Sanremo 2024: il bilancio finale – nell’ultima edizione targata Amadeus trionfa Angelina Mango

L’ultima edizione del Festival di Sanremo targata Amadeus andrà agli annali come la più magniloquente a livello di “numeri”, debordanti per quanto riguarda gli ascolti ma pure banalmente per il numero di canzoni presentate in gara.
Se sul primo punto posso solo limitarmi ad applaudire l’operato del conduttore, che di certo ha riportato la kermesse a punte di popolarità vicine solo a certe annate legate al nome di Pippo Baudo, sul secondo invece sin da subito avevo espresso dei dubbi, gli stessi che ho nel vedere eliminata del tutto una categoria importante come le “Nuove Proposte”.

Trenta canzoni tutte insieme in gara sono tante, troppe, col rischio che molte di esse passino in silenzio, non riuscendo a emergere, regalando sì un momento “di gloria” ad artisti trovatosi lì magari per scommessa del direttore artistico, ma più di tutto mi sorge la domanda (a cui pleonasticamente vado subito a rispondere) se fossero tutte così “indispensabili”, tutte immancabili all’interno del carrozzone, impossibili insomma da escludere in fase di selezione che, ricordiamo, si è tenuta al cospetto di centinaia di titoli giunti all’attenzione.
No, non erano tutti brani sopra la media, ma probabilmente pensati per lo più in ottica futura, il ché va anche bene, ma non sarebbe meglio una rassegna che, senza rinunciare alla matrice “popolare” non desse spazio alle tante espressioni artistiche rappresentate in Italia negli anni?

Non si è troppo spinto l’acceleratore in direzione di una propensione radiofonica, smaccatamente commerciale dei pezzi? Per me sì, ma ripeto non sarebbe un peccato capitale se solo avessimo ascoltato trenta capolavori!
Cosa rimane invece? La sensazione di aver ascoltato canzoni abbastanza “di passaggio” nell’ambito della storia del Festival con brani piacevoli, orecchiabili, persino “ballabili” ma senza i crismi del classico. Senza che a un primo ascolto ci si potesse ritrovate a dire “wow”.

Non occorre in fondo scomodare i classici del passato per avvalorare la mia tesi, basti rapportare il livello delle canzoni in gara quest’anno a quello di “Due vite” di Marco Mengoni, che giusto dodici mesi fa ci diede già chiara la sensazione di trovarsi davanti a un brano che indiscutibilmente fosse da primo posto, quasi una “vittoria annunciata”. La sua era una canzone “forte”, da inserire di diritto tra le punte di diamante del suo percorso, e se da una parte è forse più interessante e democratico che ci siano più titoli candidabili a issarsi in cima alla graduatoria, la cosa perde valore se generalmente il livello della rassegna è mediamente più basso.

Vorrei sorvolare – ma è abbastanza impossibile farlo senza venire fraintesi – sulle polemiche sollevate alla parziale proclamazione del primo posto a Geolier, ma proprio si è trattato di un momento brutto, di una mancanza di rispetto grave nei confronti dell’artista, specie se certe illazioni sono state supportate dalla stampa stessa.
A mio avviso (come vedremo tra poco nel dettaglio) la canzone del giovane trapper napoletano non era la migliore fra le trenta in gara ma lo stesso meccanismo di giudizio (che poi lo ha visto perdere in volata, perché si sa che non esiste solo il televoto) non può andarci bene solo quando va a premiare chi vogliamo noi!

E allora tutti contenti che abbia vinto l’esordiente di lusso, Angelina Mango, figlia d’arte degna di un grandissimo artista che invero qui su questo palco non ottenne mai quei riconoscimenti che sarebbero stati meritati, gli stessi che ha avuto invece lei, la ex di “Amici” con un brano fresco, ballabile, interpretato con assoluta naturalezza e consapevolezza dei propri grandi mezzi, al di là di un genuino stupore manifestato all’annuncio del suo exploit. ll trionfo di Angelina è stato poi supportato anche da altri due riconoscimenti, il premio della sala stampa e quello per la migliore composizione musicale. Ma la sua è stata davvero la migliore canzone di questo Sanremo 2024?

Di seguito ecco un mio commento ad ogni partecipante in ordine di classifica:


ANGELINA MANGO – poco da aggiungere sulla sua vittoria, che ci sta e non fa storcere alcun naso. Angelina continua la sua imperiosa ascesa nel mondo del pop nostrano, anche se verrà ricordata (almeno da me) soprattutto per l’intensa ed emozionante rivisitazione del classico del padre “La rondine”.

GEOLIER – rappresentava la quota “giovanilistica” dell’edizione, volendo proprio generalizzare, la stessa occupata da Lazza l’anno scorso, e allo stesso modo ne eguaglia il risultato, portando se stesso al Festival. Nel suo ha fatto un figurone!

ANNALISA – partita come sempre con grandi favori dei pronostici, forte dello straordinario successo dei suoi singoli ammazzaclassifica, nemmeno stavolta alla bella Annalisa è riuscita l’impresa di vincere a Sanremo. Le sta tentando tutte: ballate classiche, moderne, brani frizzanti e spigliati, ora pure la carta del potenziale tormentone. Ecco, questa canzone si aggiungerà a quella schiera, ma non aveva a mio avviso lo spessore per vincere. Direte che la stessa cosa valeva per il brano di Angelina ma tant’è, è andata così…

GHALI – una delle rivelazioni di questo Festival è stato senz’altro lui, che arriva con un pezzo adatto al contesto, pur non snaturando la sua indole. Bel messaggio il suo mandato soprattutto nella serata delle cover, di identità nazionale che non smarrisce la propria storia.

IRAMA – il suo pezzo è cresciuto con gli ascolti, dopo una prima esibizione vocalmente incerta. Pur non raggiungendo le vette della precedente “Ovunque sarai”, prosegue felicemente su quella falsariga intimista.

MAHMOOD – libero di sperimentare senza dover dimostrare niente a nessuno dopo due Festival vinti, Mahmood porta in gara una canzone musicalmente notevole, purtroppo non coadiuvata da un testo all’altezza.

LOREDANA BERTÈ – salutata dal tripudio della sala stampa e da forti consensi popolari, Loredana si mostra in gran forma con un brano cucito apposta su di lei. Il Premio della Critica è suo ma per ambire alla vittoria finale forse serviva qualcosa di più. Io personalmente l’avevo preferita nella sua precedente partecipazione con “Cosa ti aspetti da me”.

IL VOLO – tentano la carta del pop nobile abbandonando così il canto lirico, il loro tratto peculiare. Che dire? Mi sembrava una banale canzone d’amore, innocua, ma poi mi sono trovato ad ascoltarla mentre giocavo abbracciato a mio figlio piccolo e un po’ mi sono commosso…

ALESSANDRA AMOROSO – arrivata al Festival fuori tempo massimo dopo anni di attesa, sembra un po’ superata nei gusti dei più giovani (o del pubblico in generale), eppure ha presentato una canzone più che dignitosa, ed è parsa misurata e assai rispettosa della manifestazione. Dal mio punto di vista promossa.

ALFA – ok, il suo brano come ho avuto modo di sottolineare qua e là in alcuni commenti. è una sorta di plagio mascherato ma come si fa a voler male a sto ragazzo, il cui talento pop pare comunque evidente? Il duetto con Vecchioni poi mi ha veramente emozionato!

GAZZELLE – all’esordio su questo palco a mio avviso se l’è cavata, e la posizione buona certifica come sia riuscito a convincere anche chi magari lo conosceva meno. La sua è un’onesta ballata, interpretata bene alla sua maniera.

IL TRE – altra rivelazione, per una canzone partita in sordina ma cresciuta una volta inserito il televoto. A me però non ha colpito particolarmente, mi aspettavo del rap fatto bene, invece il Nostro è andato molto sul sicuro.

DIODATO – la sua canzone era la mia preferita sin dal primo ascolto, pur ammettendo che non raggiungeva per pathos la precedente “Fai rumore”, che a Sanremo vinse nel 2020. Cosa aggiungere? Diodato è un artista ormai con uno stile personale e riconoscibile, così come la sua classe innata.

EMMA – per me è rimasta a metà del guado, con un brano pronto a esplodere, moderno, ben congegnato ma a cui mancava qualcosa, forse un ritornello incisivo. La posizione comunque dignitosa rispecchia in fondo il mio pensiero.

FIORELLA MANNOIA – a metà classifica si piazza anche lei, che mi aveva convinto già dalla prima serata. Ok, al Festival era stata più volte e sempre con soddisfazione; qui ha tentato una carta vagamente etnica, con un testo bello e col giusto grado di “impegno”, che meritatamente si è aggiudicato il relativo premio.

THE KOLORS – pezzo senza infamia e senza lode, una replica meno riuscita di “Italo Disco” con in più qualche rimando alla vecchia “Salirò” di Daniele Silvestri, come fosse però più che altro un omaggio velato. Si sono divertiti, hanno fatto ballare, credo non avessero velleità di vittoria.

MR. RAIN – è stato coraggioso, o forse avventato a seconda dei punti di vista, a tornare al Festival a un solo anno di distanza dopo oltretutto un grande exploit come “Supereroi”. Non demerita ma neppure stupisce con un brano molto simile a quello per stile ma anche meno impattante.

SANTI FRANCESI – hanno sorpreso in positivo il pubblico generalista che forse non li conosceva bene ma era piuttosto risaputa in loro una certa classe formale e interpretativa. Possono avere un buon futuro, non mi spiacerebbe però sentire un po’ di mordente in più.

NEGRAMARO – posso dirlo? Il vero flop dell’edizione sono stati i Negramaro, altro che nel lontano 2005, quando furono clamorosamente eliminati fra le “Nuove proposte”. Là si trattò di un abbaglio generale a fronte di un pezzo meraviglioso come “Mentre tutto scorre”, qui invece il tutto sa di occasione mancata. Premesso che a me la canzone è piaciuta, ma ha pagato non solo una melodia non propriamente orecchiabile e facile, ma anche un cantato un po’ sofferente, e la cosa stride se pensiamo alle innegabili qualità vocali di Giuliano Sangiorgi.

DARGEN D’AMICO – per me il caso di Dargen D’Amico al Festival rappresenta una contraddizione, perché se è indubbio che il suo intento e i suoi interventi extramusicali siano oltremodo lodevoli, mi mette un po’ a disagio poi trovarmi a cantare e ballare allegramente frasi come “sta arrivando, sta arrivando l’onda alta”… insomma, è un tema importante e così invece mi pare venga, non dico banalizzato ma quanto meno frainteso, ecco. Invece il suo messaggio necessitava di arrivare a tutti con la stessa forza e dirompenza, senza equivoci di sorta.

RICCHI E POVERI – mi stanno simpatici e mi ricordano i vecchi Festival vissuti assieme alla mia carissima nonna Gisella, ma già nel ’85 avrei preferito la vittoria del giovanissimo Luis Miguel al posto loro. Scherzi a parte, non è riuscita per me l’operazione ripescaggio, la canzone la trovo davvero vacua, nonostante avesse un bel significato di fondo.

BIG MAMA – non mi ha entusiasmato particolarmente, anche qui una produzione danzereccia ha macchiato quello che poteva diventare un brano “profondo”; peccato perché da come ne avevo sentito parlare mi aspettavo qualcosa di più viscerale e passionale.

ROSE VILLAIN – a mio avviso la posizione è addirittura troppo alta. La bella Rose Villain non incanta con la sua canzone, che inizia in un modo per sfociare in un ritornello ritmato utile per TikTok et similia ma del tutto inadeguato per un palco così. Anche il duetto con la Nannini non ha aiutato a farle guadagnare punti in classifica, vista la precaria esecuzione al cospetto di una gigante della nostra musica.

CLARA – a mio avviso non ha demeritato, si tratta pur sempre di un’esordiente, che però rischia di perdersi nel marasma di proposte similari e poco personali. Probabilmente le andrà meglio con la carriera di attrice dove pare lanciatissima grazie al successo di “Mare fuori”, ma una chance nella musica merita di giocarsela.

RENGA NEK – non avevo grosse aspettative su questi nomi forti della mia generazione, però mi chiedo che senso abbia accumulare partecipazioni sanremesi tanto per? Come duo stanno ottenendo nuovi consensi, hanno rivitalizzato un po’ la loro già gloriosa carriera ma allora perché non provare a portare un brano da lasciare a bocca aperta, anziché una onesta ballata sull’amore “adulto” che si fa ascoltare ma senza mai sfociare in una direzione precisa? Spiace ammetterlo ma il verdetto così severo in fase di classifica mi trova tutto sommato d’accordo.

MANINNI – non mi ha sorpreso, nel senso che conoscevo la sua capacità melodica e il suo buon gusto pop. La ballata è un po’ all’acqua di rose ma comunque carina e dal bel ritornello. Meritava una posizione più alta.

LA SAD – Che vi devo dire? A me non urtano le loro creste o i loro piercing (ci mancherebbe, ai miei tempi imperversavano i Prodigy e Marylin Manson che a loro volta a quelli più vecchi di me facevano ancora meno paura), e la canzone ascoltata in radio è pure passabile (si sente la mano di Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari nel testo) ma sto atteggiamento ribelle, le urla, la finta tragressione proprio sì, questi aspetti li trovo ridicoli. Alla fine come accadde anni fa con il caso di Junior Cally, tanto rumore per nulla!

BNKR44 – i più innocui però sono loro, sei ragazzini spacciati addirittura per boy-band e che portano in scena una canzone così leggera da passare del tutto inosservata. Era necessario a mio avviso per loro un altro step, la famosa categoria delle “Nuove Proposte” purtroppo abolita in questa gestione ma hanno ovviamente tutto il tempo davanti per costruirsi una carriera.

