fino in alcuni casi a mettere a repentaglio la propria autostima.

Per emergere servono insomma tanti fattori, non secondario è a mio avviso trovare un ambiente in cui senti la fiducia, anche se magari non giochi 38 partite da titolare. Entrare in sintonia con un allenatore che sa guidarti e capire gli inevitabili sbagli, valorizzando le tue qualità, è una situazione ideale che non sempre è facile riscontrare nella realtà dei fatti.

Come stanno andando dunque i tre elementi italiani più talentuosi fra i loro coetanei in questo ruolo?

Beh, un’ultima parentesi la apro proprio per dire quanto la giusta definizione e collocazione tattica possano influire enormemente sull’affermazione di un qualsiasi calciatore, specie in un periodo come questo dove i moduli sono molto fluidi e mutevoli, anche a gara in corso.

E il fantasista, il trequartista, la mezza punta, da sempre è un elemento difficile da collocare in una casella specifica, tanto che perfino per Baggio ci si inventò la dicitura “9 e mezzo”, e uno come Zola, prima di rifarsi con gli interessi diventando una star del Chelsea, fu defilato all’ala sinistra nella sua ultima avventura parmense, in nome di un allora imperante inquadramento tattico che sembrava poter rappresentare la fine di un’epoca, quella dei fantasisti appunto.

Così non è stato per fortuna ma tuttora per il numero 10 di elezione si aprono scenari imprevisti: esplodere nella dimensione originaria pare appannaggio dei “grandissimi” e molto sovente accade che l’allenatore di turno opti per arretrare (alla Pirlo, per intenderci, giusto per tirare in ballo un nome già citato non a caso in precedenza) o avanzare di qualche metro il suo potenziale gioiello.

(Getty Images)

ALESSIO RICCARDI (che dei tre è quello su cui fino a un paio d’anni fa nell’ambiente si sarebbe scommesso a occhi chiusi), nelle speranze degli sportivi di fede giallorossa, dovrebbe rinverdire certi fasti, senza per forza tirare in ballo il nome altisonante di Francesco Totti (anche se a ben vedere non è semplice evitare il confronto con tale mostro sacro; d’altronde chi, meglio di lui?).

Romano e romanista, numero 10, biondo e soprattutto in possesso di mezzi tecnici importanti, ha proprio tutto per far sognare… eppure, se nell’ultimo scorcio in Primavera aveva dimostrato di c’entrare davvero poco o nulla con la categoria, essendo superiore tecnicamente ai suoi coetanei, non ha mai convinto appieno gli allenatori della prima squadra che hanno in pratica centellinato la sua esperienza tra i grandi, limitandone il curriculum all’esordio in Coppa Italia contro l’Entella, a tanti allenamenti e altrettante panchine senza subentrare.

Il tanto agognato esordio in A con i suoi colori del cuore, insomma, non è arrivato e, per quanto sembrasse che su di lui ci fossero le ombre di tante altre grandi squadre, su tutte la Juventus, alla fine la Roma ha preferito non privarsi del suo cartellino, spedendolo però in prestito al Pescara in serie B, società con la quale storicamente mantiene un buon asse.

Non si sa se complice sia stata la situazione da subito in salita per la compagine abruzzese, la rosa monstre e infarcita di giocatori di fantasia, o chissà quali problematiche di ambientamento, fatto sta che del gioco di Alessio finora si è visto pochissimo, utilizzato letteralmente col contagocce, senza aver mai nemmeno la possibilità di notare e farsi incidere.

Il tempo è dalla sua parte, ma fossi in un dirigente della Roma mi guarderei attorno e, per quanto io non sia un amante dei due prestiti nello stesso campionato (sorte che invero capita a molti calciatori), penso che potrebbe cambiare aria e andare a giocarsi altrove le sue chances.

Il suo ruolo già in Primavera comunque era mutato, non più raffinato suggeritore per le punte ma spesso e volentieri allargato sulla fascia (principalmente quella destra)… in teoria il gol sembrerebbe essergli nelle corde ma quel che appare in modo evidente è come dal punto di vista fisico sia ancora gracile al cospetto di rudi difensori. Persino Messi, tanto per citare uno dei più forti giocatori mai apparsi su un campo di calcio, che non ha certo il fisico di un Ibrahimovic, si è irrobustito negli anni, e in ogni caso anche agli esordi spiccava su tutti (ma appunto, stiamo parlando di un extraterrestre!).

Altri magari, in assenza di qualità fisiche rilevanti, potrebbero compensare con l’esperienza, la furbizia, la velocità e un surplus di fantasia che, almeno al momento, in Riccardi sembrano latitare.

