Targhe Tenco 2023 – Commento sui vincitori e gli altri finalisti

Sono stati annunciati nella giornata di ieri i vincitori dell’edizione 2023 delle Targhe Tenco, storico riconoscimento dedicato alla canzone d’autore istituito dal Club Tenco nel lontano 1984, e assegnato da una nutrita giuria di esperti.

Anch’io faccio parte dei giurati da un po’ di tempo e, come spesso ho fatto, vado anche quest’anno a chiudere il bilancio della rassegna con un articolo riepilogativo di commento sui vincitori.

Per prima cosa mi sento di dire che, scelte personali a parte (che in pochi casi questa volta hanno coinciso con quelli che poi si sono aggiudicati l’ambita Targa), mi pare ci sia poco da obiettare sugli esiti, visto che si tratta di opere assolutamente meritevoli, nel contesto di cinquine finali che tutto sommato non mi avevano fatto gridare allo scandalo.

Ovviamente c’è chi invece ha cavalcato, come sempre accade, certe polemiche, chi ha tirato in ballo fosse tutto deciso a tavolino e robe simili.

Io credo che, al netto di certe rilevazioni anche pertinenti su alcuni criteri di ammissione, questa sia stata un’edizione piuttosto ricca in quanto a proposte, con più di una categoria – come già ebbi modo di sottolineare in un precedente articolo – dove c’era finanche l’imbarazzo della scelta in vista del ballottaggio.

Così è stato in effetti per me, che mi sono trovato in seria difficoltà ad esempio nell’assegnare la mia preferenza nella sezione degli album d’esordio, in quella degli interpreti e in quella degli album in dialetto, tanta era la bontà dei progetti coinvolti, spesso realizzati da artisti che davvero stimo, in primis anche come persone.

Ma nel mettermi poi con estrema serietà a giudicare un disco, ho cercato di dare un voto il più oggettivo possibile, consapevole che la giuria è alquanto composita e che in talune circostanze sarei stato comunque felice di vedere assegnata la Targa anche a un nome che avevo magari in maniera sofferta tralasciato in favore di un altro.

Dopo questa premessa, ecco nel dettaglio i nomi dei vincitori delle Targhe:

MIGLIOR ALBUM IN ASSOLUTO

Il nome di Vinicio Capossela credo non dovrebbe essere in discussione nel momento in cui ci si approccia a un album come “Tredici canzoni urgenti”, eppure è proprio il suo il nome della “discordia”, quello su cui si fa ironia o si passa oltre.

La mia opinione è che, fermo restando ci possa essere una sorta di “pigrizia” in determinati colleghi al momento di votare, assegnando magari la preferenza a nomi noti, non ci sia nulla di anomalo sulla sua (ennesima) vittoria.

Ci stanno ovviamente le idee personali, ci sta che possa non piacere o risultare persino indigesto, ma sul suo valore come artista non c’è tanto da eccepire, così come ripeto sulla qualità di questo nuovo lavoro che, dal mio punto di vista, ha soltanto avuto la pecca, nel raccontare temi di indubbia importanza, di risultare un po’ troppo pesante, e a tratti monocorde, laddove invece Vinicio in passato ci aveva abituati a un notevole eclettismo, mostrando una tavolozza di colori davvero sorprendente.

Anche per me qui non siamo dalle parti di capolavori riconosciuti come “Ovunque proteggi” o “Il ballo di San Vito” ma dal mio punto di vista questo album è ad esempio superiore ad altre sue recenti produzioni.

Ad ogni modo sono solo cinque i voti (52 a 47) che hanno separato il vincitore Capossela dai Baustelle, che con “Elvis” hanno realizzato un album fresco, energico e godibile come non accadeva da un po’, pur non toccando le vette d’ispirazione di passati lavori come “Amen” (quello sì vincitore della Targa come Miglior Album in Assoluto) o “La malavita”.

Terza si è classificata Madame (41 voti), data come principale competitor di Capossela alla vigilia: si è difesa onorevolmente con il suo intenso “L’amore” ma immagino che le polemiche sarebbero state anche maggiori nel caso si fosse alla fine aggiudicata lei la Targa.

Sfiora il podio una rediviva Nada, che si è assestata a 39 voti, autrice di un album interessante quale “La paura va via da sè se i pensieri brillano”, mentre ammetto la delusione nel trovare ultimo proprio l’album a cui con piena convinzione avevo dato la mia preferenza, vale a dire “Infinite possibilità per esseri finiti” dell’istrionico cantautore Giovanni Truppi.

Solo 35 giurati hanno pensato di premiarlo: a chi tra i miei lettori non avesse avuto modo di ascoltare l’album lo consiglio vivamente, perché credo che all’interno vi siano disseminate delle autentiche perle.

MIGLIOR CANZONE

Anche qui alcuni commentatori hanno tirato in ballo l’ovvietà, facendo la comoda equazione: c’è Niccolò Fabi in lizza per la Targa, ecco che la vincerà lui!

E’ andata in effetti così ma si può davvero criticare un simile riconoscimento nei confronti di una canzone poetica, profonda, sofferta come “Andare oltre”?

Eppure si è giocato punto a punto con la seconda classificata, vale a dire “La cattiva educazione” di, guarda un po’ chi si rivede?, Vinicio Capossela con il preziosissimo contributo vocale della talentuosa Margherita Vicario. 55 preferenze a 54 per Fabi, con il sottoscritto che al ballottaggio ha optato proprio per la canzone di Capossela, toccante, da brividi nell’affrontare un tema di così stringente attualità, ma che ahimè riecheggia da troppo tempo, come il femminicidio.

Più staccati gli altri brani finalisti: “Non esiste altro” di Paolo Benvegnù e Malika Ayane (45), “Replay” di The Niro, a sancire un ritorno coi fiocchi, fermatosi tuttavia a 24 voti, e infine a pari merito a 20 gli outsider di lusso Canio Loguercio con “’A libertà (O respiro d’e ‘pprete”) e Verdena con “Nei rami”.

