Targhe Tenco 2022: un commento sui vincitori Marracash, Elisa, Ditonellapiaga,’A67, Simona Molinari e il progetto The Gathering

Sono stati resi noti i vincitori delle Targhe Tenco 2022, in un’edizione che non vedeva dei favoriti assoluti alla vigilia (e meno male…) e che pertanto portava in dote un alone di mistero e di curiosità su chi alla fine si sarebbe aggiudicato l’ambito riconoscimento.

C’è da ammettere comunque che, pur regnando un certo equilibrio, con alcune categorie in particolare dove si è giocato punto a punto (mi riferisco soprattutto a quella della miglior Opera prima e dell’Album collettivo a progetto), una volta svelati i nomi dei cinque finalisti tutto sommato non si è assistito a grandi sorprese.

MIGLIOR ALBUM IN ASSOLUTO 

MARRACASH – “Noi, loro, gli altri”

OPERA PRIMA 

DITONELLAPIAGA – “Camouflage”

CANZONE SINGOLA 

“O Forse Sei Tu” – scritta da ELISA TOFFOLI e DAVIDE PETRELLA

cantata da Elisa

INTERPRETE DI CANZONI 

SIMONA MOLINARI – “Petali”

ALBUM IN DIALETTO 

‘A67 – “Jastemma”

ALBUM COLLETTIVO A PROGETTO 

“The Gathering” prodotto da FERDINANDO ARNÒ

I vincitori ritireranno le rispettive Targhe al Teatro Ariston – Sanremo

RASSEGNA DELLA CANZONE D’AUTORE (PREMIO TENCO) 

20, 21, 22 OTTOBRE 2022

Personalmente, anche se non si sono affermati tutti i nomi che avevo votato al ballottaggio, non mi viene da gridare allo scandalo visti gli esiti finali.

Ecco quindi nel dettaglio un mio commento su questa edizione, con considerazioni sparse sui vari protagonisti.

MIGLIOR ALBUM IN ASSOLUTO

Ad aggiudicarsi la Targa più ambita è stato quindi Marracash, che con 53 voti ha battuto con qualche brivido quella che era forse la sua rivale più accreditata, vale a dire Cristina Donà (che si è fermata a 47 preferenze totali). Più staccati Giovanni Caccamo e Max Manfredi, rispettivamente con 42 e 38 voti, mentre terminano ex aequo i due outsiders Erica Boschiero e Federico Sirianni che chiudono la posta in palio in modo comunque dignitoso, raggranellando 20 preferenze.

Erano tutti dischi a loro modo gradevoli e di qualità, che in una Rassegna d’Autore dovrebbe sempre valere come primo requisito, ma forse in effetti quello di Marracash, su cui all’inizio non avrei scommesso molto, si stagliava di netto non solo a livello stilistico ma proprio per l’immaginario evocato.

Al ballottaggio ho votato proprio lui, pur apprezzando molto Cristina Donà ed altri artisti qui presenti (specie la Boschiero e Max Manfredi), perchè anche se magari i dischi di Caccamo e di Sirianni – validissimi nel genere – erano più conformi alla storia del Tenco, secondo me mancavano di quel quid in più per sbaragliare un nome “forte” come quello del rapper milanese.

Tornando alla Donà, che seguo da inizi carriera con molta passione, dal mio punto di vista non ha realizzato il suo lavoro migliore, pur essendo “DeSidera” una spanna sopra la miriade di produzioni che ogni anno viene immessa sul mercato.

MIGLIOR OPERA PRIMA

Nella sezione che aveva destato più “scalpore” (le virgolette sono d’obbligo, pur sempre di musica in fondo si sta parlando) per la presenza massiccia di artisti di forte matrice pop-mainstream, per un nonnulla si stava per consumare il “colpo grosso” da parte di un progetto artistico sulla cui sostanza “d’autore” nessuno ha proprio da eccepire (e a cui ho dato fiducia sin dalla prima fase delle votazioni).

Se Ditonellapiaga (artista in fortissima ascesa dopo la positiva partecipazione al Festival di Sanremo) alla fine ha vinto come ci si poteva aspettare, lo ha fatto con un solo punto di vantaggio rispetto al duo Djelem do Mar composto dalle talentuosissime Sara Marini e Fabia Salvucci, accompagnate da un pool di musicisti eccellente: 51 a 50 il verdetto finale quindi a favore della romana Margherita Carducci ma con un bel po’ di suspense!

Il “grande sconfitto” a questo punto è stato Blanco (45 preferenze), il ragazzo che in coppia con Mahmood aveva sbancato il Festival e che era percepito alla stregua di un asso pigliatutto… francamente, però, la sua musica, che potrà pure avere un valore per i tanti giovani che lo seguono, è al momento molto lontana da ciò che una manifestazione come il Premio Tenco dovrebbe veicolare.

Più staccate le due giovani Isotta (28 voti) e Ariete (27), molto differenti come proposta musicale, con la seconda già proiettata verso il successo di massa, col suo it-pop non così lontano da quello di tanti ragazzi di “Amici”.

MIGLIOR CANZONE

Ho sperato vincesse Alessandro D’Alessandro, magnifico musicista (qui coadiuvato da gente del calibro di Elio e David Riondino), autore di una canzone deliziosa e in un certo senso arguta; il fatto che tra i competitor ci fosse una fuoriclasse della nostra musica pop come Elisa rendeva la faccenda (per lui e per gli altri concorrenti in lizza per la Targa) molto complicata.

