Mondiali 2014: l’Italia vince e convince!

Scrivo un post “da tifoso”, lo premetto subito, perché per le considerazioni giornalistiche, distaccate e quanto più obiettive possibili, ci sarà tutto il tempo, man mano che la manifestazione iridata andrà avanti.

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Ma un Mondiale lo si vive a 360 gradi, lo fanno (quasi) tutti, è un appuntamento che esula dal contesto quotidiano, che va a coinvolgere persone che abitualmente non guarderebbero mai nemmeno un’azione di gioco, e che va di pari a pari a sconvolgere quelle che sono attività ordinarie. Io però sono uno di quelli che il calcio, nel bene o nel male, lo seguono per tutto l’anno e, disperazione della partner (ma sto migliorando…) non solo circoscritto a questioni italiche, ma pure interessandomi di calcio internazionale, giovanile, locale, ecc.

Ieri giocava, esordiva l’Italia e, pur in un orario che la mia veneranda età ha faticato a sopportare (specie se la mattina precedente ti eri alzato alle 7 e mezza), l’attesa spasmodica aveva fatto diventare molti connazionali tifosi dei veri sonnambuli. C’era il rischio, oggettivo, che l’Italia esordisse in modo grigio, viste le brutture recenti, ma il tutto era detto con un filo di scaramanzia. In fondo, l’oggettivo timore era giustificato dal fatto che in effetti il nostro girone era (è, per carità, a proposito di scaramanzia!) uno di quelli tosti. Però, fare peggio di 4 anni fa in Sudafrica non si poteva. Era capitato anche alla Francia di venire inopinatamente eliminata nel 2002 al primo turno, dopo il boom del Mondiale precedente; è capitata la stessa cosa a noi col Lippi-bis (capiterà anche alla Spagna? Va beh, ammetto che questa è una gufata bella e buona!). Ieri la sensazione provata è che i ragazzi di Prandelli siano ripartiti direttamente dal brillante Euro 2012. Dimenticate le ultime prove incolori, indegne disputate nelle amichevoli, l’Italia è parsa un gruppo compatto, unito, solido e che gioca in maniera propositiva, o comunque “saggia”, grazie soprattutto alla presenza di Pirlo, in grado – e  non è certo una novità – di saper gestire la palla come nessun altro al mondo, di dettare i tempi della partita a suo piacimento, di scandire i ritmi. In modo graduale ma ci siamo rinnovati anche noi. E Balotelli, a tratti ancora avulso dal gioco, è sembrato “sul pezzo”, voglioso di dimostrare la sua forza, si è sbloccato e per lui era davvero importante farlo, affinchè si associasse il suo nome solo alle prodezze viste in campo. Neymar ha iniziato alla grande il suo Mondiale, ma a queste latitudini anche il nostro Mario è quotato quasi in egual modo, e credo che lui per primo sappia di avere tanti occhi puntati addosso. E’ reduce da un campionato double face ma che venisse qui a giocare in modo indolente mi sembrava un azzardo, sinceramente. La maglia azzurra va onorata sempre, figuriamoci, a maggior ragione se tu sei il simbolo della squadra. E’ confortante quindi alla prova del campo aver dimostrato coi fatti di “esserci”, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Buonissima prova generale, ma una menzione la meritano due debuttanti, il portiere Sirigu, una sola incertezza nel contesto di una gara sicura e il laterale, stantuffo inesauribile, Matteo Darmian. Per chi non lo avesse visto giocare con questa intensità, questa determinazione e questa personalità per tutta la stagione nel Torino, potrebbe essersi trattato di una autentica rivelazione, ma appunto il buon Matteo, tra l’altro ragazzo d’oro, serio e disciplinato (e non sono frasi retoriche buttate a caso), da un anno macina chilometri e non sbaglia una prestazione che sia una. La sua caratteristica principale (e i meriti vanno certamente a Ventura che è riuscito a estrarre il meglio dalle sue qualità), oltre alla duttilità – partito centrale difensivo nelle giovanili del Milan, da professionista ha iniziato terzino destro a 4 per finire a fare l’esterno a centrocampo, persino con ottimi risultati a sinistra – è la capacità di lettura delle azioni di gioco, proprio da un punto di vista tattico. Sa quando sganciarsi, quando dettare il lancio, l’apertura sulla fascia, quando triangolare con la mezzala. Un grande debutto mondiale per lui, indubbiamente, così come per Candreva e per un Marchisio alla fine stremato ma tornato in condizioni ottimali dopo una tribolata stagione. Poco appariscente Verratti, da affinare l’intesa col suo (si spera per il futuro azzurro) alter ego Pirlo. Non si possono dire meraviglie invece di Paletta, ma eviterò quei commenti negativi che stanno imperversando su Internet in queste ore. A me l’italo argentino non ha mai convinto, è un rude difensore come forse in Italia non ne escono più, ma i meriti a mio avviso finiscono qui. E’ reduce da una buona stagione al Parma (come tutti gli interpreti di quella squadra, è giusto rimarcarlo) ma da un punto di vista puramente tecnico mi pare che palesi dei limiti evidenti. A gusto mio avrei tenuto Ranocchia, alle prese con una delicata scelta che influirà probabilmente sulla sua carriera (io gli consiglierei di passare alla Juve, dove troverebbe un tecnico come Conte che lo saprebbe valorizzare, avendolo “svezzato” e allenato per due ottime stagioni e il suo ex gemello barese Bonucci, ieri sacrificato in panchina…). In ogni caso, vincere era fondamentale, considerata la caratura degli avversari. Già, gli inglesi di mr. Hodgson, giunti tra lo scetticismo generale, partiti a fari spenti, stanno invece perseguendo una via di rinnovamento vera, con l’innesto di tanti talenti autentici. Ieri ne abbiamo avuto dimostrazione: tra la freccia Sterling (appena ventenne), il suo compagno al Liverpool Sturridge, i trequartisti Barkley e Lallana, con in panca un certo Shaw (protagonista del Southampton del ’95!), da tutti definito il nuovo Bale (quando ancora la stella gallese agiva da terzino) il futuro per i Leoni Indomabili sembra davvero roseo. Ma dovranno ripartire dall’Uruguay, ieri nel frattempo sono usciti sconfitti da un’Italia che ha assolutamente meritato, una Nazionale azzurra che ha vinto e convinto. Forza Italia! (va beh, questo è l’unico momento in cui posso comunque gridarlo, senza sentirmi a disagio.. per fortuna la politica non c’entra!)

Dossier sugli stranieri giunti in Serie A quest’estate… tra (pochi) promossi e molti rimandati

Riporto anche qui, ampliandolo, un mio articolo uscito nel recente numero del Guerin Sportivo, con copertina dedicata al Pallone d’Oro Cristiano Ronaldo, che trovate in tutte le edicole d’Italia.

