Targhe Tenco 2023 – Commento sui vincitori e gli altri finalisti

Sono stati annunciati nella giornata di ieri i vincitori dell’edizione 2023 delle Targhe Tenco, storico riconoscimento dedicato alla canzone d’autore istituito dal Club Tenco nel lontano 1984, e assegnato da una nutrita giuria di esperti.

Anch’io faccio parte dei giurati da un po’ di tempo e, come spesso ho fatto, vado anche quest’anno a chiudere il bilancio della rassegna con un articolo riepilogativo di commento sui vincitori.

Per prima cosa mi sento di dire che, scelte personali a parte (che in pochi casi questa volta hanno coinciso con quelli che poi si sono aggiudicati l’ambita Targa), mi pare ci sia poco da obiettare sugli esiti, visto che si tratta di opere assolutamente meritevoli, nel contesto di cinquine finali che tutto sommato non mi avevano fatto gridare allo scandalo.

Ovviamente c’è chi invece ha cavalcato, come sempre accade, certe polemiche, chi ha tirato in ballo fosse tutto deciso a tavolino e robe simili.

Io credo che, al netto di certe rilevazioni anche pertinenti su alcuni criteri di ammissione, questa sia stata un’edizione piuttosto ricca in quanto a proposte, con più di una categoria – come già ebbi modo di sottolineare in un precedente articolo – dove c’era finanche l’imbarazzo della scelta in vista del ballottaggio.

Così è stato in effetti per me, che mi sono trovato in seria difficoltà ad esempio nell’assegnare la mia preferenza nella sezione degli album d’esordio, in quella degli interpreti e in quella degli album in dialetto, tanta era la bontà dei progetti coinvolti, spesso realizzati da artisti che davvero stimo, in primis anche come persone.

Ma nel mettermi poi con estrema serietà a giudicare un disco, ho cercato di dare un voto il più oggettivo possibile, consapevole che la giuria è alquanto composita e che in talune circostanze sarei stato comunque felice di vedere assegnata la Targa anche a un nome che avevo magari in maniera sofferta tralasciato in favore di un altro.

Dopo questa premessa, ecco nel dettaglio i nomi dei vincitori delle Targhe:

MIGLIOR ALBUM IN ASSOLUTO

Il nome di Vinicio Capossela credo non dovrebbe essere in discussione nel momento in cui ci si approccia a un album come “Tredici canzoni urgenti”, eppure è proprio il suo il nome della “discordia”, quello su cui si fa ironia o si passa oltre.

La mia opinione è che, fermo restando ci possa essere una sorta di “pigrizia” in determinati colleghi al momento di votare, assegnando magari la preferenza a nomi noti, non ci sia nulla di anomalo sulla sua (ennesima) vittoria.

Ci stanno ovviamente le idee personali, ci sta che possa non piacere o risultare persino indigesto, ma sul suo valore come artista non c’è tanto da eccepire, così come ripeto sulla qualità di questo nuovo lavoro che, dal mio punto di vista, ha soltanto avuto la pecca, nel raccontare temi di indubbia importanza, di risultare un po’ troppo pesante, e a tratti monocorde, laddove invece Vinicio in passato ci aveva abituati a un notevole eclettismo, mostrando una tavolozza di colori davvero sorprendente.

Anche per me qui non siamo dalle parti di capolavori riconosciuti come “Ovunque proteggi” o “Il ballo di San Vito” ma dal mio punto di vista questo album è ad esempio superiore ad altre sue recenti produzioni.

Ad ogni modo sono solo cinque i voti (52 a 47) che hanno separato il vincitore Capossela dai Baustelle, che con “Elvis” hanno realizzato un album fresco, energico e godibile come non accadeva da un po’, pur non toccando le vette d’ispirazione di passati lavori come “Amen” (quello sì vincitore della Targa come Miglior Album in Assoluto) o “La malavita”.

Terza si è classificata Madame (41 voti), data come principale competitor di Capossela alla vigilia: si è difesa onorevolmente con il suo intenso “L’amore” ma immagino che le polemiche sarebbero state anche maggiori nel caso si fosse alla fine aggiudicata lei la Targa.

Sfiora il podio una rediviva Nada, che si è assestata a 39 voti, autrice di un album interessante quale “La paura va via da sè se i pensieri brillano”, mentre ammetto la delusione nel trovare ultimo proprio l’album a cui con piena convinzione avevo dato la mia preferenza, vale a dire “Infinite possibilità per esseri finiti” dell’istrionico cantautore Giovanni Truppi.