Mi concedo ora una digressione, d’altronde questo è un blog personale e ogni giurato avrà i suoi gusti e le sue idee.

Nulla da dire sulla bravura di Elisa, però quante volte mi è già “uscita” la parola “Pop” in questo articolo?
Ecco, il succo delle tante polemiche, che da anni si abbattono puntualmente su questa storica e amata Rassegna, sta tutto lì, in questa apertura a brani e artisti di area commerciale che un tempo, nemmeno troppo lontano, non sarebbero mai stati accostati a Luigi Tenco, ma tant’è… pur non condividendo appieno questa nuova politica, credo che difficilmente si potrà tornare indietro e ammetto che l’inserimento di certi nomi in cartellone abbia avuto anche l’effetto di avvicinare un pubblico maggiore alla manifestazione. Chiusa partentesi.

La Toffoli, tutto sommato, non ha certo demeritato con quella “O forse sei tu” che già era notissima sin dal Festival di Sanremo, però forse da parte della Giuria si poteva “osare” di più.

Alla fine dieci voti di differenza non sono pochi tra lei e D’Alessandro (53 a 43), eppure dal punto di vista qualitativo lo scarto non era poi così netto.

Si sono difesi bene anche Zen Circus e Brunori Sas che in coppia con la loro “generazionale” canzone “Ok Boomer” (titolo pessimo!) hanno raccolto 41 preferenze, facendo meglio di Cristina Donà (34, e quindi rimasta all’asciutto nonostante avesse due nominations in gara), di Andrea Tarquini (la sua “In fondo al ‘900”, classica canzone da “Premio Tenco”, si è fermata purtroppo a 26 punti) e di Rancore, che con l’interessante “Freccia” ha convinto solo 18 giurati.

MIGLIOR INTERPRETE DI CANZONI

Confidavo in una vittoria di Olden, che eseguendo dei brani inediti di Gianni Siviero ha realizzato un album di indubbio valore, ma non avevo fatto i conti con l’appeal ancora forte esercitato dalla bravissima Simona Molinari (alla fine impostasi proprio sull’artista perugino per una decina di preferenze: 53 a 43).

Il fatto è che in passato la Molinari aveva fatto di meglio, quindi mi ha abbastanza sorpreso che abbia conquistato lei la Targa. In ogni caso non posso dire che il suo sia un brutto disco, anche se la mia preferenza era andata appunto altrove.

L’equilibrio alle spalle della vincitrice è stato assoluto, se pensiamo che dietro Davide Sellari (alias Olden), i validi Peppe Barra, Cristina Zavalloni e Mario Venuti hanno rispettivamente accumulato 42, 41 e 40 preferenze.

MIGLIOR ALBUM IN DIALETTO

Mi ha sorpreso positivamente, invece, l’esito di questa sezione – che ritengo da sempre la più affascinante -: in cinquina erano arrivati alcuni “mostri sacri” come James Senese, Nino D’Angelo e Davide Van De Sfroos, eppure ad aggiudicarsi la prestigiosa Targa sono stati gli ‘A67, autori di un album pregevolissimo come “Jastemma”.

Posso ritenermi soddisfatto perchè, anche se al ballottaggio avevo indicato il bellissimo disco di Nino D’Angelo, al primo turno tra i miei tre nomi avevo con convinzione inserito anche il gruppo di Scampia, in grado poi con 54 voti totali di battere sul filo di lana il fuoriclasse James Senese (che ha chiuso con 53 preferenze).

Più staccati D’Angelo (48), Davide Van De Sfroos (46) e soprattutto la bravissima Manutsa (solo 19 giurati hanno speso il suo nome), in lizza con un album contaminato, intenso e viscerale: sono sicuro che sentiremo parlare a lungo di lei.

MIGLIOR ALBUM COLLETTIVO A PROGETTO

Infine, anche per la sezione più particolare, quella degli album a progetto, c’è stato un testa a testa finale che ha tenuto col fiato sospeso.

A vincere la Targa è stato “The Gathering”, prodotto dal valente Ferdinando Arnò con 54 preferenze, contro le 52 di “Parole liberate”, e per quanto io avessi votato al ballottaggio quest’ultimo disco, devo ammettere che l’affermazione di Arnò è meritata, trattandosi di un disco davvero molto interessante e suggestivo.

Più indietro, a livello di punteggio, sono finiti “Lella per sempre” (29) e, a pari merito, “Capo Verde, Terra d’amore. Il vinile” e “Music for Change #21”, con 26 voti.

POSTILLA FINALE

Chi mi legge su questo blog (ma spero pure altrove) avrà capito che mi interesso e mi occupo di musica d’autore anche una volta spenti i riflettori sul Premio Tenco; anzi, spesso durante l’anno mi piace dedicare spazio ad alcuni dischi e progetti di qualità che, a mio avviso ingiustamente, faticano ad emergere e a trovare collocazione in altri contesti.

Eppure in questo mese, o meglio, principalmente a ridosso dell’elenco dei finalisti – e ovviamente una volta conosciuti i vincitori – la Rassegna e le Targhe in particolare diventano quasi un trend topic fra gli appassionati di musica; per lo meno è ciò che accade nella mia “bolla” social (molto frequentata da cultori musicali, addetti ai lavori, giornalisti e musicisti), come se davvero ci fosse un interesse tangibile per le sorti della nostra canzone d’autore.

