Il disastro dell’Italia ai Mondiali brasiliani ha radici lontane

Il disastro azzurro ai Mondiali, checché ne dicano i senatori e lo stesso Prandelli, non ha un solo colpevole o non nasconde una sola ragione: sono invece molteplici i motivi per cui noi poveri tifosi abbiamo assistito a questo autentico scempio sportivo e sono da ricercarsi alle radici.

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Io sinceramente non ero alla vigilia tra gli ottimisti, anche se ammetto che la lusinghiera vittoria contro una (vista col senno di poi) grigia Inghilterra mi aveva lasciato qualche speranza, non dico di arrivare in fondo alla manifestazione, ma per lo meno di superare (agevolmente) la fase a gironi. D’altronde, una vittoria alla prima partita contro la squadra in teoria più accreditata tra le sfidanti (dando per “cotto” l’Uruguay, un po’ come qualcuno poteva prevedere della gloriosa Spagna), significava aver già incamerato 3 punti d’oro. Poi la sconfitta contro la Costa Rica ha riportato tutti clamorosamente coi piedi per terra, anzi, ha fatto subentrare la paura e l’insicurezza, ma soprattutto i limiti tecnici e agonistici della nostra squadra, prima palesati solo a tratti contro gli inglesi.

Così per due Mondiali consecutivi usciamo a testa bassa al primo turno e ciò è davvero inaccettabile per una Nazionale pluridecorata come la nostra. Possono starci sconfitte fragorose, cicli che si estinguono precocemente, squadre ormai prive di motivazioni alla base di cadute così rovinose ma non è possibile per un movimento calcistico di una grossa portata storica come il Nostro toppare per ben due edizioni. Ora non ci resta che non qualificarci nemmeno, ma l’auspicio è che si resetti tutto, una volta per tutte, a partire dai quadri federali. Le dimissioni di Abete sono per fortuna irrevocabili e, mi auguro, detto con franchezza, anche quelle di Prandelli. Dall’illusione europea al tonfo brasiliano sono trascorsi solo due anni ma tutto è andato letteralmente perso, soprattutto il tanto acclamato “spirito di gruppo” non s’è proprio visto, anzi… ma su questo dolente punto tornerò dopo.

A livello tecnico siamo proprio mancati, ma come accennavo prima, anche a livello agonistico, per non dire fisico: acqua da ogni dove, zero giustificazioni! Niente ricambio generazionale, o solo in parte, non come squadre tipo Olanda e Francia, per capirci. Niente talento puro, se non forse da Verratti, l’unico guarda caso che gioca “davvero” a grandi livelli internazionali. Il punto focale è proprio questo: il valore delle nostre squadre, dei nostri atleti, del nostro campionato è basso, dovevamo capirlo, ma forse ci nascondevamo la verità sotto il naso, non volevamo ammettere che l’Impero Azzurro era finito da un po’. In Europa ormai abbiamo perso credito, i risultati non ci fanno onore, non si ottengono più nemmeno piazzamenti, altro che vittorie di prestigio – le stesse che fino a un decennio fa erano quasi all’ordine del giorno.

Non voglio discutere di questioni squisitamente tecniche, ci sono già sin troppi allenatori in giro in queste ore, nei bar, nei social network e in fondo è giusto così, ognuno ha il diritto di dire la propria, di indignarsi, di incazzarsi pure… legittimo, così come discutere sulle scelte a monte del mister, sulle convocazioni. In questo contesto di povertà tecnica quasi imbarazzante, senza una vera spinta proveniente dai vivai (per i quali si spendono solo belle parole ma nulla più), un Rossi, un Gilardino, un Toni, un Totti ben poco avrebbero fatto ma resta il fatto che molti di quelli presenti hanno steccato di brutto. Risulta troppo facile prendersela con Balotelli. Per me era un potenziale campione da giovanissimo, e so di non esagerare: un ’90 che risulta assolutamente decisivo con gli ’87/’88 non può non essere considerato tale ma da professionista non ha mai convinto del tutto. Ormai di anni ne ha 24, non è certo “vecchio”, ci mancherebbe ma a quell’età i veri campioni sono già sbocciati. Inoltre, se non si mantiene un atteggiamento “serio” (uso appositamente un termine generico) non si diventerà mai un vero fuoriclasse. Per questo il gossip da solo non basta come attenuante, e nemmeno la pressione mediatica, altrimenti gente come Ronaldo, il più glamour di tutti, o Messi, o Ibrahimovic (uno che la testa a posto l’ha messa un po’ più tardi ma che sul campo non ha mai tradito) non sarebbe mai emersa. Forse solo se sei un vero fenomeno mondiale puoi permetterti delle “deviazioni” dalla tua carriera sportiva, ma è evidente che lui non appartiene a questa specie (forse solo Maradona ha giocato ai massimi livelli, pur non essendo un santo come professionista, anche se i maligni potrebbero suggerirmi che ci fosse qualche surrogato extra sportivo ad aiutarlo). Tuttavia, ho trovato davvero ingeneroso, per non dire poco corretto, gettare la croce addosso a lui. Non mi sarei aspettato da Buffon, De Rossi ma nemmeno da Prandelli, una presa di posizione così dura nei suoi confronti, alla faccia del gruppo! Ok, non lo hanno nominato, a parte il mister, ma quando si parlava di “figurine” e “personaggi” era chiaro a chi alludessero. Sbagliato però questa esternazione. Potranno farlo i giornalisti (gli stessi che però lo chiamavano Super Mario fino all’altro ieri, osannandolo e caricandolo di responsabilità all’inverosimile), i tifosi, ma non certo i compagni. Si è parlato di vecchia guardia: beh, i giovani non si saranno dimostrati pronti ma vogliamo parlare delle prestazioni dei vari… Pirlo? De Rossi?? Chiellini??? Motta???? Molto meglio lasciar perdere, per carità! Bisogna solo voltare pagina al più presto, ma il percorso da fare per tornare competitivi sarà davvero molto molto tortuoso.