Solo 35 giurati hanno pensato di premiarlo: a chi tra i miei lettori non avesse avuto modo di ascoltare l’album lo consiglio vivamente, perché credo che all’interno vi siano disseminate delle autentiche perle.

MIGLIOR CANZONE

Anche qui alcuni commentatori hanno tirato in ballo l’ovvietà, facendo la comoda equazione: c’è Niccolò Fabi in lizza per la Targa, ecco che la vincerà lui!

E’ andata in effetti così ma si può davvero criticare un simile riconoscimento nei confronti di una canzone poetica, profonda, sofferta come “Andare oltre”?

Eppure si è giocato punto a punto con la seconda classificata, vale a dire “La cattiva educazione” di, guarda un po’ chi si rivede?, Vinicio Capossela con il preziosissimo contributo vocale della talentuosa Margherita Vicario. 55 preferenze a 54 per Fabi, con il sottoscritto che al ballottaggio ha optato proprio per la canzone di Capossela, toccante, da brividi nell’affrontare un tema di così stringente attualità, ma che ahimè riecheggia da troppo tempo, come il femminicidio.

Più staccati gli altri brani finalisti: “Non esiste altro” di Paolo Benvegnù e Malika Ayane (45), “Replay” di The Niro, a sancire un ritorno coi fiocchi, fermatosi tuttavia a 24 voti, e infine a pari merito a 20 gli outsider di lusso Canio Loguercio con “’A libertà (O respiro d’e ‘pprete”) e Verdena con “Nei rami”.

OPERA PRIMA

Una categoria che mi sta particolarmente a cuore, in quanto amo vedere cosa si muove dal basso laddove spesso e volentieri nascono e crescono i campioni di domani: ecco, in questo caso siamo di fronte – e posso ben affermare di esserne certo sin da subito – a un nome di sicuro avvenire e dal già fulgido presente, quello dell’artista sarda Daniela Pes.

La sua affermazione con l’album “Spira” in questa rassegna è stata fragorosa, corroborata da ben 66 preferenze, tra cui anche la mia, nonostante avessi alquanto apprezzato anche altri esordienti giunti in finale, soprattutto Claudio Orfei e il figlio d’arte Brando Madonia.

A occupare la seconda piazza del podio sono stati i giovani Colla Zio, già piuttosto noti dopo la partecipazione al Festival di Sanremo ma ancora parecchio acerbi dal mio punto di vista.

Hanno totalizzato con il loro “Rockabilly Carter” 43 preferenze, finendo così davanti a un big come Federico Dragogna, noto leader dei Ministri, (39 voti) al debutto solista con “Dove nascere” e ai due sopracitati Orfei, il cui magnifico disco “My Wonderland” ha raccolto 27 voti, tre in più di Madonia jr. e il suo “Le conseguenze della notte” (24).

INTERPRETI DI CANZONI

E’ questa l’unica categoria dove quest’anno si è assistito a un ex aequo con un totale di 58 preferenze ciascuno per Alice (che in “Eri con me” ha tributato il suo compianto mentore Franco Battiato) e del grande Francesco Guccini, finanche commovente alle prese con “Canzoni da intorto”.

Molto staccati altri album di indubbio fascino e valore come “Joni” di Rossana Casale (39), sulla straordinaria cantautrice Joni Mitchell, “Si ll’ammore è ‘o ccuntrario d’’a morte” di Raiz con i Radicanto (37) riguardo l’opera di Sergio Bruni, e “Girotondo De Andrè” di Musica Nuda, clamorosamente ultimi con soli 27 voti totali.

Sono stato molto combattuto su chi premiare in questa sezione, scegliendo infine di dare la preferenza al disco di Alice.

MIGLIOR ALBUM IN DIALETTO

Come spesso sottolineo, è proprio questa la sezione che ogni anno mi riserva le maggiori sorprese, dimostrando quanto retaggio culturale, storico e artistico sia riscontrabile in ogni angolo del nostro Belpaese.

Apprendendo il verdetto appare chiaro come gli Almamegretta, un nome una garanzia non solo a queste latitudini, abbiano strameritato di aggiudicarsi la Targa, grazie ai ben 84 voti totalizzati fra i giurati, ma in realtà il pur magnifico “Senghe” non mi sembrava così nettamente migliore rispetto ad altri titoli giunti in finale.

Ad esempio fui rapito sin dal primo ascolto dalla profondità e complessità di progetti molto particolari come “La grande corsa verso Lupionòpolis” di Peppe Voltarelli e “Fantasia. Le poesie di Eduardo in musica” di Patrizia Cirulli, che alla fine hanno ottenuto rispettivamente 58 e 47 punti. 