Si tratta di un dossier sugli stranieri giunti quest’anno nel nostro massimo campionato di calcio. Tra sorprese, delusioni e conferme, ecco quindi un quadro completo dell’impatto che questi giocatori hanno avuto con la serie A.

Nello scorso numero del GS campeggiava in copertina Paul Pogba: un giusto riconoscimento per un giovane straniero del nostro calcio, assurto ormai a rango di fuoriclasse, dopo aver esordito un anno prima con la Juventus. E quest’anno, invertendo una tendenza rispetto alle recenti stagioni, la serie A si è arricchita ulteriormente, presentando ai nastri di partenza alcuni stranieri definiti come “top player”. Accanto ai vari Tevez, Higuain, Gomez (che come i neo romanisti Gervinho e Strootman si meritarono la prima pagina della nostra rivista) sono però giunti in Italia tanti altri interpreti dall’estero con esiti sinora contradditori.

Nell’ Atalanta, squadra dai forti connotati locali, molti alla vigilia indicavano nel romeno Nica un sicuro pretendente del ruolo di terzino destro: alla resa dei conti però non si è mai visto, e in quella posizione – con alterne fortune – si stanno alternando l’adattato Canini, il capitano Bellini, il ripescato Scaloni e il tornante Raimondi, efficace ma più a suo agio da metà campo in su

Nel  Bologna si stanno ben disimpegnando i due sudamericani Laxalt e Cristaldo. Nel contesto di un grigiore generale, almeno hanno garantito vivacità e impegno, specie l’uruguaiano di proprietà dell’Inter, più arrembante e meno fumoso dell’argentino ex Metalist. Superfluo invece l’apporto dell’esperto terzino sinistro Cech, mai sopra una sufficienza piena e presto scalzato dal più efficiente Morleo. Sono ancora in lista d’attesa il trequartista francese Yaisien, accostato in patria a Zidane,  e l’attaccante romeno Alibec, che già fece parte del vivaio dell’Inter con qualche fugace apparizione in prima squadra.

Il Cagliari fa suo di anno in anno il motto “rinnovamento nella continuità”: pochi innesti mirati, da inserire gradualmente. Difficile ad esempio per il trequartista Ibraimi, che pure ha mostrato buone doti tecniche, superare nelle gerarchie il talento di casa Cossu, in assenza del quale peraltro il mister Lopez preferisce alzare la mezzala svedese Ekdal. E’ scomparso letteralmente dai radar invece il centrale difensivo greco Oikonomou, sempre titolare nelle amichevoli estive ma bocciato alla prova del campionato in favore dell’inossidabile coppia Rossettini-Astori e preceduto pure da Ariaudo.

Il Catania sta pagando dazio in classifica anche a causa del tourbillon di acquisti stranieri avvenuto in estate, molti dei quali, per ora, dimostratosi non all’altezza dei predecessori. In difesa il giovane Gyomber ha avuto le sue possibilità, vista la prolungata assenza del titolare Spolli ma è parso molto acerbo e insicuro, così come Monzon non si è ancora impadronito della fascia sinistra lasciata vuota da Marchese. E’tornato disponibile sul finale del girone d’andata il terzino argentino Peruzzi, considerato l’erede di Javier Zanetti dallo stesso capitano dell’Inter. L’impatto è stato difficile  ma il tempo per dimostrare le sue doti è dalla sua parte. Anche l’attaccante Leto ha mostrato limiti evidenti, soprattutto da un punto di vista fisico e il paragone con il Papu Gomez davvero non regge. Si salva l’esperto mediano tutto polmoni Plasil, dal rendimento costante.

Il Chievo, dopo la partenza shock, con Corini ha ritrovato risultati e molti dei suoi interpreti migliori. Poco spazio quindi  per i nuovi, come l’esterno sinistro Pamic.

Nella Fiorentina tutti aspettavano al varco la coppia offensiva formata da Rossi e Gomez, la meglio assortita della serie A. I due, complici gli innumerevoli guai fisici del panzer tedesco, si sono visti poco assieme sinora, e così l’italiano si è trovato a duettare con le frecce Cuadrado e Joaquin. Lo spagnolo non è più il funambolo dei tempi del Valencia, ma garantisce equilibrio, oltre che fiammate offensive. Dei tanti giovani giunti in maglia viola abbiamo visto le gesta soprattutto nel fortunato cammino in Europa League. Era lecito aspettarsi qualcosa in più da Rebic, il nuovo Boksic, mentre ha fatto intravedere le sue qualità solo a sprazzi l’uruguaiano Vecino, trequartista d’origine impostato da interno. Non pervenuto Iakovenko, mentre buoni segnali ha dato il ventenne brasiliano Matos, esordiente di fatto, ma in realtà fiorentino d’adozione, essendo nei ranghi delle giovanili viola da quand’era poco più che un adolescente.

Il Genoa sfoggia con vanto il giovane nazionale croato Vrsaljko, a cui sono bastate poche convincenti apparizioni sull’out destro per destare le attenzioni dei maggiori club italiani ed europei. Subito positivo anche durante la breve e sfortunata parentesi di Liverani, al ragazzo non fanno difetto tecnica,corsa e personalità. Buono anche l’apporto della zanzara greca Fetfatzidis,  ormai titolare fisso in un tridente anomalo con Kucka di supporto all’unica punta Gilardino. Il Gasp è riuscito a incanalarne nel modo adeguato la fantasia di cui dispone. Promette bene Konatè: per il ventenne senegalese qualche buona apparizione in attacco  non supportata sinora dalla necessaria concretezza.

Nell’Inter,  in attesa degli investimenti di Thohir si è puntati dapprima a ritrovare un solido 11 base sul quale lavorare. L’unico neo acquisto da fuori è stato l’ex Chelsea Wallace si è visto davvero pochissimo, detronizzato subito nel ruolo di terzino destro dal suo connazionale Jonathan, con Ricky Alvarez forse il “vero” nuovo straniero in organico dei nerazzurri, visto che entrambi paiono lontani parenti dagli abulici giocatori visti in precedenza.

La Juventus, a detta di tutti, aveva fatto il colpaccio in estate, assicurandosi un giocatore di primo piano come l’argentino Tevez e un primo bilancio non può che essere assolutamente positivo. L’Apache in pochi mesi è diventato leader della squadra, con doti tecniche che tutti gli riconoscevano ma dimostrando anche un comportamento esemplare, fungendo da esempio e trascinatore della squadra, degno erede di quel famoso 10 che ha fatto la storia recente della Juve. Accanto a lui in attacco pian piano è lievitato anche lo spagnolo Llorrente, al quale sono servite più settimane per ambientarsi. Frettolosamente ha rischiato di essere etichettato come flop dopo i casi scioccanti di Elia o Anelka, invece l’ex Athletic Bilbao stava solo aspettando il proprio turno, lavorando in silenzio per ottenere la forma migliore. Non sarà mai un cecchino infallibile alla Trezeguet, cui è stato ingiustamente paragonato, ma i galloni da titolare sono ormai sulla sua maglia.