Mondiali 2014: l’Italia vince e convince!

Scrivo un post “da tifoso”, lo premetto subito, perché per le considerazioni giornalistiche, distaccate e quanto più obiettive possibili, ci sarà tutto il tempo, man mano che la manifestazione iridata andrà avanti.

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Ma un Mondiale lo si vive a 360 gradi, lo fanno (quasi) tutti, è un appuntamento che esula dal contesto quotidiano, che va a coinvolgere persone che abitualmente non guarderebbero mai nemmeno un’azione di gioco, e che va di pari a pari a sconvolgere quelle che sono attività ordinarie. Io però sono uno di quelli che il calcio, nel bene o nel male, lo seguono per tutto l’anno e, disperazione della partner (ma sto migliorando…) non solo circoscritto a questioni italiche, ma pure interessandomi di calcio internazionale, giovanile, locale, ecc.

Ieri giocava, esordiva l’Italia e, pur in un orario che la mia veneranda età ha faticato a sopportare (specie se la mattina precedente ti eri alzato alle 7 e mezza), l’attesa spasmodica aveva fatto diventare molti connazionali tifosi dei veri sonnambuli. C’era il rischio, oggettivo, che l’Italia esordisse in modo grigio, viste le brutture recenti, ma il tutto era detto con un filo di scaramanzia. In fondo, l’oggettivo timore era giustificato dal fatto che in effetti il nostro girone era (è, per carità, a proposito di scaramanzia!) uno di quelli tosti. Però, fare peggio di 4 anni fa in Sudafrica non si poteva. Era capitato anche alla Francia di venire inopinatamente eliminata nel 2002 al primo turno, dopo il boom del Mondiale precedente; è capitata la stessa cosa a noi col Lippi-bis (capiterà anche alla Spagna? Va beh, ammetto che questa è una gufata bella e buona!). Ieri la sensazione provata è che i ragazzi di Prandelli siano ripartiti direttamente dal brillante Euro 2012. Dimenticate le ultime prove incolori, indegne disputate nelle amichevoli, l’Italia è parsa un gruppo compatto, unito, solido e che gioca in maniera propositiva, o comunque “saggia”, grazie soprattutto alla presenza di Pirlo, in grado – e  non è certo una novità – di saper gestire la palla come nessun altro al mondo, di dettare i tempi della partita a suo piacimento, di scandire i ritmi. In modo graduale ma ci siamo rinnovati anche noi. E Balotelli, a tratti ancora avulso dal gioco, è sembrato “sul pezzo”, voglioso di dimostrare la sua forza, si è sbloccato e per lui era davvero importante farlo, affinchè si associasse il suo nome solo alle prodezze viste in campo. Neymar ha iniziato alla grande il suo Mondiale, ma a queste latitudini anche il nostro Mario è quotato quasi in egual modo, e credo che lui per primo sappia di avere tanti occhi puntati addosso. E’ reduce da un campionato double face ma che venisse qui a giocare in modo indolente mi sembrava un azzardo, sinceramente. La maglia azzurra va onorata sempre, figuriamoci, a maggior ragione se tu sei il simbolo della squadra. E’ confortante quindi alla prova del campo aver dimostrato coi fatti di “esserci”, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Buonissima prova generale, ma una menzione la meritano due debuttanti, il portiere Sirigu, una sola incertezza nel contesto di una gara sicura e il laterale, stantuffo inesauribile, Matteo Darmian. Per chi non lo avesse visto giocare con questa intensità, questa determinazione e questa personalità per tutta la stagione nel Torino, potrebbe essersi trattato di una autentica rivelazione, ma appunto il buon Matteo, tra l’altro ragazzo d’oro, serio e disciplinato (e non sono frasi retoriche buttate a caso), da un anno macina chilometri e non sbaglia una prestazione che sia una. La sua caratteristica principale (e i meriti vanno certamente a Ventura che è riuscito a estrarre il meglio dalle sue qualità), oltre alla duttilità – partito centrale difensivo nelle giovanili del Milan, da professionista ha iniziato terzino destro a 4 per finire a fare l’esterno a centrocampo, persino con ottimi risultati a sinistra – è la capacità di lettura delle azioni di gioco, proprio da un punto di vista tattico. Sa quando sganciarsi, quando dettare il lancio, l’apertura sulla fascia, quando triangolare con la mezzala. Un grande debutto mondiale per lui, indubbiamente, così come per Candreva e per un Marchisio alla fine stremato ma tornato in condizioni ottimali dopo una tribolata stagione. Poco appariscente Verratti, da affinare l’intesa col suo (si spera per il futuro azzurro) alter ego Pirlo. Non si possono dire meraviglie invece di Paletta, ma eviterò quei commenti negativi che stanno imperversando su Internet in queste ore. A me l’italo argentino non ha mai convinto, è un rude difensore come forse in Italia non ne escono più, ma i meriti a mio avviso finiscono qui. E’ reduce da una buona stagione al Parma (come tutti gli interpreti di quella squadra, è giusto rimarcarlo) ma da un punto di vista puramente tecnico mi pare che palesi dei limiti evidenti. A gusto mio avrei tenuto Ranocchia, alle prese con una delicata scelta che influirà probabilmente sulla sua carriera (io gli consiglierei di passare alla Juve, dove troverebbe un tecnico come Conte che lo saprebbe valorizzare, avendolo “svezzato” e allenato per due ottime stagioni e il suo ex gemello barese Bonucci, ieri sacrificato in panchina…). In ogni caso, vincere era fondamentale, considerata la caratura degli avversari. Già, gli inglesi di mr. Hodgson, giunti tra lo scetticismo generale, partiti a fari spenti, stanno invece perseguendo una via di rinnovamento vera, con l’innesto di tanti talenti autentici. Ieri ne abbiamo avuto dimostrazione: tra la freccia Sterling (appena ventenne), il suo compagno al Liverpool Sturridge, i trequartisti Barkley e Lallana, con in panca un certo Shaw (protagonista del Southampton del ’95!), da tutti definito il nuovo Bale (quando ancora la stella gallese agiva da terzino) il futuro per i Leoni Indomabili sembra davvero roseo. Ma dovranno ripartire dall’Uruguay, ieri nel frattempo sono usciti sconfitti da un’Italia che ha assolutamente meritato, una Nazionale azzurra che ha vinto e convinto. Forza Italia! (va beh, questo è l’unico momento in cui posso comunque gridarlo, senza sentirmi a disagio.. per fortuna la politica non c’entra!)