SANGIOVANNI – che delusione il buon Sangiovanni... capisco il voler evolversi e mostrare un lato più maturo ma la sua canzone, che magari necessita di più ascolti, è apparsa da subito deboluccia, quasi impalpabile. Magari in canna ha qualche hit pronta per l’estate, e a questo punto glielo auguro perché altrimenti rischia l’anonimato. Ha dimostrato delle capacità ma per restare nel tempo bisogna quanto meno rimanere allineati con proprio pubblico, sperando di conquistarne un altro. L’intento credo fosse quello ma serviva allora un pezzo migliore, più a fuoco.

FRED DE PALMA – il re del reggaeton italiano tenta la carta della “serietà” con una canzone poco nelle sue corde e che non arriva a scuotere gli ascoltatori. Troppo “Lazza” per sembrare autentico. Meglio torni a fare il suo, visto che di successi ne aveva messi in fila parecchi.

Si chiude così il “regno” di Amadeus come deus ex machina del Festival di Sanremo, un quinquennio incredibilmente positivo in quanto a riscontri oggettivi – audience e i tanti successi partiti da qui – ma che proprio in occasione della sua ultima volta ha iniziato a mostrare segni di stanchezza, tanto che quella appena conclusa mi è sembrata l’edizione meno interessante dal punto di vista musicale, e pertanto a mio avviso meno riuscita. Certo è che il suo successore si troverà a raccogliere un’eredità pesantissima ma è arrivato il tempo di cambiare nuovamente la faccia di questa manifestazione storica e importante che ogni anno tiene incollato milioni di telespettatori animando infinite discussioni.

Viva Sanremo!

Festival di Sanremo 2024 – un commento al primo ascolto dei trenta (!) brani in gara

E’ stata una vera maratona quella di ieri sera in occasione della prima serata del Festival di Sanremo, l’ultimo targato Amadeus.
Un’edizione che a un primo ascolto ci consegna alcune canzoni dal livello generalmente medio-alto ma che, in quanto formata da ben trenta titoli, risente inevitabilmente anche di qualche calo qualitativo, con degli episodi davvero poco ispirati e che fanno gridare vendetta conoscendo alcuni nomi “scartati”. Specie nella seconda parte il livello sembra essersi abbassato, e lo dico non solo perché ci si stava inoltrando nelle ore tarde della notte.

È indubbio come la componente di orecchiabilita e modernità sia stata pressoché sempre presente in tutti gli anni del regno di Ama ma a mio avviso stavolta si è un po’ esagerato spingendo su sonorità up-tempo e pseudo-dance, inducendo magari in maniera inconsapevole gli artisti a uniformarsi troppo a certi stilemi.

In pratica i brani sono tutti assimilabili con facilità e ciò fa pensare che avranno una buona diffusione radiofonica.
Detto ciò qualcuno di questi crescerà con gli ascolti, altri molto probabilmente verranno a noia presto ma rimango della mia idea e in generale quindi sento di dire che da una parte è giusto che il Festival voglia stare al passo coi tempi e rinnovarsi, ma nel farlo dovrebbe mantenere la propria identità… ieri sembrava davvero di vedere (e soprattutto sentire) una puntata del Festivalbar!

Dopo questa premessa, ecco di seguito i miei commenti a ogni singola canzone in gara dopo il primo ascolto:

CLARA –  ottima presenza scenica, ha cantato con la giusta sicurezza, pur essendo quasi un’esordiente assoluta. Il pezzo è moderno e dal  ritornello efficace, mettiamoci poi che sto guardando l’ultima serie di “Mare fuori” e, insomma, io la promuovo.

FIORELLA MANNOIA –  pezzo di matrice etnica, sullo stile di Mannarino, che Fiorella interpreta magnificamente. Arrangiamento sublime.

LA SAD – no, non è per partito preso o per pregiudizio ma la loro presenza è inspiegabile, e non basta il bravo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari a confezionare un brano che, se nelle intenzioni dovrebbe rappresentarli, in realtà finisce per farli sembrare una parodia dei Dari.

GHALI – il pezzo funziona, lui sembra divertirsi e il testo è interessante. Uno dei casi a cui accennavo dove il pezzo pare più adatto al Festivalbar che non al Festival di Sanremo.

IRAMA – forse non bisserà il successo della recente “Ovunque sarai” ma la matrice e’ quella, un pop d’autore interpretato con intensità.

NEGRAMARO – erano invero attesissimi e al netto di alcune imperfezioni vocali (sembra assurdo ma è così) del leader Giuliano Sangiorgi e di un arrangiamento a tratti sfarzoso alla Coldplay, la canzone risulta di gran spessore, candidata alla vittoria.

DIODATO – la classe fatta persona, una ballata degna delle sue migliori canzoni. Quello che mi è piaciuto di più.

MAHMOOD – al terzo Festival dopo due vittorie consecutive può permettersi di portare un pezzo ancora meno sanremese rispetto a “Soldi” e “Brividi”: il tutto risulta ottimamente prodotto e al solito cantato divinamente, lascia a desiderare però per alcune espressioni verbali.

ALESSANDRA AMOROSO – l’altra grande attesa del Festival assieme ai Negramaro, non delude le aspettative portando una canzone nelle sue corde. Non rischia sostanzialmente nulla ma di contro non raggiunge gli standard dei suoi successi passati.

ANNALISA – ogni anno parte favorita ma le manca sempre il pezzo per sbaragliare la concorrenza. Il brano è sullo stile dei suoi successi-tormentoni ma senza le stimmate per vincere.

ANGELINA MANGO – un brano molto rappresentativo della sua giovane carriera, un mix tra il suo stile è quello più sperimentale di Madame che con lei lo firma.

LOREDANA BERTÈ – il pezzo è cucito ad hoc su di lei ma manca di quel guizzo, di quell’energia che caratterizzava la precedente “Cosa ti aspetti da me”, più convincente e, a conti fatti, maggiormente nelle sue corde.

GEOLIER – probabilmente non bisserà il risultato di Lazza, del quale appare come degno erede al Festival ma la sua canzonr rimane impressa e, al netto di polemiche sterili sull’utilizzo scorretto dei dialetti, certamente raccoglierà grandi consensi tra i più giovani.

THE KOLORS – posso comprendere il voler replicare i fasti della loro hit “Italo Disco”, che in pratica li ha rilanciati ma per il palco di Sanremo si poteva cambiare registro puntando un po’ di più sulla sostanza. Ballabile, piacevole ma mi aspettavo di meglio.

SANGIOVANNI – si è percepito che il brano sia particolarmente sentito dal suo autore e probabilmente autobiografico ma rimane nel limbo, senza decollare.

IL VOLO – sin troppo classici e, paradossalmente, rinunciando quasi del tutto alla parte lirica lo sono ancora più che in passato. Non credo lasceranno il segno pur ritenendoli comunque sopra la media in quanto a tecnica e classe.

BIG MAMA – all’esordio in gara porta un brano potente e convincente nelle liriche ma comunque commestibile per le masse, finendo forse per snaturarsi.

RICCHI E POVERI – capisco l’effetto nostalgia ma davvero Amadeus ha ascoltato 200 pezzi peggio di questa? E lo dico con tutto il rispetto possibile per un’istituzione della musica italiana quali sono i Ricchi e Poveri… (a questo punto capisco l’ostinazione dei Jalisse nel voler riprovarci ogni anno).

EMMA – brano che non mi pare molto adatto a lei, che apprezzo in particolare per la grinta e l’intensità interpretativa: qui invece tutto rimane un po’ piatto senza che si imprima una svolta che pensavo arrivasse almeno in fase di ritornello.

RENGA NEK – i due figaccioni del pop italiano non sbracano tornando a livelli consoni al Festival dopo qualche caduta a vuoto. La canzone non è male ma nemmeno memorabile, credo rimarranno a metà del guado in fase di posizione finale.

MR. RAIN – difficile per lui riconfermarsi dopo l’exploit della scorsa edizione ma tutto sommato non sfigura portando un brano che ne certifica la sensibilità musicale e la nomea di rapper “buono”.

BNKR44 – mi hanno fatto un po’ tenerezza: la loro partecipazione certifica che uno dei pochi errori di Amadeus in questi anni sia stato quello di eliminare la categoria delle Nuove Proposte. I ragazzi portano una canzoncina senza infamia e senza lode, davvero non avevano niente di meglio in repertorio?

GAZZELLE – ammetto di apprezzarlo, lo considero tra i più bravi della sua generazione. Non ha rischiato molto e penso sia giusto così, in fondo pur famosissimo nel mondo indie non è conosciuto al grande pubblico sanremese. La sua è una ballata pop-rock che cresce pian piano fino al bel ritornello. Peccato per l’esecuzione vocale non immune da sbavature ma chi lo conosce sa che questa è un po’ una sua peculiarità, quasi una cifra stilistica.

DARGEN D’AMICO – mi è parso essere lì più che altro per riconoscenza. A questo punto reciproca tra lui e Amadeus ma mi era bastata “Dove si balla”, di pezzi pacchiani ne faccio a meno.

ROSE VILLAIN – un po’ come successo a Mara Sattei lo scorso anno, era attesa dopo l’exploit estivo e un altro bel singolo ma Sanremo è un’altra cosa. Bella vocalità, bella presenza ma la canzone non trasmette granché.

SANTI FRANCESI – raffinati ed eleganti, e questo lo si sapeva, fanno la loro bella figura, resta da capire che posticino potranno occupare nel panorama musicale italiano, visto che non sembrano ne’ troppo mainstream ne’ troppo alternativi.

FRED DE PALMA – a questo punto era meglio se portava un pezzo reggaeton, per quanto non digerisca molto il genere ma almeno lì era riconoscibile, con un proprio status; invece ha portato un pezzo sicuramente orecchiabile e vibrante ma forse più nelle corde di un Lazza. Insomma, fa il suo e il pezzo lo porta a casa ma non saprei garantire sull’autenticità.

MANINNI – risarcito dalla mancata qualificazione dell’anno scorso tra i Big porta una piacevole canzone pop, non molto innovativa a livello di sound ma che proprio per questo in fondo si fa distinguere tra i tanti brani di stampo dance sentiti in precedenza.

ALFA – il ragazzo mi è simpatico e ha una faccia pulita ma forse sarebbe stato più in linea vederlo a The Voice Junior. Battute a parte la canzone pur connotata da un’aura pop risulta sin troppo confusionaria e leggera, nonostante gli riconosca una certa originalità.

IL TRE – altro esponente della galassia rap/trap convertito anzitempo a sonorità vicine alla disco, porta un brano piuttosto debole e scarsamente ispirato a livello di testo. Papabile ultimo nella graduatoria finale.

Alla fine della prima tornata di voti i giornalisti in Sala Stampa premiano Loredana Bertè, seguita da Angelina Mango, Annalisa, Diodato e Mahmood ma il tutto ovviamente è molto parziale e immagino che tante posizioni siano in realtà separate da pochi punti.

Dopo un primo ascolto quindi le mie canzoni preferite sono quelle di Diodato, Fiorella Mannoia e Negramaro, seguiti da Gazzelle, Mahmood e Irama, mentre il pronostico per la vittoria finale va ad Angelina Mango, che però potrebbe essere insediata da Annalisa o da una Alessandra Amoroso, che percepisco come poco accreditata ma che potrebbe risultare una pericolosa outsider. Insomma, credo proprio che il 2024 vedrà premiata un’esponente femminile dopo un po’ di tempo e la cosa onestamente mi farebbe molto piacere, visto che in questi anni stanno emergendo diverse cantanti talentuose.

Sanremo 2019: vince a sorpresa Mahmood davanti a Ultimo e ai ragazzi de Il Volo – Un commento finale sulla classifica

E’ terminata anche la sessantanovesima edizione di Sanremo, con il giovane Mahmood vincitore proclamato tra lo stupore generale davanti al grande favorito della vigilia (Ultimo) e a Il Volo, il trio che non è riuscito così a bissare il successo di quattro anni fa.

Non è la prima volta che in gara assistiamo a exploit inattesi, ma vittorie così poco scontate nella storia, anche recente, del Festival, se ne contano poche: il primo nome che mi viene in mente è quello di Francesco Gabbani che si issò fino in cima alla classifica nell’edizione del 2017.

Daniele Silvestri (coadiuvato dal rapper Rancore) e Simone Cristicchi si sono spartiti quasi equamente i premi speciali: prestigiosa tripletta del primo che ha conseguito in particolare l’ambito Premio della Critica “Mia Martini” ma anche quello per il miglior testo; al riccioluto cantautore già vincitore in passato con l’intensa “Ti regalerò una rosa” sono andati due premi, tra cui quello assegnato dall’orchestra. Sono premi importanti che certificano, ce ne fosse ulteriore bisogno, come le due opere in questioni (“Argentovivo” di Silvestri e “Abbi cura di me” di Cristicchi) fossero entrambe qualitativamente parlando, di una spanna superiore alle altre.

Ultimo si consola – se così si può dire visto il suo evidente disappunto per il piazzamento finale, forse dettato dalla frustrazione accumulata nei giorni scorsi da “vincitore annunciato” – con un premio indetto da Tim per un brano che probabilmente in effetti funzionerà bene fuori dai circuiti sanremese.

Per il resto, le contestazioni più grandi, quasi una “rivolta popolare” ci sono state per il piazzamento fuori dal podio della canzone di una rediviva Loredana Bertè ma su questo torneremo qualche riga più giù in sede di commenti.

Guardando la classifica, ovviamente possono balzare agli occhi determinate posizioni, a colpire in senso positivo o negativo – a seconda dei propri gusti personali – ma d’altronde una graduatoria di 24 canzoni in gara comporta anche dei risultati sulla carta “pesanti” ma che poi tra un giorno o poco più, nessuno probabilmente ricorderà, visto che per fortuna le canzoni viaggiano per conto proprio al di là di gare e piazzamenti.