Nella Lazio i nuovi arrivi stranieri non stanno certo incidendo secondo le attese e, un po’ come a Catania, stride molto il paragone tra titolari e riserve. In difesa, ad esempio, sta demeritando Novaretti, cui spesso Petkovic  preferisce piuttosto adattare il centrocampista albanese Cana. Anche i brasiliani Vinicious e Felipe Anderson stanno deludendo. Il fantasista ex Santos ha una tecnica invidiabile e indubbio talento ma tra infortuni e una difficile collocazione tattica non ha praticamente mai inciso. Stessa cosa si può dire dell’acerbo centravanti colombiano Perea, assai poco prolifico nei panni sporadici di vice Klose, visto che si è fatto scavalcare nelle gerarchie dal talento di casa Keità (classe ’95).. Rimane da dire dell’argentino Biglia, il cui acquisto, a lungo inseguito, era stato messo in discussione già dal ritiro estivo, quando parve davvero poco probabile l’opzione doppio regista con il capitano Ledesma. Troppo simili i due alle spalle di Hernanes, così che il biondo ex Anderlecht è finito presto tra i rincalzi, nel frattempo scavalcato dal giovane nazionale nigeriano Onazi.

Il Livorno, nella difficile corsa alla salvezza, sta preferendo affidarsi a giocatori esperti o reduci dalla splendida cavalcata della promozione dell’anno scorso. Poco presenti finora i giovani Mosquera e Borja (entrambi colombiani), ancora fermo ai box l’argentino prestato dall’Inter Botta (di cui si dice un gran bene) e presto rimandato il centrale difensivo Valentini, cui vengono preferiti il talento di casa Ceccherini e il navigato Rinaudo.

Il Milan, alle prese con un’epocale svolta societaria, non aveva investito granchè all’estero quest’estate, riuscendo a ingaggiare in extremis il cavallo di ritorno Kakà. Da molti dato per bollito, e considerato dai più una sorta di acquisto dal sapore “romantico”, quello del brasiliano si può invece definire come probabilmente l’ultimo colpo messo a referto da Galliani prima di passare la mano alla rampante Barbara Berlusconi

Nel Napoli il vero acquisto straniero è in panca, quel Rafa Benitez, capace di conquistare tutti nel breve volgere di un ritiro estivo. Per farlo si è avvalso di una rosa composta in buona parte da stranieri inediti per il nostro campionato. Il compito più arduo spettava al Pipita Higuain, che doveva sostituire al centro dell’attacco il Matador Cavani. L’argentino sta facendo la sua parte, con gol e ottime prestazioni, sia in campionato che in Europa. Dietro di lui stanno furoreggiando i fantasisti Callejon e Mertens che si alternano con il talento nostrano Insigne, componendo con Hamsik uno splendido ed efficace tridente offensivo. Se lo spagnolo, mai del tutto compiuto in patria, è quello che ha garantito finora più puntualità in zona gol ed equilibrio tattico, il piccolo belga invece è l’uomo abile a scardinare le difese avversarie, spesso a partita in corso, sgominando i rivali con accelerazioni devastanti e tecnica di base sopra alla media. Poche chances ma discretamente sfruttate le ha colte in avanti anche il giovane Duvan Zapata, mentre in difesa è titolare fisso lo spagnolo Albiol, non immune però da errori anche banali in coppia con Britos o più spesso Fernandez. In porta è parso invece da subito una sicurezza il portiere ex Liverpool Reina, anche se essendo in prestito secco difficilmente potrà essere riconfermato, viste le lusinghe di casa Barcellona. Alle sue spalle, sul finale del girone d’andata,  ha fatto la sua comparsa tra alti e bassi il giovane Rafael, da molti considerato in Brasile il portiere del futuro.

Il Parma di Donadoni, un po’ come Atalanta e Cagliari, ha cambiato pochissimo rispetto alla passata stagione e gli stranieri giunti in Emilia sono per lo più giovanissimi che alla resa dei conti non hanno mai assaggiato la prima squadra: gente talentuosa come il serbo ex Stella Rossa Jankovic (classe ’95) e il difensore  ivoriano Mory Kone (classe ’94). Qualche apparizione (modesta) da parte del difensore portoghese Pedro Mendes, che pare più un  “tronista” che un ruvido difensore. Dura per lui conquistare posto in una linea difensiva titolare formata da giocatori fidati come Cassani, Lucarelli e Paletta. E anche quando l’italo argentino è stato fuori a lungo per infortunio, è toccato spesso e volentieri all’esperto brasiliano Felipe sostituirlo.

Per la rivelazione Roma di questa parte di stagione vale un po’ lo stesso discorso relativo al Napoli. L’acquisto boom tra i nuovi stranieri giunti in serie A sta in panca e risponde al pittoresco nome di Rudi Garcia. Il tecnico francese ex Lille è entrato presto in sintonia con società e squadra, scegliendo un apparente profilo basso, non nascondendo però tra le righe la propria ambizione. In una squadra largamente rinnovata stanno facendo meraviglie gente come Strootman e Gervinho, uomo di fiducia del neo allenatore, con cui vinse uno splendido scudetto in Francia.Se all’Arsenal non era riuscito a imporsi, sembrando più che altro un poco efficace giocoliere,a Roma è stato capace di segnare, fornire splendidi  assist al bacio e garantire una lucida spinta costante sulle fasce. L’interno olandese, pedina insostituibile a metà campo,a soli 23 anni si muove da veterano, con assoluta padronanza del ruolo, mostrando personalità, muscoli, senso tattico e ottima tecnica di base con entrambi i piedi: un investimento davvero azzeccato. Al promettente centrale croato Jedvaj (classe ’95), di cui si dicono meraviglie, non sono state per ora concesse opportunità importanti per mostrare il proprio valore.

Nella Sampdoria rivitalizzata sul finale di andata da Mihajlovic, in mezzo ai tanti stranieri che compongono per la maggior parte la rosa della squadra, in pratica quest’anno è arrivato solo il ventunenne laterale polacco Wszolek,  visto solo a sprazzi e raramente titolare.

Il Sassuolo, matricola assoluta della nostra serie A, sta disputando un campionato più che dignitoso,. E lo sta facendo in pratica con un gruppo di tutti italiani in campo, almeno per quanto concerne l’11 base ormai individuato dal tecnico Di Francesco. Alla vigilia del torneo pareva in rampa di lancio l’attaccante romeno Alexe, che nel breve minutaggio messo a disposizione si era pure mosso bene ma che è finito clamorosamente nelle retrovie una volta tornato dalla squalifica il super talento Berardi.

