Il disastro dell’Italia ai Mondiali brasiliani ha radici lontane

Il disastro azzurro ai Mondiali, checché ne dicano i senatori e lo stesso Prandelli, non ha un solo colpevole o non nasconde una sola ragione: sono invece molteplici i motivi per cui noi poveri tifosi abbiamo assistito a questo autentico scempio sportivo e sono da ricercarsi alle radici.

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Io sinceramente non ero alla vigilia tra gli ottimisti, anche se ammetto che la lusinghiera vittoria contro una (vista col senno di poi) grigia Inghilterra mi aveva lasciato qualche speranza, non dico di arrivare in fondo alla manifestazione, ma per lo meno di superare (agevolmente) la fase a gironi. D’altronde, una vittoria alla prima partita contro la squadra in teoria più accreditata tra le sfidanti (dando per “cotto” l’Uruguay, un po’ come qualcuno poteva prevedere della gloriosa Spagna), significava aver già incamerato 3 punti d’oro. Poi la sconfitta contro la Costa Rica ha riportato tutti clamorosamente coi piedi per terra, anzi, ha fatto subentrare la paura e l’insicurezza, ma soprattutto i limiti tecnici e agonistici della nostra squadra, prima palesati solo a tratti contro gli inglesi.

Così per due Mondiali consecutivi usciamo a testa bassa al primo turno e ciò è davvero inaccettabile per una Nazionale pluridecorata come la nostra. Possono starci sconfitte fragorose, cicli che si estinguono precocemente, squadre ormai prive di motivazioni alla base di cadute così rovinose ma non è possibile per un movimento calcistico di una grossa portata storica come il Nostro toppare per ben due edizioni. Ora non ci resta che non qualificarci nemmeno, ma l’auspicio è che si resetti tutto, una volta per tutte, a partire dai quadri federali. Le dimissioni di Abete sono per fortuna irrevocabili e, mi auguro, detto con franchezza, anche quelle di Prandelli. Dall’illusione europea al tonfo brasiliano sono trascorsi solo due anni ma tutto è andato letteralmente perso, soprattutto il tanto acclamato “spirito di gruppo” non s’è proprio visto, anzi… ma su questo dolente punto tornerò dopo.

A livello tecnico siamo proprio mancati, ma come accennavo prima, anche a livello agonistico, per non dire fisico: acqua da ogni dove, zero giustificazioni! Niente ricambio generazionale, o solo in parte, non come squadre tipo Olanda e Francia, per capirci. Niente talento puro, se non forse da Verratti, l’unico guarda caso che gioca “davvero” a grandi livelli internazionali. Il punto focale è proprio questo: il valore delle nostre squadre, dei nostri atleti, del nostro campionato è basso, dovevamo capirlo, ma forse ci nascondevamo la verità sotto il naso, non volevamo ammettere che l’Impero Azzurro era finito da un po’. In Europa ormai abbiamo perso credito, i risultati non ci fanno onore, non si ottengono più nemmeno piazzamenti, altro che vittorie di prestigio – le stesse che fino a un decennio fa erano quasi all’ordine del giorno.

Non voglio discutere di questioni squisitamente tecniche, ci sono già sin troppi allenatori in giro in queste ore, nei bar, nei social network e in fondo è giusto così, ognuno ha il diritto di dire la propria, di indignarsi, di incazzarsi pure… legittimo, così come discutere sulle scelte a monte del mister, sulle convocazioni. In questo contesto di povertà tecnica quasi imbarazzante, senza una vera spinta proveniente dai vivai (per i quali si spendono solo belle parole ma nulla più), un Rossi, un Gilardino, un Toni, un Totti ben poco avrebbero fatto ma resta il fatto che molti di quelli presenti hanno steccato di brutto. Risulta troppo facile prendersela con Balotelli. Per me era un potenziale campione da giovanissimo, e so di non esagerare: un ’90 che risulta assolutamente decisivo con gli ’87/’88 non può non essere considerato tale ma da professionista non ha mai convinto del tutto. Ormai di anni ne ha 24, non è certo “vecchio”, ci mancherebbe ma a quell’età i veri campioni sono già sbocciati. Inoltre, se non si mantiene un atteggiamento “serio” (uso appositamente un termine generico) non si diventerà mai un vero fuoriclasse. Per questo il gossip da solo non basta come attenuante, e nemmeno la pressione mediatica, altrimenti gente come Ronaldo, il più glamour di tutti, o Messi, o Ibrahimovic (uno che la testa a posto l’ha messa un po’ più tardi ma che sul campo non ha mai tradito) non sarebbe mai emersa. Forse solo se sei un vero fenomeno mondiale puoi permetterti delle “deviazioni” dalla tua carriera sportiva, ma è evidente che lui non appartiene a questa specie (forse solo Maradona ha giocato ai massimi livelli, pur non essendo un santo come professionista, anche se i maligni potrebbero suggerirmi che ci fosse qualche surrogato extra sportivo ad aiutarlo). Tuttavia, ho trovato davvero ingeneroso, per non dire poco corretto, gettare la croce addosso a lui. Non mi sarei aspettato da Buffon, De Rossi ma nemmeno da Prandelli, una presa di posizione così dura nei suoi confronti, alla faccia del gruppo! Ok, non lo hanno nominato, a parte il mister, ma quando si parlava di “figurine” e “personaggi” era chiaro a chi alludessero. Sbagliato però questa esternazione. Potranno farlo i giornalisti (gli stessi che però lo chiamavano Super Mario fino all’altro ieri, osannandolo e caricandolo di responsabilità all’inverosimile), i tifosi, ma non certo i compagni. Si è parlato di vecchia guardia: beh, i giovani non si saranno dimostrati pronti ma vogliamo parlare delle prestazioni dei vari… Pirlo? De Rossi?? Chiellini??? Motta???? Molto meglio lasciar perdere, per carità! Bisogna solo voltare pagina al più presto, ma il percorso da fare per tornare competitivi sarà davvero molto molto tortuoso.