Ecco quindi i miei commenti alla classifica di Sanremo:

1- MAHMOOD sono onesto, pur avendo sin dalla prima serata assegnato un bel 7 al brano “Soldi” presentato da questo rapper di origine egiziana (ma nato e cresciuto in Italia) che ha alle spalle già una bella gavetta, mai avrei scommesso sulla sua affermazione come vincitore.  Il brano però è indubbiamente accattivante, rimane in testa e rappresenta bene una fetta consistente, oltre che di mercato, dei gusti dei giovanissimi. E’ apparso visibilmente stupito e attonito e anche in sala stampa la sua timidezza prevaleva sulla contentezza, quasi volesse reprimere o non riuscisse a esprimere appieno i suoi sentimenti ma, in fondo, di gente che ostenta ce n’è a bizzeffe e sinceramente ho apprezzato molto il genuino pudore e la sobrietà dimostrate. Saprà costruirsi una bel percorso artistico fuori da qui, dopo aver gettato ottimi semi. Sorvolo decisamente sui commenti razzisti pervenuti, perché alcune supposizioni onestamente mi fanno ridere, e poi non si può ridurre tutto a politica, tra l’altro della più bieca specie.

2- ULTIMO sì, aveva tutte le credenziali per puntare al bersaglio grosso, bissando la vittoria ottenuta meritatamente nelle Nuove Proposte un anno fa. Io stesso lo avevo pronosticato come vincitore ma avrò modo di rifarsi nelle charts, visto che il brano presentato sta comunque già ottenendo un buonissimo riscontro. Piuttosto non mi è piaciuta molto la sua esternazione in conferenza stampa contro i giornalisti “cattivi” e il suo palese disappunto nei confronti della vittoria di Mahmood. Per carità, reazione umana e forse dettata dalla frustrazione accumulata in settimana da “vincitore annunciato” ma nella vita, si sa, bisogna anche saper perdere.

3 – IL VOLO osteggiati da una larga fascia di ascoltatori, osannati da altri, loro sembrano vivere la cosa abbastanza serenamente, salvo ogni tanto togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Il repertorio è quello, a meno che non decidano di svoltare clamorosamente, o di sciogliersi prendendo ognuno la propria strada, seguendo l’inclinazione personale (ma sarebbe clamoroso), continueranno a proporre pop classico di questo tipo, piaccia o non piaccia.

4 – LOREDANA BERTE’ ho discusso con qualcuno riguardo la sua prestazione sanremese, perchè secondo me Loredana ha fatto il massimo. Sul podio ci poteva finire tranquillamente, sarebbe stato un riconoscimento alla carriera, se è vero come dicono che non parteciperà più in futuro, però io ho trovato francamente esagerato questo dispiego di forze, questa sorta di fan club in rivolta per un quarto posto che a detta di molti avrebbe dovuto essere una vittoria. E’ bello pensare a come la Bertè sia stata in grado di tornare in splendida forma, non solo fisica (tanto di cappello) e di tornare competitiva, bella agguerrita, sul pezzo, senza stravaganze se non per l’immancabile look. Ha ritrovato il grande pubblico, con pieno merito, la sua è una vera vittoria morale.

5 – SIMONE CRISTICCHI è tornato alla grande il cantautore romano, con un brano molto intenso, emozionante, con lui in grado al solito di trasmettere nel migliore dei modi (non a caso è stata premiata la sua interpretazione) dei messaggi di amore, di speranza, veicolando valori positivi.

6 – DANIELE SILVESTRI (con RANCORE) il brano più forte del Festival, interpretato magnificamente dal titolare Silvestri e dal sodale Rancore (hanno concorso però in maniera importante anche due pezzi grossi dei Calibro 35: Rondanini alla batteria e Gabrielli a dirigere l’orchestra, senza dimenticare l’apporto in fase di scrittura di Manuel Agnelli). Puntare al bersaglio grosso era difficile ma l’aver fatto incetta di premi è un riconoscimento meritatissimo.

7 – IRAMA io l’avevo dato sul podio, ritenendo che avesse anch’egli un pezzo intenso, visto il tema principe della canzone, affrontato senza retorica e con grande sicurezza. Non si tratta però certo di una delusione per questo giovane ragazzo che, volendo, avrebbe potuto portare in gara certamente una canzone più facile e adatta a quel pubblico di giovanissimi che maggiormente lo segue.

8 – ARISA peccato per l’esibizione della serata finale, pesantemente inficiata da sopraggiunti problemi di salute. A me il brano era piaciuto, coraggioso nella sua bizzarra costruzione, con stacchi e cambi di tono. Una canzone dei buoni sentimenti e delle buone intenzioni, non facile da eseguire. Risultato soddisfacente, anche se molto probabilmente il pubblico generalista da lei si aspetta un altro tipo di canzoni.

9 – ACHILLE LAURO non mi dilungo molto, su di lui si è detto – e letto – di tutto e di più. Questo ha finito più per svantaggiarlo, secondo me, perchè certe etichette sono dure a morire. Poi lui mi sembra sia in grado di andare avanti e rispondere a tono. Dico solo che non sarà il nuovo Vasco, cui è stato accostato da molti come impatto (alludo ovviamente a quello di “Vita spericolata”), ma non è nemmeno il “tipo pericoloso” che inneggia alla droga. Doverlo specificare mi pare quasi un insulto all’intelligenza di chi mi legge.

10 – ENRICO NIGIOTTI a me non è dispiaciuto, anche se non ha mai cantato benissimo, forse tradito dall’emozione (palpabile specie ieri sera). Secondo me in ambito cantautorale – se con questo la nostra mente non ci porta subito a mostri sacri che sarebbe fuori luogo scomodare – può dire la sua.

11 – BOOMDABASH non me ne vogliano gli amici pugliesi – ne ho molti, mia moglie tra l’altro proviene da lì – ma questa canzone, pur ballabile e spensierata, l’avrei fatta finire più giù. Non è la platea giusta secondo me per loro che stanno ottenendo successo comunque, sia collaborando con le persone giuste (e contribuendo a risollevare carriere, la Bertè ne sa qualcosa), sia in proprio. Qui c’entravano poco, anche quando cercavano di animare il pubblico in sala.

12 – GHEMON ha fatto un’ottima figura, la sua è una canzone raffinata, di classe, una delle migliori da questo punto di vista. Grazie al Festival ha potuto farsi conoscere da un pubblico certamente più vasto, che ora lo potrà apprezzare nel suo percorso.

13 – EX OTAGO stessa cosa si può applicare al gruppo ligure che ha portato a casa il risultato, non snaturandosi, ma senza nemmeno osare troppo. Sanremo come vetrina con la possibilità di diventare mainstream sulla falsariga di anime affini come Thegiornalisti o Coez.

14 – MOTTA il suo bel brano è cresciuto di ascolto in ascolto, visto che ha dimostrato maggior padronanza man mano che il Festival procedeva, con il bel risultato della vittoria (seppur pleonastica) nella serata dei duetti con la grande Nada. Anche per lui carriera a un possibile bivio, con eventuale allargamento di fascia di pubblico annessa. Se lo meriterebbe vista l’originalità della sua proposta e il suo procedere passo per volta, dalle vittorie al Tenco in poi.

15 – FRANCESCO RENGA a livello di piazzamento ovviamente è una delusione, ma da subito il brano, scritto pure da autori che stimo come Bungaro e Cesare Chiodo (con l’apporto della giovane Rakele, vista qualche anno fa tra le Nuove Proposte), non mi aveva convinto. Quindi posizione che dal mio punto di vista, ci sta tutta.

16 – PAOLA TURCI lei è sempre magnetica e porta a casa la pagnotta senza problemi ma in realtà anche il suo brano mi è parso non al livello delle precedenti esperienze sanremesi. Anche l’interpretazione non è stata delle migliori, con la voce non al cento per cento.

17 – THE ZEN CIRCUS posizione nelle retrovie ma in fondo era difficile pronosticare un piazzamento più alto. Eppure Appino e soci hanno presentato una canzone davvero bella, molto dignitosa, con un testo che secondo me se la giocava con quello di Silvestri per intensità e forza espressiva. Anche le loro esibizioni sono cresciute ogni volta. Bravi! Anche perchè hanno portato una canzone decisamente difficile, pur considerando il loro repertorio che certo non è fatto da “canzonette”.

18 – FEDERICA CARTA e SHADE anche la loro posizione mi ha colpito, credevo avessero attecchito di più tra gli ascoltatori, forti di visualizzazioni sui social che, sin dalla prima esibizione, sono schizzate alle stelle. D’altronde la canzone assomiglia molto a quella “Irraggiungibile” che ha letteralmente spopolato l’estate scorsa. Al di là di ciò, credo che sentiremo molto spesso la loro canzone alla radio.

19 – NEK il vero flop dell’edizione 2019, spiace dirlo, è stato il suo. Non so, a me la canzone non aveva colpito al primo ascolto. Stessa formula della fortunata “Fatti avanti amore” che contese la vittoria a Il Volo quattro anni fa, ma con una melodia più brutta. Resto dell’idea che se si fosse presentato con Renga e Max Pezzali in gara avrebbe avuto molte chances di raggiungere l’agognato obiettivo della vittoria.

20 – NEGRITA a mio avviso il risultato più ingiusto, visto che la canzone ha un bel testo, è orecchiabile il giusto e loro l’hanno suonata e interpretata senza la minima sbavatura, con una padronanza perfetta del palco. E’ uscita al contempo una loro raccolta dei migliori successi per i 25 anni di carriera, e credo che tutto sommato questa “I ragazzi stanno bene” possa affiancare le loro hit.

21 – PATTY BRAVO e BRIGA posizione giusta, il duetto secondo me non stava in piedi. La canzone in sè non è nemmeno una brutta ballata, ma per un motivo o per l’altro non mi è mai arrivata fino in fondo.

22 – ANNA TATANGELO c’è una sorta di ostracismo non dichiarato nei suoi confronti. In passato l’ho criticata aspramente anch’io ma stavolta mi sembra che abbia presentato una canzone in linea con la sua (bella) vocalità, oltretutto con un testo che poteva in qualche modo riguardarla. Sobria, senza eccessi, ha fatto il suo, ma forse è proprio la natura stessa della canzone, “classica sanremese” a non funzionare più.

23 – EINAR per lo stesso motivo si spiega il pessimo piazzamento del ragazzo uscito da “Amici” e catapultato su un palco evidentemente ancora troppo grande per lui. Già aveva destato non poco clamore la sua vittoria (con Mahmood) alle selezioni di Sanremo giovani di dicembre, in luogo di una più preparata Federica Abbate; in più sul palco ha portato una canzone deboluccia, senza guizzi, troppo piatta. Avrà tutto il tempo di rifarsi ma dovrà costruirsi una carriera credibile al di fuori dei talent e dell’ala di Maria de Filippi.

24 – NINO D’ANGELO e LIVIO CORI un’altra delusione riguarda questo incontro di voci che sulla carta avrebbe potuto essere esplosivo. Alla fine il tam tam mediatico sulla presunta identità del misterioso Liberato con Livio Cori ha fatto perdere attenzione al pezzo, che in verità, non è mai stato eseguito perfettamente. La versione studio infatti è molto più emozionante. Peccato, occasione mancata, ma questo non va a inficiare sulla qualità della canzone e dei suoi interpreti: Cori poi esordirà a breve con un album a proprio nome, mentre speriamo che anche il vero Liberato torni presto sulle scene!.

Il mio Pagellone di Sanremo 2019

E’ da una vita che non aggiorno il blog, questa mia creatura che negli anni mi ha dato tanta soddisfazione, mi ha fatto conoscere belle persone ed è stata occasione di crescita anche personale, oltre che prezioso strumento per comunicare i miei pensieri, le mie emozioni, le mie idee, pur concentrandomi soprattutto sul veicolare le mie passioni.

Tra queste, quella per il calcio e per la musica, di cui a più riprese ho scritto in questi anni, in maniera professionale o anche solo per autentica passione.

Gli impegni lavorativi, gratificanti ma allo stesso tempo pregnanti, fanno sì che sia ridotta la mia partecipazione attiva, visto che sto portando avanti collaborazioni con alcuni siti e, parallelamente, ho ripreso a scrivere in vista di un nuovo progetto letterario che, si spera, avrà poi sbocco editoriale, vista la natura e l’obiettivo per cui è nato. E poi c’è la voglia di riprendere con il vecchio amore mai scordato della radio…

Un passo alla volta e l’occasione per rifarmi vivo qui su PELLEeCALAMAIO è giunta in concomitanza con quello che negli anni per i miei affezionati lettori era in qualche modo divenuto un appuntamento fisso, vale a dire il mio “pagellone” del Festival di Sanremo. In rete si trova ovviamente di tutto sull’argomento, ma in fondo io ne ho sempre trattato, sin dai tempi remoti in cui non esisteva internet, e con il caro amico Riccardo Cavrioli ci dilettavamo a scriverci le impressioni a caldo addirittura su “pizzini” che poi ci scambiavamo magari prima di entrare in aula per un esame universitario. Già allora il nostro taglio era, sì ironico e talora dissacrante, ma soprattutto spinto da curiosità e passione per la competizione rivierasca che, inutile negarlo, rappresenta un fenomeno di costume, oltre che prettamente culturale del nostro Paese.

Non mi è mai piaciuto però il gioco del “massacro”, il voler a tutti i costi perculare, deridere, cercare la battuta a effetto… ovvio, si tratta di scambi, di battute e commenti, tante volte mi ritrovo a sorridere anch’io quando leggo dei commenti intrisi di sarcasmo, e partecipo al “giochino” ma poi torno sui binari di un ascolto attivo ma interessato a sentire se qualcosa di buono e duraturo è destinato a emergere dagli ascolti compulsivi e frenetici di questi giorni.

Ognuno è libero di fare come vuole ma sinceramente apprezzo di gran lunga di più quelle persone che coerentemente non seguono il Festival e non ne parlano, dovendosi inoltre essi sorbire una settimana davvero monotomatica e, mi rendo conto, stancante se proprio sei lontano dalla kermesse per interesse e ideologie. Meglio loro però rispetto agli snob che passano il tempo a prendere per il culo tutti, anche perché è un tempo… molto lungo quello che trascorrono per una cosa che in teoria non è di loro interesse.