Il Torino di Ventura ai nastri di partenza presentava due nuovi stranieri: il giovane di belle speranze Maksimovic (ex Stella Rossa, classe ’91) e il più esperto, anche a livello internazionale, Farnerud. Il primo, soffiato a grandi club, si sta inserendo molto gradualmente, complice anche la solidità di un reparto già affiatato. Il centrocampista svedese, forgiato da campionati come quello francese, tedesco e svizzero, non c’ha messo molto ad adattarsi al clima della serie A, nonostante abbia patito una serie di guai fisici che ne hanno ridotto l’utilizzo sin qui in mezzo al campo.

L’Udinese sta vivendo una stagione di transizione, dalla cui solita infornata di stranieri  pochi hanno lasciato traccia evidente di sé. Certamente non lo hanno fatto il laterale svizzero Widmer, acerbo e in pratica “né carne, né pesce” sulla fascia destra, o il mediano croato Mlinar. Mai visti in pratica i giovanissimi brasiliani Douglas Santos (classe ’94) e Jadson (regista classe ’93 in possesso di indiscusse doti tecniche, per molti il nuovo Pizarro), mentre in difesa ha stentato nelle occasioni in cui è stato schierato il croato Bubnjic. In porta un esordiente assoluto del nostro campionato era il venticinquenne Kelava, subito titolare in porta per ovviare all’infortunio occorso presto al designato Brkic. Buona personalità ma anche qualche errore di troppo ne hanno compromesso l’ascesa in bianconero, e col ritorno in campo del portierone ex Siena, per lui le presenze si sono ridotte al lumicino.

Tra i diversi nomi nuovi del campionato del Verona, si è messo prepotentemente in luce sin dai primi banchi di prova il sudamericano Iturbe.  Una sorta di predestinato, conteso dalla nazionale paraguaiana, nazione d’origine dei genitori e da quella argentina. Dei tanti “nuovi Messi” è quello che in effetti più gli somiglia, nella velocità palla al piede, nel dribbling fulmineo, anche se deve  limare alcuni egoismi. Gli avversari stanno imparando a conoscerlo e a limitarlo ma rimane, dietro ai big Tevez e Higuain, il miglior straniero giunto quest’anno. Meno incisivi invece il play basso Cirigliano e i due centrali difensivi Marques e Gonzalez. Per il brasiliano poche apparizioni e mai convincenti;  per il grintoso uruguaiano, qualche svarione di troppo e in generale una tecnica di base approssimativa che lo hanno fatto incappare in grossolani errori costati cari. Non ha avuto spazio invece il figlio d’arte Mihajlov, portiere della nazionale bulgara, causa l’ottima conferma in serie A del titolare Rafael.

Insomma, un primo bilancio che sembra porre in chiaro scuro la faccenda dell’incidenza positiva degli stranieri sul nostro campionato. Se, come analizzato, i cosiddetti top player, giunti in soccorso di una serie A sempre più povera di interpreti di valore, stanno svolgendo bene il proprio compito, altri non stanno contribuendo in maniera pregnante alle sorti delle loro compagini. Il tutto in un quadro generale sempre più globalizzato, che mai come quest’anno ha consentito a tanti giocatori italiani di tentare a loro volta la carta dell’esperienza fuori dai propri confini.

(Gianni Gardon)

ps.. il tutto considerando che, a una così poco confortante ondata di nuovi giocatori provenienti dall’estero, non ha fatto da contraltare un’adeguata esplosione dei giovani di casa nostra, come da tempo auspicato da più parti.

Parole al vento, verrebbe da dire, se è vero che, nonostante le buone premesse, i risultati ottenuti di recente dall’Under 21 di Mangia agli Europei disputati la scorsa estate in Israele, e lo sporadico lancio di giovani visto un anno fa (pensiamo ai milanisti De Sciglio e  El Sharaawy o prima ancora il regista Verratti), quest’anno la tanto attesa inversione di tendenza definitiva, la consacrazione di un interessante movimento non c’è stata. Anzi, nel campionato in corso, quello importantissimo che dovrà dare delle indicazioni definitive a Prandelli in vista del Mondiale brasiliano, si stanno facendo valere prevalentemente i “grandi vecchi”, gente come Totti, Toni, il più giovane ma comunque ultratrentenne Gilardino, più che i nuovi nomi.

E se da noi giungono tanti stranieri, è anche vero che accade pure il contrario, e la fuga degli italiani all’estero non riguarda più ormai solo i famosi “cervelli”, ma si allarga anche a giovani comuni, così come a pensionati che vanno a spendere i loro (pochi) risparmi magari in Paesi dell’Est dove la vita costa meno e.. magari anche a quei giocatori “in esubero” nel nostro campionato, nè giovani, nè vecchi, ma forse con poche prospettive per mettersi in mostra da noi.

Mai come quest’anno quindi, non si contano i nostri atleti impegnati all’estero, non solo ex promesse come gli “inglesi” Macheda, Petrucci, Borini, Mannone o Santon, o campioni affermati come i “parigini” Verratti, Sirigu o il naturalizzato Motta o i giovani in rampa di lancio, strapagati all’estero ma finiti clamorosamente ai margini a casa nostra (gente come gli ex interisti Donati e Caldirola, immalinconiti nelle categorie  minori prima di passare a fare i titolari in club prestigiosi come Bayer Leverkusen e Werder Brema).

No, quest’anno ad aver fatto le valigie ci hanno pensato anche l’ex bolognese Pisanu, ormai finito in Lega Pro dopo un fulgido passato in serie A con il Parma e un passato remoto da predestinato, che è tornato alla ribalta nella Major Soccer League, nella stessa squadra di Ferrari e Di Vaio, con quest’ultimo sempre tra i migliori e più prolifici attaccanti di quella lega. E poi in Ungheria gioca l’ex juventino Alcibiade, ancora giovane ma mai esploso; in Francia è titolare indiscusso in Ligue 1 il difensore Tonucci, così come l’ex bolognese Raggi, addirittura nel top Club Monaco, allenato da Ranieri, quando lo raggiunse in tempi non sospetti con la squadra scesa mestamente in Ligue2, prima della “miracolosa” acquisizione da parte degli sceicchi; in Portogallo nell’Olhanenense gioca Dionisi, protagonista assoluto nel Livorno di Nicola fino alla bella promozione dello scorso anno mentre in Olanda è ormai un vip, un uomo di punta l’attaccante leccese Pellè, splendido cannoniere.

In Scozia gioca ormai da veterano il centrocampista Manuel Pascali, da noi visto all’opera solo in terza serie e lì diventato uomo simbolo, da molti stagioni (ben 6) trascinatore del Kilmarnock, così come in Grecia spopola da anni l’attaccante Napoleoni.

