I casi di Chievo e Sassuolo insegnano che nel calcio non esistono regole.

Nel calcio, nonostante anni di storia, di studi, di tattiche, di approfondimenti, certe “logiche” sono destinate a infrangersi, certe ricette precostituite a sciogliersi come neve al sole, certe sentenze a mostrarsi vane. Come nel caso del famoso “cambio d’allenatore” per il bene della squadra, per scuoterla dal torpore, da una brutta classifica, da una discesa libera. Non esistono regole, a volte si agisce d’impulso, ma il detto che l’allenatore è sempre il primo a pagare può andar bene solo in certe situazioni. Ogni storia è a sè, a meno che non vi chiamate Zamparini.

L’anno scorso Massimiliano Allegri, tecnico perennemente nell’occhio del ciclone, avendo sposato la causa milanista in anni “di transizione”, pur avendo portato in dote uno scudetto – meritatissimo- al primo colpo e un secondo posto dietro una forte Juventus, la prima di Conte, era finito in una spirale assai negativa. Partenza shock dei rossoneri, dopo le dolorose cessioni degli assi Ibra e Thiago Silva, ma terzo posto e qualifica Champions acciuffati in extremis, quando per la maggior parte dei tifosi o appassionati, doveva essere già esonerato da un pezzo, magari mangiando il panettone nella sua Livorno.

Quest’anno alzi la mano quanti avrebbero tenuto un quasi esordiente in serie A come Di Francesco dopo la batosta del suo Sassuolo contro l’Inter. Un 7 a 0 interno che avrebbe fatto vacillare qualsiasi presidente e società, e probabilmente pur nella tranquilla cittadina emiliana più di un ragionamento in merito al cambio tecnico sarà stato fatto.

Ma alla fine si è deciso di far quadrare il cerchio: quanto di buono costruito da Squinzi, da Bonato negli anni, con il tecnico Di Francesco artefice della prima, storica, spettacolare promozione in serie A evidentemente aveva ancora una ragione d’essere, e così tutti insieme si è andati avanti, remando dalla stessa parte.

di francesco

Squadra ritoccata negli interpreti e nei moduli, per quanto questi possano essere sempre flessibili, il recupero di alcune pedine di qualità, come l’ex juventino Marrone, un lusso per le squadre di bassa classifica e il lancio definitivo di due tra i giovani attaccanti più promettenti dell’intero panorama calcistico italiano: Zaza (classe ’91, che sembra giochi in serie A da sempre, e che di categoria in categoria continua a buttarla dentro con regolarità) e Berardi, un ’94 con già all’attivo 7 gol e a 19 anni più prolifico di Del Piero e Totti rispetto a quando loro esordirono nella massima serie.

Insomma, in questo caso l’aver tenuto il tecnico è stata la mossa vincente, il Sassuolo dovrà sudarsi la salvezza, per carità, ci mancherebbe altro, ma sta dimostrando di gara in gara, di poterci stare alla grande in serie A e, migliorando in esperienza e accortezza tattica, magari qualche punto in più rispetto all’attuale classifica (comunque buona, sarebbe salvo allo stato attuale) l’avrebbe pure incamerato, come nell’ultima sfida esterna di Cagliari, dove in vantaggio di due reti si è fatto poi rimontare nella ripresa, portando a casa un meritato pareggio che profuma comunque di beffa.

Discorso opposto invece quello relativo al Chievo. Società modello ormai da quasi un decennio per tante piccole realtà di provincia, tra cui appunto il Sassuolo, che può tuttavia vantare dalla sua una forza economica ben diversa, con la Mapei alle spalle. Chievo che si è sempre mostrato all’altezza della categoria, anche dopo gli anni boom con Delneri, quando da autentica sorpresa del calcio italiano, incantava tutta Europa col suo gioco e i suoi incredibili risultati. Poi venne un anno da comprimario in Champions League, con Pillon alla guida. Un anno eccezionale ma che portò ripercussioni negative in campionato, tanto che alla fine i gialloblu retrocessero, pagando a caro prezzo l’essersi avvicinati troppo al “sole”, sciogliendosi e perdendo energie. Poi una pronta risalita, quasi una formalità con Iachini in sella a guidare il Chievo in una vincente serie B. Da allora in serie A tanti allenatori si sono susseguiti in panchina, ognuno però portatore di un solo risultato: la salvezza, puntualmente acquisita e in piena sintonia con la società. Ci riuscì benissimo anche Corini lo scorso anno, addirittura in maniera “comoda”. Lo strappo estivo pareva stridente – in fondo, senza entrare nei dettagli, si parlava di una richiesta di un biennale da parte del tecnico brianzolo, ex grande bandiera della squadra, a fronte della proposta di un anno da parte di Campedelli, come era solito fare con tutti i suoi allenatori negli ultimi anni.

cor

Niente firme e nuova ripartenza con Sannino, gran lavoratore, tecnico molto stimato nell’ambiente ma che, alla resa dei conti, non è riuscito a imprimere il suo marchio a fuoco nei ragazzi. Squadra che non ha mai lesinato d’impegno ma che faceva tremendamente fatica a seguire le direttive del mister, non vincendo, non segnando, e finendo col perdere strada facendo alcune caratteristiche peculiari delle squadre allenate dal tecnico ex Varese e Palermo.

Alla fine, in una situazione critica ma non ancora disperata, ecco il colpo di scena, annunciato in realtà da qualche settimana, e indice del fatto che lo strappo non era stato indolore ma anzi fonte di rammarico per entrambi. Eugenio Corini ritorna in pista, più motivato che mai, in vista di un sentito e atteso derby contro l’Hellas Verona che, almeno sulla carta, quest’anno partiva con i favori del pronostico. Vittoria meritata in extremis, grazie a Lazarevic, un giocatore lanciato in pratica da lui, visto che con Sannino aveva toccato il prato verde in una sola occasione e la settimana dopo sonora vittoria con tre gol di scarto contro la diretta concorrente per la salvezza Livorno. Un Chievo propositivo come non accadeva da tempo, con Thereau, il migliore della squadra, finalmente tornato ai livelli di eccellenza dell’anno scorso, quando con i suoi numerosi gol e assist aveva trascinato i clivensi alla salvezza e con un Rigoni ormai da Nazionale. 6 punti in 2 gare, con la prospettiva concreta, visto il calendario rimanente a concludere il girone d’andata, di incrementare ulteriormente il bottino da qui a Natale. In questo caso, il cambio del tecnico è servito eccome. Ma, come scritto in apertura, ogni storia è a sè, e solo la compattezza tra società, ambiente, allenatore e giocatori può far sì che anche le situazioni più ingarbugliate possano trovare una nuova luce