Il più delle volte però il tutto si riduce a scontro dialettico, a polemiche senza fine, talvolta anche costruttive e sensate, ma più spesso inconcludenti e faziose, tanto che verrebbe voglia veramente di dire agli interessati che nessuno è obbligato a scrivere o parlare del Tenco, come in realtà di nessun argomento se veramente non c’è un reale interesse.

Di musica d’autore (questo è il topic del mio post, se non lo si è capito, e ciò che mi sta più a cuore) se ne produce per fortuna ancora tanta in Italia, e di buona fattura: per fortuna non tutto dipende da un Premio, seppur importante come questo, o da quanto si è noti e conosciuti.

Basta informarsi, cercare, ascoltare, tenere le orecchie dritte e attente, e avere soprattutto sempre accesa la lampadina della curiosità e della passione: solo così non troveremo più motivi di lamentarci che la musica contemporanea “fa schifo”!

Il mio Pagellone di Sanremo 2019

E’ da una vita che non aggiorno il blog, questa mia creatura che negli anni mi ha dato tanta soddisfazione, mi ha fatto conoscere belle persone ed è stata occasione di crescita anche personale, oltre che prezioso strumento per comunicare i miei pensieri, le mie emozioni, le mie idee, pur concentrandomi soprattutto sul veicolare le mie passioni.

Tra queste, quella per il calcio e per la musica, di cui a più riprese ho scritto in questi anni, in maniera professionale o anche solo per autentica passione.

Gli impegni lavorativi, gratificanti ma allo stesso tempo pregnanti, fanno sì che sia ridotta la mia partecipazione attiva, visto che sto portando avanti collaborazioni con alcuni siti e, parallelamente, ho ripreso a scrivere in vista di un nuovo progetto letterario che, si spera, avrà poi sbocco editoriale, vista la natura e l’obiettivo per cui è nato. E poi c’è la voglia di riprendere con il vecchio amore mai scordato della radio…

Un passo alla volta e l’occasione per rifarmi vivo qui su PELLEeCALAMAIO è giunta in concomitanza con quello che negli anni per i miei affezionati lettori era in qualche modo divenuto un appuntamento fisso, vale a dire il mio “pagellone” del Festival di Sanremo. In rete si trova ovviamente di tutto sull’argomento, ma in fondo io ne ho sempre trattato, sin dai tempi remoti in cui non esisteva internet, e con il caro amico Riccardo Cavrioli ci dilettavamo a scriverci le impressioni a caldo addirittura su “pizzini” che poi ci scambiavamo magari prima di entrare in aula per un esame universitario. Già allora il nostro taglio era, sì ironico e talora dissacrante, ma soprattutto spinto da curiosità e passione per la competizione rivierasca che, inutile negarlo, rappresenta un fenomeno di costume, oltre che prettamente culturale del nostro Paese.

Non mi è mai piaciuto però il gioco del “massacro”, il voler a tutti i costi perculare, deridere, cercare la battuta a effetto… ovvio, si tratta di scambi, di battute e commenti, tante volte mi ritrovo a sorridere anch’io quando leggo dei commenti intrisi di sarcasmo, e partecipo al “giochino” ma poi torno sui binari di un ascolto attivo ma interessato a sentire se qualcosa di buono e duraturo è destinato a emergere dagli ascolti compulsivi e frenetici di questi giorni.

Ognuno è libero di fare come vuole ma sinceramente apprezzo di gran lunga di più quelle persone che coerentemente non seguono il Festival e non ne parlano, dovendosi inoltre essi sorbire una settimana davvero monotomatica e, mi rendo conto, stancante se proprio sei lontano dalla kermesse per interesse e ideologie. Meglio loro però rispetto agli snob che passano il tempo a prendere per il culo tutti, anche perché è un tempo… molto lungo quello che trascorrono per una cosa che in teoria non è di loro interesse.

Io, faccio un esempio, non ce la farei mai a seguire per 4/5 ore programmi tipo l’Isola dei Famosi o Temptations Island, al solo scopo di fare battute su internet, non lo trovo proprio “utile”.

Comunque, va da sé che io, sin da piccolo, pur guardandolo a mo’ di rito in famiglia con mamma e nonna, e avendo sempre avuto orecchie anche per il buon pop che le varie edizioni riusciva a tramandare ai posteri, ho sempre sostenuto le proposte più alternative – anche se non sapevo nemmeno cosa significasse – o per lo meno “strane”…

Questa componente poi si è tradotta in gusto personale che predilige esplorare generi diversi, con inclinazioni che vanno dal rock, al folk fino al pop più sofisticato e ai cantautori. E’ questo che in fondo ricerco anche nei meandri di una manifestazione nazionalpopolare come il Festival di Sanremo, ma sono in grado di riconoscere la bella canzone italiana melodica, “sanremese”.

Poi è inutile negare che negli anni si sono quasi smarrite le peculiarità della classica canzone “che vince Sanremo”: da più di 20 anni esponenti indie, alternativi, di altri mondi musicali, hanno fatto il loro ingresso all’Ariston, con risultati più o meno altalenanti o soddisfacenti, ma non è questo il punto. Resta il fatto che in tanti ambiscono a salirci su quel palco, a dire la propria, mettendosi alla prova, proponendo la loro musica.

