E’ terminata anche la sessantanovesima edizione di Sanremo, con il giovane Mahmood vincitore proclamato tra lo stupore generale davanti al grande favorito della vigilia (Ultimo) e a Il Volo, il trio che non è riuscito così a bissare il successo di quattro anni fa.
Non è la prima volta che in gara assistiamo a exploit inattesi, ma vittorie così poco scontate nella storia, anche recente, del Festival, se ne contano poche: il primo nome che mi viene in mente è quello di Francesco Gabbani che si issò fino in cima alla classifica nell’edizione del 2017.
Daniele Silvestri (coadiuvato dal rapper Rancore) e Simone Cristicchi si sono spartiti quasi equamente i premi speciali: prestigiosa tripletta del primo che ha conseguito in particolare l’ambito Premio della Critica “Mia Martini” ma anche quello per il miglior testo; al riccioluto cantautore già vincitore in passato con l’intensa “Ti regalerò una rosa” sono andati due premi, tra cui quello assegnato dall’orchestra. Sono premi importanti che certificano, ce ne fosse ulteriore bisogno, come le due opere in questioni (“Argentovivo” di Silvestri e “Abbi cura di me” di Cristicchi) fossero entrambe qualitativamente parlando, di una spanna superiore alle altre.
Ultimo si consola – se così si può dire visto il suo evidente disappunto per il piazzamento finale, forse dettato dalla frustrazione accumulata nei giorni scorsi da “vincitore annunciato” – con un premio indetto da Tim per un brano che probabilmente in effetti funzionerà bene fuori dai circuiti sanremese.
Per il resto, le contestazioni più grandi, quasi una “rivolta popolare” ci sono state per il piazzamento fuori dal podio della canzone di una rediviva Loredana Bertè ma su questo torneremo qualche riga più giù in sede di commenti.
Guardando la classifica, ovviamente possono balzare agli occhi determinate posizioni, a colpire in senso positivo o negativo – a seconda dei propri gusti personali – ma d’altronde una graduatoria di 24 canzoni in gara comporta anche dei risultati sulla carta “pesanti” ma che poi tra un giorno o poco più, nessuno probabilmente ricorderà, visto che per fortuna le canzoni viaggiano per conto proprio al di là di gare e piazzamenti.
Ecco quindi i miei commenti alla classifica di Sanremo:
1- MAHMOOD sono onesto, pur avendo sin dalla prima serata assegnato un bel 7 al brano “Soldi” presentato da questo rapper di origine egiziana (ma nato e cresciuto in Italia) che ha alle spalle già una bella gavetta, mai avrei scommesso sulla sua affermazione come vincitore. Il brano però è indubbiamente accattivante, rimane in testa e rappresenta bene una fetta consistente, oltre che di mercato, dei gusti dei giovanissimi. E’ apparso visibilmente stupito e attonito e anche in sala stampa la sua timidezza prevaleva sulla contentezza, quasi volesse reprimere o non riuscisse a esprimere appieno i suoi sentimenti ma, in fondo, di gente che ostenta ce n’è a bizzeffe e sinceramente ho apprezzato molto il genuino pudore e la sobrietà dimostrate. Saprà costruirsi una bel percorso artistico fuori da qui, dopo aver gettato ottimi semi. Sorvolo decisamente sui commenti razzisti pervenuti, perché alcune supposizioni onestamente mi fanno ridere, e poi non si può ridurre tutto a politica, tra l’altro della più bieca specie.
2- ULTIMO sì, aveva tutte le credenziali per puntare al bersaglio grosso, bissando la vittoria ottenuta meritatamente nelle Nuove Proposte un anno fa. Io stesso lo avevo pronosticato come vincitore ma avrò modo di rifarsi nelle charts, visto che il brano presentato sta comunque già ottenendo un buonissimo riscontro. Piuttosto non mi è piaciuta molto la sua esternazione in conferenza stampa contro i giornalisti “cattivi” e il suo palese disappunto nei confronti della vittoria di Mahmood. Per carità, reazione umana e forse dettata dalla frustrazione accumulata in settimana da “vincitore annunciato” ma nella vita, si sa, bisogna anche saper perdere.
3 – IL VOLO osteggiati da una larga fascia di ascoltatori, osannati da altri, loro sembrano vivere la cosa abbastanza serenamente, salvo ogni tanto togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Il repertorio è quello, a meno che non decidano di svoltare clamorosamente, o di sciogliersi prendendo ognuno la propria strada, seguendo l’inclinazione personale (ma sarebbe clamoroso), continueranno a proporre pop classico di questo tipo, piaccia o non piaccia.