Io continuo a confidare tantissimo nelle sue qualità, che sono tante, dalla capacità di dribbling al controllo palla perfetto, dalla visione di gioco al gusto dell’invenzione, ma deve assolutamente metterci del suo per far cambiare idea al proprio allenatore, lottando e giocando con la mente sgombra da pensieri e soprattutto, mettendoci l’anima in campo. Tra i professionisti a quanto pare le sole, pure, doti tecniche, non bastano.

(Getty Images)

NICOLO’ FAGIOLI, piacentino che dal vivaio di casa passò presto a quello della Juventus, con i bianconeri ha bruciato le tappe, dimostrando pieno affidamento e, soprattutto, un talento fuori dal comune, ben messo in mostra anche con le selezioni giovanili azzurre.

Un po’ come successo a Riccardi, anche lui ha già trovato qualche allenatore pronto a cambiargli modo di giocare, potendo contare su qualità tecniche universali.

Nato trequartista, da mezzapunta “anni 80” è stato spostato nel ruolo di regista, dove sembra possa garantire un rendimento ancora più alto. Già Allegri, quando Nicolò non era ancora maggiorenne, lo aveva elogiato pubblicamente, additandolo come uomo del futuro. Al periodo giocava ancora da fantasista in supporto alle punte ma, più che doti offensive (pure presenti) a colpire di lui erano soprattutto la capacità di passaggio, l’assist, il lancio… tutte componenti che hanno fatto richiamare alla mente il più grande esponente di quella trasformazione da mezzapunta a regista avvenuta nel calcio moderno, vale a dire Andrea Pirlo.

Considerando che ora, come tutti sanno, Pirlo allena proprio la Juve, ci sarebbero tutti i presupposti quindi per vedere crescere in casa da vicino il piccolo erede ma a quanto pare non è ritenuto ancora pronto e per lui, come per altri talentini della Primavera c’è la “scappatoia” dell’Under 23, dove si ha l’occasione se non altro di mettere su minutaggio prezioso in una categoria alquanto difficile come la serie C dove storicamente non è facile, per chi usa il fioretto, affermarsi.

Oltre a ciò, Fagioli, che già spiccava tra i pari età, sul più bello ha dovuto fermarsi per un aritmia cardiaca che per un attimo ha fatto temere uno stop definitivo allo sport agonistico. Per fortuna non è andata così e grazie a un intervento chirurgico avuto nella primavera del 2019, il giocatore si è ristabilito prontamente e, pur con le dovute cautele, ha ripreso la sua attività.

Con la Juve Under 23, agli ordini di mister Zauli, uno che la fantasia sapeva metterla ottimamente sul rettangolo verde da calciatore con le maglie soprattutto di Vicenza, Palermo e Bologna, Nicolò è tornato a esprimersi spesso e volentieri dietro le punte, ma non di rado è stato inserito nel cuore del gioco, da regista. Pur facendo intravedere anche tra i professionisti di che pasta sia fatto, è sinceramente troppo presto anche solo per capire che direzione prenderà dal punto di vista tattico la sua parabola calcistica.

Certo è che in una stagione per i Campioni d’Italia partita con vari esperimenti da parte di Pirlo (e il lancio conseguente di giovani come Frabotta, comunque di due anni più grande rispetto a lui), pare strano non averlo mai visto praticamente nemmeno convocato, a differenza di altri ragazzi come Portanova, Rafia o Dragusin.

Io spero che al termine della stagione della Under 23, Fagioli si sia reso protagonista e che abbia avuto modo almeno di esordire in serie A.

Veniamo infine a uno che sin dal nome porta con sè grandi speranze ma che, proprio per lo stesso motivo, può poi facilmente deludere le aspettative non avvicinandosi a una carriera degna di cotanto padre (nella fattispecie).

(Foto LaPresse – Spada)

DANIEL MALDINI però, a differenza del fratello Christian (di cinque anni più vecchio e attualmente onesto mestierante in serie C con la Pro Sesto dopo gli stessi trascorsi nelle giovanili rossonere), sembra davvero baciato dal talento più puro, anche sponsorizzato in tal senso dai compagni, come è capitato in una recente intervista fatta all’attaccante portoghese Leao che ha detto addirittura che proprio Daniel è il più tecnico della rosa del Milan.

Giocando fantasista, i paragoni con l’immenso padre Paolo (e di rimando anche con l’altrettanto mitico nonno Cesare, anch’egli difensore) giocoforza vengono meno, anzi, non sono neppure da considerare.

