DOSSIER SERIE A: quanto hanno inciso gli stranieri nel nostro campionato? PARTE 2

GENOA

Stagione a lungo compromessa quella dei liguri, ma poi abilmente rimessa in carreggiata da un tecnico poco reclamizzato come Ballardini. Tanti stranieri, ma alla fine a tirar fuori i ragni dai buchi c’hanno pensato soprattutto Borriello, Portanova, Manfredini, Bertolacci, Antonelli…

Sugli scudi comunque Matuzalem, giunto a gennaio e subito carismatico e propositivo, più che sufficiente l’apporto di Kucka, gigante del centrocampo, in possesso di doti atletiche non comuni, poco utilizzato Tozser, e così pure altri stranieri che Preziosi ostinatamente cerca di portare a Genova, confidando nel boom, non sempre a portata di mano. In difesa, in mezzo ai già citati pilastri italiani, ha brillato per un’altra stagione la stella di Grandqvist, ruvido come si addice ai difensori nordici ma terribilmente efficace, uno che in campo non alza mai bandiera bianca.

INTER

Nella stagione più tribolata dell’ultimo decennio nerazzurro, ben poco hanno fatto gli stranieri (che compongono la maggior parte della rosa, a dire il vero), fatta eccezione per il capitano Zanetti e per gli attaccanti Milito e Palacio, sempre sugli scudi, finchè il fisico ha sorretto. Alla fine il migliore è stato Handanovic, addirittura ora accreditato come uno dei migliori portieri europei. Lo sloveno, da una vita in Italia, ha in effetti salvato spesso la baracca, poco aiutato da un Samuel sempre in infermeria (per non parlare di Chivu) o da un Juan Jesus promettente ma invero acerbo e spesso lasciato allo sbaraglio. Sempre rotti Mudingayi e Stankovic, al capolinea il buon Cambiasso, fuori categoria Jonathan, a sprazzi ha fatto vedere tecnica e impegno l’ex oggetto misterioso Ricky Alvarez, ma siamo lontani da livelli di eccellenza. Guarin ha entusiasmato in alcune partite ma urge un’adeguata collocazione tattica per non disperdere le sue qualità, così come vale per il giovauissimo Kovavic, dotato di indubbio talento e futuro ma troppo lasciato solo in mezzo al campo. Ormai una sicurezza Nagatomo, mai in affanno, mentre Kuzmanovic è parso privo di spessore a metà campo, lento e involuto, così come l’esterno Pereira, raramente incisivo, e scarso in difesa. Insomma, una debacle vera e propria, c’è da ricostruire e in fretta, anche se la firma di Mazzarri pare sorridere ai tanti sostenitori nerazzurri

CATANIA

Chiedo venia, sto andando a memoria e dimenticavo la squadra “estera” per eccellenza del nostro campionato, lo splendido Catania di Maran. Dopo la Fiorentina e l’Udinese, sugli scudi vanno gli “argentini” siciliani che hanno disputato tutti una stagione, l’ennesima, sopra le righe. Ottimi Andujar, finalmente continuo e sul pezzo, il terzino roccioso Alvarez, il gigante Spolli non è più una novità e ha ben esordito alle sue spalle il giovane Rolin; semplicemente fantastici i tre davanti Bergessio, ormai goleador, Barrientos, classe pura dopo tanti guai fisici e il piccolo e velocista Gomez. Impeccabili Almiron e Izco… una squadra costruita con grande sagacia e maestria, un gruppo vero.

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JUVENTUS

Ha dominato il torneo con un blocco italiano, quello che costituisce, specie in difesa la colonna azzurra. Eppure hanno fatto bene la loro parte per la conquista dello scudetto bis lo svizzero Liechtsteiner, abilissimo nelle due fasi in fascia, il ghanese Asamoah, specie nel girone d’andata in un ruolo non propriamente suo. Su tutti, quasi scontato dirlo, è volato alto il cileno Vidal, che a tratti ha trascinato la squadra nel vero senso della parola. Pogba, a 20 anni, è già una realtà e il suo impatto è stato devastante. Ci si aspettava qualcosa in più da Isla, visto a Udine pareva un fenomeno, ma ha pesato tantissimo l’infortunio. Vucinic ha contribuito allo scudetto ma non è parso migliorato rispetto allo scorso anno e probabilmente partirà. Caceres ha giocato poco ma rimane pedina giovane e affidabile. Strano però constatare che nella splendida stagione bianconera siano presenti anche i “flop players” della serie A: lo sfortunato Bendtner, subito fermo per infortunio e ricordato a Torino più che altro per i suoi modi da dandy e l’enigmatico, ma sarebbe più corretto dire “ex calciatore” Anelka, pagato a peso d’oro per un improbabile impiego europeo.

LAZIO

Buon ciclo quello assortito da un tecnico tra i migliori visti all’opera, seppur esordiente a certi livelli. Petkovic ha conquistato tutti e ha saputo tirar fuori dal cilindro una splendida stagione, nonostante l’utilizzo di pochi uomini. Ottimo Hernanes, sempre più leader, certezza Ledesma, in ribasso Dias, strepitoso il vecchio Klose, sempre affidabili Radu, seppur spesso fermo ai box e Lulic, in grande crescita sulla fascia, un trattore inarrestabile. Bene Cavanda, finchè ha potuto e nel finale è emersa la stella di Onazi, già protagonista con la Primavera in finale l’anno scorso.