Kondogbia al Monaco: sfuma il sogno di rivedere lui e il “gemello” Pogba di nuovo insieme a centrocampo. Ma la Juve rimane la più forte: ecco un primo bilancio dopo la prima giornata di serie A

Da grande appassionato di calcio giovanile, devo ammettere che un po’ ci avevo fatto l’acquolina in bocca: rivedere fianco a fianco in mediana i due assi che hanno trascinato la Francia Under20 al titolo di campione del Mondo di categoria. Ma in fondo qui non si tratta di essere solo dei cultori del calcio giovanile, perchè sia Kondogbia che il ben più noto – dalle nostre parti -Paul Pogba, asso della Juventus di Conte, sono ormai delle realtà solide, e tra le più fulgide del calcio mondiale.

i due assi Kondogbia e Pogba trascinatori della Francia vincitrice dei recenti Mondiali Under 20

i due assi Kondogbia e Pogba trascinatori della Francia vincitrice dei recenti Mondiali Under 20

E invece il francese ormai ex Siviglia, cui a un certo punto la Juventus, forse con ritardo e con la fretta di dover momentaneamente sostituire un intoccabile come Marchisio, attualmente infortunato, non è riuscito a intavolare una trattativa soddisfacente (si parlava di prenderlo in prestito con diritto di riscatto) e a quel punto sono intervenuti i freschi soldi del magnate patron del Monaco, uomo che ha portato Falcao e molti altri ai biancorossi, consentendo alla squadra del Principato di potersi contendere da “anomala” neopromossa lo scettro per campione della Ligue 1 di Ibra e Cavani.

Poco male, li rivedremo presto nella Nazionale francese, dove i due sono destinati a segnare un’epoca; d’altronde è dall’Under 16 che si frequentano, che “rivaleggiano” in talento, seppur diversi tatticamente: di Pogba abbiamo imparato a conoscere tutta la forza fisica, abbinata a una personalità, una tecnica, una duttilità e un eclettismo davvero difficile da miscelare così sapientemente in un solo atleta.  Presentato in principio come possibile erede di Pirlo sta dimostrando che può invero asssumere tutti i ruoli del centrocampo, ed è puro dotato di talento puro e istinto in fase conclusiva.

Kondogbia, classe ’93, è invece più un mediano classico, se vogliamo, un frangiflutti ma dai piedi finissimi, paragonato in patria da molti a un Desailly, ma in realtà più propenso anch’egli, come il “gemello” Pogba (curiosa tra l’altro l’assonanza dei loro nomi!) al gioco di squadra, fatto anche di tecnica e inserimenti, e non solo eccelso sul piano del contenimento dell’avversario.

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Intendiamoci, non che la Juventus – tolto appunto il “contrattempo” legato all’infortunio del nazionale azzurro Marchisio – sia messo male in mediana, anzi, è il reparto che sin da ora le dà più ampie garanzie, tra l’infinito Pirlo, il polivalente Vidal, il fisico Asamoah, il genio Pogba , oltre a Liechsteiner, laterale che copre tutta la fascia come pochi, un ritrovato Isla e un Pepe suila via del recupero, però il “rammarico” di non vedere assieme i due “ragazzotti” francesi un po’ mi è rimasto.

Improbabile fare già un primo bilancio sul campionato appena iniziato, ma è parsa evidente, sin dalle prime competizioni ufficiali, quanto la squadra di Conte appaia avanti alle altre . se non altro perchè il gruppo è bene rodato e a questi si è aggiunto un Tevez che pare già ben integrato, a differenza di Llorente che probabilmente avrà bisogno di sbloccarsi con un gol per scalare una gerarchia che lo vede già in seconda fila dopo un redivivo Vucinic.

In ogni caso vedo bene anche il Napoli, con un Benitez che sta dando con tempistiche assai brevi, una nuova identità tattica alla squadra, sfruttando sul talento puro di nuovi acquisti quali il bomber Higuain o l’esterno offensivo Callejon, sottoutilizzato a Madrid, dove onestamente la concorrenza dalla trequarti in su era, ed è, davvero spietata.

Credo la Fiorentina si riconfermerà, potendo fare da “terzo incomodo”; la Roma su cui nutrivo dei dubbi, a fronte delle numerose eccellenti cessioni, ha comunque rimpiazzato bene l’astro nascente Lamela con l’altrettanto talentuoso Ljaijc sul quale però bisognerà capire se è cresciuto in continuità o se rimarrà uomo da grandi ma isolati exploit.

L’inter può solo migliorare e Mazzarri è il masimo per tirare fuori dai suoi le potenzialità ancora inespresse e rendere al meglio tutti gli atleti a sua disposizione… mi rimangono invece delle perplessità sulla Lazio, incapace di mantenere ritmi alti tutta la stagione, forse per la relativa tecnica dei “panchinari” rispetto ai titolari o forse perchè semplicemente la cosiddetta coperta è effettivamente sin troppo corta. Il Milan, onestamente, mi pare indietro, certo ha riacciuffato con merito la qualificazione in Champions battendo agevolmente i bambini prodigio (che però a San Siro hanno scioperato!) ma penso che alla fine faranno un po’ il percorso come l’anno scorso, una faticosa rincorsa alle prime, ma mai in lizza per gareggiare per il titolo.