Ma di grande impatto e indubbia qualità risultano essere anche “Nun te ne fa” del cantautore/poeta napoletano Gnut e “Uauà. Omaggio in musica a Eugenio Cirese” di Giuseppe Moffa, a cui però purtroppo sono rimaste solo le briciole, avendo essi accumulato rispettivamente 14 e 10 preferenze.

Tra i pochi che hanno dato il loro voto all’artista molisano ci sono anch’io, che ho amato visceralmente questo progetto trovandolo assolutamente rilevante nel panorama della musica italiana tout court, per il suo grande lavoro di ricerca e riappropriazione di un patrimonio della propria Terra.

ALBUM COLLETTIVO A PROGETTO

Per finire la categoria più recente delle Targhe Tenco, quella dedicata agli album collettivi inerente un progetto unitario: erano onestamente pochi i dischi cui porre attenzione e oltretutto tra questi è parso indubbio ce ne fosse uno decisamente sopra la media, anche tenendo conto delle edizioni passate.

Mi riferisco al titolo che poi in effetti con un autentico plebiscito ha ottenuto l’ambito riconoscimento, vale a dire “Nella notte ci guidano le stelle. Canti per la Resistenza”, prodotto da Mimmo Ferraro e Marco Rovelli, capace di raccogliere la cifra monstre di 132 preferenze.

A distanza siderale si piazzano così gli altri due finalisti: “Cover me Bruce Springsteen” e “Music for Change – Collective Album #22”, con rispettivamente 41 e 22 voti.

Cala quindi il sipario su un’edizione secondo me molto interessante, segno di una vitalità tangibile della nostra canzone d’autore, certamente in evoluzione a livello anche puramente concettuale, oltre che stilistico, ma assolutamente degna di risalto e attenzioni, soprattutto tenendo conto che, al di là dei nomi finalisti passati qui in rassegna, ce ne sono tantissimi nelle retrovie che meritano senz’altro di essere ascoltati e portati alla ribalta.

Chiudo ricordando l’appuntamento annuale, imperdibile per gli appassionati, della Rassegna della Canzone d’Autore (Premio Tenco), in programma al Teatro Ariston di Sanremo il 19, 20 e 21 ottobre, giornate ricche di eventi dove tra l’altro verranno anche consegnate le Targhe.

Chissà che non riesca a ritornare nella “Città dei fiori” per l’occasione, magari assieme alla mia famiglia nel frattempo allargata dopo il tanto desiderato arrivo del piccolo Luigi Maria.

Sarebbe bellissimo perché, oltre a ritrovare colleghi che stimo, in alcuni casi legati anche da sinceri rapporti di amicizia, in quei tre giorni come da tradizione del Premio Tenco si ascolta davvero musica di gran qualità.

Svelati i finalisti delle Targhe Tenco 2023: poche le sorprese, a parte l’assenza di un esordiente già piuttosto affermato!

Sono usciti i nomi dei finalisti delle Targhe Tenco che ora andranno al ballottaggio per aggiudicarsi l’ambito riconoscimento.

Avevo condiviso con i lettori in un precedente articolo i titoli che ritenevo più meritevoli, aggiungendo inoltre alcune considerazioni personali al di là di quelli che poi sarebbero stati in effetti i miei prescelti.

Devo dire che diversi degli album da me votati al primo turno figurano ora in Finale ma in ogni caso mi pare non ci siano elementi plausibili per gridare allo “scandalo” se non forse per l’assenza in tutte le sezioni di Manuel Agnelli, autore di un album d’esordio di livello, oltre che di singoli brani che avrebbero potuto far maggiormente colpo sui giurati.

Per inciso nemmeno io ho dato una preferenza al suo lavoro ma onestamente immaginavo sarebbe arrivato comunque in Finale.

Detto ciò ecco di seguito l’elenco dei Finalisti per ogni categoria: in generale mi pare un’edizione molto interessante e personalmente mi prenderò ancora qualche giorno per riascoltare bene alcuni album e sciogliere così gli ultimi dubbi.

A ben vedere in alcune categorie ho quasi l’imbarazzo della scelta, convinto che qualunque sarà alla fine il vincitore della relativa Targa non ne rimarrò certo deluso.

In altre magari mi ritrovo combattuto fra due o tre titoli, e allora cercherò di votare con animo sereno il disco che a parità di livello qualitativo mi ha suscitato con gli ascolti le emozioni più intense.