OPERA PRIMA

Una categoria che mi sta particolarmente a cuore, in quanto amo vedere cosa si muove dal basso laddove spesso e volentieri nascono e crescono i campioni di domani: ecco, in questo caso siamo di fronte – e posso ben affermare di esserne certo sin da subito – a un nome di sicuro avvenire e dal già fulgido presente, quello dell’artista sarda Daniela Pes.

La sua affermazione con l’album “Spira” in questa rassegna è stata fragorosa, corroborata da ben 66 preferenze, tra cui anche la mia, nonostante avessi alquanto apprezzato anche altri esordienti giunti in finale, soprattutto Claudio Orfei e il figlio d’arte Brando Madonia.

A occupare la seconda piazza del podio sono stati i giovani Colla Zio, già piuttosto noti dopo la partecipazione al Festival di Sanremo ma ancora parecchio acerbi dal mio punto di vista.

Hanno totalizzato con il loro “Rockabilly Carter” 43 preferenze, finendo così davanti a un big come Federico Dragogna, noto leader dei Ministri, (39 voti) al debutto solista con “Dove nascere” e ai due sopracitati Orfei, il cui magnifico disco “My Wonderland” ha raccolto 27 voti, tre in più di Madonia jr. e il suo “Le conseguenze della notte” (24).

INTERPRETI DI CANZONI

E’ questa l’unica categoria dove quest’anno si è assistito a un ex aequo con un totale di 58 preferenze ciascuno per Alice (che in “Eri con me” ha tributato il suo compianto mentore Franco Battiato) e del grande Francesco Guccini, finanche commovente alle prese con “Canzoni da intorto”.

Molto staccati altri album di indubbio fascino e valore come “Joni” di Rossana Casale (39), sulla straordinaria cantautrice Joni Mitchell, “Si ll’ammore è ‘o ccuntrario d’’a morte” di Raiz con i Radicanto (37) riguardo l’opera di Sergio Bruni, e “Girotondo De Andrè” di Musica Nuda, clamorosamente ultimi con soli 27 voti totali.

Sono stato molto combattuto su chi premiare in questa sezione, scegliendo infine di dare la preferenza al disco di Alice.

MIGLIOR ALBUM IN DIALETTO

Come spesso sottolineo, è proprio questa la sezione che ogni anno mi riserva le maggiori sorprese, dimostrando quanto retaggio culturale, storico e artistico sia riscontrabile in ogni angolo del nostro Belpaese.

Apprendendo il verdetto appare chiaro come gli Almamegretta, un nome una garanzia non solo a queste latitudini, abbiano strameritato di aggiudicarsi la Targa, grazie ai ben 84 voti totalizzati fra i giurati, ma in realtà il pur magnifico “Senghe” non mi sembrava così nettamente migliore rispetto ad altri titoli giunti in finale.

Ad esempio fui rapito sin dal primo ascolto dalla profondità e complessità di progetti molto particolari come “La grande corsa verso Lupionòpolis” di Peppe Voltarelli e “Fantasia. Le poesie di Eduardo in musica” di Patrizia Cirulli, che alla fine hanno ottenuto rispettivamente 58 e 47 punti. 

Ma di grande impatto e indubbia qualità risultano essere anche “Nun te ne fa” del cantautore/poeta napoletano Gnut e “Uauà. Omaggio in musica a Eugenio Cirese” di Giuseppe Moffa, a cui però purtroppo sono rimaste solo le briciole, avendo essi accumulato rispettivamente 14 e 10 preferenze.

Tra i pochi che hanno dato il loro voto all’artista molisano ci sono anch’io, che ho amato visceralmente questo progetto trovandolo assolutamente rilevante nel panorama della musica italiana tout court, per il suo grande lavoro di ricerca e riappropriazione di un patrimonio della propria Terra.

ALBUM COLLETTIVO A PROGETTO

Per finire la categoria più recente delle Targhe Tenco, quella dedicata agli album collettivi inerente un progetto unitario: erano onestamente pochi i dischi cui porre attenzione e oltretutto tra questi è parso indubbio ce ne fosse uno decisamente sopra la media, anche tenendo conto delle edizioni passate.

Mi riferisco al titolo che poi in effetti con un autentico plebiscito ha ottenuto l’ambito riconoscimento, vale a dire “Nella notte ci guidano le stelle. Canti per la Resistenza”, prodotto da Mimmo Ferraro e Marco Rovelli, capace di raccogliere la cifra monstre di 132 preferenze.

A distanza siderale si piazzano così gli altri due finalisti: “Cover me Bruce Springsteen” e “Music for Change – Collective Album #22”, con rispettivamente 41 e 22 voti.

Cala quindi il sipario su un’edizione secondo me molto interessante, segno di una vitalità tangibile della nostra canzone d’autore, certamente in evoluzione a livello anche puramente concettuale, oltre che stilistico, ma assolutamente degna di risalto e attenzioni, soprattutto tenendo conto che, al di là dei nomi finalisti passati qui in rassegna, ce ne sono tantissimi nelle retrovie che meritano senz’altro di essere ascoltati e portati alla ribalta.

Chiudo ricordando l’appuntamento annuale, imperdibile per gli appassionati, della Rassegna della Canzone d’Autore (Premio Tenco), in programma al Teatro Ariston di Sanremo il 19, 20 e 21 ottobre, giornate ricche di eventi dove tra l’altro verranno anche consegnate le Targhe.

Chissà che non riesca a ritornare nella “Città dei fiori” per l’occasione, magari assieme alla mia famiglia nel frattempo allargata dopo il tanto desiderato arrivo del piccolo Luigi Maria.

Sarebbe bellissimo perché, oltre a ritrovare colleghi che stimo, in alcuni casi legati anche da sinceri rapporti di amicizia, in quei tre giorni come da tradizione del Premio Tenco si ascolta davvero musica di gran qualità.

Svelati i finalisti delle Targhe Tenco 2023: poche le sorprese, a parte l’assenza di un esordiente già piuttosto affermato!

Sono usciti i nomi dei finalisti delle Targhe Tenco che ora andranno al ballottaggio per aggiudicarsi l’ambito riconoscimento.