In Premier quest’anno sono arrivati come grandi acquisti due nazionali azzurri come l’attaccante Osvaldo (invero un oriundo) al Southampton e il piccolo jolly Giaccherini al Sunderland, dopo la bellissima e convincente Confederation Cup disputata l’estate scorsa. In Inghilterra è finito pure il portiere mai del tutto compiuto in tutto il suo talento Emiliano Viviano, anche se quest’anno all’Arsenal è davvero dura ritagliarsi il giusto spazio. Sempre oltre Manica, ma nella seconda serie, molti italiani sono stati “parcheggiati” al Watford dall’Udinese, visto che entrambe le squadre fanno capo al presidente Pozzo. Ecco quindi che alla corte di Zola prima, e di Sannino ora, giocano i vari Fabbrini, Faraoni, Battocchio, Forestieri, Angella, tutti col desiderio non nascosto di imporsi e di tornare da protagonisti a calcare i palcoscenici del nostro massimo campionato. Nella Liga Spagnola è impegnato invece un altro reduce da un buonissimo europeo Under 21, il centrocampista Fausto Rossi, cresciuto nella Juventus dove aveva esordito precocemente in prima squadra, prima di iniziare un lungo girovagare tra le categorie minori.

Caso più unico che raro è quello del Novi Gorica, società satellite del Parma, dove il presidente Ghirardi ha mandato a farsi le ossa o ad accumulare minutaggio importante tantissimi elementi sotto contratto con la squadra madre: gente anche di indubbio talento come l’ex nazionale giovanile azzurro Gaetano Misuraca, i difensori Abel Gigli e Alessandro Favalli, la punta Massimo Coda o di lunga esperienza nei campionati minori italiani come gli attaccanti  Lapadula e Bazzoffia, il centrale difensivo Checcucci, il portiere Cordaz o di recente il tornante Finocchio, ex nazionale under 17.

Insomma, un esercito intero presente nella vicina Slovenia, con tanti giocatori che hanno accettato di percorrere altri lidi pur di trovare spazio e giocare con continuità, rimettendosi in gioco, in un momento in cui anche il calcio italiano, inteso proprio come sistema, sembra sempre più in forte crisi, non solo economica.

Calciatori italiani d’esportazione: ormai non si contano più! Ecco una lunga panoramica di questi nuovi emigranti del pallone: dai big come Verratti, Osvaldo, Giaccherini a giovani emergenti come Borini o Donati a mestieranti in cerca di nuovo rilancio come Raggi, Misuraca, Piovaccari, inaspettati protagonisti europei

Italiani popolo di emigranti! Un tempo, nemmeno lontano, erano  i nostri nonni a lasciare la propria terra in cerca di fortuna, o almeno per portare i soldi a casa; attualmente si parla più che altro di “fuga di cervelli”, in quanto stiamo messi male anche anche in quel campo e quello pare il destino più adeguato per le più brillanti menti del nostro  Paese. Fatte le debite proporzioni, e stante la crisi ormai diffusa in tutti i settori dell’economia, ecco che tutta una serie di cause ha portato anche i calciatori ad adeguarsi, unita al fatto che, specie se ci riferiamo ai giovani, c’è da rimarcare l’ennesima stagione nella quale  alle parole non sono succeduti efficacemente i fatti. Ma andiamo con ordine, cercando di stilare una lista, non completa, perchè i nomi impegnati fuori dall’Italia sono in effetti tantissimi ormai, ma credibile e rappresentativa di coloro che hanno optato per la soluzione estera, non limitandosi a coloro che calcano i più prestigiosi palcoscenici.

Giovani in rampa di lancio, alcuni prelevati direttamente dopo le belle prove in maglia azzurra disputate nel recente Europeo Under 21 (belle, ma evidentemente non troppo, devono aver pensato i nostri club che hanno preferito monetizzare anzichè dare loro una chance in prima squadra in serie A), ma anche calciatori in cerca di rilancio;  altri ai quali illuminati procuratori sono riusciti a trovare ingaggi impensati e altri ancora onesti mestieranti che si stanno rifacendo una vita dignitosa altrove trovando una propria dimensione calcistica più consona alle proprie capacità.

– IN BUNDESLIGA

Caldirola al Werder dall'inter

Caldirola al Werder dall’inter

nella massima serie tedesca, una delle leghe più interessanti e spettacolari del mondo, sia per innovazione, partecipazione, bel gioco e trend economico, figurano dei nostri atleti che ben si stanno disimpegnando. In particolare è l’ex interista Giulio Donati a destare meraviglia. La storia del terzino è ormai nota ai più: ritrovatosi a Grosseto in LEGA pro, e ancora incompiuto nei suoi primi anni da professionista in Italia, dopo uno splendido europeo ha attirato le attenzioni su di sè, fino a convincere l’ambizioso Bayer Leverkusen a puntare su di lui. Straordinario il modo in cui l’azzurro si sta imponendo in terra tedesca, visto che da subito è diventato titolare della fascia destra, in una difesa a 4, e oltre a ben figurare in campionato, col BAYER a un tiro di schioppo dalle due super big Bayern e Dortmund, sta giocando a testa altissima pure in Champions. Fortunatamente per l’Inter un rinato Jonathan  sta colmando un ruolo che sembrava perennemente vacante in nerazzurro, ma ancora stride che in casa nerazzurra sia stato preferibile monetizzare su un talento cresciuto in casa piuttosto che lanciarlo in prima squadra.

Caldirola, altro prodotto interista, sin dai tempi della categoria esordienti, e capitano dell’Under 21, sta faticando un po’ di più a Brema, ma gioca comunque titolare, lui che in Italia aveva sempre giocato in cadetteria. Peccato che la difesa sia da anni il punto debole della squadra, da sempre votata all’attacco e questo mette spesso alla berlina i suoi difensori. Caldirola per ora gioca più sul versante sinistro, lui centrale per vocazione e la sua non proverbiale velocità lo sta penalizzando, anche se con la sua determinazione e la sua personalità, sono sicuro che saprà diventare protagonista.

Un po’ come lo è stato per diverse stagioni Molinaro, terzino sinistro ormai trentenne che dopo aver toccato il picco con la Juventus del rientro tra le grandi, dopo il flop calciopoli, era passato allo Stoccarda. Niente di trascendentale per lui, ma ormai è una certezza, sebbene non sia più titolare fisso; tuttavia in Germania il suo nome ormai è ben spendibile e c’è la reale possibilità che possa costruirsi un buon finale di carriera rimanendo in terra tedesca.

Giulio Donati, dopo la delusione di Grosseto e il clamoroso rilancio con l'Europeo Under 21 prosegue il suo momento magico: titolare fisso nel Bayer Leverkusen!

Giulio Donati, dopo la delusione di Grosseto e il clamoroso rilancio con l’Europeo Under 21 prosegue il suo momento magico: titolare fisso nel Bayer Leverkusen!

– IN PREMIER LEAGUE

tra giovani presenti nelle liste di categoria o nei campionati riserve (e negli ultimi anni ce ne sono stati tantissimi, poi emersi a livelli più o meno alti, da Borini a Macheda, attualmente in Premier e in Championship con Sunderland e Doncaster, ma anche Petrucci, Fornasier, Moscatiello, Laribi, Santonocito, Massacci), e altri acquistati di sana pianta come veri colpi di mercato, la ricchissima  e ambitissima Premier League rappresenta spesso un’isola felice per i nostri calciatori.