Bilancio finale Confederation’s Cup

 

Brasile in trionfo! Sconfitti scetticismo, pressione e convissuto in un clima surreale, di eccitazione, festa mista a paura e sgomento per le tante manifestazioni e gli scontri di piazza, la squadra di Scolari ora può solo guardare al futuro con fiducia, visto che le indicazioni sono molte e positive. L’allenatore ha un anno davanti per limare alcune situazioni, per ampliare il proprio parco giocatori (qui ha puntato su un 11 titolare base) e per creare un gruppo ancora più coeso, magari più spettacolare dal punto di vista prettamente tecnico. Di contro la Spagna potrebbe apparire al canto del cigno, ma in fondo certi alibi valgono anche per lei, se poi sono gli stessi che applichiamo per “giustificare” le prime anonime prestazioni azzurre.. la stagione lunga, tirata (in Spagna poi la Liga è terminata per ultima rispetto agli altri massimi campionati europei) e la sensazione che, se parte di un ciclo storico sia in discesa di rendimento (direi fisiologico), stiano bussando alla porta nuovi fenomeni degni eredi. Un anno davanti per la giusta amalgama può bastare, senza scordare che pure nell’ultima edizione della Confederations Cup la Spagna giunse solo terza, salvo poi vincere in Sudafrica l’anno successivo il suo primo storico Mondiale.

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BRASILE 8 – Una nazionale verde oro che ha somigliato più a quella targata Scolari 2002 (discorso tattico a parte) che non a quelle scintillanti dell’82 o del ’70, giusto per richiamare dei e miti, ma che alla resa dei conti ha convinto. Sorretta dal talento autentico di Neymar, dalla freddezza sotto porta del poco appariscente Fred, finalizzatore esperto che più utile non si può, e da una difesa mai così convincente nella storia verdeoro, può guardare al futuro (tra un anno) con entusiasmo e fiducia, confidando nel lancio o nella scoperta di nuovi astri.

SPAGNA 6 – in debito d’ossigeno, chiaramente svuotata, poco in palla già nella fortunata gara vinta contro l’Italia, distratta da gossip vari.. Insomma, giriamola come volete, non si sono viste le autentiche Furie Rosse, che tuttavia sembrano mantenere un atteggiamento – a mio avviso controproducente, ma sono affari loro – di supponenza, per non dire di arroganza. Umiltè, direbbe Arrigo Sacchi

ITALIA 6.5 – ma sì, dai, una piena sufficienza per la squadra di Prandelli. Sono convinto che sia l’allenatore giusto, un tecnico che – lo dice la sua storia- bada al sodo, al risultato ma attraverso il bel gioco, il possesso palla, la tecnica anche individuale, privilegiando il singolo che dà del tu al pallone. Ha ricompattato una squadra che sembrava davvero ai passi, stremata, a terra fisicamente e poco motivata. Sta cementando un gruppo vero. Ha ridato tanta credibilità a tutto il calcio italiano, dopo il flop di 3 anni fa in Sudafrica, ormai a detta di tutti, avversari in primis, siamo la seconda nazionale europea più forte, appena sotto i pluricampioni spagnoli.

URUGUAY 6 – un ciclo che ha dato tutto, ma che urge di essere rimpolpato da ricambi che non paiono tuttavia all’altezza. Rimane il timbro di Tabarez e il talento purissimo di Suarez e Cavani, due campioni autentici, probabilmente la miglior coppia offensiva del mondo, almeno sulla carta, perché poi sul campo continuo a pensare che siano poco compatibili e forse nemmeno così tanto sodali tra loro.