Avevo condiviso con i lettori in un precedente articolo i titoli che ritenevo più meritevoli, aggiungendo inoltre alcune considerazioni personali al di là di quelli che poi sarebbero stati in effetti i miei prescelti.

Devo dire che diversi degli album da me votati al primo turno figurano ora in Finale ma in ogni caso mi pare non ci siano elementi plausibili per gridare allo “scandalo” se non forse per l’assenza in tutte le sezioni di Manuel Agnelli, autore di un album d’esordio di livello, oltre che di singoli brani che avrebbero potuto far maggiormente colpo sui giurati.

Per inciso nemmeno io ho dato una preferenza al suo lavoro ma onestamente immaginavo sarebbe arrivato comunque in Finale.

Detto ciò ecco di seguito l’elenco dei Finalisti per ogni categoria: in generale mi pare un’edizione molto interessante e personalmente mi prenderò ancora qualche giorno per riascoltare bene alcuni album e sciogliere così gli ultimi dubbi.

A ben vedere in alcune categorie ho quasi l’imbarazzo della scelta, convinto che qualunque sarà alla fine il vincitore della relativa Targa non ne rimarrò certo deluso.

In altre magari mi ritrovo combattuto fra due o tre titoli, e allora cercherò di votare con animo sereno il disco che a parità di livello qualitativo mi ha suscitato con gli ascolti le emozioni più intense.

Ps come di consueto una volta usciti i nomi dei vincitori scriverò un articolo dettagliato con i commenti dove senza alcun problema svelerò a chi avevo lasciato il mio voto in questa fase cruciale.

Targhe Tenco 2023 – Al via il primo turno di votazioni: i primi 5 di ogni categoria si contenderanno l’ambito riconoscimento

Tempo di Targhe Tenco e, come ogni anno, da giurato cerco di assolvere al meglio il mio compito, in primis provando ad ascoltare più dischi possibili (ma quello lo faccio abbondantemente già durante l’anno, quindi non c’è il rischio di arrivare impreparati a questo punto: lo dico a tutti i musicisti e uffici stampa che fino all’ultimo giorno ti ricordano di ascoltare il tal disco, ma li posso capire in fondo), e poi nell’operare delle scelte che, al di là degli inevitabili gusti personali, riflettano anche una condizione di oggettività.

Musica buona ne è uscita parecchia nel periodo preso in esame, che va dal primo giugno 2022 al 31 maggio 2023, di tutti i tipi e generi, e come in ogni Rassegna dove si assegnino dei riconoscimenti (e il Premio Tenco rimane indiscutibilmente quella più importante riguardo la canzone d’autore) viene naturale al di là dei nomi a cui ognuno darà la propria preferenza anche imbattersi in pronostici.

Nel mettere in fila pertanto diversi titoli tra cui quelli che conto di indicare in questa prima fase di votazioni (ricordo che da regolamento per ogni categoria è possibile indicare fino a tre preferenze da cui usciranno i cinque finalisti che si contenderanno le Targhe: in quel caso si dovrà assegnare un voto unico), mi sbilancerò pure nei miei pronostici categoria per categoria.

MIGLIOR ALBUM IN ASSOLUTO

Tanti i titoli in lizza ovviamente, e due almeno che a mio avviso dovrebbero passare al turno successivo in scioltezza: mi riferisco alla lanciatissima Madame (che già ai tempi del disco d’esordio fece il botto in questo contesto, portandosi a casa ben due Targhe) e al “solito” (in senso buono) Vinicio Capossela.

In entrambi i casi non posso certo negare si tratti di proposte molto valide e meritevoli, così come – giusto per spendere un altro nome di un album molto interessante – quella di Rossella Seno (“La figlia di Dio”) con il quale l’artista veneziana ha replicato per qualità e spessore il precedente “Pura come una bestemmia”; detto ciò mi preme soffermarmi su altri tre lavori, meno acclamati mi pare, ma che reputo di indubbia qualità.

Si tratta degli album di Massimo Donno, Giacomo Lariccia e The Niro.

L’artista salentino, con “Lontano” ha realizzato un album assai raffinato, evocativo, ricco di suggestioni e collaborazioni; il secondo, da tempo in rampa di lancio, è cantautore dallo stile assai personale, e con “Dieci” è stato capace una volta di più di mescolare a felici istanze d’autore una matrice pop assolutamente gradevole; infine Davide Combusti (alias The Niro) il quale, giunto in dirittura d’arrivo per quanto riguarda i termini temporali di opere ammissibili per le Targhe, con “Un mondo perfetto” ha dato alle stampe un album senza punti deboli, dove mostra una rinnovata ispirazione, in brani per la maggior parte cantati in italiano dal respiro internazionale.

Giocoforza questa del miglior “Album in assoluto” risulta essere ogni volta la categoria più eterogenea, dove chiunque abbia all’attivo più di un disco potrebbe potenzialmente ambire alla prestigiosa Targa.

Ed è oltremodo difficile fare previsioni, specie in questa prima tornata di votazioni che comporterà una necessaria scrematura.

In ogni caso ho trovato molto validi oltre a quelli già citati anche gli album dei Marlene Kuntz, di Nada, della giovane cantautrice Angelae (che già si era fatta valere al Premio Bianca D’Aponte), di Filippo Andreani, Giovanni Truppi, Giuliano Dottori e infine quello di Emma Nolde, che potrebbe a sorpresa seminare diversi avversari più conosciuti.

Così come buone chances di affermazione le ha certamente il cantautore toscano Lucio Corsi, che ha aggiunto un altro importante tassello al suo percorso, divenendo sempre più artista riconoscibile tra le nuove leve.

MIGLIOR ALBUM DI INTERPRETE

E’ questa una categoria che fa emergere ogni anno qualche progetto particolare, di cui si parla sempre terribilmente troppo poco.

Personalmente amo quando si vanno a riscoprire nomi meno noti, ma non nego possa entusiasmarmi anche se qualcuno cerca di interpretare mostri sacri come nel caso di Costanza Alegiani che si è cimentata in un artista come Lucio Dalla – uno dei miei cantautori preferiti in assoluto – ripescando tra l’altro brani meno famosi e legati da un argomento comune.

