Festival di Sanremo 2024 – un commento al primo ascolto dei trenta (!) brani in gara

E’ stata una vera maratona quella di ieri sera in occasione della prima serata del Festival di Sanremo, l’ultimo targato Amadeus.
Un’edizione che a un primo ascolto ci consegna alcune canzoni dal livello generalmente medio-alto ma che, in quanto formata da ben trenta titoli, risente inevitabilmente anche di qualche calo qualitativo, con degli episodi davvero poco ispirati e che fanno gridare vendetta conoscendo alcuni nomi “scartati”. Specie nella seconda parte il livello sembra essersi abbassato, e lo dico non solo perché ci si stava inoltrando nelle ore tarde della notte.

È indubbio come la componente di orecchiabilita e modernità sia stata pressoché sempre presente in tutti gli anni del regno di Ama ma a mio avviso stavolta si è un po’ esagerato spingendo su sonorità up-tempo e pseudo-dance, inducendo magari in maniera inconsapevole gli artisti a uniformarsi troppo a certi stilemi.

In pratica i brani sono tutti assimilabili con facilità e ciò fa pensare che avranno una buona diffusione radiofonica.
Detto ciò qualcuno di questi crescerà con gli ascolti, altri molto probabilmente verranno a noia presto ma rimango della mia idea e in generale quindi sento di dire che da una parte è giusto che il Festival voglia stare al passo coi tempi e rinnovarsi, ma nel farlo dovrebbe mantenere la propria identità… ieri sembrava davvero di vedere (e soprattutto sentire) una puntata del Festivalbar!

Dopo questa premessa, ecco di seguito i miei commenti a ogni singola canzone in gara dopo il primo ascolto:

CLARA –  ottima presenza scenica, ha cantato con la giusta sicurezza, pur essendo quasi un’esordiente assoluta. Il pezzo è moderno e dal  ritornello efficace, mettiamoci poi che sto guardando l’ultima serie di “Mare fuori” e, insomma, io la promuovo.

FIORELLA MANNOIA –  pezzo di matrice etnica, sullo stile di Mannarino, che Fiorella interpreta magnificamente. Arrangiamento sublime.

LA SAD – no, non è per partito preso o per pregiudizio ma la loro presenza è inspiegabile, e non basta il bravo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari a confezionare un brano che, se nelle intenzioni dovrebbe rappresentarli, in realtà finisce per farli sembrare una parodia dei Dari.

GHALI – il pezzo funziona, lui sembra divertirsi e il testo è interessante. Uno dei casi a cui accennavo dove il pezzo pare più adatto al Festivalbar che non al Festival di Sanremo.

IRAMA – forse non bisserà il successo della recente “Ovunque sarai” ma la matrice e’ quella, un pop d’autore interpretato con intensità.

NEGRAMARO – erano invero attesissimi e al netto di alcune imperfezioni vocali (sembra assurdo ma è così) del leader Giuliano Sangiorgi e di un arrangiamento a tratti sfarzoso alla Coldplay, la canzone risulta di gran spessore, candidata alla vittoria.

DIODATO – la classe fatta persona, una ballata degna delle sue migliori canzoni. Quello che mi è piaciuto di più.

MAHMOOD – al terzo Festival dopo due vittorie consecutive può permettersi di portare un pezzo ancora meno sanremese rispetto a “Soldi” e “Brividi”: il tutto risulta ottimamente prodotto e al solito cantato divinamente, lascia a desiderare però per alcune espressioni verbali.

ALESSANDRA AMOROSO – l’altra grande attesa del Festival assieme ai Negramaro, non delude le aspettative portando una canzone nelle sue corde. Non rischia sostanzialmente nulla ma di contro non raggiunge gli standard dei suoi successi passati.

ANNALISA – ogni anno parte favorita ma le manca sempre il pezzo per sbaragliare la concorrenza. Il brano è sullo stile dei suoi successi-tormentoni ma senza le stimmate per vincere.

ANGELINA MANGO – un brano molto rappresentativo della sua giovane carriera, un mix tra il suo stile è quello più sperimentale di Madame che con lei lo firma.

LOREDANA BERTÈ – il pezzo è cucito ad hoc su di lei ma manca di quel guizzo, di quell’energia che caratterizzava la precedente “Cosa ti aspetti da me”, più convincente e, a conti fatti, maggiormente nelle sue corde.

GEOLIER – probabilmente non bisserà il risultato di Lazza, del quale appare come degno erede al Festival ma la sua canzonr rimane impressa e, al netto di polemiche sterili sull’utilizzo scorretto dei dialetti, certamente raccoglierà grandi consensi tra i più giovani.

THE KOLORS – posso comprendere il voler replicare i fasti della loro hit “Italo Disco”, che in pratica li ha rilanciati ma per il palco di Sanremo si poteva cambiare registro puntando un po’ di più sulla sostanza. Ballabile, piacevole ma mi aspettavo di meglio.

SANGIOVANNI – si è percepito che il brano sia particolarmente sentito dal suo autore e probabilmente autobiografico ma rimane nel limbo, senza decollare.