4 – LOREDANA BERTE’ ho discusso con qualcuno riguardo la sua prestazione sanremese, perchè secondo me Loredana ha fatto il massimo. Sul podio ci poteva finire tranquillamente, sarebbe stato un riconoscimento alla carriera, se è vero come dicono che non parteciperà più in futuro, però io ho trovato francamente esagerato questo dispiego di forze, questa sorta di fan club in rivolta per un quarto posto che a detta di molti avrebbe dovuto essere una vittoria. E’ bello pensare a come la Bertè sia stata in grado di tornare in splendida forma, non solo fisica (tanto di cappello) e di tornare competitiva, bella agguerrita, sul pezzo, senza stravaganze se non per l’immancabile look. Ha ritrovato il grande pubblico, con pieno merito, la sua è una vera vittoria morale.
5 – SIMONE CRISTICCHI è tornato alla grande il cantautore romano, con un brano molto intenso, emozionante, con lui in grado al solito di trasmettere nel migliore dei modi (non a caso è stata premiata la sua interpretazione) dei messaggi di amore, di speranza, veicolando valori positivi.
6 – DANIELE SILVESTRI (con RANCORE) il brano più forte del Festival, interpretato magnificamente dal titolare Silvestri e dal sodale Rancore (hanno concorso però in maniera importante anche due pezzi grossi dei Calibro 35: Rondanini alla batteria e Gabrielli a dirigere l’orchestra, senza dimenticare l’apporto in fase di scrittura di Manuel Agnelli). Puntare al bersaglio grosso era difficile ma l’aver fatto incetta di premi è un riconoscimento meritatissimo.
7 – IRAMA io l’avevo dato sul podio, ritenendo che avesse anch’egli un pezzo intenso, visto il tema principe della canzone, affrontato senza retorica e con grande sicurezza. Non si tratta però certo di una delusione per questo giovane ragazzo che, volendo, avrebbe potuto portare in gara certamente una canzone più facile e adatta a quel pubblico di giovanissimi che maggiormente lo segue.
8 – ARISA peccato per l’esibizione della serata finale, pesantemente inficiata da sopraggiunti problemi di salute. A me il brano era piaciuto, coraggioso nella sua bizzarra costruzione, con stacchi e cambi di tono. Una canzone dei buoni sentimenti e delle buone intenzioni, non facile da eseguire. Risultato soddisfacente, anche se molto probabilmente il pubblico generalista da lei si aspetta un altro tipo di canzoni.
9 – ACHILLE LAURO non mi dilungo molto, su di lui si è detto – e letto – di tutto e di più. Questo ha finito più per svantaggiarlo, secondo me, perchè certe etichette sono dure a morire. Poi lui mi sembra sia in grado di andare avanti e rispondere a tono. Dico solo che non sarà il nuovo Vasco, cui è stato accostato da molti come impatto (alludo ovviamente a quello di “Vita spericolata”), ma non è nemmeno il “tipo pericoloso” che inneggia alla droga. Doverlo specificare mi pare quasi un insulto all’intelligenza di chi mi legge.
10 – ENRICO NIGIOTTI a me non è dispiaciuto, anche se non ha mai cantato benissimo, forse tradito dall’emozione (palpabile specie ieri sera). Secondo me in ambito cantautorale – se con questo la nostra mente non ci porta subito a mostri sacri che sarebbe fuori luogo scomodare – può dire la sua.
11 – BOOMDABASH non me ne vogliano gli amici pugliesi – ne ho molti, mia moglie tra l’altro proviene da lì – ma questa canzone, pur ballabile e spensierata, l’avrei fatta finire più giù. Non è la platea giusta secondo me per loro che stanno ottenendo successo comunque, sia collaborando con le persone giuste (e contribuendo a risollevare carriere, la Bertè ne sa qualcosa), sia in proprio. Qui c’entravano poco, anche quando cercavano di animare il pubblico in sala.
12 – GHEMON ha fatto un’ottima figura, la sua è una canzone raffinata, di classe, una delle migliori da questo punto di vista. Grazie al Festival ha potuto farsi conoscere da un pubblico certamente più vasto, che ora lo potrà apprezzare nel suo percorso.
13 – EX OTAGO stessa cosa si può applicare al gruppo ligure che ha portato a casa il risultato, non snaturandosi, ma senza nemmeno osare troppo. Sanremo come vetrina con la possibilità di diventare mainstream sulla falsariga di anime affini come Thegiornalisti o Coez.