Io, ingenuo quale sono, me ne frego di complotti, dietrologie, persino del gossip fine a sé stesso, delle gag e dei presentatori, nel senso che se ci sono le canzoni che funzionano, il resto è secondario. Lascio a chi è competente esprimere dubbi, non mi pongo questioni “tecniche” (anche se mi sono reso conto anch’io che ieri i fonici, specie nei primi pezzi, hanno cannato e ne hanno risentito alcune esecuzioni vocali).

Nel caso di ieri poi sentire in sequenza ben 24 brani non era semplice ma è innegabile che al giorno d’oggi non devi nemmeno attendere eventualmente che un pezzo passi in radio: spotify e youtube vengono in soccorso, quindi posso già sbilanciarmi in quelli che sono i miei giudizi – anche perché poi scriverò un unico pezzo solo a classifica finale stilata, per una sorta di bilancio conclusivo della rassegna.

Sicuramente certe impressioni verranno cambiate con gli ascolti ma si sa che poi la canzone prende il suo corso e si plasma con le emozioni che via via si aggiungono (o si tolgono, dipende dai punti di vista).

Bene, via con i voti, premettendo che non mi pare ci siano brani nettamente superiori ad altri, tali da “imporre” un pronostico scontato, come capitò ai tempi, chessò, di una “Perdere l’amore” o “Uomini soli”.

Ordine rigorosamente sparso, perché mi dimentico di essere metodico anche qui (no dai, facciamo almeno in ordine alfabetico)

ACHILLE LAURO  4.5  avrebbe dovuto (o potuto) rappresentare la quota trap invece si presenta in abiti, metaforici e non, che sarebbero potuti andare bene per il Jovanotti di “no Vasco, no Vasco io non ci casco” e il “robotico” Alberto Camerini. Non che si senta la mancanza della trap, dio me ne scampi, ma insomma, sto finto rock pompato e plastificato non mi dice assolutamente nulla, non lo trovo nemmeno simpatico o ironico.

ANNA TATANGELO  6 + intendiamoci, è quella che ho definito qualche riga più su la “classica canzone sanremese” ma per lo meno Anna la fa da par suo, cantando bene (dovrebbe essere scontato ma abbiamo capito ieri sera che ben pochi hanno riprodotto il “bel canto”) e non perdendosi in motivi extramusicali.

ARISA 7 +  non poteva replicare brani come “La notte” o “Controvento”: da veterana quale ormai è del Festival, avendolo già vinto da giovane e da big, e addirittura, seppur in maniera discutibile, presentato, può permettersi di rischiare, tanto con la voce che si ritrova difficilmente presenterò una ciofeca. Qui si cimenta in una sorta di mini musical, trascinante, arioso e positivo. Non sufficiente credo per un podio.

BOOMDABASH 5,5 – simpatici, allegri, colorati, portano un brano dalle atmosfere reggae, adatto per le spiagge in estate. Orecchiabile ma non con le stimmate del tormentone, quindi neanche circoscritto al genere, ottengono la mia sufficienza.

affiancato dal rapper Rancore, Daniele Silvestri può legittimamente ambire al Premio della Critica

DANIELE SILVESTRI (e RANCORE) 8 – un bel brano, di difficile ascolto, un pugno nello stomaco, soprattutto grazie al decisivo apporto del rapper. Possibile vincitore del Premio della Critica.

EINAR 5 – è tanto caruccio e ispira simpatia ma il brano è davvero “mollo” per usare un aggettivo  sdoganato dal mitico Malesani. Non decolla, non è troppo romantico, né strappalacrime, né furbetto… in pratica, né carne né pesce.

ENRICO NIGIOTTI 7 – a me lui è piaciuto, mi sembra pian piano stia trovando la sua strada. Cantautore in senso letterale, poiché si scrive da sempre i pezzi testo e musica, oltre che farsi accompagnare dall’immancabile chitarra: chiaro che non ha per modelli i mostri sacri della canzone d’autore ma nel panorama asfittico attuale, ha un tocco personale. Nella fattispecie ha trattato un tema in ricordo del nonno, con molta delicatezza e intensità.

EX OTAGO 6,5 – il primo nome a me caro in quota indie. Li seguo da anni, stanno in qualche modo ripercorrendo la strada tracciata dai Thegiornalisti, o da Coez, lo fanno con canzoni meno a presa rapida forse ma probabilmente più “vere” e sentite. Come in questo pezzo, ottimamente arrangiato, dove hanno parlato di un amore maturo.

FEDERICA CARTA e SHADE 5,5 – li sento molto lontani, infatti rappresentano appieno una generazione che è anagraficamente lontana, soprattutto per temi trattati e modalità. Lei canta bene, era brava già ad Amici, l’accoppiata con il rapper maestro di free style ha funzionato alla grande l’estate scorsa, con una vagonata di visualizzazioni da far impallidire le star della nostra musica, ma questo palco è sembrato troppo grande.

FRANCESCO RENGA 6 – di stima, perché con quella voce rende piacevole ogni cosa che canta ma qui è mancato un po’ il mordente, lo slancio. Il brano è intimista, nello stile del bravo Bungaro, tra gli autori del pezzo ma, insomma, mi aspettavo di più. Non è certamente all’altezza dei migliori episodi, anche solo attenendoci ai passati suoi episodi sanremesi.