Io, faccio un esempio, non ce la farei mai a seguire per 4/5 ore programmi tipo l’Isola dei Famosi o Temptations Island, al solo scopo di fare battute su internet, non lo trovo proprio “utile”.

Comunque, va da sé che io, sin da piccolo, pur guardandolo a mo’ di rito in famiglia con mamma e nonna, e avendo sempre avuto orecchie anche per il buon pop che le varie edizioni riusciva a tramandare ai posteri, ho sempre sostenuto le proposte più alternative – anche se non sapevo nemmeno cosa significasse – o per lo meno “strane”…

Questa componente poi si è tradotta in gusto personale che predilige esplorare generi diversi, con inclinazioni che vanno dal rock, al folk fino al pop più sofisticato e ai cantautori. E’ questo che in fondo ricerco anche nei meandri di una manifestazione nazionalpopolare come il Festival di Sanremo, ma sono in grado di riconoscere la bella canzone italiana melodica, “sanremese”.

Poi è inutile negare che negli anni si sono quasi smarrite le peculiarità della classica canzone “che vince Sanremo”: da più di 20 anni esponenti indie, alternativi, di altri mondi musicali, hanno fatto il loro ingresso all’Ariston, con risultati più o meno altalenanti o soddisfacenti, ma non è questo il punto. Resta il fatto che in tanti ambiscono a salirci su quel palco, a dire la propria, mettendosi alla prova, proponendo la loro musica.

Io, ingenuo quale sono, me ne frego di complotti, dietrologie, persino del gossip fine a sé stesso, delle gag e dei presentatori, nel senso che se ci sono le canzoni che funzionano, il resto è secondario. Lascio a chi è competente esprimere dubbi, non mi pongo questioni “tecniche” (anche se mi sono reso conto anch’io che ieri i fonici, specie nei primi pezzi, hanno cannato e ne hanno risentito alcune esecuzioni vocali).

Nel caso di ieri poi sentire in sequenza ben 24 brani non era semplice ma è innegabile che al giorno d’oggi non devi nemmeno attendere eventualmente che un pezzo passi in radio: spotify e youtube vengono in soccorso, quindi posso già sbilanciarmi in quelli che sono i miei giudizi – anche perché poi scriverò un unico pezzo solo a classifica finale stilata, per una sorta di bilancio conclusivo della rassegna.

Sicuramente certe impressioni verranno cambiate con gli ascolti ma si sa che poi la canzone prende il suo corso e si plasma con le emozioni che via via si aggiungono (o si tolgono, dipende dai punti di vista).

Bene, via con i voti, premettendo che non mi pare ci siano brani nettamente superiori ad altri, tali da “imporre” un pronostico scontato, come capitò ai tempi, chessò, di una “Perdere l’amore” o “Uomini soli”.

Ordine rigorosamente sparso, perché mi dimentico di essere metodico anche qui (no dai, facciamo almeno in ordine alfabetico)

ACHILLE LAURO  4.5  avrebbe dovuto (o potuto) rappresentare la quota trap invece si presenta in abiti, metaforici e non, che sarebbero potuti andare bene per il Jovanotti di “no Vasco, no Vasco io non ci casco” e il “robotico” Alberto Camerini. Non che si senta la mancanza della trap, dio me ne scampi, ma insomma, sto finto rock pompato e plastificato non mi dice assolutamente nulla, non lo trovo nemmeno simpatico o ironico.

ANNA TATANGELO  6 + intendiamoci, è quella che ho definito qualche riga più su la “classica canzone sanremese” ma per lo meno Anna la fa da par suo, cantando bene (dovrebbe essere scontato ma abbiamo capito ieri sera che ben pochi hanno riprodotto il “bel canto”) e non perdendosi in motivi extramusicali.

ARISA 7 +  non poteva replicare brani come “La notte” o “Controvento”: da veterana quale ormai è del Festival, avendolo già vinto da giovane e da big, e addirittura, seppur in maniera discutibile, presentato, può permettersi di rischiare, tanto con la voce che si ritrova difficilmente presenterò una ciofeca. Qui si cimenta in una sorta di mini musical, trascinante, arioso e positivo. Non sufficiente credo per un podio.

BOOMDABASH 5,5 – simpatici, allegri, colorati, portano un brano dalle atmosfere reggae, adatto per le spiagge in estate. Orecchiabile ma non con le stimmate del tormentone, quindi neanche circoscritto al genere, ottengono la mia sufficienza.

affiancato dal rapper Rancore, Daniele Silvestri può legittimamente ambire al Premio della Critica

DANIELE SILVESTRI (e RANCORE) 8 – un bel brano, di difficile ascolto, un pugno nello stomaco, soprattutto grazie al decisivo apporto del rapper. Possibile vincitore del Premio della Critica.

EINAR 5 – è tanto caruccio e ispira simpatia ma il brano è davvero “mollo” per usare un aggettivo  sdoganato dal mitico Malesani. Non decolla, non è troppo romantico, né strappalacrime, né furbetto… in pratica, né carne né pesce.

ENRICO NIGIOTTI 7 – a me lui è piaciuto, mi sembra pian piano stia trovando la sua strada. Cantautore in senso letterale, poiché si scrive da sempre i pezzi testo e musica, oltre che farsi accompagnare dall’immancabile chitarra: chiaro che non ha per modelli i mostri sacri della canzone d’autore ma nel panorama asfittico attuale, ha un tocco personale. Nella fattispecie ha trattato un tema in ricordo del nonno, con molta delicatezza e intensità.

EX OTAGO 6,5 – il primo nome a me caro in quota indie. Li seguo da anni, stanno in qualche modo ripercorrendo la strada tracciata dai Thegiornalisti, o da Coez, lo fanno con canzoni meno a presa rapida forse ma probabilmente più “vere” e sentite. Come in questo pezzo, ottimamente arrangiato, dove hanno parlato di un amore maturo.

FEDERICA CARTA e SHADE 5,5 – li sento molto lontani, infatti rappresentano appieno una generazione che è anagraficamente lontana, soprattutto per temi trattati e modalità. Lei canta bene, era brava già ad Amici, l’accoppiata con il rapper maestro di free style ha funzionato alla grande l’estate scorsa, con una vagonata di visualizzazioni da far impallidire le star della nostra musica, ma questo palco è sembrato troppo grande.

FRANCESCO RENGA 6 – di stima, perché con quella voce rende piacevole ogni cosa che canta ma qui è mancato un po’ il mordente, lo slancio. Il brano è intimista, nello stile del bravo Bungaro, tra gli autori del pezzo ma, insomma, mi aspettavo di più. Non è certamente all’altezza dei migliori episodi, anche solo attenendoci ai passati suoi episodi sanremesi.

GHEMON  6 – molta classe, era tra coloro che attendevo di più. Non è più da tempo un rapper, non è ancora pienamente a suo agio come cantante tout court ma ci mette cuore e belle intuizioni. Sono dell’idea che se il pezzo in questione l’avesse cantato, ad esempio, Nina Zilli, avrebbe fatto un figurone.

Riusciranno i ragazzi de “Il Volo” a replicare il successo del 2015? Le chances di salire quanto meno sul podio sono alte

 

IL VOLO 6,5 – che gli puoi dire a questi ragazzi? Sono “troppo” in tutto: pulitini, bravi ragazzi, ottime voci, capacità interpretative, amalgama perfetta, sicurezza nei propri mezzi, dei secchioni in piena regola che però non mi trasmettono chissà quali emozioni. Preferivo l’impatto di “Grande amore” ma presumo che possano dire la loro anche quest’anno per la vittoria finale.

IRAMA 6,5 – il ragazzo è bravo e ha già fatto una buona dose di gavetta, proprio partendo da Sanremo giovani qualche anno fa. La vittoria ad Amici lo ha lanciato nel firmamento mainstream ma secondo me rende decisamente meglio in brani così, che ricordano appunto le sue prime prove, molto orientate allo spoken. Il tema è toccante e trattato con parole adeguate, lontano da retorica e banalità assortite.

LOREDANA BERTE’ 6,5– mi rendo conto che stanno fioccando le sufficienze piene ma con pochi guizzi. Il brano della rediviva Bertè è indubbiamente valido, accattivante il giusto, ottimo il team di autori, in cui si intravedono sin troppo evidenti richiami alla poetica vaschiana marchiata Curreri, ma resta per me a metà del guado, senza spiccare il volo.

MAHMOOD 7 – bel brano, ritmato, testo e musica che rimangono in testa, suoni davvero intriganti e un piglio sorprendente considerato che si trattava di un quasi esordiente, praticamente sconosciuto al pubblico. Penso che avrà ottimi riscontri dopo la kermesse sanremese.

MOTTA 6,5 – a lui va il mio tifo, lo seguo da sempre, l’ho votato al Tenco in occasione di entrambe le volte in cui ha poi sbaragliato il campo, vincendo a mani basse sia con il primo album, sia nella categoria più importante con il suo seguito, giudicato dalla giuria come miglior disco dell’anno. Una canzone come questa, apprezzabile negli intenti e nel voler lanciare un grido sociale, però non aggiunge molto al suo percorso artistico. Non è migliore di altre insomma, e sul palco inevitabilmente ha tradito emozione.

NEGRITA 7 – tornavano dopo una vita, li attendevo con molta curiosità. Non sono più i “ragazzacci” di “Tonight”, quando si presentarono al Festival in modo forse provocatorio, con un brano non all’altezza. Qui, forti di una carriera ormai invidiabile, viaggiano senza paura, mettendo tutto loro stessi in un brano dal buon impatto. Un testo forte, credo sottovalutato dagli addetti ai lavori, e un’esecuzione a dir poco perfetta. Ci sta alla grande nell’ imminente raccolta di loro successi in uscita con il Festival.

NEK 6 – vale lo stesso discorso fatto per Renga. Porta un brano discreto, lo interpreta al solito più che degnamente ma mi resta ben poco, non mi viene trasmesso molto delle sue intenzioni. Un brano rassicurante, che non rischia e che riscuoterà comunque scontati consensi.

NINO D’ANGELO e LIVIO CORI 6,5 – no, abbiamo appurato che il bravo Livio Cori non è Liberato, ma al di là della suspence, restava intatta la curiosità di capire come i due mondi musicali di Napoli, quello moderno del rapper e quello classico del big Nino d’Angelo potessero amalgamarsi. Beh, lo hanno fatto indubbiamente bene. Necessita però di più ascolti, come a conti fatti molti dei brani sanremesi di quest’anno.

PAOLA TURCI 5,5 – la classe è cristallina, su quello non ci piove, il magnetismo pure, ma la canzone è alquanto deboluccia. Non brutta, ma nemmeno rilevante anche solo paragonata alla recente esibizione su questo palco.

PATTY PRAVO CON BRIGA 6 – la sufficienza ci sta, perché il testo è di buon livello, tra gli autori il grande Zibba, però è proprio l’abbinamento che mi pare forzato, l’amalgama imperfetto che crea spaesamento e che non produce qualcosa di memorabile.

è di Simone Cristicchi il brano più emozionante di questa edizione sanremese

SIMONE CRISTICCHI 8 – non vincerà ma il suo è il brano che più in assoluto mi ha emozionato. Non ha nemmeno un ritornello vero e proprio, o per lo meno, qualcosa che si faccia banalmente cantare, ma in fondo qui di banale non c’è niente, essendo il brano molto intenso, viscerale e allo stesso tempo intriso di poesia. Suggestivo e poi maestoso l’arrangiamento orchestrale a contornare parole che potrebbero invero riguardare tutti noi.

THE ZEN CIRCUS 7 – lo so che Appino ha cantato solo per modo di dire, ma da sempre lui è così. E’ più un animale da palco, un rocker vero, e come lui i suoi sodali. Fa specie piuttosto che gli Zen, pur avendo nelle corde canzoni adatte a un simile contesto (penso ad esempio alla splendida “L’anima non conta”), abbiano voluto davvero rischiare, portando un brano ostico, ruvido, senza compromessi, molto intenso.

il favorito Ultimo non delude, portando un brano interessante e coinvolgente

ULTIMO 7,5 – non è facile gareggiare da vincitore annunciato. Pur tra tanti nomi “forti”, attuali o classici, è proprio lui, vincitore delle passate Nuove Proposte, il più accreditato alla vittoria. Non ha finora sbagliato un singolo in effetti, migliorando anzi in consensi ad ogni nuova uscita. Esegue una canzone in cui il suo stile è ben imperniato, e direi già inconfondibile. Anche il testo, da lui scritto, mostra una promettente maturità. Al primo ascolto ha mostrato qualche carenza ma credo che andrà meglio nel prosieguo della gara.

E per finire il mio personale podio:

1 SIMONE CRISTICCHI

2 THE ZEN CIRCUS

3 NEGRITA

Il mio pronostico finale:

1 ULTIMO

2 IL VOLO

3 IRAMA

PREMIO DELLA CRITICA: Daniele Silvestri (e Rancore)

MIGLIOR TESTO: Simone Cristicchi

MIGLIORE MUSICA: Arisa

 

 

 

Sanremo 2015: a trionfare sono i vincitori annunciati. Primo Il Volo ma a un passo giunge un redivivo Nek, sul podio la sempre più convincente Malika Ayane

L’edizione sanremese che il 2015 consegna alla storia della manifestazione avrà impressa il marchio inconfondibile del suo conduttore factotum Carlo Conti, molto probabilmente riconfermato dopo il boom di ascolti, mantenuti altissimi per tutta la kermesse.

Pur con qualche sbavatura, fisiologica, il toscano ha mantenuto sicurezza e professionalità in ogni fase dello spettacolo, mostrandosi genuino, vero appassionato e non nascondendo più volte la sua soddisfazione anche personale, senza però eccedere in inconsapevoli autotrionfalismi, errore in cui cade a volte il suo “rivale” Bonolis. Due stili molto diversi i loro, così come altra fu la proposta generale, di contenuti e stili, portata a Sanremo da Fabio Fazio. Per una manifestazione nazionalpopolare di così vasta scala come il Festival, alla fine il più convincente è stato proprio il popolare conduttore Rai dei vari L’eredità, Tale e Quale Show, I migliori anni… ecc (in effetti sta monopolizzando ogni trasmissione, un po’ come succedeva ai tempi di Baudo, ma da parte sua ha saputo aggiungere un piglio personale, soprattutto, se paragonato al vecchio santone siciliano della tv, una dose di simpatia maggiore).