Poi, è un po’ più difficile azzardare pronostici, il Livorno mi parrebbe la squadra meno attrezzata – ma con un grande tecnico emergente come Nicola – tuttavia non credo farà la squadra cuscinetto; il Verona ha esordito bene e pare la più rinforzata tra le neopromosse ma già dalla prossima si aspetta un impegno ben probante fuori casa contro la Roma; le due genovesi sono incognite, della serie “vorrei ma non posso”: potenzialità, dirigenza, tifo caldo, bacino d’utenza sono dalla loro parte ma da troppi anni qualcosa non va. Il Catania e l’Udinese, seppur ridimensionate, si candidano come sempre allo scomodo ruolo di out siders, capaci di poter mettere in difficoltà chiunque. Il Cagliari, ormai habituè della serie A è rimasto sostanzialmente lo stesso, mentre Atalanta, Parma e Chievo come sempre partono a fari spenti, salvezza e se viene in anticipo tanto meglio, ma almeno i ducali con un Cassano in canna, e forse all’ultima chance della carriera (ma quante volte lo abbiamo detto!) avrebbero il dovere di provare a puntare all’Europa, posto che poi non interessa a nessuno giocarci. Vedo involuto il Bologna, seppur consideri Bianchi all’altezza di chi lo ha preceduto, almeno in termine di potenziale offensivo, se non di talento puro. Il Torino è partito è partito col piede giustissimo, e con un Cerci già in forma, dopo l’abulica esperienza personale in Confederations Cup, e la squadra, con modulo nuovo e ringiovanita (occhio ai talenti Maksimovic in difesa e ai centrocampisti dai piedi buoni El Kaddouri e Bellomo, entrambi alla prima stagione in serie A, se si escludono gli assaggi che Mazzarri ha concesso al marocchino ex Brescia nello scorso campionato. Molta curiosità nei confronti del Sassuolo che si è mossa bene nel mercato e ha una solida dirigenza e un allenatore in gamba dietro un progetto tecnico preciso che potrebbe seguire le orme del primo storico Chievo di Gigi Delneri.

Big alla caccia di talenti: è la volta di Baselli e Busellato, cuore e polmoni del Cittadella

Sembra davvero che questa stagione 2012/13 sia quella dell’ “anno zero” del calcio italiano, col lancio definitivo di tanti giovani. Un po’ per necessità, certo, ma soprattutto perchè finalmente si vuole provare ad allinearsi ai traguardi di altre nazioni che si autoalimentano con i loro floridi vivai, anche da noi sembra che gli addetti ai lavori, gli allenatori o i dirigenti abbiano compreso quanto sia più soddisfacente lanciare nei loro organici i ragazzi più talentuosi. Stop all’esotico, così come ai “fenomeni da cassetta”, ci si sta affidando ora a recuperare quella che in fondo era stata una nostra peculiarità, almeno fino all’avvento degli sponsor e del boom del campionato nostrano, negli ’80/’90, quando i campioni veri di tutte le nazioni venivano da noi, altro che Premier o Liga.

Innegabile che la scia lunga dei vari El Shaarawy (per molti il miglior giocatore di tutto il torneo), Insigne, Saponara o Destro abbia lasciato solchi profondi nell’immaginario, prima di tutto dei tifosi, ma da qualche settimana è vera caccia ai migliori talenti, con le big che duellano per accaparrarsi i migliori, quelli già pronti. D’altronde, forse all’Inter – per fare un esempio – si saranno accorti che, senza acquistare l’impalpabile Ricky Alvarez, potevano curare meglio il prodigio di casa, quel Siligardi che sta facendo faville a Livorno.  Per un Juan Jesus che trovi (lui sì potenziale campione) puoi anche andare incontro a forti delusioni, affidandoti a giocatori tutti da testare alla prova del campo. Forse Faraoni era peggio di Jonathan? Per fortuna dagli errori si impara e almeno la generazione dei vari Benassi (positivo esordio da titolare nella mediana), Sala (figlio d’arte, un ottimo regista emigrato ora al centro della difesa), Bandini o Longo sembra potersi quanto meno giocare le proprie chance in prima squadra.

In serie B in particolare stanno emergendo e stanno ormai sui taccuini di molti osservatori, alcuni tra i migliori giocatori di prospettiva. E’ notizia recente comunque che ci sia quasi un’asta in corso tra le due milanesi per assicurarsi le prestazioni del giovane regista (classe ’92) del Cittadella Daniele Baselli.

Daniele Baselli, gran regista del Cittadella: su di lui hanno puntato gli occhi Milan e Inter

Daniele Baselli, gran regista del Cittadella: su di lui hanno puntato gli occhi Milan e Inter

A metà con l’Atalanta, il centrocampista centrale che già l’anno scorso aveva ben debuttato in B, è ormai un punto fermo della squadra di Foscarini che ne apprezza la qualità e la personalità. Più che Pirlo, mi ricorda un po’ lo sfortunato Gionata Mingozzi, astro nascente del Perugia stroncato precocemente in un terribile incidente stradale. Baselli  gioca come un veterano, a testa alta, non lesinando corsa e abnegazione. Un play moderno, insomma, che sta trovando il giusto spazio anche in Under 21 che pullula di bravi centrocampisti centrali, su tutti l’ex pescarese Verratti.

Compagno di reparto nel Cittadella e di un anno più giovane è Massimiliano Busellato, enfant du pays. Assolutamente complementare a Baselli, è addirittura più “esperto” se vogliamo, visto che già dalla seconda parte della stagione precedente, ha conquistato una maglia da titolare a suon di prestazioni convincenti. Veloce, grintoso e sempre in movimento, è il classico mediano che aiuta i compagni in ogni zona del campo, cavandosela discretamente anche con i piedi. Non propriamente un Gattuso, insomma, piuttosto – fatte le debite proporzioni – un De Rossi più mobile.