Interessante anche l’omaggio di Stefania D’Ambrosio a Umberto Bindi, anche se forse un po’ troppo rivisitato in forma classica, e lodevole il tentativo di Marco Sabiu e Gabriele Graziani di rinverdire l’epopea dei dischi “bianchi” di Battisti nati dalla collaborazione con il paroliere Panella.

Tra gli album di interpreti impossibile non citare quello di Rossana Casale dedicato alla grande Joni Mitchell, quello dello straordinario duo Musica Nuda che si è cimentato con il repertorio di De Andrè, Luca Di Martino che ha omaggiato Fausto Mesolella, Alice che ha ricordato il maestro Battiato (chi meglio di lei avrebbe potuto?), per non dire di Alberto Bertoli che ha voluto duettare virtualmente col padre, il grande Pierangelo a vent’anni dalla sua scomparsa.

Due album che particolarmente mi hanno emozionato sono però quelli realizzati da Claudia Crabuzza e di Raiz (con i Radicanto).

La prima, non nuova a questi palcoscenici, con “Grazia, la madre (omaggio in musica a Grazia Deledda)” rende tributo alla grande Grazia Deledda con la solita classe e delicata autorevolezza; il secondo (voce sublime degli Almamegretta) rivisita alcune canzoni del repertorio dello storico cantante napoletano Sergio Bruni nell’album “Si ll` ammore e` o` ccuntrario d` `a morte”.

MIGLIOR ALBUM IN DIALETTO

Nel corso degli anni mi sono espresso molte volte a favore di questa particolare e affascinante categoria: è da qui infatti a mio avviso che provengono alcuni tra i migliori album tout court, perle magnifiche che vanno a rappresentare al meglio la vastità di tessuto storico, culturale e ovviamente musicale che troviamo nella nostra amata Penisola.

Non risulta facile stabilire con esattezza quale sia il “miglior” disco in questione, viste le tante storie che si portano dietro: in ogni caso sin dal primo ascolto sono stato rapito dal disco, in pratica appena uscito, di Peppe Voltarelli (un habituè delle Targhe, vista l’indubbia qualità delle sue proposte) e del cantautore e polistrumentista molisano Giuseppe Moffa, che ha recuperato i preziosi scritti di Eugenio Cirese, poeta e scrittore della sua Terra.

Un altro album a mio avviso imperdibile è quello della cantautrice Patrizia Cirulli che, mediante “Fantasia. Le poesie di Eduardo in musica” (un’operazione assolutamente degna di nota), si è accostata alla poetica del grande Eduardo De Filippo con rigore, curiosità e perizia, mostrandovisi intellettualmente affine.

In altro versante musicale, rock anziché folk, troviamo i napoletani Thelegati, che a dispetto del nome un po’ demenziale hanno realizzato un disco solido, viscerale, intenso e ricco di contenuti, così come i redivivi Almamegretta (tornati ispiratissimi con “Senghe”) o i pugliesi Radicanto, autori di un lavoro estremamente interessante e piacevole, oltre che concettualmente significativo, sin dal titolo “Alle radici del canto”.  

Se ci atteniamo tuttavia agli album puramente dialettali c’è letteralmente da “perdersi” in quanto a varietà della proposta, da Nord a Sud, passando per il Centro: tanto per citarne alcuni che vanno assolutamente ascoltati con attenzione, si può passare dalla Lombardia (con l’album del brianzolo Lorenzo Monguzzi, già leader degli ottimi Mercanti di Liquore) alla Sicilia (con la caleidoscopica world music degli Unavantaluna); dal Lazio (con l’ennesima ottima proposta de Il Muro del Canto) al Veneto (con il progetto di recupero e ricerca “Passeggeri” di Corrado Corradi, Rachele Colombo e Roberto Tombesi)

MIGLIOR ALBUM DI ESORDIO

Un’altra categoria che mi sta particolarmente a cuore è quella degli “Album di esordio”, mai come quest’anno mi verrebbe da dire combattuta, dopo l’apertura totale al pop avuta l’anno scorso (e in parte cominciata dodici mesi prima ancora con la relativa Targa “della discordia” – verrebbe da dire, viste le polemiche sollevate – assegnata a Madame).

Un anno fa infatti ebbe la meglio su una folta concorrenza Ditonellapiaga ma tra i primi 5 finalisti arrivarono anche artisti di chiara matrice mainstream come Blanco e Ariete.

Quest’anno ha suscitato un po’ di clamore una ipotetica vittoria della sarda Daniela Pes, il cui pigmalione è Iosonouncane: a detta infatti di una nota addetta ai lavori e critico musicale (che tra l’altro stimo e apprezzo molto) le sue non sarebbero propriamente canzoni, ma più degli strumentali senza contenuto lirico.

Pur comprendendo le ragioni di simili obiezioni, a mio avviso invece la sua candidatura possiede tutti i crismi per ambire a un legittimo riconoscimento, visto lo spessore della proposta, e questo nonostante la sua Opera Prima si avvalga in effetti più di un apparato musicale eterogeneo e di notevole impatto emotivo, anzichè riferirsi specificatamente a un determinato linguaggio scritto.

Mi è piaciuto molto pure un altro album “insolito” in questo ambito, quello del duo Bono/Burattini, suggestivo ed evocativo nel suo insieme, dalla prima all’ultima traccia; poi ok ci sono gli “esordienti di lusso”, che un tempo avrebbero “saccheggiato” le giurie, le quali invece due anni fa fermarono al palo due album seppur ottimi come quelli di Godano e Bianconi, alla loro prima prova con nome e cognome.