Le vallette a mio avviso non sono da riproporre, anche se nel corso delle serate hanno acquistato maggior consapevolezza del proprio inedito ruolo. Tra gli ospiti stranieri di ieri grande eco aveva accompagnato il rosso Ed Sheeran, big della musica pop anglofona e direi che ha fatto egregiamente il suo, così come l’attore Will Smith, pur non raggiungendo l’appeal di Charlize Theron.

Pescando quasi appieno nel vivaio mediaset in quanto a giovani comici, dopo il disastro di Pintus, mi va invece di promuovere a pieni voti la scelta di Conti di puntare sull’incisività e sulla freschezza (stile Zelig, da dove infatti provengono) del trio dei Boiler, sempre meglio di serata in serata, una volta sciolte certe briglie, e del magnifico duo dello speed – date, divertentissimi ad ogni uscita.

Panariello ha divertito, passando dapprima dalla stanca interpretazione del suo cavallo di battaglia Zero, ma poi toccando vari temi in modo efficace, divertendo (e anche Conti in sottofondo si sganasciava!) e facendo riflettere.

Ora i verdetti finali della gara, che hanno indicato da pronostico iniziale ne Il Volo il suo vincitore, tallonati da un Nek in grande ascesa, con le potenzialità per tornare ai fasti dei suoi magnifici anni 90 e duemila. Un’altra conferma fragrante è giunta invece da Malika Ayane, su cui poggiano grandi solide speranze per le sorti di un certa canzone d’autore al femminile.

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1 – IL VOLO solitamente i favoriti della vigilia rischiano di incappare quanto meno in brutte figure. Non è stato certo il loro caso, sostenuti sin da subito da un pubblico parso forse anche esageratamente in visibilio. Potremmo stare ore a discutere se davvero il rilancio della musica italiana in grande stile debba passare da tre giovanissimi che si pongono da vecchi, cantando in un modo da appassionare probabilmente i nostalgici di Claudio Villa ma tant’è: qui hanno sbaragliato la concorrenza, con una canzone che arriva dritta alle orecchie di tutti, secondo gli stilemi della tradizione più pura. Buona per l’esportazione estera, sissignori, laddove dell’Italia si è mantenuta alta, volente o nolente, una bandiera portato con orgoglio da Pavarotti o Bocelli.

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2- NEK la vera sorpresa del Festival, se davvero si può considerare tale uno che ha esordito proprio su questo palco 22 anni fa, quando vinse in una riuscita edizione dei Giovani una Laura Pausini poi star internazionale. Nek nel corso di due decenni ha conseguito una miriade di successi, sia a Sanremo, dove la sua “Laura non c’è” è entrata nella storia, sia altrove, vincendo anche un Festivalbar. Tuttavia nelle sue ultime uscite discografiche si era come un po’ appannato, sembrava più moscio e forse la sincera conversione avuta a Medjugorje lo aveva oltremodo rasserenato, fatto sta che le sue ultime prove mancavano di brio e freschezza. Le stesse caratteristiche ritrovate in pieno in questa canzone, premiata anche dai giornalisti della sala stampa, dove è riuscito a incanalare la positività del messaggio, segno sì di una Fede piena, con un ritmo frenetico, immediato, melodicissimo. Soprattutto ha azzardato nel proporre un arrangiamento lontano dai suoi standard, ma in fondo quello che va per la maggiore, se è vero che artisti del calibro dei Coldplay ad esempio hanno provato escursioni nella dance più attuale. Pur non convincendomi appieno questo suo riuscito tentativo, ma è un gusto strettamente personale, sono contentissimo di vederlo riaffermato presso il grande pubblico.

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3 – MALIKA AYANE partita molto in sordina, con un brano di difficile impatto, forse il più tosto fra quelli presentati negli anni al Festival, Malika Ayane non ha perso però le sue caratteristiche magistralmente riversate anche in quest’occasione nella sua canzone. Raffinata, sensuale, con una voce unica che trasmette molto, ormai una certezza della musica italiana, lei che su questo palco è cresciuta, in un’edizione divenuta storica per Sanremo (quella del 2009, che vide vincere Arisa e che in gara annoverava anche talenti del calibro di Simona Molinari e Irene Fornaciari). Quasi “scontato” che sia stata lei a ottenere il prestigioso premio intitolato a Mia Martini.

4- ANNALISA in odor di podio – che avrebbe ampiamente meritato –  la prima “rossa” del Festival, quella Annalisa che ai tempi di Amici veniva spesso rimproverata di non saper muoversi sul palco, timida com’era, e in sostanza di non comunicare e trasmettere. Beh, vederla ieri conquistare a mani basse il pubblico con un’interpretazione sentitissima, sublime e cantata ottimamente avrà fatto ricredere i suoi vecchi maestri (ah, una era pure in gara, la Di Michele…). Avvantaggiata forse dall’aver ottenuto dal leader dei Modà un brano migliore rispetto a quelli assegnati a Bianca Atzei e Anna Tatangelo, di suo però c’ha messo molto. Speriamo che d’ora in avanti riesca a trovare una sua vera dimensione non solo di interprete, visto che nel suo recente lavoro non mancano sue prove autoriali.

5- CHIARA bell’exploit anche dell’altra rossa in gara al festival e per la padovana Chiara era necessario un ritorno alla musica vera, dopo anni a imperversare soprattutto come fortunata testimonial di una nota marca di telefonia mobile. La canzone è indubbiamente orecchiabile, non molto originale (e su questo ho già puntualizzato nei post precedenti) ma arriva al pubblico. Poi dalla sua aveva sicuramente anche un certo “peso” giunto dal televoto.

6 – MARCO MASINI confesso che, sentite tutte le canzoni, il mio cuore diceva “Marco Masini”, perché la canzone dal primo ascolto mi aveva subito coinvolto, emozionato e questa sensazione me l’ha lasciata in dote ogni volta che mi apprestavo ad ascoltarlo. Confidavo anche per lui una posizione nelle prime tre, ma alla fine della fiera direi che più che il piazzamento conta il fatto che Marco sia sempre “vivo”, pronto a tornare a graffiare non appena gli si dà occasione. Bravissimi anche i suoi co-autori, tra i più promettenti in circolazione, capaci di mettere la propria firma in tantissime hit pop degli ultimi anni

7- DEAR JACK per strane congiunture astrali mi sono praticamente perso tutte le loro esibizioni in diretta, salvo poi pescarmele in registrata. Direi senza infamia, senza lode. Promossi se si tiene conto che fino a pochi mesi prima erano ancora letteralmente tra i banchi di scuola ad Amici, quasi bocciati se si pensa a tutto l’hype e l’attesa suscitati nei giovanissimi dopo un 2014 di trionfi in classifica e sui palchi di tutta Italia. Il fatto è che avevano una canzone pop rock molto normale, senza guizzi, assolutamente non papabile per la vittoria ma che probabilmente funzionerà da qui in avanti altrove

8- GIANLUCA GRIGNANI superate varie incertezze della prima serata, Gianluca si è ripreso bene, migliorando la sua performance serata dopo serata. A beneficiarne è stato in primis il pezzo presentato, davvero molto convincente, con un testo tra i migliori da lui mai scritti.

9- NINA ZILLI chi cerca di avventurarsi in territori che si discostano dalla cosiddetta musica leggera italiana difficilmente riesce a ottenere grandi exploit a Sanremo. Nella fattispecie la Zilli da anni propone con delle varianti un riuscito mix di atmosfere 60’s, legate a certo soul e r’n’b, genere con cui giunse a un passo dalla vittoria nelle Nuove Proposte nel 2010, dietro al dimenticato made in X Factor Tony Maiello. Qui si piazza a metà del guado, ma la sua canzone mi ha subito colpito per la grande intensità e per una voce incredibile.

10- LORENZO FRAGOLA l’impatto con un palco così prestigioso è stato assimilato in parte dal non ancora ventenne Lorenzo Fragola, passato in men che non si dica dall’essere giudicato in un talent allo status di big in gara. Un procedimento che negli anni ha portato bene alla stessa Chiara e soprattutto Mengoni, che poi replicò il successo di X Factor su  vasta scala a Sanremo anni dopo, ma che ha finito per far schiacciare un’artista come Nathalie. Vedremo se Fragola, che pure sta tuttora imperversando in classifica con un singolo in inglese di buona fattura scritto di suo pugno, avrà le spalle sufficientemente larghe per farsi una carriera.

11- ALEX BRITTI anche lui nato artisticamente negli anni 90, era stato un po’ superato nei gusti del pubblico dalle nuove giovani leve, pur non staccandosi mai in toto da un successo conseguito negli anni e mantenuto mostrando anzi una maturità compositiva riconosciutagli da tutti. Qualità messe al servizio di un brano indubbiamente buono ma forse poco immediato.

12- IRENE GRANDI il suo pezzo mi piace sempre di più ad ogni ascolto, tuttavia mi aspettavo da lei un ritorno più “con i botti”, non dico sulla falsariga delle belle apparizioni del decennio scorso ma sicuramente con più verve

13 – NESLI anche lui potrà dire di aver cantato su questo palco, dopo che invano aveva tentato di giocarsi questa grande carta per due anni consecutivi. La canzone in sé non era male, anche se declinata in un linguaggio che non sapeva se muoversi nel pop o restare caro a certe immagini legate all’hip hop. Il tutto poi se cantato così così non rende giustizia alla bontà dell’operazione.

14- BIANCA ATZEI anche lei, come Nesli, veniva da anni di bocciature e alla fine il suo pezzo non rimarrà certo negli annali tra quelli indimenticabili. Al di là di tutto, in tanti anni abbiamo assistito a ben di peggio ma rimane il dubbio che là fuori ci fosse qualcuno sicuramente più meritevole di lei

15- MORENO doveva essere la conferma che il rap italiano poteva sbancare anche a Sanremo, ma forse a rappresentare questo genere tornato così prepotentemente in voga specie fra i giovanissimi è andato l’uomo sbagliato, un Moreno che deve capire come meglio muoversi in questo ambito. Già il fatto che un rapper in fase di scrittura del proprio pezzo debba avvalersi di un team di 4/5 elementi mi pare francamente eccessivo. I featuring sono una cosa e spesso e volentieri fanno la differenza in questo ambito ma la eparole devono sempre essere personali.

16- GRAZIA DI MICHELE E MAURO CORUZZI giustamente in fondo alla classifica finisce questo insolito duo, che io invero avrei bocciato già nella serata del venerdì. Non basta portare alla luce una storia di vita, se non la si sa poi declinare con la poesia, l’autorevolezza, lo spessore. E passi per Coruzzi che almeno ha messo in campo emozione autentica e in generale c’ha messo la faccia, ma la Di Michele proprio non ha trasmesso nulla in questo senso, finendo per sembrare un’impiegata della musica, lei che da anni insegna agli altri come si dovrebbe cantar

Primi verdetti sanremesi in attesa della finalissima di stasera. Giovanni Caccamo sbanca fra le Nuove Proposte, tra i big fuori un Raf non al meglio della condizione ma comunque sottotono

Oggi andrà in scena la finalissima dei big in gara alla 65esima edizione del Festival di Sanremo, ma già ieri (a tarda notte, superata l’una!) abbiamo assistito, seppur nel mio caso in dormiveglia, ai primi verdetti, con l’eliminazione di (soli) 4 pezzi tra i 20 presentati in gara e in precedenza con la proclamazione del vincitore della categoria delle Nuove Proposte.

Iniziamo col commentare la vittoria plebiscitaria (oltre al premio principale, anche quello assegnatogli dalla critica “Mia Martini” e delle radio tv intitolato a Lucio Dalla) del ragusano Giovanni Caccamo, già in scuderia Sugar (co-autore tra l’altro del brano cantato in gara da Malika Ayane, compagna di etichetta) e che per questo ha scatenato alcuni messaggi al vetriolo nei vari social, in odor di complotto, visto la presunta potenza della Caselli. Mah, in passato mi pare che i Negramaro vennero eliminati al primo turno, la stessa Malika non vinse nella categoria giovani, mentre sfido chiunque a contestare la vittoria di Raphael Gualazzi in un’edizione scialbissima, nonostante poi io continui a seguire nei suoi progetti di nicchia anche Roberto Amadè, secondo classificato quell’anno ma a distanza siderale dal bravissimo pianista.

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Onore quindi a Caccamo, per alcuni sosia di Rupert Everett, che, a fronte di alcuni acuti andati a perdere, ha dimostrato assoluta padronanza del suo pezzo, cantandolo con estrema passione e trasmettendo tutta la sua gioia ed emozione. Poche chances a quel punto le avevano i simpatici ed originali Kutso, i quali partiti con il simpatico proposito di “rovinare” Sanremo, hanno invece conquistato anche i più scettici, tra i quali onestamente c’ero anch’io. Li conoscevo di fama, nel circuito indie sono piuttosto noti ma non li sentivo nelle mie corde, col loro rock a tratti demenziale. Invece hanno portato davvero una ventata d’aria fresca, risultando i più strani del lotto, e stupendo con le trovate memorabili del geniale chitarrista. Nigiotti è stato un po’ sfortunato nell’abbinamento, dovendosi scontrare in semifinale con il futuro vincitore ma, a conti fatti, credo sia giusto così, forse non era il migliore in assoluto, pur avendo presentato una canzone dal buon piglio, debitrice – mi sento di precisare- di una certa somiglianza, almeno nella strofa, con una celebre dei Tiromancino.