LE ALTRE: Ha solleticato attenzione il Giappone di Zaccheroni, almeno fino alla realtà dei fatti, inerme contro un modesto Messico. Insomma, la nazionale del Sol Levante è una bella realtà, gioca bene, è un piacere vedere all’opera giocatori come Kagawa, Honda, Okazaki ma pecca ancora di continuità. Impalpabile la presenza di una delle big africane, la Nigeria, che non sta certo vivendo uno dei suoi momenti calcistici migliori (è in pratica già tagliata fuori dalle qualificazioni mondiali, con un rendimento bassissimo nel proprio girone), anche se almeno ha vissuto un po’ di gloria l’attaccante ancora di proprietà milanista Ouadumadi, autore di una tripletta contro i dilettanti di Tahiti. Ecco, proprio quest’ultima nazione ha rappresentato un paradosso. Giusto che abbiano partecipato, regolamento alla mano, non hanno rubato niente e hanno gareggiato con dignità, ma è innegabile che dal punto di vista meramente sportivo e agonistico non fossero all’altezza della situazione. Ammirevole lo sforzo di Marama Vahirua, apprezzabilissima punta che ha fatto tutta la trafila e la carriera in Francia, a medio alto livello (è solo da un anno emigrato in Grecia per il finale di un percorso più che positivo) di compattare una compagine di carneadi, di persone con l’hobby del pallone, ma ciò che si è vista è stata una debacle senza pietà. Bello però l’applauso di “solidarietà” di tutto lo stadio al rigore sbagliato dalla Spagna nell’impari scontro terminato con l’iperbolico punteggio di 10 a 0.

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TOP 10

1-      NEYMAR  Ok, divo, tuffatore, provocatore, glamour, ma finalmente si è visto che a soli 20 anni è in grado di caricarsi sul tetto di un’importante manifestazione come la Confederation’s Cup una nazionale (e una Nazione) intera. Al Barcellona potrà veramente segnare un’epoca, il momento pare quello opportuno.

2-      FRED diciamolo, non è bello esteticamente, non richiama le folle ma da tempo il Brasile non aveva un terminale così efficace. Favorito dal fatto che Scolari ha puntato su di lui, non cedendo a critiche in fondo ingiustificate (i gol li ha sempre fatti, ovunque e poi la concorrenza,  a parte un redivivo Jo, non pareva delle più forti), ha risposto con i gol.

3-      INIESTA – degli spagnoli è parso l’unico a metterci sempre quel quid in più che lo contraddistingue da un decennio. Non ha mai veramente steccato, a parte l’amara finale, e ha provato sempre a imbastire la manovra, con tagli, tocchi, regia, giocate. Insomma, quello a cui c’ha abituati, e che abbiamo rivisto meno in questa occasione nei compagni Xavi, Fabregas o Silva, lontanissimi dai propri standard

4-      CAVANI – al di là delle distrazioni, impossibili da evitare, indotte da voci irrefrenabili di mercato, Edinson ce l’ha messa davvero tutta per dar ragione al suo presidente De Laurentiis. Per cederlo è giusto che si paghi la famosa clausola rescissoria, né più, né meno perché lui, insieme a Falcao è veramente l’attaccante più forte del mondo… (ps, “quei due là di Barcellona e Real”ormai non li contiamo più, ok?”)

5-      GIACCHERINI – ebbene sì, proprio “l’antieroe” Giak, spesso criticato o sopravvalutato per il fatto che sia nel giro azzurro senza giocare titolare  nel suo club d’appartenenza. Eppure ci sarà un motivo se i suoi tecnici, Conte e Prandelli, non vi vogliano rinunciare. Disponibile, duttile, intelligente tatticamente, in possesso di discrete qualità tecniche, evidenziate in match decisivi, può solo trarre vantaggi da questa acquisita esperienza.

6-      PAULINHO – gran giocatore, centrocampista moderno. Non fa parte della stirpe dei brasiliani dai piedi d’oro, alla Socrates o alla Falcao, per dire, ma certo vale più del doppio di un Lucas Leiva,per dire, intoccabile nel ciclo precedente. Regista, ma pure incontrista e abile a inserirsi alla bisogna, è un tuttofare della mediana, ricco pure di grande personalità, pur non avendo mai giocato in campionati più competitivi del Brasileirao. Affare ormai sfumato per l’Inter, si accaserà e sarà gran colpo in Premier League (Tottenham?)