GHEMON  6 – molta classe, era tra coloro che attendevo di più. Non è più da tempo un rapper, non è ancora pienamente a suo agio come cantante tout court ma ci mette cuore e belle intuizioni. Sono dell’idea che se il pezzo in questione l’avesse cantato, ad esempio, Nina Zilli, avrebbe fatto un figurone.

Riusciranno i ragazzi de “Il Volo” a replicare il successo del 2015? Le chances di salire quanto meno sul podio sono alte

 

IL VOLO 6,5 – che gli puoi dire a questi ragazzi? Sono “troppo” in tutto: pulitini, bravi ragazzi, ottime voci, capacità interpretative, amalgama perfetta, sicurezza nei propri mezzi, dei secchioni in piena regola che però non mi trasmettono chissà quali emozioni. Preferivo l’impatto di “Grande amore” ma presumo che possano dire la loro anche quest’anno per la vittoria finale.

IRAMA 6,5 – il ragazzo è bravo e ha già fatto una buona dose di gavetta, proprio partendo da Sanremo giovani qualche anno fa. La vittoria ad Amici lo ha lanciato nel firmamento mainstream ma secondo me rende decisamente meglio in brani così, che ricordano appunto le sue prime prove, molto orientate allo spoken. Il tema è toccante e trattato con parole adeguate, lontano da retorica e banalità assortite.

LOREDANA BERTE’ 6,5– mi rendo conto che stanno fioccando le sufficienze piene ma con pochi guizzi. Il brano della rediviva Bertè è indubbiamente valido, accattivante il giusto, ottimo il team di autori, in cui si intravedono sin troppo evidenti richiami alla poetica vaschiana marchiata Curreri, ma resta per me a metà del guado, senza spiccare il volo.

MAHMOOD 7 – bel brano, ritmato, testo e musica che rimangono in testa, suoni davvero intriganti e un piglio sorprendente considerato che si trattava di un quasi esordiente, praticamente sconosciuto al pubblico. Penso che avrà ottimi riscontri dopo la kermesse sanremese.

MOTTA 6,5 – a lui va il mio tifo, lo seguo da sempre, l’ho votato al Tenco in occasione di entrambe le volte in cui ha poi sbaragliato il campo, vincendo a mani basse sia con il primo album, sia nella categoria più importante con il suo seguito, giudicato dalla giuria come miglior disco dell’anno. Una canzone come questa, apprezzabile negli intenti e nel voler lanciare un grido sociale, però non aggiunge molto al suo percorso artistico. Non è migliore di altre insomma, e sul palco inevitabilmente ha tradito emozione.

NEGRITA 7 – tornavano dopo una vita, li attendevo con molta curiosità. Non sono più i “ragazzacci” di “Tonight”, quando si presentarono al Festival in modo forse provocatorio, con un brano non all’altezza. Qui, forti di una carriera ormai invidiabile, viaggiano senza paura, mettendo tutto loro stessi in un brano dal buon impatto. Un testo forte, credo sottovalutato dagli addetti ai lavori, e un’esecuzione a dir poco perfetta. Ci sta alla grande nell’ imminente raccolta di loro successi in uscita con il Festival.

NEK 6 – vale lo stesso discorso fatto per Renga. Porta un brano discreto, lo interpreta al solito più che degnamente ma mi resta ben poco, non mi viene trasmesso molto delle sue intenzioni. Un brano rassicurante, che non rischia e che riscuoterà comunque scontati consensi.

NINO D’ANGELO e LIVIO CORI 6,5 – no, abbiamo appurato che il bravo Livio Cori non è Liberato, ma al di là della suspence, restava intatta la curiosità di capire come i due mondi musicali di Napoli, quello moderno del rapper e quello classico del big Nino d’Angelo potessero amalgamarsi. Beh, lo hanno fatto indubbiamente bene. Necessita però di più ascolti, come a conti fatti molti dei brani sanremesi di quest’anno.

PAOLA TURCI 5,5 – la classe è cristallina, su quello non ci piove, il magnetismo pure, ma la canzone è alquanto deboluccia. Non brutta, ma nemmeno rilevante anche solo paragonata alla recente esibizione su questo palco.

PATTY PRAVO CON BRIGA 6 – la sufficienza ci sta, perché il testo è di buon livello, tra gli autori il grande Zibba, però è proprio l’abbinamento che mi pare forzato, l’amalgama imperfetto che crea spaesamento e che non produce qualcosa di memorabile.

è di Simone Cristicchi il brano più emozionante di questa edizione sanremese

SIMONE CRISTICCHI 8 – non vincerà ma il suo è il brano che più in assoluto mi ha emozionato. Non ha nemmeno un ritornello vero e proprio, o per lo meno, qualcosa che si faccia banalmente cantare, ma in fondo qui di banale non c’è niente, essendo il brano molto intenso, viscerale e allo stesso tempo intriso di poesia. Suggestivo e poi maestoso l’arrangiamento orchestrale a contornare parole che potrebbero invero riguardare tutti noi.