Il meccanismo delle eliminazioni a coppie tutto sommato mi ha garbato (come direbbe il conduttore toscano); ha creato abbinamenti a volte crudeli ma questo ha aggiunto sale alla competizione. Credo sia un esperimento da ripetere in futuro.

Venendo ai campioni, direi che come ho scritto ieri a caldo su facebook, le eliminazioni possono starci e non si discostano molto dai miei giudizi sommari dati ai 20 big dopo aver ascoltato una prima volta le canzoni. Raf, parcheggiato da me alla voce “delusioni”, poco o nulla ha fatto per cambiarmi idea, con l’attenuante che ieri sera ha pure cantato in condizioni di salute proibitive, colpito da una bronchite. Il pezzo comunque, ascoltabile come quello di un’altra eliminata, Anna Tatangelo, era del tutto privo di mordente, e pure di una vera componente poetica, da sempre nelle corde del cantante pugliese specialmente in fatto di ballad. Detto ciò, lo avrei salvato in luogo di una Bianca Atzei apparsa in un contesto forse troppo largo per lei. Ma c’entra poco il fatto che non sia conosciuta alle grandi masse o che non abbia conseguito sin qui risultati di rilievo nel mondo della musica leggera italiana, è proprio che le sono mancate le basi, qualità interpretative (da più parti riconosciutele) e in primis un pezzo degno di particolare nota. Lara Fabian invece ha pagato lo scotto di essere apparsa, forse addirittura per un pubblico tendenzialmente tradizionalista come quello sanremese, sin troppo “classica”, volendo essere più cattivi, “demodè”. Però almeno ha cantato benissimo, da artista di esperienza quale in effetti è… aggiungiamo pure “internazionale”, così facciamo contenti il conduttore che, se non lo ripeteva almeno 5 volte a serata, non era sicuro che gli spettatori ci credessero!

Anche l’eliminazione di Biggio e Mandelli è del tutto plausibile. Simpatici, ma assolutamente innocui nel proporre un brano certamente debitore di alcune  coppie storiche del cabaret (nello specifico, l’omaggio a Cochi e Renato era lampante e dichiarato) ma senza nemmeno avvicinarvisi a livello di creatività.

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A questo punto i pronostici sono sempre più delineati e confermano, anche se di fatto non abbiamo graduatorie parziali sotto mano a cui attingere, le sensazioni già espresse dopo i primi ascolti: i tre giovani tenori de Il Volo paiono lanciatissimi a issarsi in cima al podio sanremese. Difficile che un convincente Nek, in netta ripresa nei gusti del pubblico, e giustamente vincitore della tappa dedicata alle cover, possa ribaltare i pronostici, anche se la sua canzone è già in vetta in molte classifiche di gradimento extra sanremesi, quelle legate ai network radiofonici. Forse questo era prevedibile in virtù del fatto che la sua canzone, melodicissima, diretta e dalle sonorità contaminate da suoni cari alla dance più attuale (una cosa assolutamente inedita per lui) è in pratica la più cantabile tra tutte quelle proposte. Credo si mantenga in zona podio anche un redivivo, convincente Marco Masini, mentre è destinata a piazzarsi in alto anche la già citata Malika Ayane, dopo un primo ascolto che non mi aveva entusiasmato. Vedo in ripresa, e mi fa piacere, anche Gianluca Grignani, già nella serata cover apparso più sicuro alle prese con Tenco ma il suo brano necessita di diversi ascolti per essere assorbito appieno, essendo però di pregevole fattura, sia testuale che musicale.

Carlo Conti, cui avevo affibbiato un bel 7 dopo le prime due serate, ha iniziato a perdere qualche colpo, specie nel dover a volte assistere, e intervenire di conseguenza, a scivoloni palesi delle sue vallette. Bello però che abbia puntato in qualche modo su sentimenti puliti, belli ancorchè rassicuranti come ebbi già modo di scrivere. Ieri ad esempio mi ha fatto piacere vedere salire sul palco Sammy, la cui vicenda avevo appassionatamente seguito su Sky. Un ragazzo affetto da una malattia rarissima, che comporta tra gli aspetti più compromettenti, un forte invecchiamento precoce. Anche ieri in pochi minuti ha mostrato tutta la sua forza, la sua maturità ma soprattutto la sua simpatia, un grande esempio davvero il suo!

Nota di merito però va data finalmente anche all’aspetto leggero del Festival, con la presenza finalmente di un’artista, che definire solo comica è riduttivo, come Virginia Raffaele. Niente monologhi raffazzonati, triti e ritriti, banali o scontati. Si è limitata a “far ridere”, mettendo in scena alcune specialità del suo repertorio, una delle sue più riuscite imitazioni – la Vanoni – e un simpatico sketch. Mi sembra col passare delle serate si stiano sciogliendo anche i Boiler, sempre simpatici ma apparsi meno pungenti rispetto alle esibizioni di Zelig, mentre sin da martedì mi piace stare sveglio fino a tardi (anche se ieri più di un colpo di sonno mi era sopraggiunto!) per assistere alla surreale rassegna stampa di Rocco Tanica, ai più noto come tastierista e tra i compositori principali di Elio e le storie tese. Lui è proprio un grande!

Non mi resta che aggiungere BUON FESTIVAL in quella che sarà l’ultima serata sanremese. Vedremo se ci saranno sorprese, anche se mi sento di mantenere fede al mio pronostico… Il Volo favoritissimi! Ieri addirittura dopo la loro esibizione è seguito un applauso così lungo che un compiaciuto conduttore ha detto loro di lasciare il palco che non sono mica superospiti ma artisti in gara come tutti gli altri. Questo per dire dell’effetto dirompente che le tre giovani ugole d’oro stanno avendo presso il pubblico italiano, sicuramente tra le maggiori scommesse di Conti e della Rai, dove sono letteralmente cresciuti, esordendo bambini nel talent musicale “Ti lascio una canzone”. Dopo i successi e i riconoscimenti ottenuti all’estero, molto probabilmente saranno destinati a raccogliere  molti consensi anche nella loro Terra natia.

Il Pagellone di Sanremo 2015

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Ho atteso di sentire tutte le canzoni in gara al Festival di Sanremo prima di farmi un’idea un po’ più precisa in merito al loro valore. Poi, chiaro, viviamo in un’era in cui con i social è tutto amplificato, tutto condiviso e da una parte è bello, interessante e spesso divertente commentare a caldo, leggere, discutere. Io lo facevo anche quando non esistevano i telefonini, per dire… mi ritrovavo il giorno dopo a dire le mie impressioni con i miei amici appassionati di musica, soprattutto Ricky, poi divenuto giornalista musicale. E in fondo le nostre disquisizioni, tra il serio e il faceto, non erano molto differenti da quelle che imperversano in molte bacheche. Ma erano soprattutto serate che mi piaceva trascorrere insieme alla mia famiglia, mia nonna, mia mamma, a commentare e dare i nostri giudizi.

Ora, se c’è una cosa che proprio non comprendo, è vedere persone scannarsi per attribuire significati a una trasmissione che credo non abbia mai avuto la pretesa di sostenere che quella sia l’unica musica italiana, né tanto meno che sia specchio di un Paese. Certo, 65 edizioni sono tante, un primato internazionale, se pensiamo che una gara di tutti brani inediti è prerogativa in pratica solo di Sanremo, però credo che sia più semplice (e mi rendo conto anche semplicistico, ma non sta a me fare qui in questo mio umile spazio della sociologia spiccia!) dire che in fondo sia uno spettacolo, che in qualche modo, pur essendo ancorato alla tradizione, mostra di stare al passo coi tempi. E se questo significa che ci stiamo specchiando in una società che un po’ ci fa vergognare, beh, la colpa è anche di chi non vuole cambiare lo stato delle cose.

Considerando che solitamente quando mi accingo a guardare quella che per me, dal punto di vista del puro interesse, è “solo” una gara musicale, seppur di prestigio, non mi faccio domande di questo tipo, allora veramente non tollero coloro che non si perdono un solo minuto di una maratona lunghissima, solo per perculare, ironizzare, dimostrare al mondo del web quanto siano bravi, “avanti”, superiori… Io non metto le mani avanti se dico che basta guardare la mia fornita collezione di dischi (si dice ancora?) per capire che la musica italiana – e di matrice festivaliera – rappresenti solo una minima parte di ciò che ascolto, ma allo stesso tempo c’ho sempre trovato curiosità, interesse e perché no?, più di un buon motivo musicale da ascoltare.

Odio queste lunghe premesse ma quest’anno racchiuderò solo in questo articolo e uno conclusivo a vincitore eletto (a mo’ di bilancio) le mie impressioni e allora perdonatemi la lunghezza e la prolissità.

Chi non è minimamente interessato a ciò che sto per scrivere lo posso capire, in fondo ci sono anche (pochi, a mio avviso) che coerentemente non lo guardano, pochissimi credo quelli che non ne sono a conoscenza, tanti quelli che mentono…

Allora, proviamo a fare ordine…

CARLO CONTI venivamo da due edizioni targate Fabio Fazio, all’insegna di una certa “pesantezza” dei contenuti.. badi bene, rapportata appunto a quello che dovrebbe essere un contesto come quello del Festival, piuttosto rivolto a un pubblico molto generalista. Fabio ci aveva messo molto del suo, in alcuni momenti riproponendo quasi su vasta scala il suo interessante “Che tempo che fa”. Io, chi mi legge lo sa, alla fine della fiera, ho tratto un bilancio positivo della sua seconda esperienza sanremese (dopo le prime due edizioni a inizio 2000), soprattutto per la qualità delle canzoni e certe scelte coraggiose, molto vicine alla musica che ascolto maggiormente. Da Carlo Conti era impossibile aspettarsi qualcosa di diverso da ciò che sta proponendo, eppure sentivo qualcosa di positivo, già dall’annuncio del cast e da alcune indiscrezioni, poi confermate (nuove proposte in prime time, scaletta veloce, ritorno a 20 big e alle eliminazioni, seppur in numero esiguo). Soprattutto non abbiamo assistito alla replica del suo fortunato programma “Tale e quale show”, quello sì legato alla classicità più pura e al varietà di tradizione.

Conti però ha condito il tutto con una naturalezza e una “leggerezza” (ma sì, usiamo le parole come bisogna!) inedita ai mostri sacri a cui viene spesso accostato (Baudo in primis). Sempre sul pezzo, impeccabile, col sorriso, rassicurante… Ecco, se proprio voglio trovare un primo difetto a questa edizione è quello di essere eccessivamente rassicurante, di non superare mai le righe, nemmeno in quei comici che solitamente dovrebbero smuovere qualcosa, almeno usando le armi che gli competono. Conti è perfettamente a suo agio, tiene in pugno la situazione da navigato conduttore qual è, insomma, me lo aspettavo ma la conferma è stata fragrante. Alcune cose in corso d’opera si stanno aggiustando, quindi il mio voto – ripeto, non aspettandomi certo da lui l’istrionismo di un Bonolis o la simpatia di un Morandi e Panariello, tanto per citare altri nomi di presentatori più o meno recenti – è più che sufficiente, direi pure di azzardare un bel 7.

LE VALLETTE Spiace invece constatare come quella che consideravo tutto sommato una scelta diversa, affidare cioè a delle vere cantanti il ruolo di co-conduttrici, si stia rivelando sbagliata, azzardata. Emma e Arisa, visibilmente emozionate, molto più rispetto a quando questo palco l’hanno calcato da concorrenti in gara, vincendola pure, già nella seconda puntata mi sono sembrate più sciolte, ma il ruolo di valletta (perché di questo in fondo si tratta, Conti se la caverebbe comunque da solo) proprio non si addice loro. E nemmeno la tanta decantata Rocio, fidanzata di Raoul Bova e divenuta celebre anche per il suo ruolo in una nota fiction italiana, mi sta convincendo, pur avendo lei un ruolo oltremodo marginale nella kermesse. Poi, andando proprio sul veniale…beh, sì, è indubbiamente carina, parla discretamente l’italiano, ma… senza tirare in ballo totem come la Koll, la Falchi, la Ferilli o la Herzigova, direi che pure alcune vallette meno note come Moran Atias o Ines Sastre avevano un fascino maggiore… in my opinion, of course… voto complessivo: 5

SUPER OSPITI Finora abbiamo assistito alle esibizioni fuori gara di due big assoluti della musica italiana: Tiziano Ferro e Biagio Antonacci. Come l’anno scorso per Ligabue, si tratta di una celebrazione che non ha senso all’interno del Festival, se vogliamo amplificare è proprio una mancanza di rispetto nei confronti di colleghi (perché quelli sono…) che invece si mettono in gioco (e in gara quest’anno come ben sapete c’è gente come Raf o Masini dal curriculum non certo inferiore ai due). Poi, dati alla mano, hanno mostrato un carisma e una presenza, delle canzoni in rassegna, da far quasi impallidire i brani in gara, ma non è questo il punto: caro Tiziano, quel bell’inedito – che a me ricorda vagamente il mitico Guccini nell’incedere  – avresti potuto portarlo in gara… magari non vincevi, in fondo non lo fece neanche Renato Zero, per dire, ma la tua bella figura non te la toglieva nessuno.

Tra gli ospiti stranieri sinora visti, bella performance degli Imagine Dragons… non ne vado matto, sono sin troppo pop per i miei gusti, ma la loro commistione tra quello che funziona oggi (nel loro caso un mix piuttosto riuscito di Coldplay, Mumford & Sons e band emo) è vincente. Il deejay esibito ieri, va beh, sta andando per la maggiore in radio ma è più una one hit wonder, destinato presumibilmente a scomparire presto, così come credo succederà alla discussa (e discutibile) Conchita Wurtz, in possesso di una notevole voce, su questo non ci piove. Altre ospitate ci possono stare (la bravissima Charlize Theron, Joe Bastianich, uno degli uomini del momento in tv, i comici contemporanei Siani e Pintus, non al top sinceramente e piuttosto contratti, quando non inadeguati in alcune uscite infelici… per nulla pungenti in un momento in cui magari certe coscienze andrebbero comunque scosse), un paio mi sono sembrate particolarmente valide, quella del medico guarito dall’Ebola e quella di Pino Donaggio, un omaggio a un grande del passato lo concedo volentieri. Di cattivo gusto la reunion di Al Bano e Romina, una trovata forzata e artificiosa e l’elogio della famiglia Anania. Mi sono risultati simpatici i Boiler che seguo da tanti anni, mi fa piacere che siano arrivati fin su questo palco, anche se non hanno portato le loro migliori battute.

le 8 nuove proposte in gara: il mio favorito è il cantautore Enrico Nigiotti

le 8 nuove proposte in gara: il mio favorito è il cantautore Enrico Nigiotti

Veniamo ora ai cantanti, quelli che finalmente quest’anno sono tornati a rappresentare il fulcro della manifestazione, laddove in passato furono scavalcati da altri momenti, alcuni all’insegna del “sensazionalismo” o della stretta attualità.