Massimiliano Busellato, a nemmeno 20 anni, sta disputando il suo secondo campionato da titolare

Massimiliano Busellato, a nemmeno 20 anni, sta disputando il suo secondo campionato da titolare

Anche grazie a loro il “piccolo” Cittadella sta riuscendo nell’impresa di trascorrere un’altra stagione – l’ennesima cadetta – all’insegna della piena tranquillità… anzi, con un pizzico di fortuna, chissà che il sogno play off, finora solo accarezzato, non possa divenire una splendida realtà.

Pillole europee

Torno per un attimo a farmi vivo, in attesa di partire per la “vera” vacanza, fra un paio di giorni tra l’Alto Adige e l’Austria.

In questi giorni di distacco dal blog ho ultimato alcune cosette interessanti: innanzitutto un articolo sugli Europei in prossimità del nuovo numero del GS, incentrato come ovvio sulla recente manifestazione. Poi, sono finalmente riuscito a ultimare un lavoro da sottoporre all’attenzione del mio editore. Non è il nuovo manoscritto, il romanzo che farà da successore a “Verrà il tempo per noi” ma un’idea diversa che è stata partorita quasi per caso. Nel senso che erano scritti nati non per essere giudicati da un editore ma piuttosto intimi e personali. Vedremo se per fine anno diverranno qualcosa di più… la mia seconda pubblicazione ufficiale, in pratica! 🙂

Gli Europei si sono appena conclusi: volutamente non ne ho parlato molto, a parte qualche commento sparuto per il web, in particolare su facebook dove ho molti amici calciofili come me.

Direi che possiamo essere soddisfatti della marcia degli Azzurri, capaci (come sempre, la storia insegna) nelle difficoltà di tirar fuori il meglio, rendendo la vita difficile a ogni avversario. Era stato così anche all’esordio contro i futuri campioni della Spagna ma allora eravamo ancora in fase di rodaggio, in fondo. Poi è venuta la prima svolta tattica, con il ritorno alla difesa a 4, che ha consentito a Prandelli di ricomporre la retroguardia juventina. A disagio Maggio in difesa, è stato preferito dar spazio a Balzaretti e Abate, due veri terzini, col milanista ormai pienamente maturato in questo ruolo, lui che ha sempre giostrato da ala pura. Benissimo il centrocampo, con De Rossi a protezione della difesa (ma mai più da stopper, per carità, si perde metà del potenziale suo e di squadra), un Montolivo finalmente a livelli da “grande squadra” (e molto ha contribuito Prandelli nella sua evoluzione, visto i precedenti insieme a Firenze), Marchisio ormai un big a tutti gli effetti e un Pirlo assolutamente sontuoso, a parte il cucchiaio che ha fatto innamorare mezza Europa. Davanti i due “discoli” Cassano e Balotelli che col tempo hanno affinato la loro intesa, già perfetta fuori dal campo. Ne è uscita una Nazionale compatta, diretta discendente di quella che ha trionfato a Berlino 6 anni fa, con lo stesso spirito, la stessa determinazione, la stessa capacità di imbrigliare e sorprendere la squadra avversaria, impedendola di esprimersi al meglio. E’ successo contro un’Inghilterra molto “italiana” e soprattutto con la sbarazzina Germania, che sprizzava talento da tutti i pori.

Fino a che non ci siamo schiantati con la Spagna. Arrivati giù di corda, stremati dalla fatica dell’impresa tedesca e con alcuni giocatori francamente non al top (pensiamo al guerriero Chiellini), non abbiamo avuto chance con la Spagna, pur reduce da una semifinale lunghissima contro i cugini portoghesi. Ma se in campo prendono il pallino del gioco i vari Xavi, Iniesta (si potrebbe dare un Pallone d’oro di coppia, o lo diamo ancora a Messi?), Silva (superbo con la sua fantasia al servizio della squadra), Fabregas (ormai una sicurezza nel ruolo della “zanzara offensiva”, Alonso è dura per tutti. Gli spagnoli poi non hanno dato respiro a Pirlo e a Balotelli, i nostri uomini più pericolosi, accerchiandoli continuamente, e persino Cassano ha sbattuto spesso contro il muro difensivo avversario (in particolare contro Ramos, una roccia). Insomma, occorre ripartire da qui, pur tenendo conto della distanza che ancora ci separa dai nuovi dèi del calcio. Prandelli forse qualcosa ha sbagliato nella finale, nel secondo tempo a un certo punto, si poteva osare di più inserendo anche il combattivo Diamanti al posto di Motta, poi subito infortunatosi. Siamo rimasti in 10, inermi di fronte alla furia e alla sagacia tattica e tecnica degli uomini di Del Bosque, abile come pochi nel saper far convivere le due anime, quella del Real Madrid e quella del Barcellona. Un complesso, quello spagnolo, che si può permettere di giocare senza centravanti di ruolo, un po’ come la Grande Ungheria degli anni ’50, in cui tutti attaccavano e difendevano insieme. Rivelazione Jordi Alba in difesa, lui che in realtà spinge sempre e risulta quasi un attaccante aggiunto (rivedere il gol in finale contro gli azzurri). Per il resto i soliti noti, giocatori ancora giovani che hanno tutto per marcare ancora di più il divario sugli avversari. Noi abbiamo giocato con onore, forza, abbiamo riconquistato dignità, nel contesto del ciclone scommesse, e sarà necessario ripartire da Prandelli, nella speranza che i nostri migliori giovani in rampa di lancio (Destro, Verratti, Insigne… ), già protagonisti in questa sessione estiva di calciomercato, lo divengano poi anche in campo, magari nei grossi club!

Il Pagellone della serie A – parte 1

E’ terminato il campionato di serie A e puntuale arriva il mio personale bilancio sui protagonisti di questa esaltante ma pure controversa stagione, in attesa dei verdetti relativi al calcio scommesse che potrebbero sovvertire graduatorie e punteggi.