Nel Sunderland, fino a pochissimo tempo fa allenato dal focoso Di Canio, è arrivato in pompa magna, dopo l’ottima Confederations Cup l’ex juventino Giaccherini, vero jolly del centrocampo, abile sulle fasce e sulla trequarti. Il piccolo Giak sta dimostrando in pieno le sue caratteristiche, abnegazione (tanta) ma sorretta da altrettanta qualità.

Osvaldo a Southampton si sta ritrovando in tutto il suo talento, dopo i dissapori di Roma. E’ un patrimonio azzurro, probabile centravanti ai Mondiali e Pochettino, suo attuale mister, sta riuscendo in pochi mesi a minarne gli spigoli caratteriali.

A Newcastle si sta affermando Santon, troppo presto lasciato andare dall’Inter e più in generale dal calcio italiano, visto che di lui si parlava come di “nuovo Facchetti” (ahi, ahi, quanto possono pesare le etichette!). Ma sull’ancora giovanissimo calciatore (è un ’91) hanno pesato moltissimo, oltre alle troppe aspettative, anche i numerosi infortuni.

In championship c’è proprio una colonia azzurra, rappresentata dal Watford, società presieduta dai Pozzo: oltre a un trainer come Zola, venerato in Inghilterra molto più che in Italia per i suoi trascorsi da “Magic Box” al Chelsea, figurano e stanno ben contribuendo al buon campionato della loro compagine calciatori come il fantasista Forestieri (’90) italo argentino ex grande talento di casa nostra che non era mai emerso ad alti livelli da noi; l’esile trequartista classe ’90 Diego Fabbrini,  il difensore goleador Angella (’89), il laterale difensivo Faraoni (’91), anch’egli grande promessa del nostro calcio, ai tempi della Lazio, quando l’Inter riuscì a strapparlo ai biancocelesti facendo un grande colpo a livello giovanile. In rosa anche un altro italo argentino, attuale regista della nuova under 21 di Di Biagio: Battocchio, uno dei migliori della squadra export dell’Udinese.

Da poco in Premier anche Viviano, mai esploso del tutto in Italia e anzi reduce da brutte esperienze tra Palermo e Fiorentina. Dire “brutte” forse è troppo ingeneroso per il portiere toscano, ma anche qui si doveva misurare con alte aspettative, che sono state in parte disattese. Attualmente infortunato, ha una grossissima occasione di rilancio in un top club europeo come l’Arsenal, da cui proveniva anche l’altro portiere Mannone, ora in prestito al Sunderland.

– in LIGUE 1

Succursale italiana, nonostante sia partito verso altri lidi il mister Ancelotti, volato a Madrid, sponda Real, è il ricchissimo Paris St Germain, dove militano ben tre azzurri “da Nazionale”: il baby Verratti, predestinato e subito capace di conquistare il neo tecnico Blanc, che lo utilizza da interno in un centrocampo a 3, il regista basso Thiago Motta, assolutamente in fase di rilancio e il portiere saracinesca Sirigu. Considerato che nell’11 base figurano pure Ibra, Cavani, Maxwell, Thiago Silva, Marquinhos e all’occorrenza Lavezzi, Menez e un tuttora appannato Pastore, si capisce come la lingua universale nella Parigi calcistica più che l’internazionale e istituzionale inglese, sia quella italiana.

il regista Verratti, ormai stellina indiscussa del calcio italiano e pedina fondamentale del Psg

il regista Verratti, ormai stellina indiscussa del calcio italiano e pedina fondamentale del Psg

Nella rivale dei paragini, il Monaco di mister Ranieri figurano due giocatori italiani: Raggi, capitano l’anno scorso in Ligue 2 e dignitosa prima riserva quest’anno nel contesto di una squadra stellare, uno che in Italia non era mai andato oltre la sufficienza in squadre comunque di medio o basso cabotaggio (tra Palermo, Empoli e Bologna, probabilmente il suo picco più alto) e il giovane Crescenzi, fortemente voluto dal tecnico. Nell’Ajaccio dell’esordiente mister Ravanelli c’è lo stopper Denis Tonucci, classe ’88, che mai ha toccato la serie A, essendo però stato apprezzato come valido difensore cadetto nelle sue esperienze a Cesena, società in cui è cresciuto, Piacenza e Vicenza.

– nella LIGA SPAGNOLA

vi gioca un altro reduce da una fortunata esperienza con l’Under 21, un calciatore del quale da anni si riconoscono le doti tecniche a metà campo, ma che alla Juventus, dopo gli stupendi anni giovanili, conditi da vittorie finali in campionato e al “Viareggio” non è (ancora) riuscito a dimostrare il suo valore: Fausto Rossi, finito in prestito al Valladolid, dopo un lungo apprendistato cadetto fatto di alti e bassi (anche a causa di infortuni più o meno gravi).

– ALTRI CAMPIONATI

detto della lontanissima lega americana, che per noi rappresenta ancora a livello mediatico un calcio lontano (vi giocano da star soprattutto giocatori a fine carriera, come Di Vaio, ancora implacabile bomber e il difensore centrale Ferrari, mentre brevissima si è rivelata l’esperienza oltreoceano della punta trentasettenne Bernardo Corradi), anche altre terre europee stanno accogliendo giocatori nostrani, che qui vengono assurti a veri big.

Il caso più eclatante è certamente quello del centravanti del Feyenoord Graziano Pellè, che l’anno scorso coi suoi 27 gol, solo sul filo di lana si è visto soffiare il titolo di capocannoniere della Eredivisie olandese. Sterile punta da noi, eccezion fatta per gli anni giovanili di Lecce, dove infilò due storici scudetti Primavera consecutivi e fu titolare della spedizione azzurra al Mondiale Under 20, ormai è un olandese d’adozione,dopo la tanta esperienza qui maturata, anche prima di Feyenoord.

Il leccese Graziano Pellè, incompiuto in tutte le sue stagioni in Italia, trasformatosi in implacabile bomber in Olanda!

Il leccese Graziano Pellè, incompiuto in tutte le sue stagioni in Italia, trasformatosi in implacabile bomber in Olanda!

In Scozia da tanti anni gioca il fantasista Manuel Pascali, partito in cerca di gloria da Foligno e ormai trascinatore del Kilmarnock. In Italia giocò solo in serie C ma le sue caratteristiche da combattente mai domo hanno trovato terreno fertile oltre Manica.

In Ungheria si sta destreggiando l’ex difensore della Juventus Alcibiade, dopo alcune non  felicissime parentesi minori  (Gubbio, Nocerina, Carrarese)  in prestito all’Honved. Per lui la prospettiva di giocare in un campionato senz’altro minore ma nel contesto ungherese in una big, potrebbe davvero rivelarsi vincente.