THE ZEN CIRCUS 7 – lo so che Appino ha cantato solo per modo di dire, ma da sempre lui è così. E’ più un animale da palco, un rocker vero, e come lui i suoi sodali. Fa specie piuttosto che gli Zen, pur avendo nelle corde canzoni adatte a un simile contesto (penso ad esempio alla splendida “L’anima non conta”), abbiano voluto davvero rischiare, portando un brano ostico, ruvido, senza compromessi, molto intenso.

il favorito Ultimo non delude, portando un brano interessante e coinvolgente

ULTIMO 7,5 – non è facile gareggiare da vincitore annunciato. Pur tra tanti nomi “forti”, attuali o classici, è proprio lui, vincitore delle passate Nuove Proposte, il più accreditato alla vittoria. Non ha finora sbagliato un singolo in effetti, migliorando anzi in consensi ad ogni nuova uscita. Esegue una canzone in cui il suo stile è ben imperniato, e direi già inconfondibile. Anche il testo, da lui scritto, mostra una promettente maturità. Al primo ascolto ha mostrato qualche carenza ma credo che andrà meglio nel prosieguo della gara.

E per finire il mio personale podio:

1 SIMONE CRISTICCHI

2 THE ZEN CIRCUS

3 NEGRITA

Il mio pronostico finale:

1 ULTIMO

2 IL VOLO

3 IRAMA

PREMIO DELLA CRITICA: Daniele Silvestri (e Rancore)

MIGLIOR TESTO: Simone Cristicchi

MIGLIORE MUSICA: Arisa

 

 

 

Primo piccolo bilancio sul Festival di Sanremo: una gara in tono minore.

Premesso che – almeno per la prima parte – ho fatto zapping assiduo con la partita di Champions tra Celtic e Juventus e, soprattutto, premesso che solitamente per giudicare bene le canzoni mi ci vogliono più ascolti, magari sentendoli alla radio, provo a tracciare un primo parziale bilancio della serata sanremese, la prima targata Fazio – Littizzetto, tornati in sella dopo i fasti del decennio scorso.

Ammetto che nutrivo delle perplessità sulla formula del doppio brano per ogni cantante in gara, non tanto per le canzoni in sè (in fondo è sempre piacevole ascoltare dei brani inediti) ma proprio per il fatto che già è difficile assimilare in poco tempo un brano, figuriamoci due eseguiti a distanza di un minuto uno dall’altro. Insomma, formula a mio avviso da bocciare, anche perchè onestamente la suspence sul risultato è pari a zero, con gli artisti che non gliene frega una mazza di quale loro brano si aggiudicherà la finale. A primo ascolto mi sembra però che gli artisti in gara – almeno quelli ascoltati ieri sera – abbiano gettato al vento un’occasione: quella di mostrare la loro versatilità, anche se confido in Malika che ha dichiarato che mostrerà le sue due facce con i rispettivi brani in gara.

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Allora, iniziamo col dire che a mio avviso la peggiore è stata, duole dirlo, visto l’indubbio talento, Simona Molinari. Le avvisaglie negative c’erano state un paio di estati fa con l’agghiacciante “Forse”, ieri sera la performance non mi è piaciuta e,anzi, concordo con alcuni a cui la bella Simona ha ricordato la Cortellesi in una delle sue riuscite parodie. Un conto è l’elegante swing pop degli esordi, un altro queste insipide canzoncine banali presentate ieri in sequenza.

Non male Gualazzi, col primo brano più in linea con certe atmosfere “contiane” a lui care e il secondo più lineare, premiato dal televoto. Cantautore, compositore e pianista di indubbio valore, anche se continuo a pensare che si esprima meglio in lingua inglese, per la musica che propone.

Vado in ordine sparso… da sempre ascolto i Marta sui Tubi e ogni anno che un artista alternativo sale sul palco sono piuttosto emozionato, perchè mi sento molto affine a questo mondo. Tuttavia, come già successo nel recente passato con eroi come Afterhours o Marlene Kuntz, mi sembra che siano – come dire – fuori posto! Un riconoscimento magari ufficiale del percorso fatto ma sostanzialmente un’esibizione inutile, visto che c’azzeccano ben poco con i canoni della melodia e del bel canto (ieri Gulino, che pure apprezzo molto, ha più volte steccato, credo per via dell’emozione). In ogni caso, complimenti ai ragazzi, in particolare al grande Mattia Boschi, bassista e violoncellista, un grande musicista e una bravissima persona.

Ho apprezzato Maria Nazionale, già piaciuta in coppia con Nino d’Angelo nell’edizione di 3 anni fa. Bravissima interprete e ottima presenza scenica, resta il fatto che il suo canto sia pulito ma sin troppo localizzato ai fini di un qualche piazzamento importante. Ottimo  soprattutto il brano per lei scritto dal valido Enzo Gragnaniello.

Alla resa dei conti il più “sanremese” di tutti mi è parso il giovane Marco Mengoni che, a differenza del 2010 quando presentò un brano ficcante ed efficace, stavolta non ha proprio voluto rischiare. Scarso il pezzo scritto dalla Nannini e Pacifico, si sono sprecati!

Mi è piaciuto Silvestri ma non è una novità: magari non si piazzerà nei primi tre ma i suoi due brani (molto meglio il primo, pianistico e originale rispetto all’altro, sullo stile che richiamava i suoi brani più spensierati tipo “Salirò” o “La Paranza”, senza possederne il medesimo appeal) mi sono parsi sopra la media, tra tutti quelli sentiti ieri.

Un po’ deludente Chiara, recente vincitrice di X Factor. Nonostante il pool di autori messi in moto per alimentarne il fenomeno (i suoi brani sono stati scritti dal “signor Tiromancino” e dal “signor Baustelle”) i brani sono parsi noiosi, privi di mordente, in particolare il secondo, scritto da Bianconi (che in passato egregiamente aveva prestato brani alla Grandi) davvero non faceva per lei: troppo visionario e inadatto, si ricorda solo per il bell’arrangiamento di violino.