ATALANTA

La vera rivelazione del campionato, soprattutto in merito alla pesante penalizzazione iniziale. Colantuono ha infondato sicurezza a un gruppo proveniente dalla serie cadetta ma di gran qualità. Gioco arioso, solido e razionale, sospinto da un pubblico affezionato e numeroso.

Big  DENIS – meno prolifico nel girone di ritorno ma è grazie soprattutto ai suoi gol di inizio stagione che la squadra ha colmato velocemente il gap di punti. La sua miglior stagione italiana.

Sorpresa CIGARINI – non certo una novità ma pur reduce da una negativa esperienza spagnola, Luca ha saputo rifarsi tornando a Bergamo. Giustamente premiato da Prandelli in vista degli Europei, per i quali nutre una fondata speranza di essere arruolato. Da evidenziare pure le conferme di Peluso e Consigli, e la buona stagione di Bonaventura, giovane del vivaio, Schelotto e del piccolo Maxi Moralez, all’esordio nel campionato italiano.

Delusione MASIELLO – Non può che essere Andrea Masiello, che rischia di rovinare anzitempo una carriera che sembrava ben più che promettente. Protagonista con Bonucci e Ranocchia un paio d’anni fa di una stagione monstre a Bari, è caduto nella tela del calcio scommesse e ne è ancora fortemente invischiato.

BOLOGNA

Gran merito a Pioli che ha saputo, proponendo un calcio di qualità, ottenere una comoda salvezza, andando oltre le aspettative. Squadra a tratti spettacolare, sorretta dalle individualità ma forte pure di un cambio tattico in corsa, con l’utilizzo della difesa a 3.

Big DIAMANTI – Stagione positivissima per l’estroso trequartista, che si è diviso con l’astro nascente Ramirez il compito di supportare Di Vaio in avanti. Colpi di gran classe, un giocatore ritrovato e buono pure per la Nazionale.

Sorpresa TAIDER – giovane di appena 20 anni, esordiente in serie A, mostra carattere, personalità e un abbinamento perfetto di tecnica e fisicità. Giocatore moderno già finito nel mirino della Juventus.

Delusione ACQUAFRESCA – non è ancora pienamente sbocciato in tutto il suo talento l’attaccante italo-polacco. Qualche gol ma ancora tanta personalità da acquisire, così come la giusta cattiveria sotto porta.

CAGLIARI

Stagione tribolata, pur coronata da una serena salvezza. Cambi in corsa, ripensamenti, cessioni di colonne storiche, alla fine Ficcadenti ritrova il bandolo della matassa ma per l’anno prossimo occorrerà partire da basi più solide, oltre che risolvere una volta per tutte il problema dello stadio.

Big ASTORI – non fa più notizia il difensore di scuola Milan, azzurrabile per gli Europei e sempre più sicuro in coppia con Canini. Pronto per una squadra d’alta classifica.

Sorpresa PINILLA – Attaccante pienamente affermato, sorprende tuttavia il modo in cui si inserisce alla perfezione all’interno dei meccanismi della squadra, risolvendo così un annoso problema relativo al centravanti. Se sta bene tutto l’anno è un bomber da 20 gol a stagione.

Delusione LE PUNTE – Spiace bocciare l’ intero blocco offensivo ma prima dell’arrivo del cileno Pinilla, né Larrivey (esclusa una superflua tripletta), né Thiago Ribeiro (incostante e meglio da fantasista), né un sottoutilizzato Nenè hanno saputo fare la differenza. Meglio Ibarbo, anche se appare ancora tatticamente da registrare.

CATANIA

A lunghi tratti la terza miglior squadra per gioco espresso, dopo Juventus e Udinese. Montella, pronto per grandi palcoscenici, è ambito da molti prestigiosi club. Forse si chiude un ciclo, considerando la partenza del direttore Lo Monaco, autentico talent scout della squadra.

Big LODI – arrivato tardi al calcio che conta, considerando le grandi qualità che possiede, mostra finalmente tutto il suo repertorio fatto di gol a effetto (specie su punizione, dove ormai non è secondo a nessuno), rifiniture, ottima regia. Un giocatore da grandi palcoscenici, visto che ha raggiunto la piena maturità e una certa consapevolezza dei propri mezzi.

Sorpresa MARCHESE – Ripescato dopo un paio di anni di oblio, approfitta dell’infortunio del titolare Capuano e non esce più dall’undici titolare. Ottimo in fase di propulsione, efficace in difesa e pure goleador quando occorre. Ritrovato. Conferme da parte di Bergessio e Gomez, stupiscono i colpi di Barrientos (finalmente al top della forma) e la condizione di Legrottaglie, autentico leader difensivo.

Delusione SUAZO – Sembra quasi un ex giocatore, lui che per un decennio e oltre ha deliziato i tifosi italiani con le sue corse a perdifiato e i numerosi gol.

CESENA

Clamorosa retrocessione, specie se la rapportiamo alle tante attese suscitate da un calcio mercato coi botti, che facevano indicare proprio nella squadra romagnola la rivelazione di agosto, pronta per il salto di qualità. Invece è stata tutta una corsa in salita, nonostante i progressi visti con Beretta, da cui sarebbe saggio ripartire.

Big PAROLO – Stagione difficile la sua, dopo le ottime premesse dell’anno scorso. Eppure conferma le buone impressioni passate, inserito in un contesto non certo facile. Ha perso il treno per gli Europei ma merita una nuova chance.

Sorpresa I TANTI GIOVANI – Seppur mandati allo sbaraglio, non hanno perso la bussola e rappresentano anzi il miglior investimento per il futuro: alludo in particolare a Tommaso Arrigoni (centrocampista classe ’94!), nipote dell’ex mister Daniele e all’agile punta italo-svizzera Rennella.

Delusione I TANTI “NOMI” ACCLAMATI ALLA VIGILIA – Purtroppo, chi per un motivo, chi per un altro, i vari Mutu, pur autore di alcuni pregevoli gol, Iaquinta, Santana e, soprattutto Martinez, involuto paurosamente dopo il flop juventino dell’anno scorso, hanno toppato in pieno la missione di far gol.