Ps come di consueto una volta usciti i nomi dei vincitori scriverò un articolo dettagliato con i commenti dove senza alcun problema svelerò a chi avevo lasciato il mio voto in questa fase cruciale.

La canzone d’autore resiste#2: Canio Loguercio con “Ci stiamo preparando al meglio”

La canzone d’autore italiana, nella sua versione “classica”, o per meglio dire rispettosa dei grandi maestri del genere, si può facilmente riscontrare nell’ultimo album di Canio Loguercio, cantautore nativo della provincia di Potenza ma napoletano d’adozione.

Una prova tangibile di quanto affermato la scopriamo nell’immediato, mettendoci semplicemente all’ascolto del suo ultimo lavoro, uscito ormai diversi mesi fa, e intitolato in maniera – ci si auspica profetica – “Ci stiamo preparando al meglio”.

Credit foto: Andrea Boccalini

Pubblicato da “Squilibri”, come già il precedente “Canti, ballate e ipocondrie d’ammore” (realizzato con il valente musicista Alessandro D’Alessandro, che caratterizzò il disco con l’inconfondibile sound del suo organetto), questo nuovo lavoro vi si discosta proprio per il tono maggiormente cantautorale e per un’apertura maggiore a livello di stili e rimandi.

Intendiamoci, l’opera omnia di Loguercio è interamente da riscoprire e applaudire (basti pensare che il già citato disco precedente vinse la Targa Tenco come Miglior Album in Dialetto), ma indubbiamente tra le pieghe di “Ci stiamo preparando al meglio” si nota un artista con il desiderio e la motivazione di trasmetterci tanto di se’, delle sue passioni e delle sue inclinazioni, provando (e riuscendoci) ad alzare l’asticella della qualità.

Passioni per le storie, per la tradizione – specie quella napoletana – ma anche per la parola, che forse mai come in questa occasione rivela la medesima importanza attribuita alla componente musicale, da sempre tenuta in altissima considerazione.

E’ inoltre un album che mostra indiscutibilmente il valore del suo autore, il quale emerge in ogni traccia (anche in quelle non autografe) come assoluto protagonista, seppure poi lo stesso abbia avvertito il bisogno di coinvolgere molti musicisti per quella che è diventata così una straordinaria esperienza collettiva.

“Ci stiamo preparando al meglio”, sin dalla sua caratteristica (e irresistibile) traccia eponima, suona vivace, intenso, profondo e pulsante, ed è in grado – cosa non scontata – di arrivare facilmente alle orecchie e al cuore degli ascoltatori, nonostante non si tratti certamente di episodi che concedono ritornelli da cantare in coro o sonorità catchy.

Una fragorosa eccezione è rappresentata proprio dal brano che intitola l’opera, nel quale ogni elemento è incastrato al posto giusto: una melodia vincente, il connubio splendido tra le voci del titolare del progetto e quelle di Andrea Satta (dei magnifici Tetes de Bois) e Sara Jane Ceccarelli, una musica cangiante dove si fondono e rincorrono tromba e fiati magistralmente curati da Luca De Carlo e un testo carico di consapevolezza e speranza, in versi ispirati come: “Siamo dei sopravvissuti al grande errore/dispersi ormai/e a inseguirci come petali di un fiore/e tutto intorno non è più inverno, c’è un nuovo mondo/Noi qui nel frattempo ci stiamo preparando al meglio/siamo a buon punto, ci stiamo preparando al meglio”.

E’ impossibile non lasciarsi trasportare dalla bellezza intrinseca di questa canzone, non avvertirne lo spessore e la forza, e difatti il singolo andrà a figurare tra le cinque migliori canzoni dell’anno nella categoria relativa per le Targhe Tenco, classificandosi dignitosamente terza dietro due artisti emergenti dal grande seguito: Madame e Iosonouncane.

Loguercio sembra tuttavia disputare un campionato diverso dai suddetti, ma quando ci sono i contenuti e le idee, e si riescono a veicolare e mettere in circolo, non c’è da stupirsi più di tanto se poi arrivano intatte tante emozioni diverse.

Il cantautore esplora infatti con questo disco differenti scenari narrativi e musicali, cambiando sovente registro e mood, cosicchè dopo l’ebbrezza iniziale, ci si sente avvolgi da una ballata notturna alla Nick Cave: “In un punto lontano” si avvale della collaborazione con la violoncellista e cantante Giovanna Famulari, e si dispiega lenta e sinuosa, sorretta dalla tenebrosa voce del Nostro.