14 – MOTTA il suo bel brano è cresciuto di ascolto in ascolto, visto che ha dimostrato maggior padronanza man mano che il Festival procedeva, con il bel risultato della vittoria (seppur pleonastica) nella serata dei duetti con la grande Nada. Anche per lui carriera a un possibile bivio, con eventuale allargamento di fascia di pubblico annessa. Se lo meriterebbe vista l’originalità della sua proposta e il suo procedere passo per volta, dalle vittorie al Tenco in poi.
15 – FRANCESCO RENGA a livello di piazzamento ovviamente è una delusione, ma da subito il brano, scritto pure da autori che stimo come Bungaro e Cesare Chiodo (con l’apporto della giovane Rakele, vista qualche anno fa tra le Nuove Proposte), non mi aveva convinto. Quindi posizione che dal mio punto di vista, ci sta tutta.
16 – PAOLA TURCI lei è sempre magnetica e porta a casa la pagnotta senza problemi ma in realtà anche il suo brano mi è parso non al livello delle precedenti esperienze sanremesi. Anche l’interpretazione non è stata delle migliori, con la voce non al cento per cento.
17 – THE ZEN CIRCUS posizione nelle retrovie ma in fondo era difficile pronosticare un piazzamento più alto. Eppure Appino e soci hanno presentato una canzone davvero bella, molto dignitosa, con un testo che secondo me se la giocava con quello di Silvestri per intensità e forza espressiva. Anche le loro esibizioni sono cresciute ogni volta. Bravi! Anche perchè hanno portato una canzone decisamente difficile, pur considerando il loro repertorio che certo non è fatto da “canzonette”.
18 – FEDERICA CARTA e SHADE anche la loro posizione mi ha colpito, credevo avessero attecchito di più tra gli ascoltatori, forti di visualizzazioni sui social che, sin dalla prima esibizione, sono schizzate alle stelle. D’altronde la canzone assomiglia molto a quella “Irraggiungibile” che ha letteralmente spopolato l’estate scorsa. Al di là di ciò, credo che sentiremo molto spesso la loro canzone alla radio.
19 – NEK il vero flop dell’edizione 2019, spiace dirlo, è stato il suo. Non so, a me la canzone non aveva colpito al primo ascolto. Stessa formula della fortunata “Fatti avanti amore” che contese la vittoria a Il Volo quattro anni fa, ma con una melodia più brutta. Resto dell’idea che se si fosse presentato con Renga e Max Pezzali in gara avrebbe avuto molte chances di raggiungere l’agognato obiettivo della vittoria.
20 – NEGRITA a mio avviso il risultato più ingiusto, visto che la canzone ha un bel testo, è orecchiabile il giusto e loro l’hanno suonata e interpretata senza la minima sbavatura, con una padronanza perfetta del palco. E’ uscita al contempo una loro raccolta dei migliori successi per i 25 anni di carriera, e credo che tutto sommato questa “I ragazzi stanno bene” possa affiancare le loro hit.
21 – PATTY BRAVO e BRIGA posizione giusta, il duetto secondo me non stava in piedi. La canzone in sè non è nemmeno una brutta ballata, ma per un motivo o per l’altro non mi è mai arrivata fino in fondo.
22 – ANNA TATANGELO c’è una sorta di ostracismo non dichiarato nei suoi confronti. In passato l’ho criticata aspramente anch’io ma stavolta mi sembra che abbia presentato una canzone in linea con la sua (bella) vocalità, oltretutto con un testo che poteva in qualche modo riguardarla. Sobria, senza eccessi, ha fatto il suo, ma forse è proprio la natura stessa della canzone, “classica sanremese” a non funzionare più.
23 – EINAR per lo stesso motivo si spiega il pessimo piazzamento del ragazzo uscito da “Amici” e catapultato su un palco evidentemente ancora troppo grande per lui. Già aveva destato non poco clamore la sua vittoria (con Mahmood) alle selezioni di Sanremo giovani di dicembre, in luogo di una più preparata Federica Abbate; in più sul palco ha portato una canzone deboluccia, senza guizzi, troppo piatta. Avrà tutto il tempo di rifarsi ma dovrà costruirsi una carriera credibile al di fuori dei talent e dell’ala di Maria de Filippi.
24 – NINO D’ANGELO e LIVIO CORI un’altra delusione riguarda questo incontro di voci che sulla carta avrebbe potuto essere esplosivo. Alla fine il tam tam mediatico sulla presunta identità del misterioso Liberato con Livio Cori ha fatto perdere attenzione al pezzo, che in verità, non è mai stato eseguito perfettamente. La versione studio infatti è molto più emozionante. Peccato, occasione mancata, ma questo non va a inficiare sulla qualità della canzone e dei suoi interpreti: Cori poi esordirà a breve con un album a proprio nome, mentre speriamo che anche il vero Liberato torni presto sulle scene!.