E dopo la classifica dei migliori album internazionali del 2021, arrivo finalmente a dedicare spazio anche ai migliori lavori discografici di casa nostra, che mai come quest’anno ho ritenuto di alto livello, al punto da giocarsela alla pari con tanti blasonati epigoni stranieri.
Prova ne è la mia Top Ten generale (che verrà pubblicata sul sito di Indie For Bunnies, con cui collaboro da diversi anni), dove sono presenti in egual misura nomi internazionali e italiani.
Mi sembrava doveroso però allargare la lista a una ventina di album almeno, proprio per la grande varietà e qualità delle tante proposte uscite nel 2021 e che ho avuto modo (e il piacere) di ascoltare e in diversi casi anche di recensire e di scriverne in modo approfondito.
Se siete lettori abituali di questo mio blog quindi non vi troverete sorpresi nel leggere nella stessa classifica nomi anche molto differenti tra loro, per storia, stile musicale e attitudine, ma d’altronde è vasta la mia gamma di ascolti, così come sono diverse le mie passioni musicali, che vanno dalla canzone d’autore (e di dischi meritevoli ne sono usciti parecchi in tal senso, parlo a ragione figurando ad esempio tra i giurati del Premio Tenco), all’indie rock, dal pop al folk (antico amore) alla musica world.
Jacopo Incani (alias IOSONOUNCANE) alza notevolmente l’asticella della sua proposta musicale con un album di livello assoluto, che non teme confronti con le migliori produzioni estere – Credit foto: Silvia Cesari
Capirete quindi come sia piuttosto complicato ogni anno mettersi a stilare queste graduatorie, laddove tra l’altro la musica non dovrebbe essere percepita alla stregua di un torneo, ma alla fine quello delle classifiche è un “giochino” che gli appassionati di musica (non solo quindi gli addetti ai lavori) amano e dal quale è difficile sottrarsi. E serve, questo lo dico specialmente da critico, anche per fare mente locale su una intera stagione artistica, al fine di provare a storicizzarla o per lo meno per mettere ordine alle molteplici pubblicazioni che, a cascata, ci giungono ogni anno con una velocità e un impeto tali da rendere, nel mio caso, necessario, questo tipo di operazione di recupero.
Ecco quindi, di seguito, una panoramica su quelli che sono stati i miei titoli preferiti di questi ultimi dodici mesi…
Erica Boschiero è una corregionale di cui essere veramente orgogliosi: la cantautrice veneta infatti sta disegnando una traiettoria artistica originale e assolutamente interessante, riuscendo a emergere per il suo talento (che la fa assurgere tra le più promettenti del suo tempo), senza bisogno di ricorrere a scorciatoie o ad espedienti che esulano talvolta dalla componente musicale, come partecipazioni a talent show o quant’altro.
“Respira” è il titolo programmatico del suo ultimo album, all’insegna della più convincente canzone d’autore moderna, che lei riesce a rinverdire utilizzando un linguaggio attuale ed altamente evocativo.
credit foto: Paolo Soriani
Che Erica fosse poco interessata alle mode del momento, e invece tesa a tracciare un percorso che la rappresentasse appieno, era stato evidente anche all’altezza del precedente album, interamente interpretato nel dialetto della sua Terra, vale a dire la Dolomiti.
“E tornerem a baita”, pubblicato nel 2018, in co-abitazione col fidato Sergio Marchesini (già con la Piccola Bottega Baltazar), aveva giustamente ottenuto il plauso generalizzato della critica e messo in mostra una sensibilità rara, oltre a un’attenzione e cura per le “piccole” cose, che poi in fondo sono quelle che finiscono per contare di più, in quanto riguardano la vita di tutti noi.
Il suo era parso oltretutto un omaggio genuino, sincero e voluto a tutti i costi, perchè anche se l’esperienza di cantautrice può condurre lontano e farti confrontare con le realtà più disparate, è indubbio quanto siano le radici a indicare chi siamo e da dove veniamo, fino pure a definirci, dal momento che il luogo dove si cresce anche magari inconsapevolmente ti forgia e ti trasmette valori.