“Chissà cos’è”, ancora imperniata sulla raffinatissima tromba di De Carlo, accentua le sfumature jazz, rendendo l’atmosfera avvolgente e fumosa, mentre in seguito ci si imbatte nella prima felice rivisitazione del disco, vale a dire una intensa “Quando vedrete il mio caro amore” che attualizza la versione primigenia di Donatella Moretti, datata 1963, conferendone una nuova luce, grazie anche alla maestria interpretativa di Monica Demuru, impegnata in uno struggente duetto con il cantautore lucano.

E’ l’incipit di un trittico notevole di rifacimenti altrui, di cover che attingono a mondi sonori e concettuali differenti ma che Loguercio rende omogenei a livello di stile, come se fossero stati partoriti da un’unica penna, segno che il suo tratto è ormai riconoscibile.

Sia la citata “Quando vedrete il mio caro amore”, che il classico della canzone napoletana “Core ‘ngrato” e la celebre “Incontro” di gucciniana memoria, difatti, sono calate nella dimensione di Canio Loguercio, che si mostra assai rispettoso dei significati e dell’importanza degli originali ma capace pure di piegarli secondo i bisogni e le peculiarità di questo suo progetto.

Le restanti tracce mettono in evidenza ancora l’alternanza riuscita della lingua italiana con il dialetto, e una indispensabile ricerca dell’antico che però magicamente riesce ad andare a braccetto con il moderno.

In tal senso vale la pena sottolineare la potenza evocativa delle corali “Tienimi forte le mani” e “Mia cara madre”, rielaborazione di “Lacreme Napulitane”, che chiude il cerchio su un lavoro assai convincente riuscendo finanche a commuovere.

Doveroso da parte dell’autore è stato infine recuperare il pezzo “Luntano Ammore”, ora impreziosito dalla magnetica ed espressiva voce di Flo; nella sua versione originale apriva l’interessante album “Amaro ammore”, pubblicato sette anni fa, a dimostrazione di un talento che era già ben definito e pronto a spiccare il volo nel novero dei cantautori di questo millennio.

Commenti, pronostici e confessioni sui finalisti delle Targhe Tenco 2021

Sono usciti un paio di giorni fa i nomi dei finalisti in lizza per aggiudicarsi le prestigiose Targhe Tenco, il maggior riconoscimento della Canzone d’Autore italiana.

Da giurato e da appassionato di musica ogni anno do’ il mio contributo fatto di approfonditi ascolti (tanti!), valutazioni attente e scelte che, irrimediabilmente, contengono in se’ ogni volta un che’ di soggettivo, nonostante sia necessario approcciarsi al contesto con il giusto occhio critico, visto quanto siano significativi in un percorso artistico determinati attestati.

Prima di passare in rassegna con dei commenti specifici i vari nomi candidati ai premi finali, e prima di avventurarmi in pronostici (sapendo che, come accaduto in passato, è molto difficile che tutti i lavori per cui ho speso la preferenza arrivino poi a ricevere le rispettive Targhe), riporto anche qui delle brevi riflessioni che, a caldo, avevo condiviso sui miei profili social, e che riguardavano non il valore di uno specifico autore o del relativo album ma bensì il senso stesso di una candidatura che, almeno sulla carta, mi pare stridere con la storia di questa rassegna.

Discorsi già sentiti, mi diranno i più “vecchi” e seguaci appassionati del Premio Tenco e che in teoria si possono allargare a tanti differenti ambiti artistici (in fondo, anche nel “classicissimo” Festival di Sanremo le contaminazioni musicali recenti hanno rinnovato il roster dei partecipanti, contribuendo nella fattispecie a rilanciarne un appeal che, specie per i più giovani, sembrava perduto).

E allora in fondo perchè stupirsi di certi nomi in lizza quest’anno, quando in passato hanno vinto già una volta Caparezza (che a quanto pare ha le carte in regola adesso per riprovarci), la rockstar nostrana per eccellenza Vasco Rossi (nel 1998) o, caso recentissimo, Dario Brunori nel 2020 col suo album più pop?