In Portogallo cerca di farsi spazio con la sua grande tecnica un attaccante che nelle ultime stagioni a Livorno ha fatto vedere meraviglie: Federico Dionisi. Nella piccola Olhanense ha già segnato un gol poco dopo il suo esordio; chissà che il Livorno non si debba pentire di averlo lasciato partire precocemente, non ritenendolo probabilmente all’altezza di un torneo per lui inedito  come la serie A.

Se storicamente la Svizzera ha sempre dato ospitalità, anche per vicinanza geografica e affinità calcistiche (specie in squadre del CANTON TICINO, come Lugano o Chiasso) negli ultimi dieci anni sono molti anche i nostri giocatori che hanno trovato spazio e gloria in Grecia (pensiamo alle lunghe militanze di Cirillo o  Sorrentino. che hanno accumulato anche diverse presenze europee tra Champions e vecchia Coppa Uefa), Romania (De Zerbi, Piccolo, Sforzini ai tempi del Cluj in Champions League, e ora Piovaccari. Quest’ultimo, passato da un’onesta carriera in B, spesa tra Cittadella, Novara, Brescia e altre ancora all’essere centravanti titolare della titolata Steaua Bucarest ha fatto un grande passo in avanti, essendo protagonista insperato fino a pochi mesi fa (quando al termine della scorsa stagione era mestamente retrocesso in Lega PRO col  Grosseto, come Giulio Donati) dell’attuale Champions League.

Quest’anno, complici gli stretti rapporti del patron del Parma Ghirardi con il Nova Gorica, sono invece diversi i nostri calciatori che hanno accettato di rimettersi in gioco in un campionato sì minore ma che potrebbe regalare loro maggior visibilità. La Slovenia poi è davvero vicina ed,essendo il Nova Gorica appunto controllato da Ghirardi (in partnership sostanzialmente, il chè ha portato in squadra, oltre a diversi giocatori di proprietà del Parma, molti dei quali provenienti dal vivaio, anche l’ex bandiera Gigi Apolloni come allenatore) la speranza concreta è quella di rientrare da protagonisti nel nostro massimo campionato. Ci si aspetta il salto definitivo soprattutto dall’ex azzurrino Gianvito Misuraca, fantasista classe ’90, che spinse con le sue stupende giocate il Palermo a vincere uno storico campionato Primavera, insieme ad altri assi offensivi come Giovio e Mbakogu. La lista degli italiani è lunghissima: ci sono i difensori Lebran, Checchucci, il giovanissimo Favalli, il jolly Berardocco, tutti esperti a livello di Lega Pro, ma anche un difensore brasiliano ma formato calcisticamente da noi sin dai tempi gloriosi della Primavera del Torino come Ronaldo Vanin, che vanta una lunghissima carriera da protagonista in terza serie come laterale destro principalmente (l’anno scorso nella sfortunata stagione leccese c’era anche lui, dopo i tanti anni spesi a Sorrento), il portiere Cordaz, la promessa dei ducati Abel Gigli, mai pienamente sbocciata da noi, e gli attaccanti Bazzoffia, Lapadula e Massimo Coda. Insomma, una vera succursale azzurra, senza tener conto dei tanti altri atleti che hanno passato la maggior parte della carriera nel nostro campionato, come il vecchio centravanti lituano Danilevicius.

il trequartista Gianvito Misuraca, gran talento delle nazionali giovanili azzurre, cerca il rilancio in Slovenia, nel Nova Gorica, dopo alcune deludenti esperienze cadette tra Grosseto e Vicenza, dove solo a sprazzi ha mostrato le sue qualità

il trequartista Gianvito Misuraca, gran talento delle nazionali giovanili azzurre, cerca il rilancio in Slovenia, nel Nova Gorica, dopo alcune deludenti esperienze cadette tra Grosseto e Vicenza, dove solo a sprazzi ha mostrato le sue qualità

In Russia invece da diversi stagioni militano con alterne fortune, legate però soprattutto a problemi di infortuni, due grandi talenti nostrani, ancora azzurrabili, i difensori ex Genoa Mimmo Criscito, in forze allo Zenit di Spalletti e Salvatore Bocchetti, che dopo un buon passato al Rubin Kazan, ha firmato il contratto della vita, passando a una grande del campionato, lo Spartak Mosca, dove è assoluto protagonista nel ruolo di difensore.  Per lui -che si era fatto apprezzare anche in Italia, suscitando l’interesse delle squadre che lottano ai vertici delle classifiche – è stato più provvidenziale  accettare le laute proposte estere e la possibilità concreta di affermarsi a livello europeo.

PELLEeCALAMAIO continuerà a seguire, come negli anni precedenti, l’evolversi delle loro esperienze calcistiche all’estero, augurando a tutti le migliori fortune.

Nuovi portieri italiani crescono: ecco la generazione dei fenomeni Perin, Bardi, Leali, Colombi e il rinato Fiorillo

Dopo qualche stagione interlocutoria in fatto di giovani portieri – antica e rinomata scuola calcistica tutta italiana – con Buffon a imperversare e a candidarsi come miglior interprete di ogni epoca, assieme al monumento Dino Zoff, e gli altri a raccogliere briciole e a sottostare a una pletora di portieri esteri, campioni e non, quali Julio Cesar, Dida, Taffarel, Frey ma anche Kalac, Lobont, Carrizo ecc… ora finalmente si sta assistendo a un progressivo ma imponente ricambio generazionale, con autentici talenti destinati a lasciare tracce profonde in questa nuova era calcistica.

Inutile e forse dannoso tirare in ballo l’etichetta di “Nuovo Buffon”, anche se poi l’appellativo viene sovente buttato nella mischia da giornalisti senza fantasia, ma è innegabile che laddove hanno convinto a metà Sirigu, Viviano e Marchetti, i migliori tra i nati fra l’83 e l’87, ora possono invece farcela a conquistarsi spazio e gloria gente come Perin, Bardi, Leali, Colombi o il rinato Fiorillo.

Mattia Perin, già titolare in serie A col Pescara

Mattia Perin, già titolare in serie A col Pescara

Di Perin abbiamo imparato ben presto ad apprezzarne in particolar modo le doti atletiche, quella sua agilità e velocità che lo fanno rassomigliare a un portiere “di carta” quale il mitico (lui sì davvero!) Ed Warner del manga Holly e Benji. Capelli lunghi, sguardo furbo e già una buona esperienza sin qui maturata, con moltissime presenze nelle rappresentazioni giovanili (ha partecipato da titolare a un Mondiale Under 17), una vittoria nel campionato Primavera col Genoa, società in cui è cresciuto e vinto insieme al fenomenale El Shaarawy e già titolare in A a Pescara dopo l’apprendistato della scorsa stagione a Padova, nonostante abbia già subito molti gol nella massima serie è in grado altresì di distinguersi con una personalità strabordante e grandi parate.