CHIEVO

Torna Di Carlo, si succedono i tecnici e si confermano come sempre i risultati. Salvezza mai così sicura e “semplice”, gioco meno arioso forse dell’anno scorso ma spesso efficace. Non fa più notizia ma i numeri dicono che qualche studio in più su questo “fenomeno” andrebbe svolto.

Big ACERBI – Sbocciato solo nel girone di ritorno, ha fornito prove sontuose fino a far “litigare” in chiave di calciomercato Milan (favorito) e Juventus. Tecnica, tenacia, concretezza, forza fisica e visione di gioco: è nato un grande difensore, dopo l’ottima stagione scorsa alla Reggina.

Sorpresa BRADLEY – Un americano tutto d’un pezzo, incontrista dai piedi buoni, solido e veloce di piedi, ha giocato da veterano.

Delusione PALOSCHI – Forse ci si aspettava qualcosa in più dall’ex enfant prodige del Milan, che non fa mai mancare il suo impegno, al servizio del “vecchio” Pellissier ma del quale si contano pochi gol a conti fatti.

FIORENTINA

Stagione nata male, all’insegna del “precariato” e di un mercato votato al basso profilo, si rischia addirittura la retrocessione ma le basi per ripartire sembrano esserci eccome. Da dimenticare l’episodio shock tra Delio Rossi e il giovane serbo Lijajc.

Big JOVETIC – In una stagione pessima, brilla lucente la stella del montenegrino, tuttavia ancora troppo spesso colpito da infortuni che potrebbero precluderne l’ascesa ai massimi livelli. Per il resto ha già fatto vedere di cosa è capace, tra gol (14), serpentine, dribbling e capacità di leadership. Sembra il primo Baggio, ma diciamolo ancora sottovoce.

Sorpresa – NASTASIC – appena diciottenne sfodera buone prestazione. Non sarà ai livelli di Vidic, al quale viene da sempre accostato ma mostra grinta, carattere e maturità.

Delusione  CERCI – con le qualità che si ritrova, e che gli sono riconosciute sin da ragazzo delle giovanili romaniste, dovrebbe stare fisso in Nazionale. Invece, pur avendo iniziato bene, sull’onda del finale del campionato scorso, si perde tra litigi, incomprensioni, scarso feeling con il mister Rossi e voci di “bella vita”. Alessio, dipende tutto da te! Non buttare via il tuo talento.

GENOA

Tribolatissima stagione rossoblu, salvata in extremis grazie all’appannamento improvviso del Lecce. Preziosi, appassionato presidente, dovrà riflettere per bene e magari costruire una squadra con maggior equilibrio.

Big PALACIO – l’ Inter si sarà maledetta per non averlo acquistato ad inizio stagione su suggerimento di Gasperini. Mai così prolifico, l’argentino dal caratteristico codino è una vera freccia sulla fascia e spietato in zona gol. In grado di segnare in tutti i modi possibili. In una stagione soffertissima merita un plauso anche il capitano Rossi, mai domo e sempre in grado di metterci la faccia.

Sorpresa BELLUSCHI – uno dei pochi volti nuovi a salvarsi, si inserisce bene, con umiltà. Spazia da interno a ala, lui spesso in patria paragonato a Camoranesi. Vale la pena rivederlo per una stagione intera.

Delusione I TROPPI STRANIERI SBAGLIATI – un elenco purtroppo lungo quello dei giocatori esteri portati come incognite e rivelatisi alla fine ben poco adatti al calcio italiano, dalla punta Pratto al laterale Birsa, dall’acerbo Jorquera (che pure possiede ottimi colpi in regia) al desaparecido Ze Eduardo. Allargando il cerchio, appare in forte declino la stella di Gilardino e svalutati Constant e Kucka, sui quali è tuttavia doveroso provare a ridare fiducia.

 

INTER

La vera delusione del campionato, le cui difficoltà paiono evidenti sin dalla brevissima gestione Gasperini, parso quasi subito inviso all’ambiente. Ranieri sistema qua e là fino al clamoroso tracollo; il giovane Stramaccioni punta sull’orgoglio e per un soffio non riacciuffa un posto in Champions che a quel punto francamente sarebbe stato eccessivo. Meglio ripartire con umiltà, mettendo in soffitta la gloria degli anni recenti.

Big MILITO – Dopo un inizio difficile, che sembrava confermare i passi indietro dell’anno scorso, rinasce nel girone di ritorno, segnando a ripetizione, come ai tempi del Triplete. Un esempio di forte attaccamento ai colori nerazzurri.

Sorpresa POLI e OBI – I due giovani nel momento del bisogno dimostrano di essere “da Inter”: danno una bella rinfrescata a una mediana in forte crisi e crescono in personalità. Da tenere, anche se si teme che possano divenire oggetto di scambio per arrivare a un top player, come va di moda dire oggi.

Delusione LA VECCHIA GUARDIA a pancia piena – Salviamo assolutamente capitan Zanetti, inesauribile cursore e abile in ogni zona del campo, viene meno invece l’apporto di gente come Cambiasso, Lucio, Snejider e Stankovic. Male Pazzini, intristito e poco presente in zona gol e mezzo flop Zarate, salvato in extremis dal coraggioso Stramaccioni.

JUVENTUS

Stagione incredibile, coronata da un inaspettato quanto meritatissimo scudetto. Pochi immaginavano una Juve così competitiva per tutta la stagione. Egregio Conte nell’assemblare, modificare, plasmare una squadra giovane ma pure esperta, perfettamente amalgamata tra Big e ottimi giocatori in cerca del sigillo vincente (Vucinic, Liechtsteiner, Pepe). Un grande gruppo, da puntellare in vista della Champions. Tornato su livelli di eccellenza Buffon e addio magico da parte del Capitano Alex Del Piero.