Scrissi questo su Facebook non appena letto la lista dei finalisti (condivido un estratto):

Sugli album di esordienti in molti illustri giornalisti si stanno esponendo e devo dire che sono d’accordo con certe perplessità (che avevo già manifestato in tempi non sospetti, le stesse che ebbi lo scorso anno quando ad aggiudicarsi quella Targa fu Paolo Jannacci). Non sto ovviamente dicendo che devono vincere i miei “preferiti”, non sono così “infantile” però mi pare che certi nomi siano sorretti dal cosiddetto hype (che sicuramente ha investito anche illustri firme)… alludo alle candidature di Madame e di Iosonouncane.. non sto a sindacare sul valore dei due artisti e delle loro opere (anzi, molto probabilmente il disco di Iosonouncane a fine anno campeggerà molto in alto nella mia classifica in fase di bilancio), dico però che non li vedo adatti al contesto… La musica d’autore potrà (anzi, è necessario in un certo senso che accada) rinnovarsi e mutare forma, ma i significati, le parole, i testi devono mantenere la loro suprema rilevanza e un album come Ira (dal mio punto di vista notevole sul piano artistico) essendo ai confini con lo sperimentalismo, di suono così come di linguaggio espressivo, lo percepisco come distante dal contesto del Premio Tenco“.

Detto ciò, ecco finalmente l’elenco completo dei finalisti per il 2021:

DISCO IN ASSOLUTO

Presenti due dei tre titoli che avevo indicato alla prima tornata di voti, vale a dire Samuele Bersani e Pino Marino, i quali rappresentano l’ala più vicina alla canzone d’autore propriamente detta, almeno per i miei canoni. La loro proposta musicale è erede dei grandi cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana, e se Samuele in passato ha già più volte ottenuto una Targa, per l’artista romano sarebbe un giusto riconoscimento – non alla carriera, non è ancora il momento – a un’opera di sicuro meritevole, al solito ottima sul profilo letterario ma che, a differenza di suoi dischi passati, non disdegna arrangiamenti più “moderni”, concedetemi il termine spiccio.

Sottolineati i giusti meriti di entrambi, occorre però evidenziare come ci sia un titolo fra i cinque che può davvero sbaragliare la concorrenza e creare un precedente “positivo” per chi sostiene che la rassegna si sia fin troppo aperta al mainstream: alludo a “Ira” di Iosonouncane, un disco dai confini indefinibili, affascinante, profondo, sfuggente e in grado di inchiodarti all’ascolto.

Un album che non può lasciare indifferenti e che ho già candidamente ammesso figurerà nelle mie consuete classifiche di fine anno, oltretutto molto in alto, perchè il suo valore intrinseco è notevole.

Un disco che mi sta mettendo in difficoltà per i motivi che ho provato a spiegare nel mio precedente post sui social, però mi chiedo: può un album che è già tra i miei preferiti in assoluto di questa prima parte dell’anno non vincere il Premio Tenco? Lascio staccati i vari ambiti oppure il suo valore è tale che va premiato, dal mio punto di vista, anche in una rassegna che ha mantenuto nei decenni determinati valori e stilemi?

Ho ancora qualche giorno per sciogliere le riserve – e la cosa vale per tutte le categorie, anche se in alcuni casi le idee sono molto più chiare.

Tornando ai dischi candidati nella principale categoria, vedo più defilati i nomi di Caparezza e Motta, che non erano nemmeno nei miei personali “ballottaggi” nella prima fase della votazione, perchè reputo che entrambi abbiano realizzato in passato album migliori di questi.

Mi va in questa sede anche di segnalare (e confido di dedicare in alcuni casi un articolo dettagliato in futuro) altri album secondo me molto interessanti che avrebbero avuto i requisiti per ambire, non dico a vincere la Targa, ma quanto meno ad arrivare tra i primi cinque: “Mannaggia a me” di Piero Brega, ispirato e istrionico come ai tempi migliori; “Cuore nero” di Olden, che ha replicato per qualità un disco come il suo precedente “Prima che sia tardi”, nonostante una diversità di suoni e atmosfere; “Ristrutturazioni” di Agnese Valle, una delle cantautrici più talentuose in circolazione e soprattutto “Paesaggio dopo la battaglia” di Vasco Brondi, il primo album di inediti a suo nome (di cui ho scritto una più che lusinghiera recensione sulla rivista “Vinile”) dopo la fruttuosa esperienza come Le luci della centrale elettrica. Per me era proprio il suo il disco che doveva vincere la Targa come migliore in assoluto, sebbene da regolamento fosse candidabile tra le Opere Prime (fattore che ha aperto un’autostrada di preferenze ai navigati Francesco Bianconi e Cristiano Godano).

Assolutamente degni di nota anche “Un sogno di Maila” di Amerigo Verardi, dalle sonorità psichedeliche e sognanti; “Sulla terra”, lavoro intimista con cui Davide Tosches si è messo a nudo; “La natura e la pazienza”, pieno di grazia e di buone vibrazioni, di Chiara Raggi, impegnata anche nel progetto “Musica di Seta”( proprio a sostegno della migliore musica d’autore), e l’oscuro e magnetico “Testimone di passaggio” di Flavio Ferri.