Partiamo dai giovani in gara, due su quattro esibiti ieri già tornati a casa loro. Può sembrare spietata come disamina ma in fondo chi segue il Festival sa benissimo come invece mai come quest’anno siano stati valorizzati, mandati a cantare in orario da primissima serata, dalle 21 alle 22 in pratica, quando fino all’anno scorso capitava che dovessero esibirsi oltre la mezzanotte!

Sfidatisi a coppie, i Kutso hanno avuto la meglio su Kaligola. Non mi soffermo molto sui giudizi, i brani erano già ascoltabili da tempo da regolamento (… che non condivido, maledetto nostalgico quale sono!): il verdetto può starci, soprattutto perché il giovanissimo rapper romano (classe 1997!) diretto dal nonno, pur presentando un testo con alcuni degni spunti, è parso troppo sulla falsariga del campione in carica Rocco Hunt. I Kutso, invece, provenivano dal mondo indie, dove io in teoria sguazzo in quanto ad ascolti ma, dico la verità, non li ho mai compresi del tutto. Ci sta l’ironia, la dissacrazione, tutto quel che vuoi, ma i miei gusti alternativi vanno più sul versante “serio” e di qualità, quella vera, manifestata nel corso delle varie edizioni da gente del calibro di Afterhours, Marlene Kuntz, Subsonica, Bluvertigo, e i casi recentissimi di Perturbazione, Riccardo Sinigallia, The Niro o Zibba. I Kutso invece hanno portato un brano nel loro genere, spiazzante, diciamo pure demenziale, se non altro mettendo brio e creatività rispetto al meno esperto collega.

Nella seconda sfida invece ha vinto, seppur con meno margine di percentuale, il bravo Enrico Nigiotti, la cui storia di ex concorrente di Amici “pentito” e protagonista all’epoca di un gesto eclatante (l’autoeliminazione pur di non sfidare l’allora fidanzata dell’epoca, aspirante ballerina) che gli compromise la carriera in ascesa, visto che poi la Sugar non reputandolo affidabile e maturo, gli sciolse il contratto, proprio nell’anno che vide decollare il talento di gente come Emma. Nigiotti ha pazientato in questi anni, prima portando un inedito di Grignani che ottenne un discreto riscontro, ma poi tornando nell’oblio. Si è ripresentato con un brano solare, energico, melodico, di quelli che si attaccano in testa, e che vedo seriamente candidato alla vittoria finale. Un riconoscimento che l’ancora giovane cantautore livornese si meriterebbe, più della classica e intonata Chanty, che però poco ha aggiunto con la sua esibizione alla storia di questa lunga manifestazione.

Non so ovviamente chi saranno gli altri 2 artisti della categoria che accederanno alla finale di venerdì, ma avendo come detto già sentito i brani, i miei favori andrebbero all’altro cantautore Giovanni Caccamo, che ha anche composto magistralmente la musica nel brano in gara di Malika Ayane, e Amara, molto raffinata, seppur di difficile presa immediata. Ritengo molto valido il pezzo di Serena Brancale, dalla struttura jazzata, mentre troppo debole, quasi impalpabile, quello della giovanissima Rakele, prodotta da validissimi autori quali Bungaro e Cesare Chiodo, quest’ultimo uno dei migliori bassisti e musicisti su piazza, ex componente degli O.R.O.

Veniamo così ai big in gara, avendo come indicazioni soltanto il primo ascolto, condizionato però da alcuni passaggi radiofonici nel frattempo ottenuti.

ANNALISA ha un brano dal forte impatto, magari spudoratamente “alla Modà” (d’altronde l’autore è il famoso Kekko, frontman del gruppo, che pure ha firmato i brani della Tatangelo e della Atzei), interpretato magistralmente. Magari sarà stata un tantino fortunata perché le è capitato il brano più convincente dei tre ma lei c’ha messo del suo. Una presenza scenica forte, un’intonazione perfetta, ha “sentito” e fatto suo il pezzo. Mi fermo qui con i complimenti, perché la mia bella mogliettina qui a fianco potrebbe avere da ridire, ma al di là delle battute, credo possa ambire al podio. Poi però avrà bisogno di trovare una sua dimensione, di personalizzare al meglio la sua proposta, partendo da un bagaglio tecnico (e a questo punto, di esperienza acquisita) importante. 7.5

MALIKA AYANE interpretazione sublime con un brano nettamente nelle sue corde. Molto difficile a un primo ascolto, non credo sinceramente sbancherà classifiche e airplane radiofonici ma bisogna riconoscerne le grandi doti. 6,5

MARCO MASINI un grande ritorno, per un cantante che ebbe un risalto e un riscontro notevole nei ’90, oscurando nomi di grosso calibro ma che poi, anche per motivi extramusicali, non ha mantenuto certi standard, pur arrivando a centrare il bersaglio grosso sanremese nel 2004, in un’edizione non certo lasciata ai posteri. Il brano co-scritto con Federica Camba e Daniele Coro, inossidabile coppia artistica e nella vita, autori di molti brani portati al successo dalla Amoroso e da Marco Carta, è particolarmente intenso, coinvolgente, con un testo che arriva dritto al cuore. E poi Marco la canta come solo lui sa fare. 7,5

CHIARA beh, un grande “inganno”: ha aperto la kermesse in scioltezza, molto più a fuoco rispetto all’esordio un po’ in tono minore di un paio d’anni fa col brano d’autore scritto all’epoca dal Baustelle Bianconi, con una canzone ariosa, orecchiabile e che ti pareva già di conoscere… Peccato che in effetti, fosse proprio così: troppo somigliante nel pimpante ritornello a un celebre brano di Pupo. Ovvio, parlare di plagio è forse crudele ma questo condiziona il voto. 5,5

GIANLUCA GRIGNANI non ho mai nascosto il mio “tifo” per Gianluca, perché lo seguo e apprezzo da anni, riuscendo anche a sorvolare su certi pesanti scivoloni che di tanto in tanto fanno capolino nella sua vicenda personale, e che stridono nettamente con quella che è la sua dimensione quotidiana (scrivo questo a ragion veduta). La canzone ha indubbiamente spessore, e una struttura di ballata non melensa che può funzionare (difatti in radio sta avendo diversi passaggi, mostrando le sue vere potenzialità); il problema è che il Grigna, che pure aveva dichiarato che una canzone così importante necessitava di una performance canora all’altezza, si è presentato sul palco molto sottovoce, stonando in più parti. Peccato. 6,5

NEK sto leggendo commenti molto entusiastici sul ritorno sanremese di Nek. In effetti Filippo ha ritrovato verve e vivacità, oltre che rinnovando la sua innata positività, in un brano che non sfigurerebbe se remixato da gente come David Guetta. Il problema secondo me sta proprio lì, in queste contaminazioni pop dance di cui è inzuppata la sua “Fatti avanti amore”, certamente moderna e probabile conquistatrice di molto appeal radiofonico, ma non al punto di poter candidarsi alla vittoria finale. D’altronde basterebbe scandagliare la sua discografia per trovare decine di canzoni migliori di questa. 6

NINA ZILLI ha mantenuto pienamente le attese la cantante piacentina, che qui ha firmato testo e musica, mettendo quindi tutta sé stessa nel brano (che infatti le calza a pennello). Che dire? Non vincerà, ma questo arrangiamento, così venato di soul r’n’b anni ’60 è capace di stregarmi letteralmente. Ha cantato divinamente, con una naturalezza e spontaneità disarmante. 8

DEAR JACK per alcuni potenziali vincitori del Festival, potendo essi godere di un hype incredibile tra i giovanissimi e reduce da vendite pazzesche del loro cd d’esordio (cui ha fatto seguito una fortunata tournèe), hanno portato una canzone semplice, cercando in sostanza di non deludere il proprio pubblico, ma senza così rischiare nemmeno un po’. La canzone passa sotto traccia, senza infamia e senza lode. 6

il cast dei 20 campioni in gara a Sanremo. Favorito il giovane trio il Volo ma occhio al redivivo Marco Masini, a Nina Zilli e Annalisa, in cerca di una piena affermazione.

il cast dei 20 campioni in gara a Sanremo. Favorito il giovane trio il Volo ma occhio al redivivo Marco Masini, a Nina Zilli e Annalisa, in cerca di una piena affermazione.

ALEX BRITTI ormai navigato e considerato sempre di più tra i colleghi, ha presentato un brano consono alle sue caratteristiche, cantato con piglio da veterano, dopo aver affermato che non sente pressioni, avendo fatto “tutto in casa”, anche a livello discografico. Il risultato è sufficiente, ma forse era lecito attendersi di più. 6

BIGGIO E MANDELLI ero molto prevenuto: già nelle vesti de “I Soliti Idioti” non mi hanno mai esaltato, con la loro comicità più volte greve e grottesca, vederli poi scippare il posto a cantanti “veri” mi aveva rabbuiato non poco. Poi, si sapeva di un pezzo “alla Cochi e Renato”, che omaggeranno insieme a loro nella serata delle cover, e il risultato in quell’ambito è dignitoso. Divertissement, come “certa” tradizione sanremese. 6,5

MORENO ha cantato per ultimo ma non credo sia stato quello a penalizzarlo nella parziale graduatoria della serata. Direi che il pezzo, interpretato a testa alta e con scioltezza, fa il suo in ambito rap ma non ha le credenziali per passare alla storia. Lo ammetto: mi aspettavo qualcosa di più esplosivo. 5,5

BIANCA ATZEI insomma… che avesse una bella voce si sapeva, anche se non particolarmente originale, ma la cosa finisce lì. La canzone è davvero deboluccia, e lei non riesce a farla decollare, a fare la differenza. Mi pare se ne sia accorto anche il pubblico. 5

RAF veniamo al primo dei capitoli “delusione”, anche se nel suo caso si tratta di “parziale”, perché comunque la canzone presentata ha un certo valore. Le attese però erano alte, e non credo solo da parte mia. Vederlo di nuovo sul palco, a distanza di tanti anni, mi ha emozionato ma appena terminata l’esibizione sono rimasto un po’ così. Bella, indubbiamente ben scritta, delicata con un finale in crescendo ma… non è riuscito a coinvolgermi del tutto. 6,5

LARA FABIAN lascio ad altri le polemiche “da tastiera” sulla sua legittimità a partecipare e sul presunto status di artista internazionale di successo. Conosco la sua carriera e le sue principali canzoni, è un’artista di stampo classico, impeccabile nell’esecuzione ma che non possiede a mio avviso quel “quid” per emergere a grandi livelli in Italia. E un brano anonimo come questo sanremese dubito potrà rappresentare una svolta per lei nel mercato discografico italiano. Antica, non mi sovviene un altro aggettivo plausibile. 5

GRAZIA DI MICHELE E MAURO CORUZZI l’inedita coppia conosciutasi ad Amici, lei docente del tipo “sergente di ferro” e ormai lontanissima da un suo progetto discografico vero e proprio, lui redento personaggio dello spettacolo tout court, lasciava presagire un brano dal forte impatto mediatico, a livello di tematiche sociali. Gli spunti e le premesse potevano essere validissimi, il risultato, impregnato di retorica, e più convincente tutto sommato nella parte interpretata dall’ex Platinette, è purtroppo lontani anni luce da operazioni simili, che portarono giustamente eco e gloria a gente come Giorgio Faletti e la sua epocale “Signor Tenente”. 5

IL VOLO annunciati vincitori per tutta una serie di giuste argomentazioni (un fresco passato televisivo da bambini prodigio, l’appeal giusto per le giovanissime fans, soprattutto un successo meritato e consolidato in Usa e non solo, e delle voci superbe, tra le più promettenti nel campo della lirica), dovevano però dimostrare sul campo di meritarsi i ruoli di super favoriti alla vigilia. Beh, direi che, pur ammettendo che, molto probabilmente, mai acquisterei un loro disco, il bersaglio grosso, oltre che alla loro portata, sarebbe anche meritatissimo coronamento di un’affermazione che nel nostro Paese stranamente tardava ad arrivare. Sorvoliamo sul fatto che alla lettura del testo avessi alzato il sopracciglio, banale com’è dall’inizio alla fine: quando questi ragazzini divenuti ormai adulti, aprono la bocca e iniziano a cantare, non ti accorgi nemmeno di quello che stai ascoltando, talmente forte è l’impatto della loro performance. 8

ANNA TATANGELO mi spiace scrivere questo, perché è risaputo che lei non mi piaccia come personaggio, al di là dell’indubbia bellezza e della voce pulita,  e che la considero in piena deriva artistica, non sapendo più dove appigliarsi per rimanere aggrappata a una notorietà che non sia solo quella conseguitale dall’essere la giovane compagna (anche se pare una quarantenne) di Gigi D’Alessio, ma frutto di una carriera già lunga. Da un po’ anche lei si è attaccata al “carrozzone” Kekko Silvestre ma il risultato è che questa ballad senza mordente, non è arrivata proprio al pubblico, non ne ha le caratteristiche. Non decolla, non trasmette granchè ed è un problema sentire lei che invece ha detto di essersi emozionata come la prima volta. Beh, allora bisogna saperlo dimostrare, senza necessariamente andare di urla e tormenti (tipici dell’autore) ma nemmeno rimanendo così misurati da risultare piatti e artificiosi. 4