Ora in lizza su questo versante ci sono, a ben vedere, i lavori da solista di Manuel Agnelli, Davide Dudu Morandi dei Modena City Ramblers e Federico Dragogna ex Ministri; intendiamoci, sono opere tutt’altro che brutte (e ci mancherebbe, viste le qualità degli autori) ma sarei più felice se in finale arrivassero dei debuttanti assoluti, magari come i piemontesi Autoradio, che con “Ultrapop” hanno realizzato un album fresco, brioso, dal mood positivo e con diverse reminiscenze vintage, davvero non male per dei venticinquenni o poco più; o come Claudio Orfei che con il suo “My Wonderland” conduce l’ascoltatore in un lungo viaggio onirico, in un tripudio di atmosfere e stati d’animo differenti.

Sono ottimi esordi anche quelli di Anna Carol, a cui dedicai spazio sin dai suoi primi singoli sul sito di “Indie For Bunnies” e del gruppo rock I Fiumi, che sarebbe meglio definire un “supergruppo” vista la presenza al suo interno di musicisti del calibro di Xabier Iriondo, Diego Galeri e Andrea Lombardini, a supportare la magnetica voce di Sarah Stride.

Per ultimi, ma essenzialmente perchè rappresentano una scoperta relativamente più recente, ci tengo a segnalare i PASE, nati da una brillante idea di Andrea Fusario, primo bassista nonchè tra i fondatori dei Virginiana Miller, che propongono un pop d’autore declinato con classe e raffinatezza.

MIGLIOR CANZONE

C’è poi la Targa per la “Migliore Canzone” che premia gli autori del brano. Non sempre è semplice decontestualizzare un singolo episodio da un album intero, soprattutto in quei casi dove alla base vi sta un concept.

Il discorso lo potrei applicare quindi a una come Madame, perché proprio la giovane veneta potrebbe imporre più di un brano in questa sezione, su tutti a mio avviso “Per il tuo bene” o “Avatar – L’amore non esiste”, a meno che i colleghi non siano particolarmente “pigri” nel citare proprio quella (altrettanto suggestiva, giusto sottolinearlo) “Il bene nel male” portata in gara al Festival di Sanremo.

A me piace molto anche il duetto tra Benvegnù (che una Targa ormai la meriterebbe anche, essendo arrivato più volte secondo) e Malika Ayane per il singolo “Non esiste altro”, inserito in un nuovo Ep del Nostro dall’indubbio fascino.

Che dire poi di un brano come “Così speciale” con cui Diodato cerca di rifarsi della mancata vittoria a suo tempo di “Che vita meravigliosa”? A mio parere ha tutte le carte in regola per arrivare al cuore della maggior parte dei giurati, grazie all’intensità e al realismo poetico con cui è riuscito a rievocare le tante sensazioni provate durante i giorni tristi della pandemia.

Meritano grande attenzione anche i brani “Undici metri” di Filippo Andreani, dedicata all’iconica e tragica figura del campione Agostino Di Bartolomei, e “La misura del tempo” della talentuosissima Marlò, così come è da rimarcare il ritorno di un fuoriclasse come Ivan Segreto con la profonda “Paura e pace”, oltre ai già segnalati Giacomo Lariccia (che spicca con il brano “Ci penserà il tempo”, dove collaborano Petra Magoni e Ferruccio Spinetti) e Rossella Seno, che regala vivide emozioni con l’intensa e delicata insieme “Cantami”, eseguita in coppia con Allan Taylor.

Mi viene difficile onestamente pensare che la Targa possa essere assegnata a una canzone in precedenza in gara al Festival di Sanremo, come successo nelle ultime 5 edizione del Tenco, vale a dire per “Stiamo tutti bene” di Mirkoeilcane (2018), “Argentovivo” di Daniele Silvestri con Manuel Agnelli e Rancore (2019), “Ho amato tutto” di Tosca (2020), “Voce” di Madame (2021) e infine “Forse sei tu” di Elisa (2022).

Non mi pare infatti ci fossero quest’anno al Festival delle canzoni di forte impronta autoriale ma non si può mai sapere cosa ne penseranno al riguardo gli altri giurati.

MIGLIOR ALBUM A PROGETTO

Infine gli “Album a progetto” che, in effetti, si potrebbe valutare di sostituirli con gli album strumentali, o di ampliarne il raggio d’azione, visto che di questi ultimi ne vengono pubblicati in gran quantità (e di indubbio valore), a differenza dei pochi che invece possono ben rientrare nella categoria “a progetto”.

Per dire, in una ipotetica sezione “Album strumentali”, si potrebbe votare con naturalezza i Calibro35 ad esempio, senza forzare troppo questo nome in altre categorie.

Ma al di là di simili considerazioni, ci fossero anche 100 album in lizza nella categoria “a progetto” credo non avrei alcun dubbio ad assegnare una mia preferenza al lavoro edito dalla illuminata casa discografica “Squilibri” dedicato alla Resistenza (“Nella notte ci guidano le stelle – Canti per la Resistenza”), con all’interno artisti come Capossela, Marlene Kuntz, Yo Yo Mundi e Lalli, Ardecore, Paolo Benvegnù, ‘A67, Mariposa, Massimo Zamboni, Teatro degli Orrori e altri ancora: un capolavoro di album, senza se e senza ma, pensato e “costruito” da Marco Rovelli che ovviamente è anche presente con un brano (in collaborazione con Teho Teardo.

La traccia di apertura del disco (pubblicato da “Squilibri”) “Nella notte ci guidano le stelle – Canti per la Resistenza” è affidata a Yo Yo Mundi e Lalli.

Nota di merito anche per l’ennesimo progetto ricco di qualità e valore assemblato da Musica contro le mafie: “Music for the Change – Collective Album #22”. Saranno con ogni probabilità questi due valenti progetti a contendersi la relativa Targa.

Al termine di questa disamina, nonostante abbia già sostanzialmente chiaro a chi dare le mie preferenze in questa fase, mi riservo ancora qualche giorno per sciogliere gli ultimi dubbi, più che altro per dare un ascolto più attento a determinate proposte, visto il numero considerevole delle opere candidabili.

Non è detto in fondo che un mio voto non vada a un artista o a un titolo che qui non ho nemmeno avuto modo di citare.