7-      BALOTELLI – ce ne fosse bisogno, Mario ha fugato via gli ultimi dubbi. Talento assai precoce, potenzialmente fenomeno assoluto, ha sempre pagato in discontinuità (e questo non mi ha fatto risparmiare dubbi sul suo reale valore nel tempo), fino al rientro in Italia e a un’affermazione in Nazionale iniziata dodici mesi fa con uno splendido Europeo e proseguito qui, dove è sembrato in palla e volenteroso (oltre che decisivo) quasi al pari di Neymar fino all’infortunio, per fortuna di lieve entità

8-      THIAGO SILVA – potremmo dire senza voto, o se volete ordinaria amministrazione. Traduciamo scrivendo che si è confermato il miglior difensore del mondo: leader vero, attento, tecnico, veloce, sicuro, pragmatico, mai falloso gratuitamente, leale. Il Brasile per vincere ha pensato bene di mettere radici solide dalla difesa

9-      KAGAWA – nelle prime partite del girone ha davvero entusiasmato, nel contesto di una formazione briosa, frizzante e bellissima a vedersi. Un brasiliano con gli occhi a mandorla, come già ampiamente dimostrato negli splendidi anni di Dortmund e a sprazzi (per il momento) nello United.

10-   TORRES–  di buon auspicio, perché alla fine è emerso soprattutto nella partita d’allenamento contro Tahiti, dove sembrava quasi si provassero degli schemi. Per lui la prossima sarà l’ennesima stagione cruciale, quella che dovrà sancirne il rilancio nell’empireo dei big europei, o il precoce declino, dopo gli anni avari al Chelsea.

 

 

Il peso specifico di Ronaldo

Scrivo questo post per rendere un po’ giustizia a un personaggio che, attualmente, è piuttosto “sbertucciato” e deriso (devo ammettere, non a torto!), vista la precoce deriva intrapresa.

Ma ci fu un tempo in cui Ronaldo da Lima era per tutti, semplicemente, “il Fenomeno”! E lo era a suon di prestazioni sontuose, gol memorabili, tecnica mostruosa e giocate a una velocità stratosferica.

Alla luce di ciò è veramente inaccettabile vederlo ridotto in quello stato, alla tv, protagonista di un reality nel quale deve dimagrire e provare a tornare in forma, a suon di balletti e coreografie (… e lo pagano pure!)

Negli anni ’90, invece, da quando fece ingresso in Europa, dapprima in Olanda e poi al Barcellona, dopo aver già furoreggiato in patria, era il numero 1 e ci mise davvero poco a diventarlo, all’unanimità, senza dualismi con nessuno, come invece capita spesso e volentieri oggi tra l’altro Ronaldo, Cristiano, e Lionel Messi.

Chiaro, i due stanno abbattendo record di ogni tipo, stanno segnando non solo centinaia di reti, sbaragliando ogni record esistente, ma proprio un’epoca, avendo ormai superato campioni che sembravano inarrivabili.

Eppure, credo, e non lo dico da inguaribile nostalgico, che negli anni ’90 e parte dei 2000, Ronaldo il Fenomeno – che in Italia ha legato indissolubilmente i suoi gol all’Inter, pur facendo una comparsata pure nel Milan a fine carriera – fosse in quel periodo ancora più forte e decisivo dell’omonimo portoghese e dell’asso argentino.

Impossibile dimenticare il suo impatto col calcio italiano, giovanissimo ma già in grado di spostare equilibri, quando si diceva già che giocare e segnare nella Liga una trentina di gol era un conto ma in Italia… Invece il brasiliano alla prima stagione ne fece 25, secondo solo a un implacabile bomber tedesco, Oliver Bierhoff, che di Ronaldo aveva solo la grande concretezza.

Purtroppo gli infortuni lo bersagliarono sin da subito, altrimenti la storia sarebbe stata ancora più importante e gloriosa. C’era Ronaldo protagonista nella sfida tra Inter e Juventus, con arbitro Ceccarini, nella gara capostipite della rinnovata rivalità tra le due big, fu lui a farsi “abbattere” dallo juventino Iuliano in area di rigore; c’era nel ’98 quando, fosse stato al top, avrebbe dato del filo da torcere ai futuri campioni del mondo francesi; c’era nel 2002, magari meno veloce di un tempo e già martoriato da anni di infortuni, ma era lì, con la sua assurda crestina in testa ad alzare la Coppa del Mondo; era stato pure testimonial di una marca di ricrescita per i capelli e mi fece sempre ridere ‘sta cosa, perchè lui portava – come molti della sua Terra che li presentano crespi, i capelli rasati. Poi se li fece crescere per la pubblicità – e difatti divenne riccio all’inverosimile – così da far gridare, secondo spot pubblicitario, al “miracolo”, ma in realtà se li era solo fatti crescere in modo spontaneo!

Per i più giovani quindi, che magari sono atterriti davanti alla tv nel vedere un ex eroe sportivo sgranocchiare le ultime briciole di gloria, ma anche per i miei coetanei che ancora se lo ricordano integro e trascinatore, ecco una carrellata di alcuni suoi gol epocali, uno più bello dell’altro.