Avesse portato un brano più melodico, sullo stile del singolo che la sta facendo conoscere (“Due respiri”) allora sì che avrebbe fatto un successone, invece ha puntato sulla presunta qualità, perdendone in immediatezza.

Per carità, ripeto, i brani li devo ascoltare più volte per apprezzarli, ma facendo un piccolo raffronto con la passata edizione, mi sembra che già emergessero con forza alcune perle, come quelle di Arisa, Emma, Dolcenera, Renga, Bersani, Noemi.

Mi fermo qui, evitando di dire altre cose… va beh, un sassolino me lo tolgo. Gli italiani sono sempre contraddittori e spesso paradossali: quando in gara ci stanno i vecchi come Al Bano, Cutugno ecc, tutti a lamentarsi che i cantanti sono sempre quelli; per una volta che mancano occorre invitarli per forza e dedicare loro uno spazio misurato. Ma cavolo? La vedete la tv? Questi sono in tutte le trasmissioni, almeno qui lasciate spazio agli altri.

Su Crozza che dire? Due parole… nessuno mette in dubbio che sia uno dei migliori comici su piazza, ma ieri ha deluso, finendo anche lui col fare la parodia “buona” e “simpatica” del Berlusca e facendo passare per sfigato il povero Bersani. Ok, tutti (chi volutamente, chi inconsciamente, ma è pure peggio) tirano acqua al mulino di Silvio… si vede che gli italiani ancora non sono stufi di lui e si fidano così ciecamente che lo rivoteranno anche stavolta. Chiusa parentesi politica, per carità… domani scriverò solo sul Festival, sperando che Modà, Annalisa (la mia favorita) o gli Almamegretta (antichi eroi alternativi) mi regalino qualche soddisfazione in più

Sanremo 2013: finalmente il cast ufficiale dei Big in gara. Fazio ha mantenuto le promesse, si preannuncia un buon Festival

Chi mi segue da tempo o solitamente mi legge qui, ormai ha capito che mi piace ascoltare, parlare e discutere spesso e volentieri di musica “alternativa” nella più ampia accezione del termine, senza scomodare per forza di cose il cosiddetto genere “indie” che poi, a dirla tutta, è stato erroneamente codificato come tale, visto che dovrebbe far accomunare gli artisti più che altro per istanze attitudinali più che musicali in senso stretto.

fazio

Però, c’è un però… e si chiama “Festival di Sanremo”! Sì, perchè nonostante tutto, ascolto il Festival da sempre, da quando ero bambino e volente o nolente ha rappresentato un punto fermo nella mia crescita, anche se mi piace discuterne in senso critico, nel limite del possibile, evitando di farmi travolgere dalle cose che c’entrano ben poco con la performance, il che è ogni anno più difficile, visto che l’attenzione sembra spostarsi sempre più su farfalle tatuate e celentanismi.

Mi fidavo di Fazio e del suo entourage, memore delle sue precedenti edizioni, quando seppe raccogliere alcuni tra i migliori esponenti della scena italiana, per qualità della proposta.

Tra gli esclusi non rimpiango di certo le moltitudini di artistucoli usciti dai talent negli anni – anche se mi spiace sempre generalizzare e, insomma, occorre fare delle distinzioni tra una Giusy Ferreri, una Noemi e un, per dire, Valerio Scanu o Tony Maiello, con tutto il rispetto; dicevo, nessun rimpianto per costoro, un po’ invece lo riservo per quel talento vocale assoluto che risponde al nome di Mario Biondi, attualmente in heavy rotation col duetto con i Pooh.

Oggi è uscito l’elenco ufficiale dei Big per il 2013 e allora rompiamo gli indugi e analizziamo la lista. Solitamente cerco di rimanere obiettivo, o dare una connotazione giornalistica al tutto ma concedetemi, a mente calda, dei giudizi che possono esulare da criteri di oggettività. Forse perchè appunto lo guardavo già insieme a mia nonna, forse perchè a 8 anni tifavo per Luis Miguel, forse perchè ci sono passati mostri sacri della musica tout court, specie nel decennio dei sessanta, forse perchè nei 90 sono emersi autentici puledri di razza (la Consoli, Giorgia, la Pausini, il Grigna ecc), forse perchè alla fine rappresenta uno spaccato dei cambiamenti di costume della nostra società tutta, forse perchè sono arrivati ultimi Vasco, Zucchero e i Negrita, a testimonianza di quanto la giuria sia “aperta”, forse semplicemente perchè Sanremo è Sanremo, come dice il ritornello di una sigla rimasta nel cuore, questo post sarà scritto più “di pancia” che altro, ma va bene così…

– RAPHAEL GUALAZZI felicissimo per il suo ritorno, a due anni dalla meritatissima (e scontata) vittoria in un’edizione Giovani in tono minore. Dopo aver consumato di ascolti il suo album “Reality and Fantasy” mi aspetto un forte contributo di raffinatezza da parte sua

– ALMAMEGRETTA beh, che dire??? Li ho amati alla grande negli anni ’90 quando, guidati dalla splendida e calda voce di Raiz, si issarono in cima alle classifiche generaliste mischiando tradizioni folk e moderno elettronico trip hop. Ritornano e destano curiosità, specie per il fatto che sono il classico gruppo “anti-Sanremese”, nonostante proprio Raiz abbia tentato, con scarsa fortuna, di cimentarsi nelle vesti insolite di cantore italico dalle atmosfere leggere.