I miei tre giorni a Sanremo per il Premio Tenco

Sul Premio Tenco 2019 si è scritto davvero di tutto e di più, erano anni che non si assisteva a discussioni – spesso anche “feroci” – sulla prestigiosa Rassegna, istituita in onore del grande cantautore, che c’ha lasciato nell’ormai lontano 1967.

Da appassionato di musica – anche “d’autore” – ho sempre seguito da vicino la manifestazione, guardando con particolare interesse alle Targhe Tenco, i premi cioè destinati ogni anno nelle categorie per l’album dell’anno in assoluto, per la miglior canzone (in questo caso il riconoscimento va all’autore che, ovviamente, non sempre coincide con l’interprete in questione), per l’album in dialetto, per il miglior album di interprete, per quello d’esordio e, da pochi anni, per un album cosiddetto “a progetto”.

Un tempo, quando ero più “giovane”, non mi perdevo alla tv la serata relativa, trasmessa quasi sempre in seconda serata sulle reti RAI e ammetto di essere grato per aver scoperto grazie a questa rassegna fior fiori di cantautori.

Da qualche anno faccio anch’io parte della Giuria, siamo un gruppo numeroso ed eterogeneo; non conosco tutti, la maggior parte solo di fama, ma credo con i miei 42 anni di rappresentare ancora la parte cosiddetta “giovane”… in questo momento sono ironico ma non troppo, dopo aver letto un sacco di discussioni sul fatto che al Tenco si voglia per forza legarsi alla contemporaneità e al pop, andando a snaturare la rassegna, quel tipo di polemiche che vanno a sostituire le altre, del tipo che al Tenco si è rimasti fermi al classicismo di una canzone d’autore con quegli stilemi da “cantautore impegnato di sinistra, con la barba e la chitarra a tracolla”.

Per carità, tutto legittimo e ognuno può pensare ciò che vuole… io dico che da quando sono in giuria, ho visto arrivare in finale album che non sempre avevo votato ma ciò non significa che le scelte non fossero in linea con quella che è la storia del Tenco, e di Tenco, per quanto sia obiettivamente impossibile anche solo poter immaginare chi sarebbe realmente oggi, dal punto di vista meramente artistico, ovvio, Luigi Tenco. Che strade avrebbe intrapreso, che tematiche avrebbe trattato nelle sue canzoni… Nessuno in fondo può sapere cosa (e chi) può rappresentare al giorno d’oggi Luigi Tenco e onestamente a me interessa che non vada persa la sua memoria, che venga rispettata la sua Arte.

A distanza di una settimana dall’ultimo giorno di rassegna, non mi va di scrivere bilanci o chissà quali report, tanto chi è appassionato di musica avrà già letto di tutto e spero non si sia fermato solo all’esibizione di Achille Lauro, il cui video su You Tube è diventato quasi virale.

Io mi sono portato a casa da questa 3 giorni sanremese tante belle vibrazioni positive, e soprattutto ho ascoltato tanta buona musica. Era la prima volta che soggiornavo in Riviera per tutta la rassegna, in un’altra occasione ero giunto per la Finale, giusto in tempo per godermi la premiazione con relativo set di Niccolò Fabi che in quell’anno, il 2016, si aggiudicò con pieno merito la Targa di miglior album dell’anno con lo stupendo “Una somma di piccole cose”.

In tre giorni ho potuto vivere la rassegna “da dentro”, partecipando alle conferenze stampe, alle presentazioni del pomeriggio, alle varie iniziative, tutte di gran pregio – e poi vai a capire perchè la gente si sia fissata sull’Aperitenco che, a dire il vero, ancora non ho capito se ci sia in effetti stato, e anche fosse da quel che ho sentito non ha riguardato direttamente la rassegna.

E’ stato da una parte il Festival delle polemiche, anche e soprattutto da parte della famiglia di Luigi, ma a dire il vero mi trovo d’accordo con la replica del Direttivo.

Io ho respirato una buona aria, ascoltato come detto buona musica, incontrato tanta bella gente, con cui è stato piacevole confrontarsi. C’era mia moglie Mary questa volta ad accompagnarmi e abbiamo avuto modo anche di conoscere meglio la splendida cittadina ligure.

Al riparo dalle polemiche, che qui mi rimbalzavano solo via social – perchè di fatto il clima era assolutamente piacevole e il tutto si è svolto in piena armonia… nessuno in parole povere si è scagliato contro Lauro in primis o contro Morgan, rei di non aver reso giustizia nell’omaggio a Tenco con “Lontano lontano”, sigla d’apertura che in effetti ha visto palesi carenze tecniche.

Poi però Achille Lauro, a mio avviso più emozionato che impreparato, come da più parti ho letto, ha portato a casa la pagnotta con il suo set dove era molto più a suo agio. Personalmente non ascolto la sua musica, ma ho trovato esagerato scagliarsi contro di lui.

Gli organizzatori trarranno le loro conclusioni sulla scelta fatta a monte, di affidargli un brano simile, ma a quanto pare le polemiche ci furono anche in tempi non sospetti, quando a detta di tutti la Rassegna era ancora all’apice.

Io, però, che solo negli ultimi anni ho avuto modo di avvicinarmi a questo prestigioso contesto, e conoscendo bene anche il Festival di Sanremo, non ho riscontrato somiglianze tra le due manifestazioni. Un’apertura (che c’è stata) a qualcosa di più “commerciale” secondo me non deve creare scandalo, se poi la compensi con interventi di gran pregio, quali sono stati quelli di Vinicio Capossela, Daniele Silvestri e Rancore, Enzo Gragnaniello, Petra Magoni, Gnu Quartet, Peppe Voltarelli, Mimmo Locasciulli, Sergio Cammariere

la canzone d’autore poi, i talenti, i nomi “di nicchia” in linea con la grande storia della rassegna si sono riscontrati in Alessio Lega, Simona Colonna, Claudia Crabuzza… tutta gente che sul palco (nel caso della Crabuzza in un evento esterno) ha dato vita a performance intense, ricche, coinvolgenti.

E il pop? Beh, se il pop è quello del giovane Fulminacci, di Levante, Nina Zilli e dei premiati Ron, Stadio e Gianna Nannini, ben venga anche su questo palco!