NESLI vale il discorso fatto per Grignani. A penalizzare il rapper “pentito” Nesli (fratello minore del celebre Fabri Fibra), impegnato da anni nella ricerca di un giusto equilibrio tra hip hop di stampo melodico e pop (dance), è stata indubbiamente la performance vocale, laddove il pezzo preso da sé mi pare invero molto buono e interessante. D’altronde lui ha scritto in passato anche per gente come Tiziano Ferro. Mi auguro che venerdì possa proporre un’esibizione migliore. 7

IRENE GRANDI capitolo delusioni, parte 2. Però qui è meno cocente, nel senso che mi aspettavo meno da lei rispetto da Raf. Più semplicemente, non mi reputo un suo fan in senso stretto, pur avendola apprezzata spesso in passato (d’altronde anche lei fa parte della nutrita schiera degli artisti da “90” presenti in questa edizione). La canzone è romantica, di buona fattura e lei la interpreta bene, con toni pacati, quasi rinnegando una certa indole rock cara agli inizi (e che in un certo senso l’ha sempre rappresentata). Che la strada verso una conversione alla canzone d’autore, sull’onda di Gianna Nannini, alla quale spesso veniva associata, sia già iniziata? Se è così però la strada da percorrere è ancora piuttosto lunga. 5,5

LORENZO FRAGOLA una delle sorprese, ma in fondo nemmeno troppo, se si pensa che il giovanissimo vincitore di X Factor, non ancora ventenne, ha esordito con un pregevole brano pop in inglese, dal sapore internazionale, negli arrangiamenti e nella produzione, con cui sta riscuotendo un grande successo. La prova Sanremo viene superata a pieni voti con una canzone, ovviamente in italiano, che confermano la bontà della sua scrittura, soprattutto a livello compositivo (pur con il supporto del suo mentore Fedez, che ha scritto insieme a lui la musica). Orecchiabile, ben confezionata, magari un po’ leggerina. 6,5

Va beh, probabilmente certi voti potrebbero cambiare con gli ascolti futuri ma in fondo mi piaceva offrirvi le mie prime impressioni, visto che negli ultimi due anni avevo sempre tenuto una sorta di diario del Festival. Quest’anno, come premesso all’inizio, non farò altrettanto ma siccome Sanremo lo seguirò comunque, in qualche modo, ne tornerò a parlare a conti fatti, quando tutto sarà finito e ci saranno i verdetti finali. Poi, va beh, i miei gusti raramente incontrano quelli della maggioranza ma non mi è mai importato molto di questo aspetto! Buon ascolto!

Tempo di Sanremo… via ai pronostici!

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Si sta avvicinando l’edizione sanremese 2015 targata Carlo Conti, l’uomo Rai per eccellenza dell’ultimo decennio, colui che in molti sostenitori di Sanremo attendevano come il conduttore adatto a riportarlo in territori più legati a stilemi classici della musica leggera italiana. Detto fatto: quest’anno si torna a una proposta senz’altro più appetibile per gli ascoltatori medi di musica, piuttosto lontani dall’esperienza biennale del predecessore Fabio Fazio, che aveva invece – anche coraggiosamente – optato per un cast eterogeneo, facendo esibire sul prestigioso palco anche artisti di area alternativa, o comunque poco noti alla massa.

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Mi stupisce quindi, dico la verità, leggere di critiche, commenti inzuppati di sarcasmo, in merito alle scelte dei 20 big che gareggeranno quest’anno. Che vi aspettavate in fondo da lui? Io, lo ammetto, ero ancora più prevenuto nei suoi confronti, al punto da essere quasi certo che avrebbe portato sul palco molti dei concorrenti della sua ultima trasmissione “Tale e Quale Show”, di notevole successo, nella quale avevano sfilato tanti nomi dello spettacolo italiano, tra cui diversi cantanti in cerca di rilancio e popolarità. Invece nella lista definitiva dei campioni in gara non compaiono i nomi dei vari Valerio Scanu, Attilio Fontana, Matteo Becucci o la rediviva Silvia Salemi, che fecero un figurone durante il programma.

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Al loro posto però Conti, che ha portato il numero dei partecipanti a 20, ha puntato su nomi piuttosto noti e popolari, non cadendo nel pericolo nostalgia, vintage, tanto che i “vecchi” sono in fondo artisti ancora piuttosto sulla cresta dell’onda, discograficamente parlando.

Io lo seguirò come sempre, anche se mi immagino un certo livello “piatto” dei brani in gara, pochissima innovazione e tante canzoni dal sapore pop, melodico, quando invece nei due anni di Fazio mi ero ritrovato a supportare da vero fan alcuni interpreti sui generis della musica italiana, poco consoni a questi contesti, come Riccardo Sinigallia, i Perturbazione, The Niro, Frankie Hi Nrg o Zibba.

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Quest’anno troverò comunque i miei motivi di interesse, anche se fra i giovani conosco in pratica solo l’ex concorrente di Amici Enrico Nigiotti, che fu protagonista del programma in un’epoca precedente all’ingresso poderoso delle case discografiche dentro quegli studi (con conseguenti enormi successi dei vari Marco Carta, Alessandra Amoroso o Emma Marrone) e gli originali Kutso (chissà se pronunceranno in modo esatto il loro nome!) che sin da ora saranno i miei favoriti. Gli altri a mio avviso sono sin troppo “conservatori”, vedo come poco probabile il fatto che possano emergere.

Passando in rassegna invece i Big, o Campioni, vediamo più nel dettaglio i miei pronostici, non avendo conosciuto in anteprima i loro pezzi, e basandomi quindi su sensazioni e proiezioni.

Innanzitutto è notevole il numero delle interpreti femminili, quasi tutti di ultimissima generazione, eccezion fatta per  Lara Fabian, invero nettamente più famosa in Francia, e la grintosa Irene Grandi, sorta di “madrina” delle varie Emma o Noemi (a proposito, la popolare bionda cantante lanciata da Amici, tanto per cambiare, comporrà l’insolita coppia di vallette con l’altra cantante Arisa). Non che la Grandi sia vecchia, ha appena compiuto 45 anni ma di fatto può già vantare un’esperienza ventennale, anche se dal Festival manca dal 2010, quando portò un brano scritto per lei da Bianconi dei Baustelle, lo stesso che la rilanciò anni prima, cedendole la frizzante “Bruci la città”.

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Detto ciò, mi intrigano maggiormente i nomi nuovi, o comunque quelle cantanti che da un lustro circa, chi più, chi meno, stanno facendo parlare di sé con buoni risultati e che ora sono qui per la consacrazione definitiva (un po’ come successo ad Arisa che vinse qui proprio 12 mesi fa).

Personalmente potrei avventurarmi in un pronostico positivo, vedendole pronte a puntare al grande botto, nei confronti di Nina Zilli e Malika Ayane, entrambe con solide credenziali, sia in ambito mainstream che commerciale. Ma in gara figurano pure la rossa Annalisa Scarrone, ex Amici, che già un paio d’anni fa fece bella figura con un brano un po’ in stile anni ’50. Il salto per lei non è arrivato, nonostante possa contare ancora su un numero notevole di agguerrite fans, che la sostengono attivamente sui social network. Anche la discussa Anna Tatangelo, a dispetto della ancor giovane età (andrà per i 28) una veterana di Sanremo, conta di coinvolgere un cospicuo pubblico, portando un brano scrittole dal prezzemolino Kekko dei Modà, lo stesso che l’estate scorsa le confezionò l’agghiacciante “Muchacha”.  Si rivede pure, a distanza di un biennio, l’altra fuoriuscita da un talent di successo, in questo caso X Factor, Chiara Galiazzo che cerca di ritrovare una credibile dimensione discografica dopo molto tempo trascorso a prestare la sua voce a un noto spot pubblicitario. Meno entusiasmante, a mio avviso, la partecipazione della perennemente emergente Bianca Atzei che, dopo collaborazioni e duetti vari, mandati a memoria dai boss di Rtl e Radio Italia, si gioca una carta davvero impegnativa. Non le manca di certo una bella voce graffiante, seppur poco originale, ma non so se basterà.

Restando in tema talent, è impossibile non pronosticare come seri candidati alla vittoria finale i Dear Jack lanciati da Maria De Filippi, che, pur essendo giunti secondi dietro a Debora Iurato, hanno poi dominato a lungo le classifiche di vendite, non solo quelle di Itunes, diventando dei veri idoli, soprattutto per le ragazzine. Anche Moreno, che trionfò in trasmissione due anni fa e l’anno scorso fece il bis da “coach” guidando alla vittoria la squadra dei “Bianchi”, ha buone e concrete possibilità di sbaragliare la concorrenza, considerando pure che il suo genere di riferimento, il rap, sta andando per la maggiore nel desolante panorama musicale italiano. Meno chance credo le abbia il “nuovissimo” Lorenzo Fragola, appena passato dalla vittoria a X Factor a un palco così importante come quello rivierasco. Tra l’altro il suo primo inedito, un grazioso brano pop interamente scritto da lui, è per giunta in inglese, quindi pare un po’ un azzardo vederlo a Sanremo ma tant’è…

il giovanissimo trio Il Volo, il nome su cui puntare per la vittoria di Sanremo

il giovanissimo trio Il Volo, il nome su cui puntare per la vittoria di Sanremo

Sempre da un talent provengono pure gli ex bambini, appena appena cresciuti, lanciati nel programma di Antonella Clerici “Ti lascio una canzone” (di recente sospeso). I tre ragazzini de Il Volo hanno letteralmente spiccato il volo – perdonatemi il banale ma inevitabile gioco di parole –  non solo vendendo dischi in serie in Italia, ma pure divenendo dei fenomeni OltreOceano, andando a scaldare i cuori, con le loro possenti voci, del pubblico americano, rinverdendo e rinnovando i fasti di Andrea Bocelli. Considerando che la loro proposta sarà quanto meno “classica” e di ampio respiro, va a loro il mio pronostico principale come vincitori della kermesse, convinto che potranno davvero sorprendere raccogliendo consenso popolare e di critica (oltre che vagonate di televoti, visto il loro recente passato televisivo).

Scorrendo la lista dei rimanenti partecipanti, noto come Nesli finalmente, dopo averci provato più volte e avendo dichiarato in tv tutta la sua amarezza per le varie esclusioni, sia inserito in cartellone. Poi, per carità, mi mancano proprio gli elementi razionali per comprendere come possa piacere uno come lui, che reputo sostanzialmente né carne, né pesce, laddove da anni ormai (tolta una esigua presenza come corista e collaboratore del più trasgressivo fratello Fabri Fibra) propone canzoni di stampo melodico che vorrebbero correlarsi al mondo hip hop e dance ma spesso, dal mio punto di vista, con risultati alquanto imbarazzanti.

download (3)Infine i veterani, gente che ha conosciuto il loro apice soprattutto negli anni ’80 e ’90. Come Raf ad esempio, che manca da questo palco da tempo immemore, da quando propose la suggestiva “Oggi un Dio non ho”. Talento purissimo della musica leggera italiana, negli anni ha sempre navigato sul versante pop di qualità, passando con disinvoltura dalla lingua inglese (ai tempi della dance made in Italy, di cui la sua “Self Control” divenne sorta di manifesto) a quella italiana, con tantissime hit mandate a memoria. Inutile dire che mi aspetto da lui un buon brano, senz’altro raffinato e ben prodotto. Anche Alex Britti manca da queste parti da quasi un decennio ma il suo score sanremese è di tutto rispetto e, bene o male, ad ogni nuova uscita discografica riesce sempre a incontrare i gusti del pubblico, nonostante sia maturato nel tempo dal punto di vista della proposta musicale. Mi stuzzicano meno la fantasia altri due ritorni “eccellenti”, quelli di Marco Masini e di Nek. Il primo tuttavia, alla prova sanremese raramente stecca – anche se il suo nome, almeno presso il grande pubblico da anni sembra caduto nell’oblio – e il secondo ha comunque uno zoccolo duro di fans, consolidato nel tempo.

download (2)Tiferò invece per Gianluca Grignani, non ho problemi ad ammetterlo, il quale ben poche volte nel corso della sua ventennale carriera (solo artisticamente parlando, la vita privata è un’altra storia) ha steccato e che meriterebbe magari una bella affermazione a Sanremo, dopo tanti tentativi che, a livello di piazzamenti, non gli hanno regalato chissà quali soddisfazioni.

Termino la mia veloce disamina con due improbabili coppie che, sicuramente per motivi che mi sfuggono, si trovano ad aver “rubato” il posto a qualche altro cantante o musicista, diciamo “vero”. Già, perché considerare tali Biggio & Mandelli, alias “I Soliti Idioti” pare un’eresia e la vedo più come un recupero di certe performance, già presenti in edizioni lontane, che esulavano un po’ dal contesto (i casi di musica demenziale, o di Marisa Laurito, Gigi Sabani, Francesco Salvi) per variare un po’ la proposta, se non altro alleggerendone i toni. Potrebbe rivelarsi invece più plausibile il duetto tra Grazia Di Michele, al ritorno al Festival dopo più di 20 anni, quando giunse addirittura terza assieme alla raffinata Rossana Casale e da tanti anni ormai conosciuta soprattutto come rigidissima docente di canto ad Amici e Mauro Coruzzi, ai più noto/a come Platinette. Sì, proprio così, e pare evidente come i due si siano conosciuti proprio nella celebre trasmissione della De Filippi, quando Coruzzi si trovava spesso nelle parti dell’esperto in giuria, o tra gli opinionisti.

Insomma, l’edizione appare assortita, nella ricerca di incontrare favorevolmente il gusto del pubblico più generalista, ma diciamolo pure, senza troppe pretese dal punto di vista prettamente artistico. Speriamo per lo meno che le canzoni siano valide, chè poi è quello che in sostanza conta veramente (o almeno così dovrebbe essere!)