Bardi, estremo difensore del Novara

Bardi, estremo difensore del Novara

Bardi, passato da giovanissimo (come la punta Dell’Agnello) dal Livorno all’Inter per poi tornarvi da professionista in B, è come Perin un validissimo portiere del ’92, sempre nel giro delle nazionali azzurre e rispetto al suo collega molto più prestante e quadrato. Quest’anno a Novara sta dimostrando di possedere molta stoffa tra i pali, infondendo la giusta sicurezza ai compagni di reparto. Quasi scontata la sua presenza in una squadra di serie A nella prossima stagione.

Colombi del Modena

Colombi del Modena

 

Meno reclamizzato l’ex atalantino Colombi (91) che quest’anno a Modena è quello che maggiormente ha fatto passi in avanti dopo le buone prove mischiate a qualche imbarazzo nella passata stagione, la sua prima in B. In un contesto di grande affidabilità, come la difesa dei canarini, Colombi pare deciso a far guadagnare molti punti alla sua squadra.

Nicola Leali, il più giovane del lotto

Nicola Leali, il più giovane del lotto

E veniamo al “Nuovo Buffon” (a rieccoci, ci sono cascato anch’io), Leali, attuale portiere del Lanciano che la Juventus ha acquistato, strappandolo a una nutrita concorrenza al Brescia. Più giovane tra i portieri citati (è un 93) dopo le timide escursioni da professionista nella squadra lombarda, prima che il tecnico puntasse sull’esperienza del solido trentaquattrenne Arcari, sta disputando una splendida stagione in Abruzzo, nonostante sia un campionato alquanto complicato per la squadra di Gautieri, matricola assoluta della cadetteria. Alterna prodezze a qualche inevitabile ingenuità ma la bilancia pende nettamente dalla parte delle prime. Ne sentiremo parlare a lungo, basta che non si monti la testa, viste le notevoli attese suscitate.

Vincenzo Fiorillo, campione ritrovatosi a Livorno

Vincenzo Fiorillo, campione ritrovatosi a Livorno

Infine il migliore del lotto (parere ovviamente personale), uno di quelli che appunto dopo le meraviglie dei campionati giovanili, trascorse da autentico predestinato del calcio italiano, a poco più di 20 anni sembrava quasi perso per il grande calcio. Sto parlando di Vincenzo Fiorillo, attuale portiere del Livorno, autentico enfant prodige dei settori giovanili azzurri, vincitore ai tempi della Sampdoria di uno splendido scudetto primavera con gente come Poli, Marilungo, Jonathan Rossini e Mustacchio fra gli altri.

Fisico imponente, buona reattività, quasi insuperabile fra i pali e ricco di personalità, non ha mai spiccato il volo, perdendosi fra incomprensioni, qualche goffo intervento, al limite della “papera” (ma a chi in fondo non è capitato?), fino alle discussioni sul suo reale valore, le accuse da più parti di scarsa indole al professionismo che hanno finito per minare la sicurezza nei propri notevoli mezzi tecnici. Dopo un peregrinare infruttuoso di squadre e categorie (finendo in panchina in Lega Pro allo Spezia) quest’anno sta trovando a Livorno, in una squadra lanciatissima verso il meritato e clamoroso (alla vigilia) ritorno in serie A, quella continuità di rendimento che gli era sinora incredibilmente mancata. E così al Picchi si sta rivedendo il portiere promettente su cui tutti gli addetti ai lavori erano pronti a scommettere.

Il ruolo del portiere è forse il più difficile per un giovane, e molti maturano tardi rispetto ai pronostici. Occorre avvertire la fiducia di una squadra che deve necessariamente affidarsi a te, che detieni un ruolo estremamente importante all’interno della rosa. Sei l’ultimo baluardo, l’estremo difensore, un tuo errore può compromettere l’intera posta in palio della gara. Per questo la personalità è d’obbligo, ma questa la si affina anche e soprattutto con l’esperienza, la stessa che quest’anno Perin, Bardi, Colombi, Leali e Fiorillo stanno giustamente acquisendo in maniera positiva.

Che sarà del Milan dopo le cessioni di Thiago Silva e Ibra?

E alla fine il grosso passo è stato compiuto. Un tragitto che da Milano porta direttamente a Parigi, con Leonardo e Ancelotti a fare da Caronte. Supermarket Milan, o meglio, supermarket Italia, devono aver pensato gli sciecchi, se è vero che in meno di un anno sono riusciti a portare al Paris St Germain prima Sirigu, Motta, Sissoko, Menez e Pastore, e ora due super big del Milan (probabilmente gli unici veri top player rimasti in una serie A sempre più debole e meno ricca di talento puro) e molto probabilmente il regista  del Pescara Verratti, molto più che una semplice promessa ad aggiungersi all’ex napoletano Lavezzi.

Che si può dire di questa operazione del Milan? Non credo che tutto un tratto i dirigenti abbiano pensato a un ridimensionamento da un punto di vista meramente sportivo: il mercato è lunghissimo e quei soldi, tantissimi, più la somma spettante dalla Champions, verranno certamente reinvestiti. Galliani sa il fatto suo e, se spesi bene, il Milan potrebbe veramente fare un buon restyling, considerando l’avvicendamento, in alcuni casi forzato, di gente come Nesta, Seedorf, Gattuso, Zambrotta, Inzaghi e Van Bommel. Andando su un piano più generale, invece, l’operazione era sicuramente da avvallare, ma già dall’inizio, evitando così la farsa Thiago Silva. Va? No, resta! Siamo sicuri? Ma vorrà l’aumento? Accontentato in tutto, ora semmai è il brasiliano che rischia di passare per mercenario e ingrato, ma la proprietà ne esce comunque a testa alta. C’è la crisi, noi abbiamo fatto il massimo, gli abbiamo pure alzato l’ingaggio, che potevamo fare più? Niente, e difatti, il brasiliano se n’è andato, viste le allettanti proposte ricevute dallo sceicco.

Su Ibra che dire? Se sta un annetto senza essere protagonista si annoia, era già successo al Barcellona dove, seppur da comprimario di lusso, aveva incrementato la sua personale bacheca di successi in serie con i soli club. Mai realmente attaccato a un ambiente o a una maglia, lo svedese ha davvero fatto l’affare della vita, andando a percepire per 3 anni, lui che è un classe ’81, più di 14 milioni di euro all’anno. Con questi propositi, come minimo – ma doveva già essere successo l’anno scorso e invece ci si è messo di mezzo il sorprendente Montpellier – il Psg dovrebbe a mani basse far sua la Ligue 1 e disputare una buona Champions.

La serie A ne esce male, malissimo, ma speriamo che almeno sia obbligo quindi per i nostri club tentare la saggia carta di puntare su talenti di casa, da far crescere giocando, creando così un vero movimento. Insomma, le idee prima di tutto, anche prima dei soldi!