Da un disco così intimo e maestoso al tempo stesso, e brulicante passione, si è arrivati dopo una gestazione piuttosto lunga – causa i noti problemi legati alla pandemia -, a un nuovo lavoro che denota se possibile un salto in avanti della Nostra, non tanto a livello compositivo, laddove una matrice cantautorale è riconoscibile e ormai nelle sue corde, quanto a maturità e consapevolezza, componenti insite che si evincono sin dall’idea che sottende l’album.
L’esigenza di Erica appare infatti quella di dar voce ai richiami della natura, ma non soltanto dal punto di vista contemplativo e dell’osservazione diretta, quanto per le innumerevoli suggestioni che essa riesce a portare in dote e a trasmetterci.
Sono in tutto dieci brani in cui il rapporto con i sensi e con l’ambiente è forte e si fa pure simbiotico, ma l’utilizzo di un certo immaginario, se vogliamo “primitivo”, è utile anche per descrivere aspetti della realtà odierna che ci stanno intorno.
La Boschiero è in grado attraverso queste nuove canzoni di cullarci, farci riflettere, accompagnarci in un viaggio interiore, senza bisogno di alzare la voce, né di ricorrere a slogan o a inutili proclami. Il registro sonoro è quello della ballata, la cui forma ci rimanda a certe folk singers americane, mentre la sostanza è tutta in versi ispirati, lirici eppure immediati, diretti, mediati (e valorizzati) dagli arrangiamenti di Sergio Marchesini, che funge in pratica da alter ego musicale della protagonista, alla quale sono accreditati interamente testi e musiche.
Rilevanti sono anche i contributi di validi musicisti e collaboratori, tra cui meritano una menzione almeno Alessandro D’Alessandro che regala il suo magnifico organetto all’intensa “La memoria dell’acqua”, di cui ha pure curato assieme a Edu Hebling il suggestivo arrangiamento, e Ferruccio Spinetti, impegnato col suo contrabbasso nell’orientaleggiante “Un’ostrica e una perla” (liberamente tratta da “Viaggio” di Gialal Ad-Din Rumi) e nella notevole “Per sempre proteggo”, indubbiamente tra i momenti più emozionanti dell’intera opera, in frasi ispirate come “Per ogni porto che hai sognato/per ogni sogno appena nato/per quella linea che hai tracciato sulla mappa/e in quella mappa è capitato fossi anch’io”.
E che dire dell’eclettico chitarrista Asso Stefana, uno che non ha bisogno di presentazioni, e del poliedrico Neri Marcorè (suo sostenitore della prim’ora) che duetta con Erica nella conclusiva “E resta il giorno”, dai forti echi degregoriani? Ogni elemento chiamato in causa dona spessore con la propria arte, mettendosi al servizio di un’opera dall’ampio respiro e dall’affascinante significato.
Tutto l’album è meritevole di attenzione, dall’iniziale “Ascolta”, sorta di esortazione a sentire in primis le cose che noi portiamo nel cuore, alla title track e i suoi scorci poetici, dalla sinuosa e raffinata “Monamour” alla vivace dichiarazione di intenti de “La città della gioia”.
Uscito per “Squilibri”, autentico marchio di qualità che ancora una volta ha scommesso sul progetto dell’artista bellunese (ma trevigiana d’adozione), “Respira” ci consegna un’esponente della canzone d’autore sempre più sicura dei propri mezzi, che merita di avere un ruolo cruciale all’interno della nuova scena italiana.
Un’anima placida con qualcosa da raccontare, capace di realizzare i suoi propositi puntando tutto sull’eleganza, sull’autenticità e su una sobrietà interpretativa rara, in tempi in cui ci si fa notare andando spesso e volentieri sopra le righe.
Insieme a tali salienti peculiarità, è importante però ribadire come protagonista assoluta sia la sua voce, così espressiva e aggraziata, che come riportato nelle note del libretto che accompagna il cd, viene definita da Bill Shipsey come quella di un angelo.
Ed io non posso che sottoscrivere questo lusinghiero e azzeccato accostamento del fondatore di Art for Amnesty, il quale aveva già avuto modo di apprezzare la nostra Erica Boschiero nel 2018, quando fu invitata al Museo d’Arte Contemporaneo di Praga e al Summit Mondiale dei Difensori dei Diritti Umani a Parigi.