ALBUM IN DIALETTO

Qui ammetto di essere molto soddisfatto della cinquina finale, nonostante manchi il nome di una band che avevo votato al primo turno, i lucani Renanera, autori con “Terra da cammenà” di un album dove antico e moderno viaggiano a braccetto: peccato per loro ma avrò modo di dedicare spazio nel mio blog a questo progetto. Lodevole e di forte impatto sociale l’album “Nebros – Storie e Antichi Echi, Vol.1” del cantautore siciliano Marco Corrao, già noto su queste pagine.

Era difficile in effetti trovare posto in mezzo a titoli davvero importanti e con tutte le carte in regola (allo stesso modo) per vincere la Targa: dai siciliani Fratelli Mancuso (di cui giù avevo scritto con entusiasmo fra queste pagine quando fu pubblicato il loro stupendo “Manzamà”) ai loro corregionali Lautari, tornati in grande spolvero con “Fora Tempu”, all’artista di razza Patrizio Trampetti con l’intenso e viscerale “‘O Sud è fesso”, si potrebbe consegnare il Premio a occhi chiusi, sicuri di non sbagliare.

Se la giocano anche Setak e Stefano Saletti con la Banda Ikona ma credo che, nonostante non manchino certo motivi di interesse, un loro expoit sia poco probabile.

La categoria degli album in dialetto è da sempre quella che mi da’ più spunti di interesse, perchè non solo il nostro patrimonio artistico in tal senso è inestimabile ma, cosa più importante, anche il presente è più ricco e vivo che mai.

OPERA PRIMA

Si è in pratica avverata una profezia che feci appena uscirono gli album solisti di Bianconi e Godano (sul cui valore assoluto non discuto), quando dissi che per la successiva edizione del Premio Tenco due nomi tra i migliori debutti sarebbero in pratica giù stati assegnati. Difficile però pensare a due mostri sacri della canzone italiana (perchè quelli sono i Baustelle e i Marlene Kuntz, gruppi di cui i nostri sono affermati e carismatici leader) come esordienti ma tant’è: il regolamento dice questo e d’altronde anche lo scorso anno si aggiudicò la Targa in questa categoria il buon Paolo Jannacci, non certo un novellino; immaginavo pertanto che ai “veri” esordienti sarebbero rimaste le briciole in fase di responsi.

Gente come il raffinato cantautore Carlo Pinchetti, a cui ho dato tra l’altro la preferenza nella prima tornata di voti, la brillante Vea (Valeria Angelotti), autrice dell’ottimo “Sei chi non sei” o Francesco Maestro Pellegrini, già negli Zen Circus, che ho intervistato su “Indie For Bunnies”, il quale ha debuttato con un album autentico e delicato come “Fragile” (donandogli nuova vita in una recente ed emozionante versione a due per pianoforte e voce con il padre Andrea), meritavano a mio avviso più fortuna in questa sede ma sono sicuro che riusciranno a far parlare di se’ per i loro indubbi meriti.

Non è detto tuttavia che ci sia già un vincitore annunciato, poichè la concorrenza femminile mai come in questa sezione è agguerritissima e possiede efficaci armi come il talento, la qualità e lo spessore: dalla versatile Emma Nolde alla più classica ChiaraBlue, che tiene sospesi e ammaliati tra atmosfere jazzate, fino ad arrivare all’astro nascente Madame che ha stupito tutti al Festival di Sanremo, in egual modo appaiono seriamente in grado di insidiare i due big “in incognito”.

INTERPRETE DI CANZONE

I tre titoli da me indicati al primo step di votazioni sono arrivati in finale, quindi oltre a essere felice per loro, mi vien da dire che obiettivamente avessero qualità evidenti per non lasciarsi sfuggire questa opportunità di incrementare la loro personale bacheca di successi. Già, perchè i nomi a cui mi riferisco sono la splendida Ginevra Di Marco, che qui si è cimentata egregiamente con l’opera di Luigi Tenco, insomma, è nel “posto giusto” direi per affermare la propria candidatura; la rediviva Ornella Vanoni che in quanto a classe interpretativa non ha eguali e il grande Peppe Voltarelli che definire cantautore suona assai riduttivo, vista la sua caratura di artista a 360 gradi. Se risultassero vincitori mi farebbe piacere, indistintamente, anche se ovviamente dovrò anche qui scegliere un solo nome per la votazione decisiva.