MILAN

Stagione riacciuffata per i capelli, ma come per la Juve hanno pesato molto di più gli italiani, dal Faraone a inizio campionato, a Montolivo e Balotelli nel ritorno. Tra gli stranieri pochi si sono messi in mostra, meritano però una menzione un ritrovato Flamini, un sorprendente Constant, anche se alla lunga è piaciuto di più il giovanissimo autoctono De Sciglio, enfant du pays. Col tempo si è assestata la coppia difensiva Mexes – Zapata, non al riparo però da grosse ingenuità.

Scudetto meritatissimo della Juve! Ma quanti sono: 30 o 28?

In rete si sono scatenati in tanti: chi irride, chi fa un motto di orgoglio, chi gioisce in modo sfrenato, chi continua a fare la conta dei torti, altri che fanno la conta… degli scudetti: 28 o 30, come sosterrebbe la società? O addirittura meno, come sostengono i maligni tifosi rivali?

Sgomberiamo il campo dagli equivoci: se c’è uno scudetto meritato negli ultimi anni, è proprio quello juventino! Per la squadra egregiamente guidata dal semi esordiente in serie A (se escludiamo la breve e infelice parentesi bergamasca) Antonio Conte hanno contato fattori determinanti come il bel gioco, la continuità di rendimento, una rosa disponibile e molto flessibile, le qualità individuali al servizio del collettivo, e non è quest’ultima una frase fatta, se si considera che la Juventus ha vinto senza un centravanti capace di andare agevolmente in doppia cifra, anzi, facendolo ruotare a seconda degli impegni e dello stato di forma.

Di contro il Milan, l’unico vero ostacolo alla conquista di un insperato scudetto alla vigilia, ha pagato nel corso della stagione i numerosi e pesanti infortuni (su tutti Cassano, Boateng e Thiago Silva), la sopravvalutazione di alcuni pezzi pregiati (mi riferisco a Pato e Aquilani) e non sono bastate l’abnegazione della rivelazione Nocerino, i gol del sempre più implacabile (in campionato) Ibrahimovic, nettamente il migliore atleta di una serie A sempre più povera e la compattezza di un gruppo che forse ha davvero dato tutto. Polemiche infinite a parte, gol non gol visti e non visti, la Juventus ha meritato ampiamente, poco per volta si è insinuata davanti, in una posizione di vertice alla quale francamente non era più abituata nè avvezza.

Il protagonista a mio avviso è stato l’allenatore, probabilmente sin troppo borioso, nonostante abbia reclamizzato sacrificio e l’inferiorità nei confronti del Milan, professando umiltà ad ogni intervista; il tecnico salentino da tempo sognava di guidare la Sua Juventus, dopo esserne stato per anni un trascinatore, un combattente. Allievo di Lippi, ancora giovane ma con le idee sufficientemente chiare, e bravo a mutare pelle, lui che all’inizio tutti indicavano come strenuo fautore di un futuristico quanto improbabile 4-2-4. Una Juve camaleontica, capace di difendersi a 3. a 4, di giocare a una punta, col tridente e forte di una mediana incisiva ma anche spettacolare. La difesa ha retto alla grande, di Buffon, tornato a ottimi livelli dopo le insidie casalinghe di Storari, si ricorda solo l’erroraccio col Lecce che ha levato un po’ di sonno ai tanti sostenitori bianconeri; il trio Barzagli- Bonucci- Chiellini è parso compatto e assolutamente efficace, tanto che a una gara dal termine sono solo 19 i gol subiti. Velocità di Barzagli, tecnica di Bonucci, ripresosi alla grande dopo un girone d’andata difficile, e concretezza di Chiellini ed ecco pronta per la Nazionale una difesa di ferro. Sulle fasce ottimo Liechtsteiner, pur “pressato” dal jolly Caceres e sbocciato lo sfortunato De Ceglie, in lizza con il nuovo Estigarribia sulla corsia mancina. Che dire del sontuoso Pirlo? I termini si sprecano, il miglior regista del mondo basta come definizione? Esploso in tutto il suo talento il prodigio di casa Marchisio, nuovo Capitano, e rivelatosi il cileno Vidal non solo come abile incontrista ma pure come polmone dai piedi buoni. In attacco spazio per tutti, dal tecnico Vucinic, cresciuto a dismisura nel ritorno, anche se poco concreto spesso sotto rete, ai ritrovati Quagliarella e Borriello, al concreto Matri, fino al multiuso Simone Pepe, bravo sia da esterno che da centrocampista puro, un po’ come il rincalzo Giaccherini. Commiato d’addio con vittoria per una Bandiera assoluta come Del Piero, mai una polemica, un esempio straordinario di attaccamento al campo e ai colori. Non pervenuti gli stranieri che avrebbero dovuto far volare la squadra sulle fasce secondo pronostici estivi: Elia, vero oggetto misterioso del campionato e Krasic, opaco, intristito dal poco utilizzo e non consono agli schemi del mister.

Proviamo a inserire De Rossi, Maggio e Balotelli al posto degli stranieri, come ha detto ieri Costacurta in un programma di Sky Sport, e notiamo con piacere che potrebbe nascerne una Nazionale Azzurra efficace e in linea con le squadre più forti per contendersi gli Europei.

Ora però qualcuno ci dica quanti sono questi benedetti scudetti bianconeri? 30 o 28???