– ELIO E LE STORIE TESE nome garanzia, confidando sul fatto che Elio abbandoni le velleità di conduttore/vocal coach/trainer per tornare al suo ruolo principale nel migliore dei modi, credo sia altresì molto improbabile che tirino fuori dal cassetto un brano migliore rispetto alla celeberrima “terra dei cachi” di antica memoria. Ma resto fiducioso su questi ragazzacci virtuosi.

– MALIKA AYANE è nata praticamente qui, nonostante fosse giunta ai primi successi con le canzoncine in inglese. Ormai tra le top italiane, vanta una voce da brividi che le consente di tirar fuori sempre il meglio, anche da pezzi meno riusciti: la classe non è acqua, credo possa essere sin da ora tra le favorite del pubblico

– DANIELE SILVESTRI quasi “scontata” la sua presenza festivaliera quest’anno ma con Daniele, che ebbi modo di intervistare svariati anni fa, dopo tappa a Cerea, si va sul sicuro, sia che proponga sonorità spensierate (“La Paranza” e “Salirò”) sia che spinga il piede su temi sociali, spesso scottanti (“L’uomo col megafono”, con cui si impose su questo palco nel ’95 e la spettrale “Aria”)

– MODA’ unica concessione fortemente “commerciale” dell’elenco, per aver convinto Fazio credo abbiano davvero in canna un grande pezzo, dalle sonorità ariose e potenti, sul loro stile. Puntano dritti alla vittoria, e non potrebbe essere altrimenti, visti gli innumerevoli successi mietuti negli ultimi 3 anni

– SIMONA MOLINARI con PETER CINCOTTI finalmente la Molinari su questo palco, verrebbe da dire, dopo i bagliori dell’edizione giovani 2009 (messa in ombra da un’autentica fucina di talenti emerse nella stessa edizione, dalla vincitrice Arisa, alla raffinata Malika, dalla suol singer Karima alle figlie d’arte Chiara Canzian e Irene Fornaciari). Qui in collaudata coppia con Cincotti, potrebbe essere una sorpresa candidata al Premio Mia Martini

– MARTA SUI TUBI come l’anno prima i Marlene Kuntz e prima ancora con gli Afterhours, i Subsonica o i Quintorigo, quest’anno annuncio in loro i miei favoriti, in quanto provengono dal mio “mondo di riferimento musicale”. Unici nel panorama rock italiano, di recente hanno duettato pure con Lucio Dalla, dopo che già simpaticamente lo avevano citato nella loro frizzante “Cristiana”. Mitici i ragazzi, originali, il minimo che mi viene per definirli

– SIMONE CRISTICCHI  ci sta eccome in un cast simile, visto il suo forte impatto in ambito sociale. Tuttavia Simone è da sempre un joker della musica italiana, capace spesso di ricorrere all’arma dell’ironia e del gioco per trattare tematiche spesso impegnative. Da seguire con attenzione

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– ANNALISA trattasi della rossa di Amici, ma sarebbe davvero riduttivo, oltre che ingeneroso trattarla da “Emma” o “Alessandra Amoroso” di serie B, in quanto possiede certamente più pulizia formale nell’esecuzione, oltre che maggiore eleganza sul palco. Ottima voce, personalità ancora un po’ timida ma capace pure di inchiodare alla tv: è una che si fa ascoltare volentieri

– MAX GAZZE’ un altro dei miei favoriti, inutile girarci attorno. Ogni volta al Festival fa la sua onesta figura. Ricordo una bella intervista tanti anni fa, in coppia con l’amico fraterno Ricky, all’epoca proprio di un post Sanremo (quello de “Una musica può fare”), prima di un suo concerto al mitico Extravagario Teatro Tenda di Verona. Persona colta, squisita, umile.. un grande musicista.

– MARIA NAZIONALE in ambito “nazionale”è nota soprattutto per la sua partecipazione a Sanremo in coppia con il guru Nino D’Angelo nel 2010 (tra l’altro la canzone era davvero notevole), credo non si discosterà molto da quel registro, magari accentuando l’aspetto nazional popolare, meno incline al suono world music di quel pezzo-

– MARCO MENGONI gradito ritorno, uno di quei cantanti usciti da talent (in questo caso da X Factor) che vale la pena di ascoltare, sempre che smetta di voler emulare, in modo inconcludente, il mai dimenticato Jeff Buckley. Mengoni ha una voce bellissima e una personalità straripante, però a 24 anni deve ancora trovare la sua giusta dimensione e, soprattutto, deve cantare pezzi che lo rappresentano appieno, come appunto la “Re Matto” di un paio d’anni fa. Meno virtuosismi e più spazio alla sua vera anima e potrebbe risultare vincente anche in questo contesto

– CHIARA GALIAZZO come Nathalie due anni fa, approda qui direttamente da X Factor, nella quale si era da subito contraddistinta per la bella ugola e per i modi un po’ “da svampita” (in senso buono). Padovana, simpatica e talentuosa, resta tuttavia un’autentica scommessa a questi livelli: vedremo come affronterà un palco tanto prestigioso, capace di far tremare le gambe anche ad artisti molto navigati-

Comincia il conto alla rovescia! Che bella musica sia, e poche cazzate, please!