Avevo dovuto sacrificare in fase di preferenza l’album di Federico Poggipollini, che ho apprezzato ascoltandolo con gusto, e ora me lo ritrovo nella cinquina di finalisti, quindi benissimo così; mi sorprende invece il nome della brava Miriam Foresti, con un progetto ambizioso di non facilissima fruizione.

CANZONE SINGOLA

Anche questa categoria è molto importante e, almeno da quando figuro in giuria, cioè dal 2016, è quella più imprevedibile in quanto a pronostici ed effettivi risultati.

Canzoni singole bellissime ce ne sono a iosa, dai più svariati cantanti, anche se a volte risulta difficile estrapolarle dal contesto di determinati dischi: insomma, deve essere un pezzo che funziona a se’ stante e che ha inevitabilmente quella marcia in più.

Nelle ultime tre edizioni non si è “faticato” poi molto a individuare il titolo giusto che ottenesse questa Targa, visto che dopo uno straordinario Mirkoeilcane nel 2018, sia Daniele Silvestri nel 2019 con “Argento vivo” che Tosca l’anno successivo con “Ho amato tutto” si erano già ottimamente distinti in gara al Festival di Sanremo: sono passati quindi dallo stesso palco dell’Ariston nel giro di poco tempo, come a dire che spesso la musica non ha confini, e che se un’opera merita viene a galla e brilla di luce propria anche quando viene proposta e giudicata in scenari differenti.

Che lo stesso destino quindi tocchi quest’anno alla già citata Madame, che a febbraio a Sanremo ottenne ben due riconoscimenti per la sua “Voce”, tra cui quello di miglior testo? Può essere in effetti ma attenzione a non sottovalutare la forza delle parole di un brano come “Zinda” di Francesca Incudine, o quelle intrise di pragmatico lirismo di “Ci stiamo preparando al meglio” di Canio Loguercio (con il prezioso contributo di Andrea Satta), unico tra i titoli da me votati ad essere giunto in finale in questa categoria. Ci sono poi autentici assi come Pino Marino, la cui “Calcutta” in effetti riusciva a spiccare nel suo magnifico “Tilt” e Iosonouncane con “Novembre”, in versione cantautore con la C maiuscola per quello che fu il suo singolo di ritorno dopo i fasti di un album come “Die” che cinque anni prima lo consacrò come il nome nuovo per antonomasia da seguire.

Mi piace però segnalare almeno quattro brani che non figurano tra i finalisti ma che hanno saputo regalarmi forti emozioni al loro ascolto: la struggente “I ricordi” di Giulio Wilson, che apre in modo sublime il suo “Storie vere tra alberi e gatti”; l’evocativa “Bar 90” di Marco Parente che invece ha il compito di chiudere “Life”; la poetica “Ovunque si nasconda” dei maestri Yo Yo Mundi che al solito ci hanno confezionato un lavoro senza punti deboli come “La rivoluzione del battito di ciglia” e quella meravigliosa perla che risponde al nome di “Peddi nova”, scritta da Cesare Basile e inclusa nel già citato “Fora Tempu” dei Lautari, i quali gareggiano con l’intero disco appunto tra le opere in dialetto.

ALBUM COLLETTIVO A PROGETTO

Tutti e tre i titoli da me votati sono arrivati in finale: “Ad esempio a noi piace Rino”, sulle canzoni del mai dimenticato Rino Gaetano, “Note di viaggio vol.2 – Non vi succederà niente”, sentito omaggio al grande Francesco Guccini e “Ritratti d’autore: Bindi, Bassignano & Friends”. Sono tre raccolte emozionanti, ben realizzate e meritevoli di questo riconoscimento… io credo che alla fine si aggiudicherà la Targa il disco dedicato al Guccio, le cui rivisitazioni sono indubbiamente autorevoli e rispettose (ma in realtà lo stesso giudizio è facilmente estendibile agli altri titoli candidati).

In finale inoltre due dischi assai interessanti come “Her Dem Amade Me- Siamo sempre pronte, siamo sempre pronti” e il progetto “Musica contro le Mafie: Sound Bocs Diary”, quest’ultimo con buone chances di contendere la Targa al mio favorito.

Tirando le conclusioni, ce n’è anche quest’anno per tutti i gusti: ci sono piatti serviti per le solite polemiche da quattro soldi, ci sono esclusioni eccellenti e ripescaggi graditissimi, c’è soprattutto tanta bella musica d’autore che ancora sa rinverdire certi fasti indimenticabili, nonostante siano cambiati tempi, epoche e scenari attorno a noi.

Basta cercarla – e i canali per farlo non mancano di certo – e soprattutto avere buone orecchie predisposte e attente.