Non è mancato nemmeno lo spazio per qualcosa di simile al “teatro canzone”, basti pensare a David Riondino o a Roberto Brivio de I Gufi, entrambi molto brillanti. E poi i duetti tra Morgan e gli altri artisti al pianoforte, i tanti, sentiti, omaggi al grande Gianni Siviero, omaggiato anche con un bellissimo album di sue canzoni interpretate dagli artisti più svariati.

Insomma, ingredienti per definire ricca e riuscita questa edizione ce n’erano eccome sul piatto, e nessuno di questi ha lasciato l’amaro in bocca.

Ho visto anzi tanta partecipazione da parte del pubblico, non solo all’Ariston per le tre serate, ma anche per gli altri eventi in programma, con un Antonio Silva sempre sul pezzo, instancabile, vulcanico, con la sua ironica simpatia.

Certo, nulla è perfetto, ma credo che il lavoro del Club Tenco in tutti questi anni sia stato lodevole e che abbia contribuito molto, non solo a tenere in vita il ricordo del grande Luigi, ma anche ad alimentarlo nel modo giusto.

Ho conosciuto in questi giorni tanta gente appassionata, credo sia veramente azzardato (e ingiusto) screditare il lavoro di anni e scrivere che sia mancato una qualche forma di rispetto nei confronti di Tenco e una discontinuità con la storia passata, gloriosa della Rassegna.

Si chiude il 2016: ecco le mie classifiche dei 10 migliori dischi internazionali e 10 migliori dischi italiani

E così siamo giunti all’epilogo del 2016,  un anno musicale alquanto funesto per quanto riguarda le dipartite da questo mondo, con illustri nomi del pop e del rock passati a miglior vita (ultimo George Michael, spentosi ad appena 53 anni).

Alcuni sul filo di lana sono riusciti a consegnarci album di pregevole fattura – che infatti trovano spazio nelle primissime posizioni della mia graduatoria – altri rimarranno comunque lassù nell’Olimpo della musica.

Per la prima volta, chi mi legge abitualmente lo sa, trovano spazio dischi di grandi “vecchi”, e ancora non sono riuscito a darmi una risposta definitiva sul fatto che abbia in qualche modo prevalso la sfera emotiva, o comunque giocato una buona parte nei miei giudizi. Fatto sta che sia Nick Cave che Leonard Cohen ad esempio fanno capolino qui… e David Bowie… beh, lui si è issato molto ma molto in alto.

A scanso di equivoci occorre precisare che di grandi album si tratta, molto significativi e intensi, nella più vasta accezione dei termini.

Poi accanto troverete anche nomi emergenti o di artisti destinati a diventare grandi. O magari no, ma che in ogni caso ci hanno lasciato dischi ben rappresentativi di questa stagione.

Troverete poi anche una top ten più specifica, dedicata alla musica italiana, che figura sempre tra i miei ascolti e da cui non posso prescindere, anche per interesse mio personale, per quanto i miei gusti siano più anglofoni.

L’ultima postilla la voglio dedicare agli assenti, alcuni dei quali so che campeggeranno in cima a liste di colleghi anche molto quotati. Dovendo ragionare da critico, ammetto che dischi come quelli di Frank Ocean, Bon Iver o della sorella d’arte Solange Knowles siano di ottima fattura, specie per quanto riguarda i suoni. In particolare mi ha colpito il lavoro della giovane astro nascente del soul, ma ritenendoli lontani dai miei gusti ho fatto prevalere il cuore, relegando i loro dischi a posizioni subalterne alla prima decina. Stesso dicasi per un album che ho pure apprezzato ma che a mio avviso è parso inferiore alle attese, alludo a quello dei Last Shadow Puppets.

Insomma, non è mai semplice fare queste liste ma è anche bello confrontarsi tra appassionati e in qualche modo mettere un punto e a capo su ciò che è appena stato.

Magari qualche ascolto ancora più approfondito farebbe lievemente modificare la mia classifica ma visto che in palio non ci sono telegatti la vado qui ora a elencare per voi…

TOP 10 WORLD

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1 – David BowieBlackstar

2 – Daughter Not To Disappear

3 – PJ HarveyThe Hope Six Demolition Project

4 – Nick Cave & The Bad SeedsSkeleton Tree

5 – Parquet CourtsHuman Performance

6 – Leonard CohenYou Want It Darker

7 – Car Seat HeadrestTeens Of Denial

8 – Angel OlsenMy Woman

9 – Ed HarcourtFurnaces

10 – RadioheadA Moon Shaped Pool

TOP 10 ITALIA

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1- MottaLa fine dei vent’anni

2- Vinicio CaposselaCanzoni della cupa

3 – Niccolò Fabi Una somma di piccole cose

4 – AfterhoursFolfiri o Folfox

5- Jack SavorettiSleep no more

6 – Gerardo BalestrieriCanzoni nascoste

7 – Daniele SilvestriAcrobati

8 – Yo Yo MundiEvidenti tracce di felicità

9 – Siberia In un sogno è la mia patria

10 – The Zen CircusLa terza guerra mondiale

 

Quante polemiche sul Concertone del Primo Maggio! Solo a me piace ancora ascoltare certa musica?

Lo ammetto, da nostalgico quale sono, e da sentimentale in genere: credo che le migliori edizioni del Concertone del Primo Maggio – quello in onda da Roma, per capirci – siano state quelle degli anni ’90, quando sembrava ci fosse un’alzata di cori genuini in merito a tematiche sociali che in teoria sempre dovrebbero essere preminenti, in primis ovviamente quella del lavoro.

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Non sono ingenuo e ben presto ho capito come in realtà ci siano molti interessi legati a una promozione in alcuni casi “esagerata”, data da un’esibizione fatta davanti a milioni e milioni di telespettatori, con conseguente sdegno di chi – ancora oggi, è capitato ad esempio ai Marlene Kuntz, una delle nostre migliori espressioni rock da 20 anni e oltre a questa parte, o ieri, pensiamo agli Afterhours – si vede scippato parzialmente di questa ghiottissima opportunità, magari con una performance troncata dall’incombente incedere  delle pubblicità.