Maldini jr, a differenza di Riccardi e Fagioli, non è stato una delle stelle delle nazionali giovanili, anche se evidenziando una crescita costante specie negli ultimi due campionati, ha ottenuto anche lui la considerazione dei ct azzurri. Una crescita la sua che non è ovviamente passata inosservata nemmeno alla casa madre, consapevole di avere per le mani un gioiellino, tanto che ormai il calciatore è in pianta stabile con i grandi e, cosa più importante, ha già assaggiato la serie A (cosa invece non riuscita agli altri due talenti presi in esame), mettendo insieme in tutto una manciata di presenze.

Poche al momento per capire se ci sarà un posto d’onore per lui nel Milan del futuro, laddove quello del presente è lanciatissimo nella sfida scudetto, avendo chiuso l’annata da inaspettata capolista, in modo però assolutamente meritato.

Forse anche per Daniel sarebbe da auspicare un semestre in prestito da qualche parte, magari in B: verrebbe scontato associarlo al Monza di Berlusconi e Galliani, ma siamo sicuri che in una piazza così esigente il Nostro riuscirebbe a trovare facilmente spazio?

Come sostengo sempre, per affermarsi a certi livelli dovrebbero contare in primis il talento, la bravura, le doti sul campo, non fattori quali l’età o l’esperienza ma si torna al discorso precedente… specie alle nostre latitudini, non è assolutamente semplice per un giovane sgomitare, farsi conoscere e apprezzare.

In ogni caso, cari lettori, io da appassionato cultore del calcio giovanile, continuerò a seguire i percorsi di questi tre ragazzi, “tifando” per loro, con l’augurio di vedermeli (magari fra qualche anno, mi tengo largo) protagonisti nella massima serie.

Nel frattempo però è lecito aspettarsi già nel 2021 qualche vagito importante, un lampo della loro classe al servizio delle rispettive squadre in cui militano, in modo da darci una “visione” realistica delle loro possibilità di carriera.

Chi fermerà il team Usa di basket alle Olimpiadi 2012?

Alla vigilia di ogni competizione di basket, la domanda è sempre quella… Con che spirito i campioni dell’NBA affronteranno il torneo? Lo faranno per puro piacere di giocare, lo faranno per vincere o solo per esibirsi?

Alle Olimpiadi in corso, il team Usa appare una squadra non ancora ai livelli – pressochè irraggiungibili del Dream Team del ’92 – ma comunque un’incredibile, assortita, miscela esplosiva di fenomeni.

Ma come fare di una squadra di stelle un vero gruppo? Questo il famoso dilemma, come il senso di responsabilità e la voglia di sacrificarsi per la bandiera – e non per gli ingenti soldi della Lega Americana – ad ogni vigilia di Olimpiade o Mondiale.

La prima risposta è stata pressochè dirompente, con la squadra di coach Mike Krzyzewski capace di schiantare, senza denotare chissà quale sforzo, una seppur assai competitiva Francia, che vanta nel roster diversi atleti impegnati in Nba. In particolare Tony Parker, play dei San Antonio Spurs, ieri con occhiali protettivi dopo il noto incidente, è parso in grado in qualche modo di contrastare la forza d’urto degli statunitensi, ma c’è stato poco da fare e alla fine sono stati quasi 30 i punti di distacco tra le due compagini in campo (98 – 71 per il team Usa)-

Un quintetto intercambiale, con Kobe Bryant a lasciare il palcoscenico ai più giovani compagni ma che comunque ha operato da leader della selezione, fortissima e quasi imbattibile in interpreti come LeBron James, fresco vincitore del campionato con i Miami Heats, Kevin Durant, miglior marcatore con 22 punti e sempre più a suo agio anche in Nazionale, e con un Carmelo Anthony non ancora implacabile trascinatore ma pur sempre uno spettacolo, quando come ieri pare divertirsi, giocando senza il peso di ingenti pressioni. Ma poi ci sono pure Chandler, Williams,Westbrook, Love, l’unico bianco della spedizione, il barbuto Harden e il giovanissimo, matricola terribile Anthony Davis, prima scelta assoluta al Draft 2012.. apparso invero inevitabilmente acerbo ma il futuro pare assicurato per questo gigante del ’93. E pensare che all’appello mancavano gli infortunati Wade e Bosh, anch’essi campioni con gli Heats o Griffin, sostituito proprio all’ultimo dalla giovane promessa.

La domanda pare d’obbligo: chi sarà in grado di fermare l’armata americana? La risposta appare un po’ scontata, forse, ma se le vittorie saranno come quelle di ieri, condite da sprazzi di basket spettacolo e di perfetta armonia e equilibrio tra i campioni in campo, allora sarà solo un piacere per gli occhi!