Big PIRLO– Difficile scegliere nel contesto di una stagione fantastica dei bianconeri. Premio Pirlo, il cui modo di interpretare il ruolo datogli da Conte ha letteralmente inventato il gioco della Juventus. Ancora uno dei migliori registi del mondo.

Sorpresa BONUCCI – In mezzo a conferme come quelle di Barzagli e Chiellini e alla crescita esponenziale di Marchisio e Vidal, è giusto sottolineare come, soprattutto dopo il passaggio alla difesa a 3, abbia spesso giganteggiato il difensore ex Bari che ha saputo giocare in sicurezza, forte di doti tecniche superiori alla media, ben protetto dai compagni di reparto.

Delusione ELIA e KRASIC – In un contesto in cui tutti hanno reso al meglio delle loro possibilità, i mugugni vengono dalle fasce, con il biondo Krasic lontano parente della promettente freccia vista all’opera l’anno scorso e l’olandese autentico flop, non solo della Juventus, ma di tutto il campionato. Impacciato, dribblomane improbabile, superficiale negli approcci alle partite. Da rispedire al mittente.

Scudetto meritatissimo della Juve! Ma quanti sono: 30 o 28?

In rete si sono scatenati in tanti: chi irride, chi fa un motto di orgoglio, chi gioisce in modo sfrenato, chi continua a fare la conta dei torti, altri che fanno la conta… degli scudetti: 28 o 30, come sosterrebbe la società? O addirittura meno, come sostengono i maligni tifosi rivali?

Sgomberiamo il campo dagli equivoci: se c’è uno scudetto meritato negli ultimi anni, è proprio quello juventino! Per la squadra egregiamente guidata dal semi esordiente in serie A (se escludiamo la breve e infelice parentesi bergamasca) Antonio Conte hanno contato fattori determinanti come il bel gioco, la continuità di rendimento, una rosa disponibile e molto flessibile, le qualità individuali al servizio del collettivo, e non è quest’ultima una frase fatta, se si considera che la Juventus ha vinto senza un centravanti capace di andare agevolmente in doppia cifra, anzi, facendolo ruotare a seconda degli impegni e dello stato di forma.

Di contro il Milan, l’unico vero ostacolo alla conquista di un insperato scudetto alla vigilia, ha pagato nel corso della stagione i numerosi e pesanti infortuni (su tutti Cassano, Boateng e Thiago Silva), la sopravvalutazione di alcuni pezzi pregiati (mi riferisco a Pato e Aquilani) e non sono bastate l’abnegazione della rivelazione Nocerino, i gol del sempre più implacabile (in campionato) Ibrahimovic, nettamente il migliore atleta di una serie A sempre più povera e la compattezza di un gruppo che forse ha davvero dato tutto. Polemiche infinite a parte, gol non gol visti e non visti, la Juventus ha meritato ampiamente, poco per volta si è insinuata davanti, in una posizione di vertice alla quale francamente non era più abituata nè avvezza.

Il protagonista a mio avviso è stato l’allenatore, probabilmente sin troppo borioso, nonostante abbia reclamizzato sacrificio e l’inferiorità nei confronti del Milan, professando umiltà ad ogni intervista; il tecnico salentino da tempo sognava di guidare la Sua Juventus, dopo esserne stato per anni un trascinatore, un combattente. Allievo di Lippi, ancora giovane ma con le idee sufficientemente chiare, e bravo a mutare pelle, lui che all’inizio tutti indicavano come strenuo fautore di un futuristico quanto improbabile 4-2-4. Una Juve camaleontica, capace di difendersi a 3. a 4, di giocare a una punta, col tridente e forte di una mediana incisiva ma anche spettacolare. La difesa ha retto alla grande, di Buffon, tornato a ottimi livelli dopo le insidie casalinghe di Storari, si ricorda solo l’erroraccio col Lecce che ha levato un po’ di sonno ai tanti sostenitori bianconeri; il trio Barzagli- Bonucci- Chiellini è parso compatto e assolutamente efficace, tanto che a una gara dal termine sono solo 19 i gol subiti. Velocità di Barzagli, tecnica di Bonucci, ripresosi alla grande dopo un girone d’andata difficile, e concretezza di Chiellini ed ecco pronta per la Nazionale una difesa di ferro. Sulle fasce ottimo Liechtsteiner, pur “pressato” dal jolly Caceres e sbocciato lo sfortunato De Ceglie, in lizza con il nuovo Estigarribia sulla corsia mancina. Che dire del sontuoso Pirlo? I termini si sprecano, il miglior regista del mondo basta come definizione? Esploso in tutto il suo talento il prodigio di casa Marchisio, nuovo Capitano, e rivelatosi il cileno Vidal non solo come abile incontrista ma pure come polmone dai piedi buoni. In attacco spazio per tutti, dal tecnico Vucinic, cresciuto a dismisura nel ritorno, anche se poco concreto spesso sotto rete, ai ritrovati Quagliarella e Borriello, al concreto Matri, fino al multiuso Simone Pepe, bravo sia da esterno che da centrocampista puro, un po’ come il rincalzo Giaccherini. Commiato d’addio con vittoria per una Bandiera assoluta come Del Piero, mai una polemica, un esempio straordinario di attaccamento al campo e ai colori. Non pervenuti gli stranieri che avrebbero dovuto far volare la squadra sulle fasce secondo pronostici estivi: Elia, vero oggetto misterioso del campionato e Krasic, opaco, intristito dal poco utilizzo e non consono agli schemi del mister.

Proviamo a inserire De Rossi, Maggio e Balotelli al posto degli stranieri, come ha detto ieri Costacurta in un programma di Sky Sport, e notiamo con piacere che potrebbe nascerne una Nazionale Azzurra efficace e in linea con le squadre più forti per contendersi gli Europei.

Ora però qualcuno ci dica quanti sono questi benedetti scudetti bianconeri? 30 o 28???