Solitamente però non mi faccio tutte ste pippe mentali: leggo assurdi contributi (post,  commenti) nati solo per criticare, bistrattare, umiliare questo o quell’artista che anche quest’anno, fuori tempo massimo vedendo il tristissimo scenario attuale in ambito culturale e sociale, ha voluto calcare quel palco.

Magari sono artisti che già ci sono passati con alterne fortune, magari sono altri che pagherebbero oro per andarci, magari sono semplicemente “leoni da tastiera” che, per lo stesso astruso meccanismo, si ostinano a guardare controvoglia (ma sarà davvero poi così?) l’evento per poi atteggiarsi a portatore di verità assolute, stroncando tutti. E vale anche se si parla di X Factor, The Voice, il Festival di Sanremo, come se davvero NULLA ma proprio nulla fosse di gradimento a un qualsiasi orecchio.

L’ho detto in apertura di post: io per primo sostengo la “causa” degli anni ’90, credo che quel tipo di fermento difficilmente si potrà più ricreare, però cazzo, proprio perchè ormai ci siamo disabituati a sentire la musica in tv, che non sia quella preconfezionata, “di plastica” propinataci dai mille mila talent show, io attendo sempre di ascoltare quegli artisti che mantengono ancora quell’aurea di “alternativa”.

Poi anch’io faccio zapping all’ennesima tarantella, al discorso prolisso e retorico, e agli slogan facili, forse perchè non li percepisco sinceri, però riesco ancora a tirare una boccata d’aria quando vedo appunto i già citati Marlene (comprendendone appieno lo sfogo, visto che anch’io, comodamente dal salotto di casa, attendevo di farmi per l’ennesima volta cullare dalla splendida “Nuotando nell’aria”), gli amici Perturbazione – splendidi e come sempre di un’umiltà e gentilezza senza eguali -, il must Vinicio Capossela, di cui trepidamente aspetto il nuovo disco per stupirmi come la prima volta che lo ascoltai, l’eterno giovane Max Gazzè, il tormentato Grignani, che deve accontentarsi delle briciole del pomeriggio solo con chitarra acustica, Fabrizio Moro, l’elegante Gary Dourdan, riuscendo persino a provare tenerezza e empatia per i TheGiornalisti, visibilmente emozionati e altrettanto consapevoli di cosa stavano vivendo, per una tappa importante della loro carriera.

Insomma, lunga vita al Concertone, con tutti i suoi pregi e difetti, le macchinazioni, le furberie e i magna magna… (ecco, così ho completato l’elenco nero), e anche se ogni anno mi beccherò il grande Enzo Avitabile o i Modena, gli stessi che un tempo facevano palpitare il mio animo barricadero a suon di “Bella Ciao” e “Cento Passi”, beh, mi limiterò a sorridere, ma dopo le prime note sarò di nuovo idealmente sotto al palco a ballare e scatenarmi!

Torna il cantautore Daniele Scarsella – “Con l’olio nell’acqua”

 

Daniele Scarsella, trentanovenne cantautore frusinate, è un artista che ama osare. Ma il suo coraggio nel proporre musica colta e di pregevole fattura non è sbandierato e urlato ma assomiglia alla sua musica, è connaturato in essa. Questo perché nel 2011 chi fa musica di qualità, indipendentemente dai generi, è costretto a vedersi superato – quando non del tutto sostituito – da pseudo cantanti-musicisti che si limitano a scimmiottare ciò che va per la maggiore, si fanno beatamente plasmare da programmi tv belli e buoni scambiati per talent show e produttori mascherati da conduttori o viceversa. Sembra di parlare di due discipline diverse, eppure Daniele Scarsella fa lo stesso mestiere di Marco Mengoni, per dire. E ho citato probabilmente il migliore, il più “talentuoso” tra quei prodotti usciti in serie dalla tv generalista. Come potrebbe quindi emergere un moderno cantautore, posto che si tratta di una categoria che non ha mai approfittato dei media, nemmeno nei tempi più gloriosi, con gli immorali De Andrè, De Gregori, Guccini in auge decenni fa? Semplice,il pericolo è che non possa emergere mai! Perché i dischi ora si divorano alla velocità della luce, le tracce si perdono nei multicd pieni zeppi di mp3 da by passare, non appena ci accorgiamo che il ritornello non arriva nei tempi stabiliti (da altri). Daniele Scarsella si smercia dal dilemma, rimanendo fedele a sé stesso, mostrando col quarto album, una piena consapevolezza della sua struttura musicale, invero molto simile da un brano all’altro, giocando molto sull’originalità e la varietà degli arrangiamenti. Coadiuvato da validissimi musicisti, propone un doppio lp (scelta già di per sé rischiosa ai fini discografici, a meno che tu non sia un big impegnato a catalogare un “best of” di singoli di successo) che spruzza melodie latine, venate di malinconico folk, non certo quello “fracassone”, un po’ di bossanova, ma soprattutto molto jazz, modern jazz o be bop. Niente ritmi funambolici, piuttosto il cd è pervaso di atmosfere notturne, quasi a ricordare il primo fumoso Vinicio Capossela. Ma rispetto a quest’ultimo manca certamente l’eclettismo e di certo non ci immaginiamo uno Scarsella in grado di scrivere ad esempio un pezzo come “Maraja”, spartiacque nella carriera di Vinicio. I testi toccano temi per lo più esistenzialisti, specie in “Cose da perdonare”, la sognante “Sopra un cielo di vetro” e la dolcissima, dai toni soffusi, “Amore cantami”. Un disco edito molti anni dopo l’ultima fatica e concepito presso lo studio casalingo dell’autore stesso, che ha voluto in prima persona lavorare ad ogni aspetto del lavoro. Non un album facile, rapisce per l’intensità e per il modo soave di insinuarsi nelle nostre orecchie. Un disco da ascoltare per purificarci da tutti quei suoni inquinati da cui purtroppo siamo pervasi accendendo le radio commerciali.