IL VOLO – sin troppo classici e, paradossalmente, rinunciando quasi del tutto alla parte lirica lo sono ancora più che in passato. Non credo lasceranno il segno pur ritenendoli comunque sopra la media in quanto a tecnica e classe.

BIG MAMA – all’esordio in gara porta un brano potente e convincente nelle liriche ma comunque commestibile per le masse, finendo forse per snaturarsi.

RICCHI E POVERI – capisco l’effetto nostalgia ma davvero Amadeus ha ascoltato 200 pezzi peggio di questa? E lo dico con tutto il rispetto possibile per un’istituzione della musica italiana quali sono i Ricchi e Poveri… (a questo punto capisco l’ostinazione dei Jalisse nel voler riprovarci ogni anno).

EMMA – brano che non mi pare molto adatto a lei, che apprezzo in particolare per la grinta e l’intensità interpretativa: qui invece tutto rimane un po’ piatto senza che si imprima una svolta che pensavo arrivasse almeno in fase di ritornello.

RENGA NEK – i due figaccioni del pop italiano non sbracano tornando a livelli consoni al Festival dopo qualche caduta a vuoto. La canzone non è male ma nemmeno memorabile, credo rimarranno a metà del guado in fase di posizione finale.

MR. RAIN – difficile per lui riconfermarsi dopo l’exploit della scorsa edizione ma tutto sommato non sfigura portando un brano che ne certifica la sensibilità musicale e la nomea di rapper “buono”.

BNKR44 – mi hanno fatto un po’ tenerezza: la loro partecipazione certifica che uno dei pochi errori di Amadeus in questi anni sia stato quello di eliminare la categoria delle Nuove Proposte. I ragazzi portano una canzoncina senza infamia e senza lode, davvero non avevano niente di meglio in repertorio?

GAZZELLE – ammetto di apprezzarlo, lo considero tra i più bravi della sua generazione. Non ha rischiato molto e penso sia giusto così, in fondo pur famosissimo nel mondo indie non è conosciuto al grande pubblico sanremese. La sua è una ballata pop-rock che cresce pian piano fino al bel ritornello. Peccato per l’esecuzione vocale non immune da sbavature ma chi lo conosce sa che questa è un po’ una sua peculiarità, quasi una cifra stilistica.

DARGEN D’AMICO – mi è parso essere lì più che altro per riconoscenza. A questo punto reciproca tra lui e Amadeus ma mi era bastata “Dove si balla”, di pezzi pacchiani ne faccio a meno.

ROSE VILLAIN – un po’ come successo a Mara Sattei lo scorso anno, era attesa dopo l’exploit estivo e un altro bel singolo ma Sanremo è un’altra cosa. Bella vocalità, bella presenza ma la canzone non trasmette granché.

SANTI FRANCESI – raffinati ed eleganti, e questo lo si sapeva, fanno la loro bella figura, resta da capire che posticino potranno occupare nel panorama musicale italiano, visto che non sembrano ne’ troppo mainstream ne’ troppo alternativi.

FRED DE PALMA – a questo punto era meglio se portava un pezzo reggaeton, per quanto non digerisca molto il genere ma almeno lì era riconoscibile, con un proprio status; invece ha portato un pezzo sicuramente orecchiabile e vibrante ma forse più nelle corde di un Lazza. Insomma, fa il suo e il pezzo lo porta a casa ma non saprei garantire sull’autenticità.

MANINNI – risarcito dalla mancata qualificazione dell’anno scorso tra i Big porta una piacevole canzone pop, non molto innovativa a livello di sound ma che proprio per questo in fondo si fa distinguere tra i tanti brani di stampo dance sentiti in precedenza.

ALFA – il ragazzo mi è simpatico e ha una faccia pulita ma forse sarebbe stato più in linea vederlo a The Voice Junior. Battute a parte la canzone pur connotata da un’aura pop risulta sin troppo confusionaria e leggera, nonostante gli riconosca una certa originalità.

IL TRE – altro esponente della galassia rap/trap convertito anzitempo a sonorità vicine alla disco, porta un brano piuttosto debole e scarsamente ispirato a livello di testo. Papabile ultimo nella graduatoria finale.

Alla fine della prima tornata di voti i giornalisti in Sala Stampa premiano Loredana Bertè, seguita da Angelina Mango, Annalisa, Diodato e Mahmood ma il tutto ovviamente è molto parziale e immagino che tante posizioni siano in realtà separate da pochi punti.

Dopo un primo ascolto quindi le mie canzoni preferite sono quelle di Diodato, Fiorella Mannoia e Negramaro, seguiti da Gazzelle, Mahmood e Irama, mentre il pronostico per la vittoria finale va ad Angelina Mango, che però potrebbe essere insediata da Annalisa o da una Alessandra Amoroso, che percepisco come poco accreditata ma che potrebbe risultare una pericolosa outsider. Insomma, credo proprio che il 2024 vedrà premiata un’esponente femminile dopo un po’ di tempo e la cosa onestamente mi farebbe molto piacere, visto che in questi anni stanno emergendo diverse cantanti talentuose.

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